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Un’unica via per la ripresa dell’Eurozona

L’affermazione che una politica fiscale anticiclica accompagnata da quantitative easing sia economicamente destabilizzante non è giustificata alla luce delle esperienze di Stati Uniti e Regno Unito. Resta l’unica strategia con più probabilità di successo nella situazione attuale.

POLITICHE FISCALI ANTI-CICLICHE: STABILIZZANTI O DESTABILIZZANTI?

In un recente articolo su lavoce.info, Roberto Perotti scrive di non essere d’accordo con la nostra proposta di una espansione monetaria e fiscale coordinate nell’area dell’euro, attuate tramite una temporanea riduzione delle tasse finanziata con emissione di moneta. Roberto Perotti non mette in discussione l’efficacia della proposta nello stimolare la domanda aggregata. Ma sostiene che un’espansione temporanea del deficit di bilancio dell’ordine del 5 per cento del Pil non possa essere riassorbita in modo credibile attraverso un piano di tagli futuri della spesa. E afferma che riassorbire un taglio delle tasse di oggi attraverso aumenti di tasse future sarebbe destabilizzante, economicamente e politicamente.
Le politiche avviate negli Stati Uniti e nel Regno Unito durante la grande recessione contraddicono la seconda parte dell’argomentazione di Perotti, come mostra la tavola qui sotto. Gli Stati Uniti hanno fatto crescere il loro deficit di bilancio di quasi il 7 per cento del Pil in un anno, attraverso una combinazione di maggiori spese e minori entrate. Meno della metà di questo aumento è dovuta all’effetto degli stabilizzatori fiscali, il resto riflette scelte politiche discrezionali.
Negli anni successivi questa espansione del bilancio federale è stata riassorbita. In parte perché l’aumento del deficit era riconducibile a misure “una tantum”, adottate per salvare alcune istituzioni finanziarie; in parte, il riequilibrio è avvenuto in modo automatico con la ripresa dell’economia;  e in parte è stato ottenuto attraverso cambiamenti nella politica di bilancio, come ad esempio il “Sequester” del 2013. Al netto degli effetti degli stabilizzatori automatici, le spese federali si sono ridotte di più del 2,5 percento del Pil tra il punto più basso del ciclo economico e oggi, mentre le entrare federali (sempre al netto degli stabilizzatori automatici) sono cresciute di circa il 3 per cento del Pil durante lo stesso periodo (fonte: Congressional Budget Office).
Nel Regno Unito l’espansione del deficit è stata simile a quella degli Stati Uniti: + 6,4 per cento in un solo anno, anche in questo caso ottenuta attraverso una combinazione di maggiore spesa e minori entrate fiscali, e per i due terzi dovuta a decisioni di policy. L’espansione fiscale è stata poi completamente riassorbita nel periodo 2010-2013, con circa metà della contrazione (56 per cento) dovuta a misure di policy, quasi interamente sul lato della spesa.
Nell’Eurozona l’espansione fiscale del 2008-2009 è stata minore – con il disavanzo complessivo dell’area che ha registrato un aumento del 4,2 per cento del Pil, circa due terzi di Stati Uniti e Regno Unito. Metà di questa espansione è stata ottenuta attraverso misure di policy. Come nel Regno Unito, l’espansione fiscale è stata in seguito completamente riassorbita, ma con due differenze significative. Le misure discrezionali prese per realizzare la contrazione sono state di un ordine di grandezza doppio rispetto a quelle che hanno accompagnato l’espansione: una contrazione del 4 per cento del Pil nel periodo 2010-2014 rispetto a una espansione discrezionale pari al 2 per cento del Pil nel 2008-2009. Ma quello che è ancora più importante è che lo stimolo di politica fiscale è stato pro-ciclico, in quanto è stato attuato nel mezzo della crisi di debito sovrano che ha ristretto il credito e aumentato l’incertezza economica nel Sud dell’Europa. Inoltre, in molti paesi ha preso solo la forma di un’impennata delle tasse. Il risultato sono stati due anni di recessione che hanno eroso parte dei miglioramenti di bilancio.
C’è un consenso quasi unanime tra gli economisti sul fatto che le politiche anti-cicliche messe in atto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, accompagnate da un eccezionale allentamento monetario, abbiano contribuito a stabilizzare le fluttuazioni cicliche e spieghino la ripresa molto più veloce di queste economie rispetto all’Eurozona (sebbene l’epicentro della crisi finanziaria sia stato proprio nei paesi anglosassoni e non nell’Europa continentale). L’affermazione che, nelle condizioni attuali, una politica fiscale anticiclica accompagnata da quantitative easing sia economicamente destabilizzante è quindi difficile da comprendere, anche se fosse realizzata interamente attraverso riduzioni di imposte non accompagnate da tagli di spesa futuri.
Come si è visto, nei paesi anglosassoni il ritorno della crescita ha contribuito in maniera rilevante a riassorbire i disavanzi. E questo è esattamente il punto: accadrebbe lo stesso anche nell’Eurozona.
Tra il 2009 e il 2013, dopo che l’output gap nell’Eurozona è passato dal +3,2 per cento al -3 per cento, il saldo di bilancio complessivo aggiustato per il ciclo si è ridotto di circa 4 punti percentuali di Pil. In alcuni paesi, la restrizione pro-ciclica è avvenuta principalmente attraverso tagli alla spese (in Spagna in particolare) ed è stata più innocua. Altrove, come in Italia, si è basata interamente su un inasprimento delle tasse e ha prodotto una grave e duratura recessione. Parte del taglio alle tasse che proponiamo semplicemente cancellerebbe gli aumenti pro-ciclici delle imposte varati in questi paesi al culmine della crisi del debito sovrano. Quando redditi e prezzi cominceranno di nuovo a salire, una parte dell’espansione di bilancio si ridurrà automaticamente senza la necessità di alcun intervento, come è avvenuto negli Usa e nel Regno Unito. Se l’elasticità del bilancio al ciclo fosse simmetrica (non è necessariamente così) e utilizzando i numeri del deterioramento di bilancio sperimentato nell’area euro tra il 2007 e il 2009 (un calo ciclico del bilancio, cioè al netto degli interventi, del 2 per cento del Pil, a fronte di un peggioramento dell’output gap del 6,6 per cento), un azzeramento dell’output gap dal livello attuale (-3,8 per cento alla fine del 2013) migliorerebbe automaticamente il deficit dell’Eurozona dell’1,2 per cento del Pil, un numero relativamente piccolo, ma non trascurabile.

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AZZARDO MORALE E CREDIBILITÀ DI FUTURI TAGLI ALLA SPESA

Roberto Perotti ripropone inoltre la tesi secondo la quale politiche monetarie e fiscali non stringenti creerebbero un azzardo morale, in particolare nei paesi del Sud Europa. Non c’è dubbio che i Governi cdi Italia e Francia potrebbero non avere la volontà politica, o la maggioranza in Parlamento, per portare avanti le importanti riforme strutturali che sarebbero nell’interesse di lungo periodo di questi paesi. Ma non è per niente certo che prolungare la depressione sia la ricetta migliore per favorire una maggiore disponibilità a realizzare le riforme. Anzi, è molto probabile che sia vero il contrario, per due motivi. Primo, una stagnazione ancor più lunga e un più alto tasso di disoccupazione possono solo rafforzare i partiti più radicali e populisti in tutta Europa. La recente crescita del Movimento 5 Stelle in Italia e dei sentimenti anti-euro in Francia non sono avvenuti per caso, sono la conseguenza dei fallimenti economici del progetto europeo. Secondo, l’opposizione politica ai tagli alla spesa e alle riforme strutturali tende a essere più forte quando l’economia è depressa, perché gli elettori percepiscono tali misure come veicoli di un ulteriore abbassamento della domanda aggregata e di un aumento dei licenziamenti.
La sequenza corretta, dal punto di vista sia economico che politico, è dunque una sostituzione intertemporale: tagli alle tasse espansivi ora per far ripartire la crescita e tagli alla spesa via via che l’economia si riprende. Per dare credibilità alle misure future, i tagli di spesa potrebbero essere votati subito dal Parlamento, rimandandone però avanti nel tempo l’entrata in vigore, e con un impegno di legge (una clausola di salvaguardia) ad alzare le tasse di un ammontare corrispondente se i tagli alla spesa dovessero essere abbandonati.

ESISTE UNA STRATEGIA ALTERNATIVA?

La strategia alternativa suggerita da Perotti – passi incrementali e simultanei per ridurre spesa e tassazione allo stesso tempo – può funzionare in tempi normali, ma è politicamente troppo difficile da percorrere nelle attuali circostanze. Inoltre, e più importante, non coglie assolutamente il punto centrale: in questo momento abbiamo bisogno di un importante sforzo coordinato per far ripartire la domanda aggregata nell’Eurozona. Non si può lasciare questo compito alla sola Bce, pena il fallimento.
Il nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha proposto di aumentare gli investimenti pubblici per un totale cumulato di 300 miliardi di euro nei prossimi anni. Tuttavia, è probabile che anche questa strategia non riesca nell’intento, perché la spinta alla domanda aggregata arriverebbe troppo tardi e perché le risorse sono troppo scarse per fare la differenza (il ministro delle Finanze della Germania, Schauble, ha già ridotto la cifra totale, lasciando intendere che la somma complessiva dovrebbe includere i fondi strutturali e dovrebbe essere finanziata anche dal settore privato).
L’intervento di Mario Draghi a Jackson Hole, il suo riconoscimento che la crescita in Europa è vincolata dalla carenza di domanda, che la politica appropriata per allentare i vincoli è uno sforzo coordinato di politica monetaria e fiscale, e che la politica monetaria può giocare solo il ruolo di accompagnare la crescita, ma può difficilmente esserne il motore, ha cambiato il panorama politico. Se i governi dell’area euro non colgono questa opportunità e continuano a cercare scappatoie, passeranno alla storia come i responsabili della distruzione dello sforzo, che dura da sessanta anni, per costruire un continente senza guerre. Sfortunatamente sembrano proprio determinati a farlo.

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Tabella 1a: espansione fiscale negli Usa durante la grande recessione

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Fonte: 2014 Economic Report of the US President, I numeri del 2014 sono previsioni. La fonte per il deficit aggiustato per il ciclo è il Congressional Budget Office e il numero si riferisce allanno fiscale (anziché solare).

Tabella 1b: espansione fiscale nel Regno Unito durante la grande recessione

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General government. Fonte: Commissione europea, Cyclical adjustment of budget balances, Spring 2014. I dati per 2014 sono previsioni.

Tabella 1c: Espansione fiscale nellarea euro durante la grande recessione

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Area euro (18 paesi), general government. Fonte: Commissione europea, Cyclical adjustment of budget balances, Spring 2014. I dati per il 2014 sono previsioni.

Traduzione di Sandra Bellini.

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23 commenti

  1. Fabio Petri

    Era ora. Ma la difficoltà è che parte delle nazioni euro hanno piacere a che altre nazioni debbano fare politiche restrittive, questo fa fallire molte imprese e apre spazi per le imprese delle nazioni più forti, inoltre obbliga le nazioni in difficoltà a svendite di assets di valore. Senza un vero potere decisionale delle istituzioni europee c’è troppo potere di veto. L’alternativa a un vero potere decisionale europeo è abolire l’euro.

    • marcello

      Più semplicemente non dovevamo entrarci a quelle condizioni, come pochi tra cui F. Hahn dicevano. Ci siamo fidati di Kohl e Mitterand e ci siamo ritrovati con la Merkel e Hollande, non c’è che dire!

  2. Marcello Romagnoli

    Supponiamo di aumentare la domanda attraverso una bilanciata riduzione delle tasse e di espansione monetaria. Chi ci dice che questo non faccia altro che aumentare la bilancia commerciale a favore dell’import (soldi che escono)? Dopo poco tempo, quando questa politica andrà a finire, ci troveremmo di nuovo nella stessa condizione di oggi, con un debito pubblico e privato aumentato in valore assoluto e un PIL in discesa. Questa politica favorirebbe invece i paesi strutturati per esportare come la Germania. Questa politica potrebbe funzionare se la Germania accettasse di fare da locomotiva invece che da carrozza a traino come sta facendo da diversi anni. Allora la nostra bilancia commerciale starebbe in attivo, il PIL crescerebbe, la disoccupazione potrebbe scendere, il gettito fiscale crescere di nuovo riducendo così il rapporto debito/PIL. Se poi venisse sviluppata una seria e efficace politica industriale grazie a un periodo di minore tensione economica la ripresa potrebbe essere duratura. Dove sbaglio?

  3. Francesco Keynesiano

    Eh si: si studia nei manuali di politica economica (es Acocella cap 14): la politica fiscale espansiva accompagnata da politica monetaria accomodante, che evita l’aumento del tasso di interesse e quindi l’effetto di crowding out degli investimenti, è la migliore misura che si possa prendere per far fronte a una recessione. Ma c’è un ma purtroppo e grosso come una casa per l’Italia che si chiama Euro: la politica espansiva andrebbe a aumentare le importazioni e accrescerebbe fatalmente il nostro debito estero…quindi PRIMA uscire (e di corsa) dall’euro e dalle sue assurde regole, POI politiche espansive.

  4. stefanoC

    A proposito degli esiti possibili della crisi dell’eurozona (e della prosecuzione delle attuali politiche),
    vorrei segnalare questo interessantissimo intervento di Francois Heisbourg:
    http://www.fulm.org/video/video/ix-lezione-ippolito-francois-heisbourg-du-r
    Qui al min 45:30 trovate una sintesi di Giorgio La Malfa (in italiano) https://www.youtube.com/watch?v=QE_sqm_A5O4&list=PLwoX-2sYfhNdHsA_c3A6co6T2imqsRpMP&app=desktop
    Mi hanno molto colpito le parole di Heisbourg circa Marine le Pen. Ascoltatele!
    Alla Francia difficilmente si potrà imporre la troika. L’Italia invece, per mancanza di risorse culturali, seguirà il percorso greco in un processo di declino cumulativo che porterà, alla fine, all’emigrazione come alternativa alla povertà o alla fame. In effetti, è molto probabile che i governi dell’area euro passino alla storia.
    In fondo tutto quel che vediamo è già successo (penso a Bruning, al gold standard, alla deflazione, alla legge Acerbo) e se la nostra Costituzione (dimenticata) impone allo stato di attivarsi per la piena occupazione chiudendo l’output-gap (art. 4 e 36) è per un motivo fondato (evitare che tutto si ripeta).

  5. Leo

    Attenzione: GeT non propongono espansione fiscale e monetaria solo per l’Italia ma per tutta l’UE. Infatti propongono (tra le altre misure) acquisti di debito pubblico (non sterilizzati) da parte della BCE per finanziare l’abbassamento della pressione fiscale nei singoli stati del 5% con aumento permanente della massa monetaria. Il conseguente aumento dell’inflazione non sarebbe un difetto ma una feature positiva che consentirebbe all’area Euro di uscire dalla deflazione. Credo di avere anche capito che l’inflazione per qualche anno dovrebbe comunque essere un po’ maggiore nei paesi “core” rispetto alla “periferia” per riassorbire gli squilibri dovuti ai tassi di inflazione divergenti nei primi 10 anni di Euro. (Come molti propongono: 2% media UME di cui 3% in Germania e 1,5% in Italia).
    In sostanza propongono di salvare l’Euro.
    Vanno lodati per il coraggio e per il fatto di avere avuto l’onesta’ di cambiare posizioni al cambiare della situazione. Hanno ragione loro e Perotti ha purtroppo torto. A Perotti vorrei dire che si parla di Moral Hazard solo quando si tratta di salvare i popoli europei. Quando si e’ trattato di salvare le corrottissime banche spagnole o irlandesi nessuno ha chiesto in cambio nulla, in quanto era urgente salvare il sistema finanziario senza se e senza ma.
    Ora e’ necessario salvare l’europa e l’euro. Senza se e senza ma.

    • stefanoC

      In Germania è stato fatto di tutto per tenere l’inflazione al di sotto della media europea e del 2%.
      Come pensi di convincere il blocco al potere in Germania ad aumentare i salari, la spesa pubblica e rinunciare all’amato surplus estero?
      Ovviamente senza rompere l’euro restano solo aggiustamenti asimmetrici e deflazione nei periferici (con annessi default privati ed infine pubblici).
      Draghi sta cercando di aggirare l’ostacolo gonfiando una bolla immobiliare in Germania per spingere almeno i più ricchi a spendere (effetto ricchezza), ma la buba sta già alzando il sopracciglio. Come previsto, sarà un massacro.
      Consiglio di rileggere Luigi Spaventa (1978): “Quest’area monetaria rischia oggi di configurarsi come un’area di bassa pressione e di deflazione, nella quale la stabilità del cambio viene perseguita a spese dello sviluppo dell’occupazione e del reddito.
      Infatti non sembra mutato l’obiettivo di fondo della politica economica tedesca: evitare il danno che potrebbe derivare alle esportazioni tedesche da ripetute rivalutazioni del solo marco, ma non accettare di promuovere uno sviluppo più rapido della domanda interna.
      Da ciò deriva un sacrificio per i paesi più deboli, che potrebbe essere evitato con generale vantaggio se si instaurassero regole efficaci di simmetrie e di obblighi, ma tali regole sono state rifiutate”

  6. marcello

    Mi sembra che finalmente tutti concordino che l’austerità espansiva abbia rappresentato solo un grande pretesto per operare la più grande redistribuzione del reddito dai tempi dell’unità d’Italia dei Savoia, solo che allora era un’accumulazione originaria ai danni del Meridione, ora è una secca redistribuzione del reddito dal lavoro al capitale e alla rendita (In UK la disuguaglianza è diminuita durante il Governo Cameron che ha adottato politiche anticicliche!). Ciò premesso la storia recente indica che senza edilizia o comunque settore delle costruzioni, volano della ripresa, non si va da nessuna parte. Inoltre che se le aspettative sono deflattive-recessive gli imprenditori non investono. Infine la banche hanno sofferenze per 164,6 miliardi e tendono a restringere ancora di più la concessione di credito, ammesso che in Italia sia mai esistito il credito all’impresa non garantito da garanzie reali. Conseguenza la prima asta TLTRO della BCE è stata un mezzo fallimento. In queste condizioni non c’è altra strada per un aumento della spesa pubblica in defict. Del resto la Spagna, l’Irlanda e gli altri miracolati della Trojka hanno un raporto deficit/PIL oltre il 7%, quindi perchè l’Italia non può farlo? Diceva Keynes che quando gli investitori non vogliono o non se la sentono di investire perchè le loro aspettative sono negative, spetta allo Stato farlo e che le riforma vanno fatte nelle fasi espansive del ciclo.

    • Maurizio Cocucci

      Si, Keynes più o meno sostenne quello che ha scritto, però sarebbe opportuno contestualizzare il momento in cui espresse quelle argomentazioni. Intanto a quali economie fece riferimento (Gran Bretagna e Stati Uniti) e quali erano le incidenze in queste della spesa pubblica (non certo la metà del Prodotto Interno Lordo).
      Poi suggerirei un ripasso dell’effetto spiazzamento, perché altrimenti appare troppo banale la soluzione di aumentare la spesa pubblica e troppo sciocco l’atteggiamento di chi non persegue questa via.

      • marcello

        Sull’entità del debito pubblico dell’UK è facile verificare che fu ben oltre il 150% del PIL dal1928 al 1956, con un picco al 260% nel 1949. Dell’effetto spiazzamento si parlava a sproposito negli anni 80, ora nessuno ne parla più per il semplice motivo che gli investimenti privati sono al lumicino, anche nella tanto decantata Germania.Suggerisco non di ripassare, ma di leggere, non dico l’opera di Keynes, ma almeno la sua migliore biografia, quella di lord Skidelsky, cosi magari si ha una visione meno ideologica della sua monumentale e inarrivabile opera. Infine ricordo che la teoria delle aspettative di Keynes è la migliore che la teoria economica ha saputo elaborare in tutta la sua storia.

        • Maurizio Cocucci

          Senza nulla togliere a Keynes ciò a cui mi riferivo non era tanto il rapporto debito/Pil ma l’entità della spesa pubblica sul Pil. Settore privato e pubblico non effettuano la stessa tipologia di investimenti e tenuto conto che i suoi effetti vengono stimati utilizzando un calcolo matriciale perché si hanno conseguenze sia verticalmente (da cliente a fornitori) che orizzontalmente con trasferimenti ad altri settori, non sempre nel complesso si hanno maggiori benefici puntando sul settore pubblico. Banalizzando si può dire che se in crisi è il salumiere sotto casa non si può pensare che sia lo Stato, la regione o il comune che possa intervenire acquistando un quintale di salsicce. Si può solo cercare di stimare come costruendo strade, ponti, ospedali o altro il reddito possa trasferirsi nel settore privato così da permettere anche all’amico salumiere di beneficiarne. Personalmente ritengo che in presenza di domanda privata così bassa sia preferibile puntare sullo stimolo di questa riducendo la pressione fiscale (aumentando così il reddito disponibile) ristrutturando la spesa pubblica, che non significa ridurre gli investimenti (pubblici). Quanto alla Germania non so quali dati abbia letto ma nel 2013 gli investimenti sono stati pari a 533 mld al netto della variazione delle scorte, mentre erano stati circa 519 nel 2007 (fonte Destatis). Sono cresciute meno del Pil ma non sono proprio al lumicino. In Italia si è invece passati da 343 mld del 2007 a 268 del 2013 (fonte Istat).

  7. Piero

    Il fallimento degli Tltros

    Che le banche non avessero aderito alla richiesta della Bce, era prevedibile. Il problema del credito, in questo particolare momento di crisi economica che ha ridotto l’affidabilità delle pmi, stante la mancata fiducia che le banche hanno nelle imprese, risulta naturale che quest’ultime preferiscano tenere in portafoglio i titoli governativi che con la riduzione degli spreed sono ritornati “affidabili” come prima della crisi. Le banche hanno scelto di mantenere un investimento sicuro gia’ in portafoglio invece di un impiego, da loro ritenuto ad alto rischio, come quello del prestito alle imprese. Il fallimento dell’operazione Tltros non vuol dire che le imprese non chiedano il credito, ma significa che le banche non sono disposte a darlo e quindi non ne chiedono la provvista.
    Cosa fare? La Bce deve liberare le banche dai titoli di stato, cosicché le banche avranno la liquidità nel loro bilancio e considerato che devono pagare gli interessi ai depositi, si dovranno per forza accollare il rischio del credito alle imprese. Lo stato, di converso dovrà ripristinare il clima di fiducia, con l’intervento del fondo di garanzia che a mio avviso come affermato in un altro commento farà ripartire la crescita della “moneta bancaria”.
    Di più, il mercato ha bisogno di liquidità, quindi gli interventi di politica monetaria espansivi non devono essere sterilizzati. Invece gli stessi Tltros, se avessero avuto successo, sarebbero stati sterilizzati.

  8. sono matto?

    Sembra impossibile… parliamo ancora di “ciclo economico”. Ma non c’è alcun “ciclo” in atto in Italia (il ciclo presuppone alti e bassi che si ripetono, appunto, con una certa ciclicità), c’è qualcosa che si è rotto (più o meno definitivamente, e non si riparerà da solo). Aumentare il deficit aumentando le spese e tagliando le tasse non è sostenibile in queste circostanze (l’unico esito sicuro è quello di gravarci di un ulteriore debito per il futuro….che a mio avviso è esattamente come siamo arrivati fin qui, vivendo molto sopra le nostre possibilità).

    • Carlo Peter

      Lei non è matto, ma di certo trascura alcuni dati fondamentali: in primis, è da ormai lungo tempo che il deficit di bilancio non cresce in Italia, quindi era forse vero negli anni ’80 che si viveva “al di sopra delle nostre possibilità”, ma non più in epoca recente. In secondo luogo, non so se ha sentito parlare dell’utilità marginale: soldi tolti a chi ha un reddito molto superiore alla media (e quindi con probabilità ridotta di finire in consumi) possono essere trasferiti a chi dispone di un reddito sotto la soglia di povertà (finendo quindi sicuramente in consumi) per generare un effetto moltiplicatore del reddito complessivo.

  9. Alessio Calcagno

    Il punto di partenza però conta. In America ed in Inghilterra vi è una delle società più libere e aperte del mondo. Il mercato del lavoro è molto flessibile e la tassazione molto bassa. L interferenza delle Stato nella economia è basso se confrontato con quello Italiano. Mettere benzina in un buon motore è vai avanti, benzina in una macchina vecchia è non si muove cmq. E l Irlanda? Pil 2014 del 4.5%. È nell euro e non ha avuto politiche monetarie espansive. Ha avuto deficit e fatto debito una tantum x salvare le banche ma sono stati i tagli al settore pubblico a mettere benzina nel motore.

  10. Maurizio Cocucci

    La proposta personalmente mi lascia perplesso, intanto perché viene definita come ‘unica’ via, poi perché al momento è inattuabile in quanto contravviene ai trattati e infine perché comunque richiede riforme strutturali da attuarsi dopo un taglio fiscale, cioè a credito. Ogni soluzione proposta richiede sempre le riforme strutturali che, occorre rammentare, non hanno come scopo quello di ridurre i servizi ai cittadini, ma di ottimizzarne i costi. Si potrebbe pensare come ad una serie di strade rappresentanti le diverse soluzioni che dipartono tutte da una rotatoria che rappresenta appunto le riforme. Non comprendo quindi perché non si parte dall’effettuarle e chiedere contestualmente in sede comunitaria di ottenere una flessibilità che sconti i benefici futuri. Per capirci, se semplifichiamo ad esempio la burocrazia, se riformiamo il mercato del lavoro e se riduciamo il numero di aziende municipalizzate al fine di ridurre i costi aumentando la produttività, anziché attendere che si concretizzino i benefici finanziari si può chiedere che questi vengano anticipati permettendoci un extra deficit temporaneo. Non credo che Bruxelles si opponga, anzi è previsto e ribadito, e nemmeno i mercati avrebbero da obiettare, al contrario avrebbero maggiore fiducia nell’investire nel nostro Paese. Ma bisogna farle queste riforme, non solo annunciarle. Avete citato Stati Uniti e Gran Bretagna, questi dal 2008 hanno provveduto a fare qualcosa, non si sono limitati a fare semplici promesse.

  11. Pif

    Noto con grande piacere che gli autori finalmente hanno capito l’indirizzo che bisogna dare ( chi fa commenti sulla bilancia commerciale non ha capito che qui si parla di Europa!), ma politicamente con Junkers e i suoi al comando non mi sembra che ci siano le condizioni , nonostante gli appelli anche di Draghi, mi sembra un dialogo tra sordi.D’altra parte chi semina il vento della austerità espansiva raccoglie la tempesta della recessione. Non sono ottimista sul futuro purtroppo ci troviamo di fronte all’ennesimo suicidio europeo.

  12. Francesco

    BENTORNATI SULLA TERRA, PROFESSORI, MEGLIO TARDI CHE MAI…
    anche se in base alle aspettative razionali, se tagliassi le tasse subito con la promessa di tagliare la spesa in futuro avrei lo stesso effetto di tagliare tasse e spesa oggi e quindi la domanda aggregata non si muoverebbe comunque… Allo stesso modo della proposta Perotti, e stiamo punto e a capo! Questo perché la maggiore liquidità disponibile oggi, non andrebbe in consumi bensì in risparmi in quanto so già che o le tasse riaumenteranno domani oppure la minor spesa pubblica di domani mi offrirebbe meno servizi e quindi mi tutelo già oggi conservando un gruzzoletto (stesso meccanismo degli 80 euro)! A mio modestissimo avviso, potremmo muoverci (sperando che non sia già troppo tardi) dalle sabbie mobili solo con una politica fiscale molto espansiva ed una politica monetaria molto accomodante senza specificare né tempi né modi di rientro; una volta (e se) fuori dalle sabbie mobili ci si potrà concentrare su come ridurre deficit e debiti anche perché, se tutti i paesi aumentassero deficit e debiti è come se non lo facesse nessuno ma la gente potrebbe beneficiarne degli effetti.
    Perché non vi limitate semplicemente a copiare le soluzioni di Keynes senza pasticciare? Magari si potrebbe chiedere consiglio a Krugman il quale già da 2 – 3 anni sta offrendo, inascoltato, ricette sul da farsi!

  13. Wilem Buiter ha appena pubblicato un paper matematico per dimostrare come “il denaro dall’elicottero” funziona sempre per uscire da una depressione (^”The Simple Analytics of Helicopter Money: Why It Works – Always”#http://willembuiter.com/helifinal.pdf^) e parla di aumento PERMANENTE, non temporaneo.
    Abbiamo pubblicato un libro con introduzione di Warren Mosler mesi fa per suggerire di implementare una riduzione permanente di tasse tramite creazione di moneta da parte dell’Italia, anche senza l’intervento della BCE
    (vedi “Which Options for Mr. Renzi to Revive Italy and Save the Euro?
    http://www.economonitor.com/blog/2014/07/which-options-for-mr-renzi-to-revive-italy-and-save-the-euro/). Abbiamo cercato di mostrare che finanziare riduzioni di tasse con moneta è la soluzione corretta e permanente.quando il debito totale è 3 volte il PIL e la tassazione il 50% del PIL. Come mostrato anche da Friedman lo stato deve creare la quantità ottimale di moneta. Far indebitare sistematicamente lo stato e impedirgli di creare moneta è un assurdo logico con conseguenze devastanti. E’ bello vedere che ora Giavazzi e Tabellini si muovono su questa strada

  14. (continua) l’articolo di G & T confronta USA, UK e Eurozona per giustificare un deficit finanziato da QE, ma in questo modo:
    a) non nota che in Germania M3 è salita allo stesso ritmo di USA e UK e nel resto d’europa è collassata (e così il credito), per cui se prendi EZ ex-Germania il gap è enorme in termini di crescita/contrazione di moneta
    b) in USA e UK il QE è consistito anche nell’acquisto di crediti incagliati dalle banche per alleggerire i loro bilanci, comprando cartolarizzazioni di mutui che per loro era cruciale. In Italia dovresti comprare i crediti incagliati verso imprese ora
    c) il 5% addizionale di deficit in EZ se funziona riporterà anche l’inflazione su di 3 punti almeno, in UK era al 4% nel 2012 facendo crollare i bond
    Di conseguenza la la Germania non accetterà niente di sostanziale del genere. L’Italia deve agire da sola

  15. luciano

    La crisi economica che si è abbattuta sull’Italia ed in generale in tutta Europa, ha origine dalle politiche europee sbagliate. In Italia abbiamo l’aggravante che avendo sbagliato il cambio 1 € a 1927 lire, abbiamo da subito pagato il raddoppio dei prezzi. Detto questo bisogna andare a prendere sia Ciampi Rip. Prodi e farci spiegare perchè siamo entrati immediatamente, e se colpevoli confiscare tutti i beni e sbatterli in galera. Le politiche sulla moneta che non permettono la svalutazione come facevamo con la lira nei periodi di vacche magre, ed in ultimo la richiesta della Merkel di dimezzare gli stipendi in Spagna, ci fanno capire che per queste politiche ipocrite da parte Tedesca e di Bruxelles, dove si preferisce impoverire il popolo Europeo, non creando Eurobond, non svalutando la moneta, l’Europa diverrà nei prossimi 10 anni focolaio di guerre civili tra stati confinanti. Se aggiungiamo che i clandestini di mare nostrum vengono pagati con le tasse di noi cittadini, capiamo come il caos regna sovrano. Quale soluzione? Sicuramente un presidente del consiglio innovativo, non Matteo Renzi che è la continuazione di Berlusconi, e per giunta il cagnolino della Merkel, ma una persona del popolo, che possa andare dinnanzi alla Merkel a minacciarla di una uscita repentina dall’ Euro, e dai patti scellerati firmati a discapito del popolo Italiano. Abbiamo solo questa scelta plausibile, tutte le altre portano ad un unica direzione: Fame, disoccupazione, ribellione, guerra civile.

    • Maurizio Cocucci

      Il cambio lira/euro fu fissato a 1936,27 perché quello fu sostanzialmente il cambio di mercato. Basta verificare con un qualsiasi motore di ricerca i cambi durante il 1998 e vedere che tale rapporto fissato definitivamente il 31 dicembre di quell’anno fu appunto derivante dalle quotazioni sul mercato delle valute. Non si poteva fissare ‘a tavolino’ tramite accordi bilaterali o comunitari. Quanto al presunto raddoppio dei prezzi è nell’immaginario collettivo, vero che alcuni hanno approfittato del passaggio lira/euro per aumentare i prezzi, soprattutto ricorrendo all’arrotondamento dei prezzi, ma parlare di vero e proprio raddoppio è fuori luogo. Quanto a presunti effetti benefici di una svalutazione se ne è parlato molto e oggi come oggi non è più proponibile in quanto il contesto è molto cambiato rispetto agli anni della lira. Oggi le imprese italiane non hanno solo la concorrenza dei competitors europei, con i quali un cambio che vari di qualche punto percentuale può fare la differenza, oggi quello che mette in difficoltà molte nostre produzioni, in particolare quelle a basso valore aggiunto, sono quelle realizzate nei paesi con costo del lavoro decisamente più basso (livelli irraggiungibili con svalutazioni) e con pressione fiscale più bassa. E il tema della pressione fiscale è importante perché per una impresa non è sufficiente vendere un certo ammontare in più grazie ad un beneficio valutario se poi il margine di profitto rimane esiguo.

  16. Piero

    A livello teorico, deficit spending e QE, va benissimo per la crescita e per risolvere il ciclo economico negativo.
    A mio avviso, non dobbiamo perdere questa occasione per mettere una disciplina agli Stati sulla spesa corrente che è il “male” dell’Italia.
    L’unica cosa che potrebbe funzionare sarebbe quella di autorizzare gli sforamento solo per gli investimenti (golden rule), naturale che questa politica dovrà essere accompagnata dagli QE.

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