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Dieci ragioni contro il Tfr in busta paga

Il Governo sta discutendo se inserire il Trattamento di fine rapporto in busta paga. Elenchiamo dieci motivazioni, in decrescente ordine di importanza, per cui questa scelta non sembra ottimale.

 

  1. Dissuade i lavoratori dall’investire in previdenza integrativa, ciò che salverà le pensioni dei giovani. Negli ultimi 13 anni i fondi negoziali hanno offerto un rendimento cumulato nominale del 49 per cento mentre i contributi alle pensioni pubbliche si sono rivalutati di circa il 30 per cento (se non teniamo conto del trascinamento della crescita di fine anni 90 legato all’utilizzo di medie mobili). Negli ultimi 3 anni il rendimento cumulativo più basso offerto da un fondo pensione è stato del 4,5 per cento (comparto garantito), mentre i contributi previdenziali sono stati capitalizzati virtualmente a un tasso inferiore a un punto percentuale. Anche in caso di scelta volontaria bene tenere conto del fatto che i giovani italiani sono tra quelli con un grado di alfabetizzazione finanziaria più bassa in Europa (Ocse-PISA).
  2. Penalizza chi ha messo il Tfr in fondi pensione (che non può scegliere) rispetto a chi non lo ha fatto. Paradossale colpire coloro che hanno fatto ciò che in passato sia maggioranza che opposizione hanno chiesto, cioè mettere il Tfr nei fondi pensione.
  3. Crea problemi di liquidità alle aziende che oggi hanno maggiore bisogno di credito (Pmi) oppure (nel caso in cui fossero le banche a erogare sine die il Tfr) richiede garanzie pubbliche che possono rivelarsi (ex-post se non ex-ante) molto costose, soprattutto in caso di scelta volontaria. Presumibile infatti che siano soprattutto i lavoratori di imprese a rischio di fallimento a chiedere di vedersi erogato il Tfr, il che aumenta il grado di rischio dei prestiti concessi dalle banche alle imprese.
  4. Espone i lavoratori delle imprese presso cui i lavoratori avevano lasciato il Tfr (la maggioranza delle imprese con meno di 50 addetti) a un più alto rischio di licenziamento; il Tfr agiva anche come deterrente ai licenziamenti soprattutto in un momento in cui le imprese hanno scarso accesso al credito. Non voleva il governo sostituire l’articolo 18 con compensazioni monetarie ai lavoratori licenziati?
  5. Aumenta le tasse che i lavoratori devono pagare su queste somme (le rendite dei fondi sono tassate all’11,5 per cento mentre in caso di trasferimento in busta paga, i soldi verrebbero mediamente tassati alla marginale del 23 per cento). Facile venire accusati di speculare sulla miopia degli italiani per aumentare le entrate.
  6. Discutibile che stimoli i consumi. Dopo aver fatto campagne per anni sottolineando che il Tfr è previdenza, si dà l’impressione della famiglia che spacca il salvadanaio, mettendo peraltro in piedi un sistema talmente complesso dal non potere reggere alla lunga. E il senso di estemporaneità non spinge certo a mettere in circuito queste somme.
  7. I lavoratori con maggiori problemi di liquidità sono nel parasubordinato e questi non hanno il Tfr.
  8. Aumenta le asimmetrie fra dipendenti pubblici e privati, il che non è mai desiderabile, anche perché può aprire spazi a contenziosi per trattamento discriminatorio.
  9. Rende ancora più intricata la contabilità aziendale (i fondi vanno accantonati anche se poi versati al lavoratore).
  10. Aumenta l’incertezza normativa sul trattamento della previdenza complementare, che ha bisogno di assetti certi per decollare.
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20 commenti

  1. cristiano

    Salve, non mi sembrano grandi motivi per non chiedere l’anticipo del tfr in busta paga: le assimetrie tra dipendenti pubblici e privati sono enormi su mille aspetti, questo è solo un dettaglio irrilevante..le altre motivazioni che da mi sembrano fragili ed aleatorie. Sulla tassazione stanno ancora studiando se sarà agevolata o penalizzante. Di contro però si può affermare che sarebbe una bella boccata d’ossigeno per le famiglie in difficoltà ed il tutto sarebbe su base volontaria. Se i soldi sono dei lavoratori devono essere loro a decidere se averli subito oppure al termine dell’attività lavorativa: aggiungo anche chi deve vivere, mantenere una famiglia e magari pagare un mutuo, deve farlo oggi e non può certo iniziare a pagare un mutuo quando entra in pensione. Se la tassazione non sarà penalizzante la trovo un ottima idea per chi è in difficoltà.

  2. Hk

    Più che dieci ragioni contro il TFR in busta paga sono dieci ragioni per cui anche fare una cosa semplice in Italia a causa della complessità tutta nostra diventa difficile.
    Personalmente anche se contro il mio interesse credo che sia giusto che il lavoratore possa decidere per se. Vedo però che la maggioranza pensa che sia meglio che lo stato decida. Ma non vi sembra che siano anche troppe le evidenze che non sia così?

  3. Andrea

    La motivazione 5 non è corretta. “Aumenta le tasse che i lavoratori devono pagare su queste somme (le rendite dei fondi sono tassate all’11,5 per cento mentre in caso di trasferimento in busta paga, i soldi verrebbero mediamente tassati alla marginale del 23 per cento). Facile venire accusati di speculare sulla miopia degli italiani per aumentare le entrate.”
    La rivalutazione del Tfr è tassata all’11%, di poco inferiore all’11,5% dei fondi pensione. L’accantonamento sarà tassato secondo l’imposizione separata che è pari almeno al 23%, ma per chi guadagna di più può raggiungere aliquote superiori.
    Nel fondo pensione la tassazione è del 23% in caso di anticipazione/riscatto e del 15% alla pensione.

  4. Giorgio

    C’è un punto che ancora non mi è chiaro: se si tratta di “mettere in busta” gli accantonamenti futuri o anche il maturato.
    Da quando è stata fatta la proposta è circolato tutto e il suo contrario.
    Sono piuttosto agnostico sul tema, a patto sia lasciata al lavoratore la libertà di scelta sul destino del proprio TFR.
    Infine, vedrei anche un 11° punto: purtroppo è un aspetto di sempre più scarsa attualità, visto che sono sempre meno quelli che accedono al mercato del lavoro con un contratto regolare da dipendente (altrimenti niente TFR), tuttavia la cancellazione virtuale del TFR mettendolo direttamente nella retribuzione rappresenta un rischio “negoziale” di vedersi automaticamente ridotta la retribuzione di circa quel 7% che è l’accantonamento annuo del TFR. Infatti, quando si negozia la retribuzione normalmente si tratta della RAL, vale a dire al netto del TFR. Incorporandolo nella RAL, la vedo dura a farselo riconoscere in aggiunta…
    In sintesi, alla fine ci si rimette qualcosa: o si è più facilmente licenziabili, poiché manca un deterrente finanziario all’impresa o ci si riduce la retribuzione.

  5. Giovanni84

    Solo il punto 3 mi sembra condivisibile, ma superabile (e anche i punti 9 e 10 che però mi sembrano poco rilevanti).
    Tutto il resto non tiene conto di una cosa semplice: il TFR sono soldi del lavoratore. E deve dunque essere il lavoratore a decidere cosa farne, se prenderli subito o lasciarli accantonare.
    1) Scarsa alfabetizzazione finanziaria? A parte il fatto che non mi sembra una decisione così difficile (se ti servono soldi subito prendi il TFR altrimenti no), ma se lo Stato dovesse decidere al posto del cittadino per ogni ambito in cui l'”alfabetizzazione” è bassa, tantovale che lasciamo decidere ogni cosa allo Stato.
    2) Facciamo in modo che anche chi ha messo il TFR in un fondo pensione possa averlo subito, se vuole.
    4) E’ una scelta del lavoratore, che si assume i relativi rischi (compreso quello dell’eventuale licenziamento)
    5) Anche qui, è una scelta del lavoratore. Io pur di avere subito il TFR sono disposto a pagare più tasse, ad esempio.
    6) Se uno chiede di avere subito il TFR è perché ha bisogno di liquidità, quindi è uno che “spende”. Altrimenti lo lascerebbe accumulare.
    7) E quindi visto che esistono i parasubordinati, gli altri sono costretti ad accumulare il TFR, anche contro la loro volontà? Ma che senso ha?
    8) Questo punto sinceramente non l’ho capito. Perché aumenterebbe l’assimetria tra dipendenti pubblici e privati?

    Per me è questione di civiltà e libertà: i soldi sono miei e ne faccio quello che voglio. Non capisco perché debba decidere lo Stato per me.

    • rino

      “i soldi sono miei e ne faccio quello che voglio. Non capisco perché debba decidere lo Stato per me.”
      Sì, ma allora lo Stato deve avere anche la libertà di lasciarti sulla strada, quando vecchio, povero e malato, ti renderai conto di non essere stato previdente. E’ come il diritto di mangiare, bere e fumare senza vincoli né tassazioni: bene, ma a patto che non sia la collettività a pagarne le conseguenze in termini di spese sanitarie….

  6. Luigi

    per punti: 1) non si avrà mai alfabetizzazione se non si comincia; 2) corretto; 3) sarebbe ora che le imprese si capitalizzassero, può essere un buono stimolo finalmente 4) discutibile, mai sentito di un’azienda che non licenziava per non dover pagare il TFR 5) vero, ma sarebbe un formidabile incentivo a restare nella previdenza integrativa; ma senza costringere nessuno; 6) se fosse un provvedimento definitivo non ci sarebbe nessun senso di precarietà e sicuramente stimolerebbe almeno in parte i consumi; 7) se è così non ci sono i problemi segnalati ai punti precedenti; 8) vero,al solito sono le furbate contabili all’italiana; 9) vero; 10) per decollare la previdenza integrativa ha bisogno di vera consapevolezza da parte del lavoratore non di costrizioni o forzature. Per concludere: il TFR è anche adesso, per quelli che non lo versano ai fondi pensione, disponibile appena si cambia lavoro. quindi per continuare la discussione bisognerebbe conoscere l’importo del TFR pagato annualmente ai lavoratori che chiedono anticipi ed a quelli che cambiano lavoro e lo percepiscono completamente facendone quello che pare a loro: allora sì che il quadro sarebbe più chiaro. Forse, spiegando anche al più ignorante (finanziario) che paga il 15% ed a scalare negli anni continuando con la previdenza integrativa oppure il 23% e più (ricordiamo che è un minimo, non la massima aliquota) utilizzandolo subito raggiungeremmo il doppio obiettivo di disponibilità immediata e maggiore consapevolezza finanziaria

  7. Piero

    Renzi pensa che il tfr in busta paga risolva il problema dei consumi, stessa mossa del bonus di 80 euro mensili.
    A prescindere dalle critiche esposte nell’articolo, in parte condivise, il problema principale è che non viene curata la causa della crisi dei consumi. Abbiamo avuto una crisi monetaria, in giro non circola la moneta, manca la liquidità nel sistema dell’economia reale, qui si deve intervenire, come? Abbiamo solo due opzioni la creazione della moneta da parte della Bce oppure la creazione della moneta bancaria con l’aiuto di Renzi.
    Visto che la politica monetaria non viene gestita da noi, possiamo agire solo con la seconda ipotesi, l’intervento dello stato nel credito con il fondo di garanzia, deve essere una misura forte, quasi 100 mld di garanzie alle imprese pubbliche e private e alle famiglie.
    Ritorna la fiducia e si ricomincia a lavorare non vi è più la paura dei licenziamenti, oggi non vi è più la speranza nel futuro, i lavoratori temono i licenziamenti, in questo quadro mettere il TFE in busta paga non serve a niente, forse azzoppa ancora di più l’impresa, che alla fine è il soggetto che deve essere tutelato.

  8. stefano monni

    La notizia dell’ultima ora è che nella legge di stabilità per il 2015 è prevista una riduzione della tassazione. “Bene!” direbbe qualcuno. Se però la notizia viene letta insieme al punto 5 dell’articolo del porf. Boeri viene fuori il solito stratagemma. Meno tasse per le imprese, più tasse per i lavoratori. E poi, qualora lo stratagemma non fosse a somma zero, ovvero ci fosse al netto una reale ed effettiva riduzione delle imposte, sorge il problema – visto che aderiamo all’euro e ne dobbiamo rispettare i parametri – di una riduzione della spesa pubblica che, se attuata come al solito in maniera lineare, significa una riduzione dei servizi pubblici. In conclusione: meno tasse, meno servizi e quindi effetto della prima azione pressocché nullo visto che quei servizi prima pagati dallo stato ora ce li dobbiamo pagare noi.

  9. cosimo

    assolutamente favorevole al TFR in busta paga (da non renziano!). Io riuscirei completamente a prenderlo senza spenderlo e lo investirei in un conto deposito (garantito dal FIDT fino a 100000 euro). Gli interessi si ricevono anno anno e sono molto di più della misera rivalutazione prevista dalla legge. Chi ha scritto quest’articolo difende i dipendenti pubblici (o chi l’ha messo nei fondi). Dei dieci punti non e’mai stato detto nulla riguardo l’investimento sul mercato di queste somme che sarebbe superiore alla rivalutazione prevista dalla legge..disinformazione. Altra cosa la tassazione rimarrebbe uguale o azzerata come ha proposto la CISL. Viene da se che non cumulerebbe mai con lo stipendio.

    • Riccardo

      I dipendenti pubblici non verrebbero interessati, allo stato attuale, dalla possibilità di scelta del TFR, anzi a loro non gli tocca.

    • Ruggero

      Non ne sarei così sicuro che “viene da sè”;
      secondo me tutta la manovra viene fatta quasi esclusivamente per incamerare prima l’irpef sul TFR, da parte dello Stato.. e sarebbero parecchi soldini..

    • Franco

      Anche io sarei d’accordo. I consumi non crescono perché…non ci sono soldi da spendere! quindi diamo questa possibilità ai lavoratori. Questo, secondo me, dovrebbe essere l’idea sulla quale costruire, trovare cioè altre idee per migliorarla anziché impegnarsi a trovare aspetti per come distruggerla. Distinzione fra statali e privati, livello di imposizione, ecc. tutto giusto ma credo che si possa superare se lo vogliamo. Quello che suggerirei è dal 1° gennaio 2015 si usa un sistema nuovo: il TFR anziché essere accantonato va tutto al lavoratore che lo ha richiesto ma lo farei su base temporanea, cioè per una durata di due-tre anni max. Questo consentirà di valutarne gli effetti reali.

  10. Fabio

    Mia moglie è precaria da 12 anni, TFR sempre liquidato al termine del contratto e, come lei, ad altri mille mila precari. L’incidenza dei contratti a tempo indeterminato sarà sempre più esigua nel mercato del lavoro italiano. Parliamo ancora di “previdenza integrativa” sul TFR accantonato? Già i precari sono nei guai pensionistici per i contributi sociali versati a singhiozzo. Che si dia ‘sto benedetto TFR in busta paga. Speriamo solo che quando gli italiani rimarranno in mutande ed in miseria nera magari ritrovino la compiacenza di ribellarsi a questo stato delle cose, basterebbe anche solo un impegno civile e politico serio ed intransigente.

  11. Gabriella

    Il TFR era un risparmio forzoso nato per proteggere i lavoratori da un periodo di assenza di retribuzione (quando licenziati in attesa di un nuovo lavoro o quando si ritirano dal lavoro in attesa del pagamento della pensione). Se ce lo mangiamo mentre stiamo lavorando poi come si fa? Chiederemo altri soldi allo Stato perché ci aiuti?

  12. rob

    si discute di quando grano abbiamo (ancora) nel granaio e come pensiamo di utilizzarlo. Mille idee. Chi vuole farci il pane, chi le crostate, chi la farina etc. Nessuno, dico nessuno, si pone una domanda per darsi una risposta. Nessuno dice “ma se questo grano non lo seminiamo, per avere altro grano da dividere, finirà e non ci sarà niente per nessuno”. Queste poche parole credo possono descrivere la classe politica di questo Paese. Io alcune domande me le sono poste. Poteva e doveva un gruppo come la FIAT utilizzare 100 anni di storia per un nuovo progetto di auto? Elettrica, mini-car- autobus etc? Poteva avere una evoluzione nella chimica fine la storia della Montedison? Potevamo seguire il solco tracciato, con grandissima lungimiranza, da Adriano Olivetti nell’elettronica? Perfino nella riunione tra Renzi e gli “industriali” si è parlato di come “utilizzare il grano esistente” ma non di come seminarlo per i prossimi anni. L’ Italia con la cravatta ( spesso unta) simile alla Somalia delle bande

  13. gmn

    ok ci sono 10 problemi
    potrebbero esserci 10 soluzioni?
    tanto per essere pragmatici

  14. Massimo

    Sinceramente mi sembrano dieci punti molto molto deboli, legati più a dei principi talvolta anche secondari che non a delle ragioni di utilità ed efficacia… mi aspettavo un’analisi molto più profonda. Che poi, tra l’altro, non menziona i punti a favore.

    Se posso aggiungere qualcosa, il punto fondamentale qui credo sia capire se la possibilità di scelta da parte dei lavoratori di utilizzare il TFR come meglio si crede porti ad una maggior efficienza o meno. A me sembra che da 30 anni a questa parte le scelte e i risultati di tutti gli altri stati abbiano dato una risposta: riportare la scelta riguardo alla propria previdenza nelle mani dei cittadini porta ad una maggiore efficienza sia nella gestione personale sia nell’utilizzo cumulato, ovvero dove vanno investiti questi risparmi.
    Il modello TFR è stato abbandonato da tutti… poi se vogliamo parlare di principi ne esiste uno, non piccolo, già violato: se il TFR è una proprietà dell’individuo questo deve poterne disporre a piacimento, altrimenti stiamo dicendo che non è completamente suo.

  15. mrai

    Tutta fuffa.
    Il TFR appartiene ai lavoratori, non ai governanti e non alle aziende. Sono i lavoratori che individualmente devono poter decidere che cosa farne.

  16. Ermione D'Annunzio

    Non mi spiego il perché in questo patto di stabilità è uscito di nuovo fuori il pensionamento anticipato, o comunque la pressione al pensionamento, divulgato come sistema per fare avere più posti di lavoro. In realtà in molti settori non si assume,e non si assume al posto di chi va in pensione.

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