Lavoce.info

Tempo indeterminato: gli incentivi nella manovra *

La Legge di stabilità prevede un importante incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015. Ecco alcune stime sui costi e sul numero di assunzioni incentivabili. La norma è un tassello di un più complessivo ridisegno del mercato del lavoro, che resta da completare.
L’INCENTIVO ALLE ASSUNZIONI NELLA LEGGE DI STABILITÀ 2015
L’articolo 12 della Legge di stabilità prevede, per le assunzioni a tempo indeterminato che saranno effettuate nel 2015, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali Inps a carico dei datori di lavoro, entro un limite di 8.060 euro annui (importo nettamente superiore agli oneri previdenziali medi sostenuti dai datori di lavoro per i nuovi rapporti di lavoro) e per un periodo massimo di 36 mesi. Dal beneficio sono escluse le assunzioni di domestici e di apprendisti nonché quelle effettuate nel settore pubblico e nel settore agricolo. Inoltre l’incentivo non è concesso se l’assunzione è riferita a un lavoratore che nei sei mesi antecedenti risulta esser stato già occupato con un contratto a tempo indeterminato. Lo stanziamento previsto è pari a 1 miliardo per ciascun anno del triennio 2015-2017 cui è aggiunto mezzo miliardo per il 2018, quando il programma si esaurirà (i rapporti di lavoro attivati nel 2015, se ancora aperti, avranno necessariamente raggiunto i 36 mesi di durata). La finalità dichiarata è “promuovere forme di occupazione stabile”: il legislatore si propone, anche a parità di occupazione (meglio ovviamente se in crescita), di favorire una diversa composizione dei posti di lavoro, con un incremento della quota relativa di assunzioni a tempo indeterminato rispetto all’insieme delle assunzioni con contratti concorrenti (tempo determinato e collaborazioni a progetto in primis, ma anche contratti di apprendistato, somministrazione e lavoro intermittente).
IL TREND RECENTE DELLE ASSUNZIONI E DELLE TRASFORMAZIONI
Prima di lavorare alle ipotesi sul futuro impatto della nuova normativa è opportuno guardarsi indietro e analizzare il recente trend dei contratti a tempo indeterminato, che è l’oggetto dell’intervento correttivo del legislatore. I dati nazionali sulle comunicazioni obbligatorie evidenziano che dal 2010 al 2013 la dinamica dei contratti a tempo indeterminato (le oscillazioni sono chiaramente collegate all’evolversi della congiuntura) è stata la seguente:
Schermata 2014-11-03 alle 18.05.55
Al netto dei contratti di lavoro domestico (pari a circa 300mila annui), nel biennio 2012-2013 il numero medio annuo di assunzioni a tempo indeterminato è stimabile dunque in circa 1,4 milioni. Se applichiamo a ritroso i criteri selettivi indicati dalla Legge di stabilità 2015, possiamo stimare quante sarebbero state incentivabili. La tabella qui sotto riportata, relativa al Veneto (che rappresenta il 7-8 per cento dei flussi nazionali di assunzioni), consente di disporre delle informazioni necessarie a calcolare l’incidenza delle assunzioni che sarebbero state incentivabili sulle assunzioni totali a tempo indeterminato.
Schermata 2014-11-03 alle 18.04.44
Si osserva che:
a) al netto di apprendistato e lavoro domestico le assunzioni totali a tempo indeterminato sono andate diminuendo: nel 2013 sono risultate poco meno di 80mila; i dati disponibili per il 2014 attestano che questo trend è ulteriormente proseguito;
b) al netto delle assunzioni di lavoratori transitati, in meno di sei mesi, da un’azienda (tipicamente a seguito di dimissioni) a un’altra con contratto a tempo indeterminato, nonché delle assunzioni nei settori esclusi dall’accesso all’incentivo (agricoltura, Pa), quelle incentivabili risultano di poco inferiore al 60 per cento sul totale: nel 2013 erano 43.300;
c) tra quelle incentivabili, circa la metà (22.300 nel 2013) riguardano rapporti di lavoro a part time;
d) le trasformazioni a tempo indeterminato (da apprendistato e soprattutto da tempo determinato) risultano leggermente più numerose (quasi 45mila nel 2013) delle assunzioni incentivabili. Si tratta di un dato rilevante: è infatti del tutto plausibile ipotizzare che le aziende, dato il consistente incentivo all’assunzione a tempo indeterminato, non procederanno a trasformazioni, ma piuttosto a nuove assunzioni, che diverranno quindi sostitutive delle trasformazioni.
In conclusione, possiamo stimare per il Veneto, sulla base delle informazioni statistiche di cui disponiamo, che circa 80mila assunzioni a tempo indeterminato incentivabili rappresentano la consistenza del reclutamento atteso attivato dalle imprese, anche in una fase congiunturale difficile.
Proiettando tale dato a livello nazionale, possiamo stimare un ammontare atteso di assunzioni incentivabili vicino a 1 milione, al netto di possibili assunzioni aggiuntive dovute all’impatto del programma di incentivazione o alla più generale congiuntura economica.
La Relazione tecnica, basandosi su dati Inps – 636mila lavoratori assunti a tempo indeterminato nel 2013 e incentivabili secondo i criteri della Legge di stabilità 2015 – prevede analogamente un milione di contratti incentivati nel 2015, incorporando peraltro in tale stima significativi effetti incentivanti, dovuti in particolare allo spiazzamento di altri contratti (tempo determinato in primis).
IMPORTO MEDIO E COSTO COMPLESSIVO DELL’INCENTIVO
L’ammontare dello sgravio contributivo – che non include né la quota Inail né la quota Inps a carico del lavoratore – è definito dalle aliquote Inps a carico dell’azienda, aliquote variabili secondo l’attività dell’azienda, la sua dimensione e la sua natura giuridica nonché secondo la qualifica e lo stato giuridico del lavoratore. Per un operaio del settore industria assunto in un’azienda con oltre 50 dipendenti l’aliquota è pari al 32 per cento della retribuzione lorda. Possiamo calcolare un valore dello sgravio contributivo pari mediamente a 6mila euro per retribuzioni annue lorde attorno ai 20mila euro.
Tenendo conto peraltro di una quota di rapporti a part time allineata a quella osservata negli ultimi anni (attorno al 40 per cento), possiamo stimare che l’importo medio dell’incentivo scende, sempre su base annua, a 5mila0 euro per ogni assunzione.
Una stima analoga è assunta nella Relazione tecnica: si calcolano infatti in 5 miliardi le minori entrate contributive previste per il 2016 e il 2017, anni in cui l’incentivo sarà pieno, per tutte le assunzioni effettuate nel 2015. Per il primo anno, il costo dell’incentivo sarà inferiore (all’incirca dimezzato e quindi superiore alla previsione della relazione tecnica di 1,8 miliardi), perché occorre tener conto della distribuzione temporale delle assunzioni: normalmente si registrano due addensamenti (gennaio e settembre), due picchi di minimo (agosto e dicembre) e un’incidenza costante, attorno all’8 per cento del totale annuo, negli altri mesi. Occorre inoltre tener conto che non tutti i rapporti di lavoro attivati sopravvivono, nemmeno per tutti i 36 mesi incentivabili: negli ultimi anni in Veneto circa il 35 per cento dei contratti a tempo indeterminato ha evidenziato un tasso di sopravvivenza inferiore a un anno, mentre solo il 40-45 per cento ha superato i tre anni di durata. Ciò significa che le minori entrate contributive potrebbero nel 2016-2017 rivelarsi di entità inferiore a quanto stimato dalla Relazione tecnica, che prevede anzi un incremento nel 2017 rispetto al 2016 (5,030 miliardi rispetto a 4,885 al lordo degli effetti fiscali) scontando evidentemente qualche progressione di carriera.
Schermata 2014-11-03 alle 18.04.53
CONCORRENZA TRA TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Raggiungere l’obiettivo indicato dal legislatore, vale a dire l’aumento della quota di contratti stabili magari in un contesto di incremento complessivo dell’occupazione, dipende non solo dall’incentivo in esame, ma anche (molto) dalla concorrenzialità complessiva del contratto tempo indeterminato rispetto ad altri contratti. Sarà rilevante pertanto l’interazione con altre innovazioni nella regolazione, attese a seguito del Jobs Act. In particolare sarà importante ciò che verrà definito:
a) per le tipologie contrattuali concorrenti: se ad esempio l’istituto delle collaborazioni a progetto viene abolito o se il ricorso al contratto a tempo determinato viene ammesso per i soli lavori stagionali, allora ci si può attendere un ritorno più significativo sui contratti a tempo indeterminato;
b) per la regolazione del costo di licenziamento (entità, durata, progressione) nel caso di introduzione del contratto a tutele crescenti, come già evidenziato da Tito Boeri su la Repubblica del 28 ottobre 2014.
UNA SEMPLIFICAZIONE DA COMPLETARE
La norma in esame sottende un’implicita tensione verso la standardizzazione e semplificazione della regolazione. Sotto questo profilo, si affianca a quanto il decreto Poletti ha dettato per i contratti a tempo determinato. Il dispositivo complessivo che emerge per le opzioni di recruitment a disposizione delle imprese è così sintetizzabile:
a) se l’assunzione è con contratto a tempo determinato, si deve rispettare sostanzialmente solo il limite del 20 per cento dell’organico aziendale (o diversa previsione del contratto collettivo di riferimento);
b) se l’assunzione è a tempo indeterminato, si beneficia per tre anni di una riduzione del costo del lavoro vicina al 30 per cento.
Si tratta di interventi netti e consistenti per semplificare la regolazione degli ingressi nell’occupazione, ridurre il costo del lavoro e incentivare il tempo indeterminato. Servirà monitorarne l’efficacia, complessiva e relativa, nel ridisegnare il mercato del lavoro. E servirà pure riportare a coerenza, con un’opportuna ricognizione, tutti gli istituti di incentivazione. La Legge di stabilità inizia tale percorso disponendo (articolo 12, comma 2) la soppressione degli incentivi per le assunzioni di disoccupati di lunga durata (legge 407/1990): si tratta di un primo tassello di un mosaico da completare. Perché gli incentivi già esistenti per le assunzioni a tempo indeterminato e per le stabilizzazioni hanno negli anni recenti impegnato risorse consistenti: secondo i dati riportati nel Quaderno n. 6 del ministero del Lavoro, pubblicato nel settembre scorso e dedicato alla quantificazione delle spese per le politiche occupazionali e del lavoro, gli incentivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni hanno comportato nel 2012 una spesa superiore ai due miliardi.
Le opinioni espresse sono da attribuire esclusivamente all’autore e non coinvolgono l’amministrazione di appartenenza.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Un po' di Pil in più

Precedente

Garanzia giovani, cronaca di un fallimento annunciato

Successivo

Tfr in busta paga: pro e contro

  1. Buongiorno, mi sembrate ottimisti. Secondo i miei calcoli con un miliardo di euro l’anno di dotazione si possono agevolare dai 125.000 rapporti ai circa 200.000 considerando i lavoratori a tempo parziale. Nessuno più ora assume e restano tutti in attesa di poter fruire di questa agevolazione, ma dopo pochi mesi sarà esaurita la possibilità di fruirne. Altra considerazione, come spesso accaduto in passato (vedi imposta sostitutiva sulla produttività ed esenzione erogazioni liberali esenti) si inserisce una disposizione transitoria e si tolgono altre agevolazioni (legge 407/90 e legge 56 per conferma apprendisti). Quest’ultima in particolare sarà molto penalizzante, le grandi aziende non confermeranno più apprendisti, visto che per legge ne devono confermare solo il 20% in un triennio (e con gli apprendisti confermati almeno il 11,61% di contribuzione l’INPS si pagava all’INPS). A presto

  2. Patrizio Di Nicola

    Dipende molto da come verra’ abolito (ammesso che lo sia) il contratto a progetto. Infatti, scomparse le cocopro, rimangono le vecchie cococo, previste dall’art 2222 del codice civile. Le aziende potrebbero, qualora non fosse esplicitamente vietato, ricorrere a quella ulteriore forma precaria. Ma abolire l’art. 2222 significa anche far scomparire alcune centinai di migliaia collaboratori delle PA.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén