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Il metodo conta: crescita potenziale e regole fiscali *

Utilizzare stime del deficit strutturale per valutare il rispetto delle regole fiscali europee è appropriato. Ma per farlo in modo corretto è necessario considerare stime del reddito potenziale che non siano né troppo basse né cicliche. Come superare i problemi della metodologia attuale.

IL MIGLIOR USO DELLA FLESSIBILITÀ
La comunicazione del 13 gennaio 2015 da parte della Commissione europea dal titolo“Making the best use of the flexibility within the existing rules of the Stability and Growth Pact” ) chiarisce, cosa molto appropriata, che i paesi dell’Unione Europea che fronteggiano fasi di debolezza ciclica dell’economia potranno rallentare il processo di aggiustamento fiscale. Tuttavia, l’utilità del chiarimento ai fini di una gestione appropriata della politica fiscale dipende in modo cruciale da come la Commissione valuterà se un’economia che cresce poco stia effettivamente affrontando una fase di debolezza ciclica oppure se il suo basso tasso di crescita rifletta una bassa crescita potenziale. L’approccio correntemente usato dalla Commissione per giungere a questa valutazione è problematico.
COME SI STIMA L’OUTPUT GAP
Calcolare se le condizioni cicliche sono deboli richiede di stimare l’output gap e come questo cambia nel tempo. L’output gap è la differenza tra Pil e Pil potenziale (quanto l’economia produrrebbe in normali condizioni di domanda, cioè in assenza di una debolezza ciclica della domanda). Se l’ouput gap è negativo (il Pil è più basso del potenziale), c’è capacità di produzione inutilizzata nell’economia. In questo caso è appropriato rallentare l’aggiustamento fiscale perché il deficit fiscale corretto per il ciclo economico (il cosiddetto “cyclically-adjusted” deficit, o, nelle definizioni europee, deficit strutturale se si corregge anche per le poste una tantum) è più basso del deficit osservato; e perché si vuole evitare di aggravare, attraverso una stretta fiscale, una situazione di domanda aggregata già debole di per sé.
Infatti alcuni aspetti fondamentali delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita sono stati definiti, appropriatamente, in termini strutturali. Per esempio, l’obiettivo fiscale di medio termine di ogni paese (medium-term objective o Mto), nel cosiddetto “braccio preventivo” del Patto è definito in termini strutturali. La velocità di aggiustamento richiesta per raggiungere l’Mto è pure definita in termini strutturali. Non solo: la velocità di aggiustamento richiesta dipende essa stessa dal livello dell’output gap e, quindi, dalla stima dell’output potenziale. Inoltre, la velocità di aggiustamento del deficit sotto il cosiddetto “braccio correttivo” del Patto di stabilità è ugualmente definita in termini strutturali. Infine, persino la regola del debito, nel periodo interim che si estende per alcuni paesi (tra cui l’Italia) fino al 2015, è valutata in termini di riduzione del deficit strutturale.
Quindi la stima del reddito potenziale e del deficit strutturale è assolutamente centrale per il funzionamento delle regole fiscali del Patto di stabilità, cosa che spesso non è adeguatamente compresa.
Sfortunatamente, il reddito potenziale non è osservabile: occorre stimarlo. Ed errori di stima comportano seri errori nella valutazione di quanto la politica fiscale è restrittiva e nella applicazione delle regole fiscali.
Il modo in cui la Commissione europea stima il reddito potenziale – seguendo una metodologia peraltro concordata con i paesi membri – porta a stime della crescita potenziale che sono attualmente molto basse. Per esempio, per più di un terzo dei paesi dell’area dell’euro, tra cui Italia e Spagna, la crescita potenziale nel 2014 (e negli anni precedenti) era stimata essere zero o negativa. Una crescita potenziale negativa significa ritenere che un’economia si contrarrebbe anche in condizioni cicliche di domanda normali, cosa piuttosto strana anche per paesi affetti da problemi strutturali non trascurabili come quelli dell’area dell’euro.
Calibrare l’aggiustamento fiscale sulla base di stime di crescita negative (o vicine allo zero) ha serie ripercussioni sul funzionamento delle regole fiscali. Per intenderci, non appena un’economia inizia a crescere a una velocità decente, occorre subito accelerare l’aggiustamento fiscale perché la crescita sembra subito “rapida”.
Prendiamo per esempio un’economia il cui potenziale di crescita sia stimato essere meno 0,5 per cento. Un anno in cui la crescita è prevista essere pari a un modesto più 0,5 per cento verrebbe considerato come un anno di rapida crescita (si eccede la crescita potenziale di un intero punto percentuale): è facile calcolare, usando elasticità standard del deficit rispetto a variazioni dell’output gap, che il rapporto tra deficit nominale e Pil dovrebbe scendere di circa mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente solo per mantenere il deficit strutturale invariato. E dovrebbe scendere di un intero punto percentuale di Pil per essere in linea con l’aggiustamento strutturale richiesto dalle regole europee per paesi con un output gap limitato. Vi sembra che una riduzione del deficit di un punto percentuale sia appropriata per una economia che cresce solo dello 0,5 percento?
Forse sì, se effettivamente la crescita potenziale fosse negativa. Ma da dove vengono questi tassi di crescita negativi (o comunque molto bassi)? Le stime del reddito potenziale della Commissione sono basate su una “funzione di produzione” in cui il reddito potenziale dipende da una stima degli occupati in assenza di disoccupazione ciclica, dallo stock di capitale e da una stima della produttività dei fattori di produzione. Ma, per fare un esempio del perché questo approccio è problematico, lo stock di capitale deriva dalla somma degli investimenti passati e gli investimenti sono chiaramente influenzati dal ciclo economico, rispondendo negativamente alla debolezza della domanda aggregata. Il che significa che le stime del reddito potenziale usate dalla Commissione riflettono in parte (anche se non tanto quanto il reddito effettivo) il ciclo della domanda aggregata. E visto che la domanda aggregata è stata (e continua a essere) debole negli ultimi anni, si arriva, usando la metodologia europea, a una stima di una crescita potenziale debole (e negativa per alcuni paesi).
GUARDARE AL MEDIO PERIODO
Tutto questo suggerisce l’opportunità di rivedere la metodologia utilizzata dalla Commissione per stimare la crescita potenziale. Ma, lasciando da parte gli aspetti di modellistica econometrica (su cui le discussioni potrebbero essere interminabili), c’è un punto molto più fondamentale.
La Commissione stessa non stima solo la crescita potenziale, ma anche come questa si evolverà nel tempo, distinguendo così tra la crescita potenziale di breve periodo e la crescita potenziale di medio periodo. Usare la crescita potenziale di medio periodo per valutare il rispetto delle regole fiscali sarebbe concettualmente più corretto, visto che quello che si cerca di valutare sono le tendenze di medio termine della finanza pubblica. Far questo risolverebbe in gran parte i problemi derivanti da stime della crescita potenziale troppo basse: in effetti, i tassi di crescita potenziale di medio periodo stimati dalla Commissione (per esempio quelli che prevede prevarranno dal 2019-20 in poi) sono positivi per tutti i paesi con crescita potenziale negativa nel 2014 (superando l’1,25 per cento per Italia e Spagna).
In conclusione, è del tutto appropriato utilizzare stime del deficit strutturale per valutare il rispetto delle regole fiscali europee, ma questo richiede di utilizzare stime del reddito potenziale che non siano troppo basse e che non siano cicliche. Altrimenti finiremmo per trattare un anno di crescita ancora modesta come il 2015 come se fosse un anno di boom economico, che richiede un aggiustamento fiscale superiore alla norma.
La scelta della metodologia per valutare il deficit strutturale sembra una questione di portata limitata per la politica fiscale. Ma sappiamo che il diavolo sta nei dettagli.
* Carlo Cottarelli è attualmente direttore esecutivo nel board del Fondo monetario internazionale. È stato in precedenza direttore del dipartimento di finanza pubblica dell’Fmi.

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  1. paolo

    Caro Cottarelli, ormai la mente si rifiuta di leggere più di un paio di righe di un qualsiasi suo articolo senza perdersi dietro alla domanda: Che fine hanno fatto i dossier della spending review? Perché nessuno può leggerli?

  2. paolo

    per chi li cercasse, finalmente sono disponibili i report: http://revisionedellaspesa.gov.it/rapportigruppilavoro.html

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