Il bilancio dell’Inps ha davvero un disavanzo di quasi 7 miliardi, come dicono i dati contabili? Il buco non è nella gestione delle pensioni del settore privato. Deriva invece da una operazione sbagliata: la confluenza dell’Inpdap nell’istituto. La soluzione è generalizzare l’aliquota aggiuntiva.
L’INPS E IL BUCO CHE NON C’È
Con l’approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2015 è emerso che l’Inps avrà un disavanzo di competenza di 6,7 miliardi di euro. Le considerevoli dimensioni del disavanzo hanno allarmato l’opinione pubblica, anche a seguito di un tam tam mediatico, sulla tenuta dei conti del nostro istituto previdenziale.
La verità è che il “buco” delle gestioni pensionistiche del settore privato dell’Inps non c’è.
L’ultimo rapporto del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale per l’anno 2012 (il governo lo ha poi sciolto, compiendo un errore), ci spiegava come a partire dal 2008 la forbice tra entrate e uscite si fosse sostanzialmente azzerata, per riallargarsi poi a causa della crisi. Ora, nonostante la crisi economica sia ancora in corso, la forbice è tornata a chiudersi e nel 2013 l’onere della spesa pensionistica previdenziale in senso stretto a carico dell’Inps (12,6 per cento del Pil) – esclusa dunque la parte assistenziale (Gias-gestione degli interventi assistenziali, pari al 2,3 per cento del Pil) – è stata finanziata interamente con entrate proprie a carico degli assicurati (13 per cento del Pil).
Eppure, la storia contabile che viene raccontata è un’altra e ci dice che lo squilibrio tra le entrate e la spesa pensionistica complessiva, pari al 14,9 per cento del Pil, è finanziato con i trasferimenti a carico della fiscalità generale. Si tratta di un onere pari al 6,1 per cento del Pil, che si somma ai trasferimenti a titolo di compensazione per il riconoscimento della separazione tra previdenza e assistenza a carico della fiscalità generale. Tali trasferimenti, nel 2013, hanno comportato un esborso complessivo che sfiora i 140 miliardi di euro.
La realtà contabile, tuttavia, anche senza fare i sofisticati distinguo tra prestazioni assicurative e assistenziali, sarebbe ben diversa escludendo la gestione dei lavoratori pubblici (ex Inpdap), confluita tra le gestioni amministrate dall’Inps. Al netto dei trasferimenti a carico della Gias, le gestioni private sarebbero in attivo (nella tabella differenza voci 3-6 per l’anno 2013: +6,7 miliardi di euro).
LE COLPE DELL’EX INPDAP
Il pasticcio che induce a valutare la salute dell’Inps come fortemente compromessa è da imputarsi a una erronea operazione quale quella della confluenza dell’Inpdap tra le gestioni amministrate dall’Inps. Certo un’operazione puramente contabile, ma che rischia di diventare di sostanza a causa delle errate conclusioni a cui può portare la lettura del bilancio consolidato dell’Inps.
La ragione per cui quella scelta è da considerarsi sbagliata è economica. L’onere della spesa delle pensioni dei lavoratori pubblici, così come quello per il finanziamento delle loro retribuzioni, è una delle componenti della spesa pubblica, tenuto conto che i servizi dei dipendenti pubblici sono resi in favore di tutta la collettività, e dunque dovrebbe essere finanziata in via principale e non residuale dalla fiscalità generale. Invece, a seguito della confluenza dell’Inpdap nell’Inps, il finanziamento del disavanzo di questa componente di spesa pubblica, di fatto, avviene prioritariamente attraverso la “solidarietà” tra le gestioni dei lavoratori dipendenti e autonomi privati e solo dopo, in via residuale appunto, attraverso il finanziamento statale.
L’obiezione, secondo la quale non si tratterebbe di una questione sostanziale ma solo di carattere formale, non è accettabile. La rappresentazione formale, in questo caso, è sostanza. Di fronte a crescenti squilibri dei saldi contabili dell’Inps sarà inevitabile la riapertura del dibattito sull’introduzione di ulteriori interventi di contenimento della spesa pensionistica a carico dei privati senza che a nessuno salti in mente di precisare “chi determina cosa”.
Invece di far confluire l’Inpdap nell’Inps, in termini di risparmio dei costi amministrativi, sarebbe stato più efficiente tornare alla situazione precedente alla sua istituzione (decreto legislativo n. 479/94), quando la gestione delle pensioni era in capo ai servizi del personale delle amministrazioni statali e locali e la loro erogazione era garantita o attraverso la tesoreria statale, oppure a carico delle gestioni degli enti locali. Ciò, tra l’altro, avrebbe impedito di scaricare i costi della spesa per le pensioni del loro personale in quiescenza sulla spalle del bilancio dello Stato, in quanto le risorse per far fronte a tali spese avrebbero dovute ricavarle dai loro bilanci.
COME RIMEDIARE A UN ERRORE
La soluzione, in realtà, sembrerebbe molto semplice. Si tratta di neutralizzare gli effetti contabili della gestione dei lavoratori pubblici disponendo che l’onere a carico della pubblica amministrazione per il pagamento dei contributi previdenziali sulle loro retribuzioni sia quello che deriva dall’applicazione dell’aliquota di equilibrio (cioè quella che garantisce il pareggio di bilancio) e non di quella legale (33 per cento).
In pratica, si tratta di generalizzare l’istituto della cosiddetta “aliquota aggiuntiva” rispetto a quella ordinaria, come inizialmente previsto con la costituzione dell’Inpdap e posto a carico del bilancio dello Stato per i propri dipendenti, il cui aggiornamento è praticamente disapplicato da molti anni, e di estenderlo anche agli enti locali aggiornando l’aliquota anno per anno. Il conto economico della gestione ex Inpdap sarebbe portato così a pareggio in ogni esercizio. Contemporaneamente, si dovrebbe azzerare, una tantum, il disavanzo patrimoniale della stessa gestione dei dipendenti pubblici che si sarà rideterminato nel periodo decorso dall’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 5, della legge n. 147/2013.
L’intervento proposto è senza effetti di spesa, ma sufficiente a risolvere definitivamente la questione, senza ritornare sulla scelta di incorporazione della gestione dei dipendenti pubblici fatta dal legislatore.
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Savino
Non si può fare esclusivamente previdenza sociale. L’INPS deve essere ripensato innanzitutto come un Ente di assistenza, per aiutare chi è rimasto indietro a causa della crisi. Il welfare e il sistema pensioni deve essere ripensato in modo più equo e occorre un parere costituzionale che attualizzi ai nostri tempi il concetto di “diritti acquisiti”. Non sono costituzionalmente tali, a stretto rigore dei primi 3 articoli, nè i vitalizi, nè le pensioni d’oro, nè le baby pensioni, nè le pensioni con sistema retributivo. Il regime ex INPDAP è un ulteriore privilegio inaccettabile ed è segno tangibile di un’economia che si è basata solo sul posto fisso statale per decenni.
marino
chi sostiene che il sistema retributivo non è “equo e non è solidale tra generazioni” dimentica che chi (queste erano le leggi) lavorava di più o accettava più disagi, proprio in “ottica pensionistica”, pagava anche più tasse pensione e aliquote irpef superiori … ma era un investimento, per il futuro!
Quale iniquità, quale egoismo?
La vera iniquità è che anche in quel contesto temporale, esistevano “facilitazioni” grazie alle quali molti, troppi versavano allora 10 per incassare Ogg e anche più: ecco le vere iniquità da abbattere.e da recuperare, anche E con effetti retroattivi (cercare alla voce casta, privilegi ecc).
Sono evidenti, grosse come il m. Everest e … indifendibili ma i nostri governi, destra sinistra o “ibridi”, non le vedono. Possibile ?
serlio
Un’altra delle nefandezze attuate da Mr rigore e equità, da colui che ha effettuato il peggior massacro fiscale degli italiani affinché il sistema si perpetrasse. tanto pagano i contribuenti….
Raffaella Bordini
la gestione ex Inpdap è in disavanzo perchè molte volte è stato lo stato il maggior evasore.Per ripianare i conti ed assicurare una futura pensione ai giovani bisogna tagliare le pensioni over 5000 euro lordi, tagliare la reversibilità ha chi ha un reddito personale netto superiore ai 3000 euro netti, tagliare le cosiddette pensioni di privilegio del personale miilitare previa visita medico-legale INPS.Dai risparmi si può ricavare il reddirto minimo garantito per i giovani purchè accettino di lavorare in una PA o altro ente.
gualtiero
Per azzerare i privilegi e le pensioni d’oro, quindi gli sprechi, sarebbe siffciente applicare il sistema contributivo a tutti indistintamente, anche per le pensioni già in essere. E’ più giusto poichè credo sia chiaro a tutti che non è possibile percepire pensioni superiori a quanto si è versato sotto forma di contributi. Inoltre in tal modo anche i politicanti che hanno fatto 1 mese di presenza e che oggi vivono a sbafo della collettività, percepirebbero solamente l’equivalente di 1 mese di versamenti. Più onesto di così si muore.
Eleuterio
Ragionamento tecnicamente corretto che però dovrebbe essere applicato sempre: in caso di decesso tutti i contributi pagati e non elargiti tramite le pensioni devono ritornare agli eredi, così come i contributi versati senza che nessuna pensione sia poi erogata per qualsiasi motivo (e senza limiti di tempo)
rosario franza
Nel 2013 le gestioni private erano in attivo: + 6,7 miliardi di euro. Le gestioni pubbliche (ex inpdap) erano in passivo: – 516,00 milioni di euro. La causa del disavanzo dell’INPS non va ricercata nella spesa pensionistica che, nell’anno 2013, risulta avere un saldo complessivo di + 6,205 miliardi di euro. Nel 2013 il buco dell’INPS era di – 8,72 miliardi di euro e quindi era determinato dall’assistenza. Insisto nel voler separare le pensioni dall’assistenza, perché le prime sono finanziate dai contributi versati dai lavoratori e dalle aziende, mentre la seconda deve essere sostenuta da tutti tramite le tasse!
Giovanni Fino
Molti dei commenti precedenti sembrano una summa tra Brunetta con i fannulloni e i vari tribuni di piazza. Attenzione: qui si tratta di un pregevole articolo tecnico che spiega, con dovizia di particolari, perché é contabilmente sbagliato sommare le pere con le mele ovvero fare di tutta l’erba contributiva un cavo per abbeverare le pubblica opinione alla fonte della demagogia. La verità è che la fusione INPS e INPDAP non ha avuto ragioni contabili ma meramente tecnico-gestionali, ovvero per diminuire consigli di amministrazione, laute prebende e razionalizzare i costi del personale. A quanto ne so, ben poco di tutto ciò è stato effettivamente conseguito e, in più, da una fusione fatta per scopi tecnici sono derivate conseguenze contabili fuorvianti come il presunto buco che in realtà, come ben spiega l’autore, è più virtuale che reale. Tanto è vero che la lodevole soluzione proposta è senza oneri e servirebbe ad allentare un’ingiustificata pressione mediatica basata su premesse sbagliate, ovvero che si debbano trattare i lavoratori pubblici come quelli privati anche sotto il profilo contributivo. Così dimenticando che il datore di lavoro pubblico è lo stato e non un privato, e di conseguenza gli oneri contributivi per il medesimo sono partite di giro (mentre evidentemente non lo sono nel caso in cui il datore di lavoro sia un privato!!!).
La sensazione molto sgradevole è che si voglia tenere alta l’attenzione per tenersi pronti ad eventuali nuovi interventi di settore che, come l’autore dimostra, non avrebbero giustificazione alcuna perché al netto dell’equivoco gestione ex-INPDAP non esiste alcuno sbilancio contributivo per le casse dell’Inps. Ma questo, nonostante la chiarezza delle tesi dell’autore, sembra inesorabilmente difficile da digerire per chi è troppo preso dalla sindrome del “dalli all’untore”….
Massimo Gandini
Ovviamente che lo stato debba versare contributi è un’assurdità, resta comunque il fatto che i pensionati ex indap siano un macigno difficilmente digeribile per l’inps e soprattutto per il Paese. Alla mia età (47 anni) il mio datore di lavoro (ingegnere e insegnante di scuola tecnica superiore ) era già in pensione da anni. Ora di anni ne ha settanta e l’assegno previdenziale lo percepisce da quasi trenta , un assegno mensile non proprio simbolico (quasi 1000 euri mensili) che integra i guadagni dell’attività impenditoriale. L’indap , a prescindere dalle partite di giro contabili, è comunque un tumore in seno all’ente previdenziale
Kartesio
Vero
Piero Bonacorsi
Mi pare che la definizione partita di giro letta nel commento precedente non si possa riferire alle spese pensionistiche ma solo alle imposte di fatto si tratta di contribuzioni personali dei dipendenti che concorrono al calcolo della futura pensione.
enzo
Più che un pasticcio si tratta di una truffa. non è che l’operazione di fusione sia stata fatta tanto per..l’obiettivo era di appropiarsi del surplus dell’Inps (ovvero dei contributi dei lavoratori dipendenti del settore privato) . In altri termini le pensioni dei pubblici non vengono pagate dello stato ma con i contributi dei lavoratori privati (tanto la cassa è ormai unica) questo riduce la spesa pubblica o la rinvia. In realtà nel settore privato molti versano contributi che per diversi motivi non torneranno mai indietro, quindi in parte il colpaccio ai danni non solo dell’inps ma anche dei fessi può riuscire
Giorgio
Quando si è prospettato lo scioglimento dell’Inpdap e la sua confluenza nell’INPS non si è levata né fra gli esperti di materia previdenziale né nel parlamento né sui mezzi d’informazione nessuna voce critica. La decisione è stata assunta esclusivamente con l’unico criterio di risparmiare sui costi amministrativi senza tenere in alcun conto gli effetti negativi della decisione che non sono solo quelli di carattere tecnico economico indicati nell’articolo ma anche altri fra cui quello di aver creato un mastodonte elefantiaco con poteri enormi su tutto il complesso sistema previdenziale. Come spesso accade prima si assumono i provvedimenti sull’onda del politicamente corretto del momento e solo dopo ci si accorge delle conseguenze negative delle scelte che con una discussione più seria ed approfondita nel corso dell’esame del provvedimento e un atteggiamento più critico da parte degli osservatori si sarebbero facilmente potuti evidenziare.
Massimo Antichi
“…vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare…” gli esperti, cui punta l’indice, possono esprimersi preventivamente solo se interpellati. Se qualcuno me lo avesse chiesto lo avrei certamente fatto.
Cordiali saluti,
Massimo Antichi
Antonella
Ma qualcuno ha scoperto che fine hanno fatto tutti gli immobili di cui l’ex INPDAP era proprietario?
Nessuno, e quantomeno lo Stato, se ne preoccupa, eppure di proprietà ne aveva tante…
Aldo
Non capisco se il TFR maturato da ora dei dipendenti Indap viene dato dall’Inps in questo modo sottraendo a coloro che realmente versano, inoltre la stessa cosa per chi oggi dei dipendenti Indap va in pensione.
tartassata
strano che non si citino le disposizioni del DPR 29/12/73 n.1092, che prevedeva all’art 3 la ritenuta in conto entrate Tesoro a carico dei dipendenti. Quindi ovviamente quei soldi sono finiti nel bilancio dello Stato. Strano inoltre che non si citi l’art 210 che prevedeva lo Stato partecipasse alla copertura delle spese con un contributo da stabilirsi, per ogni esercizio finanziario. .Invece di proseguire con le disposizioni ex art.210, siccome i soldi sono rimasti all’erario, si vuole fare pagare ai lavoratori in servizio, senza nemmeno tenere conto del blocco del turn-over. anche il costo delle dismissioni dei dipendenti deve essere fatto a carico dei dipendenti pubblici in servizio? ma non scherziamo, dopo che si tengono per quattro anni l’indennità di buonuscita.
tartassata
Mi chiedo perché chi ha scritto l’articolo non abbia citato ad es. l’art 3 del dpr 1092/73 che cita della ritenuta sugli assegni di attività sugli emolumenti dei dipendenti statali versata in conto entrate Tesoro, (quindi i contributi dei dipendenti sono finiti all’erario)e l’art 210 del medesimo dpr, incluso la copertura da parte dello stato delle spese per fondo pensioni. L’idea dell’articolista sarebbe quella di aumentare i contributi a carico dei dipendenti pubblici, tra l’altro senza specificare quanto a carico del dipendente. Inoltre non cita il blocco pluriennale del turn-over. L’idea quale sarebbe? che i dipendenti in servizio si devono fare pure carico del blocco del turn over con conseguente diminuizione delle entrate previdenziali?