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Ivass: come mai l’Autorità non usa la sua autorevolezza?

La relazione annuale dell’Ivass non affronta i problemi più spinosi del mondo assicurativo. Accoglie la tesi delle compagnie sulle frodi che giustificano premi più alti. E mostra scarso interesse per i danni non automobilistici. Tutela dei consumatori e interessi corporativi delle assicurazioni. 
Il rapporto vede segnali positivi
La presentazione del Rapporto annuale dell’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) da parte del presidente Salvatore Rossi potrebbe avere deluso chi si aspettava una presa di posizione sui punti critici del mercato assicurativo. La relazione dell’Authority, che da due anni ha cambiato nome (da Isvap a Ivass) e pelle (con il passaggio a Istituto di vigilanza nell’ambito della Banca d’Italia), contiene infatti pochi riferimenti ad alcuni problemi “spinosi”. In primo luogo, per quanto riguarda il tema della concorrenzialità del mercato, l’Ivass non coglie l’assist fornito dalla relazione dell’Autorità antitrust di Giovanni Pitruzzella, che poco tempo prima aveva definito quello assicurativo come un mercato “in cui permangono regolazioni che creano privilegi, forme di rendita che non incentivano la concorrenza e l’innovazione”. Anzi, l’Ivass esprime soddisfazione per alcuni segnali positivi, come la riduzione della concentrazione del mercato, misurata dall’indice di Herfindahl-Hirschman (-15 per cento), e l’aumento della mobilità dei clienti (uno su sei nel 2014 ha cambiato compagnia). Viene anche sottolineato un calo nei premi di quasi l’8 per cento, dovuto principalmente alla diminuzione degli incidenti e del costo dei risarcimenti. E questo dato è visto in modo molto positivo anche in relazione al fatto che una riduzione simile, ripetuta fino al 2020, porterebbe ad annullare il divario con gli altri paesi europei, ovviamente non considerando che la media europea potrebbe tra cinque anni essere a sua volta diminuita.
Tutta colpa delle frodi
Per quanto riguarda il livello dei premi viene detto che l’Italia è “il paese dalle tariffe più alte nel confronto internazionale” e l’Autorità fa propria la tesi sostenuta da anni dalle società di assicurazione secondo cui, tra le diverse cause, la principale sarebbe la “abnorme presenza di frodi perpetrate ai danni delle compagnie da una minoranza, cospicua e aggressiva, di assicurati”. Se così fosse, sarebbe allora urgente portare a termine l’archivio integrato antifrode (Aia) che però, come dice lo stesso Rapporto, è solo alla prima fase di attuazione. La causa di ciò sono le inadeguate infrastrutture informatiche delle stesse compagnie, rispetto alle quali tuttavia l’Autorità non sembra voler intervenire in modo diretto per accelerarne l’ammodernamento. L’Ivass afferma anche di condividere il contenuto del disegno di legge “Concorrenza”, ora all’esame del Parlamento, che contiene misure antifrode note e già applicate, come la scatola nera e le carrozzerie convenzionate, destinate a incidere poco sul fenomeno fraudolento e, per di più, con un aggravio dei costi anche per gli automobilisti onesti.
I danni non automobilistici
Anche nella parte della relazione sul ramo “danni non automobilistici”, non si può certo dire che l’analisi sia incisiva. È evidenziata una sotto-assicurazione degli italiani rispetto ad altri paesi, ma l’Ivass sottolinea solamente l’aspetto della raccolta premi, che sarebbe nel nostro paese solo dell’1 per cento del Pil, di molto inferiore a Francia e Germania. Ciò che dovrebbe preoccupare l’Autorità, invece, è il dato relativo alla bassa penetrazione di polizze quali quelle a copertura dei disastri naturali, che sono diventate uno strumento essenziale per fronteggiare i danni che probabilmente saranno nel futuro di ingente entità e difficilmente risarcibili da parte dello Stato. All’argomento la relazione dedica poche pagine, volte a dimostrare la difficoltà di assicurare questo tipo di eventi. Ma, forse, nella futura preannunciata indagine conoscitiva, l’Autorità avrà modo di constatare che in altri paesi le difficoltà evidenziate – quali la concentrazione in un’unica area geografica dei rischi, la bassa probabilità degli eventi ai quali corrisponde un’elevata gravità, nonché la presenza di asimmetrie informative causa di azzardo morale e selezione avversa – sono state già risolte. La diffusione di questa tipologia di coperture assicurative dovrebbe allora essere incentivata promuovendo un modello di partnership pubblico-privata che garantirebbe un trasparente ed efficiente funzionamento di un sistema che nella vicina Francia ha portato a una penetrazione intorno al 75 per cento contro la nostra di meno del 10 per cento. Insomma, la lettura dei dati di mercato relativi all’anno 2014 avrebbe dovuto essere molto diversa alla luce della scarsa concorrenzialità del mercato. L’Autorità avrebbe potuto segnalare che la diminuzione dei premi nella Rc-auto è troppo lenta e che le compagnie italiane continuano a costituire un’anomalia rispetto agli altri paesi europei, anche se avvantaggiate dalla riduzione degli incidenti. A ciò si aggiunge che le società di assicurazione non adottano strategie per rilevare al loro interno le frodi, riuscendo a scaricare i costi sui premi imposti ai loro clienti. E ancora come, in assenza di una spinta competitiva, non vengano esplorati nuovi mercati “non automobilistici”, e in particolare quello della copertura dei disastri naturali e della responsabilità dei medici, che potrebbero costituire un nuovo e interessante business per le imprese, fornendo, d’altra parte, coperture assicurative ormai essenziali per il nostro paese. È prevedibile che nel 2015 e nel prossimo futuro la situazione non cambierà molto, a meno che non ci sia un cambio di rotta e l’Autorità incominci a usare la sua autorevolezza per promuovere la concorrenzialità, a partire dall’intensificazione dell’attività di ristrutturazione interna dei consigli di amministrazione e dall’apertura del mercato a compagnie estere. Tutti interventi che un’autorevole Autorità potrebbe favorire attraverso azioni dirette ai soggetti operanti nel mercato assicurativo e attraverso la segnalazione al Parlamento di interventi volti a colpire gli interessi corporativi delle compagnie nazionali e a favorire i consumatori italiani e il sistema economico del paese.
 

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  1. Andrea Battista

    A me pare invece che la Relazione sia stata ben equilibrata: non e’ compito di un’Authority sparare per forza a zero sui vigilati, rapporti di sana dialettica nel rispetto dei ruoli sono un valore e non un inciucio. Mostrare per forza un regolatore “catturato”, senza che la cosa abbia il ben che minimo fondamento, non credo serva a nessuno. Dare ragioni ad affermazioni dell’antitrust abbastanza aprioristiche solo per guadagnare consenso pure e’ inutile, meglio capire quali interventi possono essere utili e il d.l.liberalizzazioni va in questa direzione.
    La tutela dei consumatori e’ stata trattata nella relazione all’assemblea ania e le due relazioni vanno lette assieme, come indicato da Rossi. Solo alcuni punti specifici infine.
    Che le frodi in Italia siamo alte e impattino sui premi non e’ sbagliato solo perche’ lo dicono le compagnie. In generale i premi dipendono in massima parte dai costi nell’r.c. Auto, che piaccia o no. Se scendono i costi scendono i premi ed e’ quello che e’ avvenuto: la lentezza deriva forse dal fatto che dopo anni di perdite le migliori compagnie stanno guadagnando da questo ramo, probabilmente in via provvisoria?
    Sui rami non auto non credo che ci sia nulla da rimproverare: e’ evidente che certe aree non decollano per la normativa mancante ( rischi catastrofi naturali) o delirante ( r.c. Sanitaria). E’ cosi’ necessario che ce lo ricordi tutte le volte la relazione IVASS?

  2. Enzo Pisano

    Audizione al Senato della Repubblica del Presidente dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza Antonio Catricalà, in data 12 ottobre 2011:
    …. “Le frodi sono indicate dalle compagnie come le maggiori cause di aumento
    dei prezzi, soprattutto al Sud. Questo dato pero` non risulta all’evidenza
    delle indagini dell’Antitrust; infatti, nel 2007-2009 le frodi accertate
    a danno delle compagnie sono dell’ordine del 2-3 per cento del numero
    totale dei sinistri. Nel Regno Unito questo dato e` quadruplicato, mentre
    in Francia e` il doppio. Poiche´ non possiamo ritenere che in Italia le frodi
    non esistano, si suppone che le compagnie non abbiano interesse a scoprirle,
    perche´ non c’e` interesse a controllare i propri prezzi.” ….
    Ritengo superfluo qualsiasi altro commento

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