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Una mano ad Atlante per sostenere i crediti deteriorati

La fragilità del sistema bancario pesa sulla ripresa del paese. Messo a punto il disegno generale per affrontare il problema dei crediti deteriorati, bisogna ora definirne gli aspetti operativi. Con interventi che mirino a migliorare la trasparenza e a risolvere la questione dei tempi dei tribunali.

Tempi di recupero da abbattere

La fragilità del sistema bancario pesa come un macigno sulla ripresa italiana, soprattutto a causa dell’ammontare di sofferenze nei bilanci delle banche. In un precedente articolo avevamo discusso gli ostacoli alla crescita del mercato delle sofferenze, che derivano dalla forbice di valutazione fra i valori iscritti a bilancio dalle banche e quelli che si possono realizzare vendendole a operatori specializzati. Per accrescere il valore degli crediti deteriorati, è necessario sia accorciare i tempi di recupero sia aumentare la quota di debito recuperata. Secondo una recente indagine della Banca d’Italia, dal punto di vista delle banche l’elemento che più contribuisce ad allungare i tempi di recupero nei fallimenti è il sovraccarico di lavoro degli uffici giudiziari, seguito dalle inadeguate competenze dei professionisti coinvolti e dalla complessità delle procedure. Giudizi simili nei riguardi delle procedure esecutive immobiliari e dei concordati. Anche il funzionamento delle aste appare inadeguato: il numero medio per procedura è pari a quattro, un valore elevato che contribuisce ad allungare i tempi di recupero. Ad agosto dello scorso anno è stato approvato un pacchetto di norme proprio per fronteggiare questi problemi, con effetti rilevanti su tempi e quote di recupero. Le norme mirano ad accorciare la durata dei fallimenti, introducendo termini più stringenti per il curatore fallimentare; ad aumentare le soluzioni concordate tra debitori e creditori e ridurre il ricorso ai fallimenti; a velocizzare le procedure esecutive su beni mobili e immobili; a rendere fiscalmente più vantaggiose le cessioni e le svalutazioni dei crediti deteriorati. Secondo un ristretto gruppo di banche e di operatori, la riforma porterebbe a regime a una riduzione del 28 per cento dei tempi dei fallimenti e del 20 per cento delle esecuzioni immobiliari (secondo altre valutazioni, gli impatti potrebbero essere più rilevanti. Meno ottimistiche le attese sulle quote recuperabili, con miglioramenti attesi nell’ordine del 6-8 per cento.

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Figura 1

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Gli interventi operativi

Le misure legislative sono state accompagnate dall’introduzione delle Gacs (garanzie sulla cartolarizzazione delle sofferenze) e dal recente lancio del fondo Atlante. Messo a punto il disegno generale di approccio al problema, bisogna ora passare alla definizione degli aspetti operativi. In particolare, far sì che i crediti deteriorati siano più trasparenti, per ridurre l’asimmetria informativa tra le banche e i potenziali compratori, potrebbe avere effetti importanti sulla loro valutazione. In questo senso, rendere subito operativo il portale delle aste dando maggiore trasparenza alle garanzie sui crediti, creare portali specifici per la valorizzazione di beni non facilmente liquidabili (dove si possano vendere macchinari, attrezzature e altri beni che rientrano nel patrimonio delle imprese in liquidazione), consentire l’accesso a basi dati patrimoniali (Agenzia entrate, anagrafe nazionale, anagrafe bancaria) e informative a soggetti autorizzati, potrebbero allargare subito il mercato, con benefici significativi sul valore delle garanzie. Infine, per accrescere la trasparenza sarebbe importante standardizzare e rendere disponibili informazioni granulari sulle caratteristiche dei crediti, delle procedure che li riguardano e delle relative garanzie. Questo aiuterebbe gli investitori a valutare i crediti deteriorati e aumentare la partecipazione alle aste, con effetti positivi sui valori delle transazioni. Anche se il decreto di agosto ha già fatto importanti passi avanti, esistono altre soluzioni che potrebbero ridurre ulteriormente i tempi di recupero. Se un problema chiave sono i tempi dei tribunali, si può agire sia semplificando il loro lavoro, sia utilizzando criteri economici per stabilire la priorità delle procedure. Ad esempio, i tribunali potrebbero lavorare in base a un ordine di priorità che tenga conto, da un lato, della probabilità di recupero dei crediti – dando precedenza alle pratiche che possono garantire una maggiore soddisfazione per i creditori – e, dall’altro, dell’eventuale presenza di garanzie a rapida obsolescenza, che possono perdere valore se non liquidate in tempi brevi. Poiché i recuperi sono conseguiti quasi integralmente entro cinque anni dall’avvio della liquidazione, potrebbe avere senso anche stralciare i fallimenti e le procedure che hanno già superato questo periodo di tempo, in particolare se gli importi coinvolti sono modesti. A parità di legislazione, esiste un’ampia variabilità tra i risultati dei singoli tribunali, spesso legata all’organizzazione o alle capacità manageriali delle figure apicali. Prevedere incentivi e disincentivi per allinearli verso le migliori pratiche, potrebbe quindi contribuire in modo rilevante alla riduzione dei tempi.

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Figura 2

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  1. Henri Schmit

    Condivido le ben argomentate opinioni degli autori. Rimango tuttavia perplesso per la commistione in un solo veicolo, privato ma fortemente voluto dalle autorità, di due compiti così diversi e in qualche misura contraddittori come (1) un acquisto a prezzi da definire, pacchetto per pacchetto (a priori i più bassi per garantire la migliore redditività) e una gestione efficiente di NPL (una parte dello stock nazionale davvero enorme) e (2) una funzione non ben definita di back stop a certi aumenti di capitali (quali?) a prezzi da definire, banca per banca, in funzione di numerosi parametri di bilancio, di business plan e di reazione del mercato. L’obiettivo del secondo compito (peraltro non menzionato nel precedente articolo degli autori), e forse di entrambi, è ambiguo: aiutare le banche in difficoltà o sottoscrivere partecipazioni bancarie da cedere poi con profitto “sul mercato”. Non capisco perché un solo operatore dovrebbe svolgere questo compito che converrebbe lasciare alla libertà “del mercato” (scelta e valori di acquisto dei NPL e di sottoscrizione delle azioni, commissioni di gestione del fortunato operatore che assume solo un rischio marginale e improbabile di mala gestio), cioè a una pluralità di operatori in concorrenza fra di loro, scelti non da un’autorità occulta, ma con bando da chi vi investe in NPL o in aumenti di K, non confusamente in entrambi, o a scopo di assistenza sistemica o con una logica di mercato.; nel 2° caso servono 5 o 12 Atlanti, non uno solo.

  2. Michele

    Alcuni problemi: 1) con l’accesso proposto a basi dati patrimoniali (Agenzia entrate, anagrafe nazionale, anagrafe bancaria) come si gestisce la privacy? Come la mettiamo con la par condicio creditorum? 2) tribunali fallimentari: la giustizia deve essere assicurata in tempi certi a tutti i casi, non solo quelli economicamente più rilevanti 3) e il punto di vista dei debitori? Chi tutela famiglie, aziende in difficoltà? Magari hanno dipendenti, collaboratori etc 4) siamo sicuri che immettere tanti assets vari (immobili, macchinari, magazzini etc) sul mercato in tempi brevi assicuri il massimo del valore di realizzo? Non sarà invece il contrario? I valori di realizzo saranno ancora più penalizzati con riflessi su tutti i mercati correnti a partire da quello immobiliare 5) perché un operatore terzo, Atlante o altri acquirenti, deve essere più bravo a gestire i NPL rispetto alla banca che conosce bene i suoi clienti in difficoltà, avendoli affidati magari per anni?

  3. Michele

    Per fortuna che esiste la normativa EU contro gli aiuti di stato, altrimenti i problemi delle banche verrebbero fatti tutti pagare ai contribuenti italiani

  4. Michele

    A proposito di NPL, sui giornali si legge che il fondo Atlante sarà capitalizzato per 4/6 mld poi con l’effetto leva potrà fare operazioni per 50 mld. Una domanda semplice: chi finanzia i restanti 44/46 mld? Le banche italiane? Investitori internazionali? E’ prudente finanziare a debito la sottoscrizione di aumenti di capitale in banche bisognose di nuova equity? E’ prudente acquistare npl a prezzi elevati facendosi finanziare a debito?

  5. Massimo Matteoli

    Guardate che l’intollerabile lentezza delle procedure esecutive non è, almeno oggi, il problema principale. Come vi potrà confermare chiunque segua “praticamente” le esecuzioni immobiliari il vero dramma (per creditori ma anche per i debitori che vedono falcidato il valore dei loro beni) è la mancanza di acquirenti..
    Un ‘ ennesima riforma, se riuscisse a funzionare abbattendo i tempi delle aste, paradossalmente ingolferebbe ancora di più il mercato con un’offerta per la quale oggi non c’è domanda. Invece di pensare all’italiana di risolvere con nuove “grida” i problemi veri, perchè qualcuno non comincia a lavorare sul lato della domanda. Del resto i prezzi a cui oggi vengono venduti gli immobili renderebbero conveniente anche l’acquisto e l’affitto a prezzi calmierati (che comunque sono gli unici che oggi si possono ragionevolmente riscuotere). o la ricostituzione di uno stock di case di proprietà pubblica, da tempo ormai bloccato. Su questo si potrebbero investire risorse pubbliche che certo non potrebbero essere accusate di essere aiuti di stato.

  6. Mario Rossi

    Conosco bene la materia perchè sono stato coinvolto in ben 2 procedure come creditore. Per fortuna ho un fiuto abbastanza efficace che mi consente di capire le cose prima di andarci dentro con tutti e due i piedi, ma ho visto di tutto. I curatori sono per lo più delinquenti che sfruttano la loro posizione per incamerare soldi ai danni dei creditori, i tribunali se ne sbattono altamente di tutto e lasciano le cose incancrenire anche sperando che i creditori più interessati falliscono a loro volta così non chiedono più niente. In tutto questo bailame ho percepito più volte che la maggior parte di quelli che falliscono organizzano il tutto in maniera da truffare imprese serie che non hanno avuto la malizia di capire prima. Alla fine questa che sembrava una gallina dalle uova d’oro sta invece mostrando il suo vero aspetto e truffatori e politici se ne fregano banchettando con i soldi che hanno rubato a chi ha lavorato una vita. COMPLIMENTI

  7. Michele

    Curioso vedere un operatore che dovrebbe essere “privato” come il fondo Atlante ricevere cosi tanti endorsement da parte di autorità/stampa/politica che in realtà dovrebbero regolare/sorvegliare l’attività di operatori privati, non sponsorizzarli!!!

  8. Michele

    Il fondo Atlante più che ad altro assomiglia all’IRI degli anni ’30 del secolo scorso, ai tempi di Beneduce e Menichella…

  9. Henri Schmit

    Nonostante i commenti critici bisogna dire che l’articolo è interessante e convincente e che l’azione del governo, forse insufficiente, va ovviamente nella direzione giusta.

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