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Codice appalti: come cambiano i criteri di scelta*

Con il nuovo codice degli appalti l’offerta economicamente più vantaggiosa diviene il criterio di scelta ordinario per l’aggiudicazione delle gare, mentre si riduce l’ambito di applicazione del massimo ribasso. La riforma è una grande opportunità se si evitano alcuni rischi con scelte coraggiose.

Le nuove regole

Il 19 aprile è stato pubblicato il decreto legislativo n. 50/2016 di attuazione di tre direttive europee in materia di contratti pubblici e concessioni. Le direttive 23, 24 e 25 del 2014 disciplinano rispettivamente: a) i contratti di concessione; b) gli appalti pubblici; c) le procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.
Le novità introdotte dal cosiddetto “nuovo codice dei gli appalti” perseguono la trasparenza e la semplificazione del quadro normativo vigente. L’Autorità nazionale anti corruzione (Anac) avrà un ruolo centrale nella redazione delle linee guida attuative, nell’introduzione dei meccanismi premiali per le imprese virtuose e nella gestione dell’albo da cui verranno sorteggiati i commissari di gara.
Con il nuovo codice, si rafforza l’utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Oev) che diviene il criterio di scelta ordinario per l’aggiudicazione delle gare. Il massimo ribasso, fino a oggi il criterio di gran lunga più impiegato non sarà definitivamente abbandonato, ma avrà un ambito di applicazione ridotto. L’Oev diventerà l’unico criterio di aggiudicazione per i lavori al di sopra del milione di euro e per i servizi al di sopra della soglia comunitaria, una svolta importante rispetto a quanto avvenuto finora.
Le ragioni di un cambiamento così radicale delle regole di aggiudicazione sono da ricercarsi nelle caratteristiche del massimo ribasso ritenuto responsabile non solo della scarsa qualità delle realizzazioni, ma anche dell’eccessivo ricorso alle “varianti in corso d’opera”.
È utile interrogarsi su quali potranno essere gli effetti della nuova disciplina sia sotto il profilo della trasparenza che sul piano della economicità. Sono proprio tali aspetti ad aver spinto il legislatore verso la riforma del codice dopo le vicende giudiziarie che hanno colpito il settore.

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I pro e i contro

Pur con tutti i suoi limiti, il massimo ribasso ha il pregio di essere un criterio “oggettivo” e di facile comprensione: la gara è aggiudicata all’impresa che lo offre e che non supera una determinata “soglia di anomalia”. È proprio grazie alla sua oggettività che i ricorsi amministrativi non si concentrano sulla corretta applicazione del criterio. In presenza di una progettazione di qualità, di prezzari realistici e di commissione di gara in grado di verificare la congruità delle offerte, il massimo ribasso non dovrebbe apparire come “nemico” della legalità e della trasparenza.
L’offerta economicamente più vantaggiosa è senza alcun dubbio un criterio di scelta più apprezzato sul piano metodologico perché, a differenza del massimo ribasso, prende in considerazione elementi di natura tecnica, economica o ambientale, offrendo una valutazione completa. Grazie all’Oev, le stazioni appaltanti potranno costruire capitolati più coerenti con gli obiettivi dell’intervento, valorizzando la complessità del problema decisionale. Tuttavia, è proprio tra i suoi innumerevoli pregi che si nascondono le insidie.
Benché la norma preveda che l’offerta economicamente più vantaggiosa sia “valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto” (articolo 95 comma 6), è difficile considerare tali aspetti come “oggettivi”. Il rischio da evitare è che il criterio “oggettivo” sul piano normativo, si affievolisca e diventi dapprima “discrezionale” (in fase attuativa) e poi “arbitrario” (in sede operativa).
D’ora in avanti il “pregio estetico” di un cavalcavia o il “valore architettonico” di un sottopasso potranno valere più della capacità di soddisfare la domanda di trasporto. Ad esempio, il fattore costo, fino a oggi a torto o a ragione il principale elemento di scelta, rischia di diventare secondario o addirittura marginale. Nel caso di aggiudicazioni basate sul cosiddetto beauty contest, laddove i parametri di valutazione definiti siano poco equilibrati, il criterio di scelta basato sull’offerta economicamente più vantaggiosa appare particolarmente debole.
D’altra parte lo stesso Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, ha ricordato: “Non esiste un sistema degli appalti in grado di evitare l’illegalità (…) ad esempio, il massimo ribasso (…) funziona male quando soprattutto nei lavori pubblici c’è un livello bassissimo di progettazione ma funziona bene se la progettazione è effettiva” (Intervento presso la Commissione lavori pubblici del Senato).

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La fase di attuazione

A prescindere dal sistema adottato, la partita della trasparenza delle procedure di aggiudicazione si giocherà, da un lato, sulla qualità e indipendenza dei commissari di gara e di concorso, dall’altro sulla pertinenza dei criteri di valutazione inseriti nei bandi.
La riforma del codice rappresenta una grande opportunità, ma implica scelte coraggiose. Tra le altre, sarà necessario:

  1. a) ridurre i gradi di libertà delle stazioni appaltanti adottando linee guida che individuino criteri di valutazione e fattori ponderali idonei;
  2. b) riscrivere radicalmente i metodi di calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, oggi descritti male e non sempre applicati in modo coerente (Allegato G del Dlgs 207/2010);
  3. c) rafforzare il sistema dei controlli.

Più in generale, andrà rivisto il ruolo della valutazione nelle procedure di gara in modo da garantire una maggiore concorrenza tra gli operatori e migliorare la qualità delle offerte selezionate. La corretta attuazione del nuovo codice potrà contribuire al rilancio degli investimenti e alla riqualificazione della spesa pubblica.

* Le opinioni sono espresse a titolo personale e non coinvolgono l’amministrazione di appartenenza

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Piccoli (e grandi) monopoli crescono

  1. Massimo GIANNINI

    E’ evidente che il problema è nei punti 1,2 e 3. Il primo punto riguarda il comitato valutatore e chi lo presiede; Il punto due riguarda un allegato G francamente incomprensibile. Basterebbe copiare quello utilizzato in alcuni paesi. Al punto 3 si potrebbe prevedere la figura del “probity auditor” come verificatore interno ovvero in un certo modo colui che certifica che la procedura è stata seguita correttamente in tutte le sue parti. Certo si dovranno ridurre al minimo possibilità di varianti e procedure/contratti urgenti.

  2. Daniela

    Il problema è che pensiamo che una volta affidato l’appalto , sia finito il lavoro. Invece il controllo del fornitore per tutta la durata dell’appalto è la vera chiave di volta per far sì che i soldi spesi non siano sprecati e perché i fornitori non diano per scontate troppe cose. Spero che l’ANAC preveda linee guida anche per la fase di svolgimento dell’appalto. C’è tanto materiale a cui ispirarsi nelle norme ISO.

  3. paolo bianco

    la previgente procedura prevedeva già una mezza dozzina di livelli di controllo pre-lavori che uccidevano l’efficienza della PA, obbligando a validare le verifiche delle verifiche.

    da quel che leggiamo sui giornali, la grandissima parte degli illeciti viene compiuta tramite la semplice adozione di atti proceduralmente illegittimi (es. affidamenti diretti sopra la soglia massima sia di lavori sia di incarichi, procedure ad invito in luogo di aperte, sorteggi pilotati, proroghe oltre i limiti massimi, varianti prive di motivazioni adeguate).

    è possibile che nel 21mo secolo non ci sia ancora un sistema informatico unico centralizzato, che ogni PA (o azienda partecipata) deve obbligatoriamente utilizzare pena la nullità degli atti di pagamento, e che impedisca in modo inaggirabile le violazioni procedurali, impedendo di completare operazioni illegittime grazie a controlli totalmente automatizzati?
    con accesso tramite identità digitale, il solo tentativo di inserire un atto illegittimo verrebbe oltre che rifiutato dal sistema, automaticamente segnalato all’ANAC; sarebbe impedita la stragrande maggioranza degli atti illeciti (non tutti, certo, ma la gran parte), e gli atti adottati in assenza dei controlli automatici di base non potrebbero dar luogo a pagamenti della PA e quindi non porterebbero vantaggi a chi non agisce secondo le regole.

    sarebbe un’innovazione quasi banale, per cui basterebbe evolvere sistemi di rendicontazione (CIG, CUP, SITAR,Osservatori vari) già esistenti.

    • bob

      “….sorteggi pilotati” . Le gare dove c’è controllo manuale delle buste offerta sono tutte pilotate.La cosa preoccupante aziende che prendono miliardi di appalti e non sono riportate neanche nelle pagine gialle

  4. enzo

    Certo la soluzione non sarà legalizzare quello che era illegale. I nuovi criteri aumenterà la discrezionalità delle commissioni con quel che ne consegue. D’altronde il massimo ribasso asso iato all’incapacità della pa di verificare la credibilità dell’offerta associata alla possibilità di ricorrere in via giudiziale…

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