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Vizi e virtù del bicameralismo

Nella campagna referendaria si discute molto di velocità di approvazione delle leggi. Il confronto con altri paesi mostra che in media il nostro parlamento non impiega più tempo per varare una legge. Ma c’è una grande differenza tra decreti del governo e norme di iniziativa parlamentare.

I tempi di tre parlamenti

Uno dei temi principali della campagna referendaria è la velocità dell’azione legislativa. Il fronte del “sì” afferma che il bicameralismo perfetto rallenta l’approvazione delle leggi e imbriglia l’azione di governo favorendo l’ostruzionismo. Tra i sostenitori del “no”, alcuni ammettono la necessità di una revisione del sistema attuale pur non condividendo le modifiche introdotte dalla riforma, mentre altri sostengono che il percorso delle leggi non è frenato dal bicameralismo e che anzi due camere con poteri identici svolgono un’importante funzione di controllo e perfezionamento dell’azione legislativa.
Quanto è lento il nostro processo legislativo rispetto agli altri paesi europei? Quali leggi sono approvate più o meno velocemente?
In due grafici elaboriamo i dati del Senato, dell’Assemblée Nationale francese e del governo spagnolo. A sinistra sono riportati i giorni medi per l’approvazione delle leggi nel periodo 2013-2016 per l’Italia e la Spagna (dove vige un sistema parlamentare con bicameralismo non paritario) e nel 2014-2015 per la Francia (dove c’è un sistema semi-presidenziale).

Figura 1

leggi

Il tempo medio per l’approvazione delle leggi in Italia non è più lento rispetto agli altri paesi. Nel nostro sistema bicamerale, i giorni trascorsi dalla presentazione all’approvazione di una legge sono in media 247. Sono di più che in Spagna, dove similmente a quanto previsto nella riforma, nei casi che non riguardano le autonomie regionali, il Senato può respingere una sola volta le leggi, che vengono comunque approvate qualora ri-votate a maggioranza assoluta dal Congreso. Tuttavia, il nostro parlamento è più rapido di quello francese, che ha un sistema bicamerale non paritario, in cui l’Assemblée Nationale ha formalmente il potere di approvare le leggi dopo una bocciatura del Senato; un fatto che però è accaduto raramente nella storia della Repubblica francese, dove si cerca di trovare un consenso tramite lunghe trattative in apposite commissioni bicamerali.
D’altra parte, se andiamo oltre il dato totale, i 247 giorni per l’approvazione di una legge sono una media tra tempi molto lunghi per le proposte di iniziativa parlamentare (504 giorni) e tempi ben più rapidi per quelle di iniziativa governativa (180 giorni). Guardando alle distribuzioni, si vede come le leggi presentate dal governo siano concentrate nella parte sinistra: più della metà delle leggi di iniziativa governativa ricadono nella prima colonna, ossia richiedono meno di 50 giorni per essere approvate. Al contrario per le leggi proposte dai parlamentari la distribuzione è più “spalmata”, con alcune che richiedono più di mille giorni per essere approvate. Le tempistiche lente per il parlamento e rapide per il governo sono addirittura più simili alla Francia semi-presidenziale che alla Spagna, dove vige come da noi un sistema parlamentare (con un bicameralismo non paritario).
Il nostro bicameralismo perfetto non sembra dunque rallentare tutte le leggi, ma sembra una causa probabile dei lunghi tempi di approvazione delle leggi nate in parlamento.

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L’anomalia di decreti e voti di fiducia

Ma quali argomenti trattano le leggi più rapide e quali quelle su cui la politica invece lavora più pigramente? Il sito open polis ci fornisce un quadro interessante delle leggi “lumaca” e di quelle “lepre” nella attuale legislatura.

Figura 2tabelle leggi2

Tra le leggi “lumaca” ci sono molti argomenti importanti su cui, in caso di mancanza di coesione dei partiti, i tempi del bicameralismo perfetto si dilatano a dismisura. Un esempio è la legge sulla frode penale, approvata alla Camera nel 2014 e ferma due anni in Senato, o quella sull’omicidio stradale, rimpallata cinque volte tra Camera e Senato.
Al contrario le leggi “lepre” non sono leggi ordinarie, ossia che il parlamento può proporre o emendare, ma decreti, ratifiche di trattati internazionali o leggi governative su cui viene posta la questione di fiducia. Nel caso dei decreti è il governo a confezionare la legge, mentre il parlamento può ratificare entro sessanta giorni. Tuttavia, sia i decreti che la fiducia sono strumenti che dovrebbero essere usati solamente in casi straordinari, invece sono comunemente utilizzati per una rapida approvazione delle leggi. Una distorsione del sistema italiano, sulla carta parlamentare, che nella riforma viene affrontata per esempio escludendo il ricorso ai decreti su alcune materie (articolo 16).
È quindi un po’ semplicistico dire che il bicameralismo paritario rallenti l’approvazione delle leggi, come vorrebbe la retorica “futurista” dei sostenitori del “sì”. Tuttavia, nel nostro sistema con due camere, le navette, i decreti e le fiducie, il potere di legiferare in tempi ragionevoli è di fatto delegato al governo: un’anomalia costituzionale che ci consegna un parlamento poco trasparente ed efficace, spesso ridotto a mero ratificatore. Risulta quindi paradossale la retorica “giacobina” dei sostenitori del “no”, secondo cui il sistema attuale garantisce al parlamento un buon controllo sul governo e un ruolo primario come legislatore.
Se la riforma su cui votiamo migliori o meno questa condizione è un giudizio da darsi con attenzione, leggendo i testi, provando a capire come funziona negli altri paesi e come potrebbe funzionare da noi. Lasciando perdere invece le retoriche.

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16 commenti

  1. Marcello Romagnoli

    Circa l’affermazione “Tuttavia, nel nostro sistema con due camere, le navette, i decreti e le fiducie, il potere di legiferare in tempi ragionevoli è di fatto delegato al governo: un’anomalia costituzionale che ci consegna un parlamento poco trasparente ed efficace, spesso ridotto a mero ratificatore.” è bene che si precisi che ciò non dipendente dalla Costituzione che si vorrebbe cambiare, ma dalla qualità del materiale umano che entra nei due rami del Parlamento. Di questo aspetto la massima colpa è degli elettori e dei partiti che hanno smesso da tempo di essere luoghi di istruzione e selezione in meglio delle classi dirigenti. Lasciamo quindi stare la Costituzione che funziona bene e cominciamo a usare la testa come elettori

  2. Massimo GIANNINI

    L’analisi comparata sembra un po’ parziale. I semplici dati ci dicono che il bicameralismo perfetto non sono la causa della lentezza di alcune leggi (si veda http://blog.openpolis.it/il-bicameralismo-e-i-tempi-di-approvazione-delle-leggi-speciale-referendum-n-1 ). Se ne deduce che almeno per questa parte la riforma o è inutile o non s’ha da fare. Se non altro non è garantito che dopo vada meglio soprattutto tenuto conto che il bicameralismo secondo la riforma non è affatto superato anzi è incasinato.

    • Fabrizio Balda

      A me sembra chiaramente il contrario. L’iter parlamentare in assenza di tempi certi si prolunga a dismisura, a causa anche della staffetta fra le camere. Eliminarla non può che ridurre i tempi

      • Massimo Matteoli

        Personalmente penso sia molto più pericolosa la navetta tra camera e Commisssione vista all’opera Proprio in questi giorni sulla proposta di legge di diminuzione delle indennità dei parlamentari.
        Come si vede gli ostacolui alla “celerità” del processo legislativo sono nella politica prima ancora che nella struttura. In ogni caso rimane il fatto che la riforma renziana non abolisce il Senato, ma solo il nostro diritto di elleggere chi approva le leggi.

  3. E giusto confrontarsi, ma non basta copiare altri paesi, bisogna pensare una soluzione coerente. Il problema in Italia non è né la durata delle procedure legislative, né un eccesso di bloccaggi istituzionali (veto legato al bicameralismo), ma 1. la qualità tecnica (suppongo incontestata) delle leggi (p. es. in materia fiscale, ma non solo) che è un problema prima per gli utenti poi per l’amministrazione della giustizia e 2. l’incostanza dell’azione legislativa e governativa che conduce all’incoerenza (IMU si, IMU no, tre riforme scolastiche epocali durante il periodo di scolarità delle mie figlie, etc. etc. etc). La riforma R-B aggrava entrambi i problemi. Maggioranze facili e artificiose aggraveranno il secondo vizio. La riforma del senato insieme alle nuove leggi elettorali aggraveranno il primo. Per riformare la costituzione bisognava pensare a un organo di miglioramento tecnico (e quindi pure di coerenza e di maggiore costanza) della legislazione, per esempio un senato con poteri solo consultivi eletto dalla camera dei deputati.

  4. Giuste le osservazioni dei precedenti intervenuti. Aggiungo che, nello spirito della riforma, la pretesa lentezza delle procedure legislative sembra rallentare proprio l’azione del governo che, in apparenza, non si cura delle leggi di iniziativa parlamentare, se non sporadicamente. Quindi, ridurre i poteri del Senato non serve a rendere più efficiente l’azione del governo: anzi, viste le complicazioni introdotte dall’art. 70 nella nuova versione, e considerato che la diversa costituency di Camera e Senato ben potrebbe portarci a due camere in conflitto tra loro, potrebbe prodursi il risultato opposto!

  5. Fabrizio Balda

    A me sembra che questi numeri dimostrino chiaramente come sia preferibile abbandonare il sistema del bicameralismo perfetto. Sul fatto, poi, che la riforma costituzionale sottoposta a referendum sia la migliore possibile, ovviamente, nutro anch’io dei dubbi, ma sicuramente è un passo avanti.

  6. Massimo Matteoli

    In realtà la riforma non abolisce il bicameralismo, ma solo ma il nostro diritto di eleggere direttamente i senatori, e questo nonostante il nuovo Senato renziano mantenga nonostante tutto (se passerà il si, ovviamente) competenze molto importanti.
    La questione non è nè secondaria, nè tecnica perchè il rapporto diretto (e la conseguente responsabilità elettorale) tra cittadini e parlamentari rappresenta uno egli elementi fondamnetali di ogni sistema democratico.
    Ancora peggio è che ciò accada solo per il fine propagandistico e demagogico di consentire al premier di dire che ha “mandato a casa 300 mangia pane ad ufo”.
    In realtà a casa andrà il diritto di tutti noi di eleggere chi approva le leggi che regolabno la nostra vita.

  7. Paolo Zappavigna

    Complimenti per l’articolo molto documentato ed equilibrato. Invece fra i commenti emerge spesso una interpretazione faziosa (peggiorativa) degli effetti della riforma.

  8. Stefano De Stefano

    Con questa riforma non si abolisce il bicameralismo (vedi art.70 riformato) che, al massimo, da perfetto diventa pasticciato. Se si fosse proposta l’abolizione secca del Senato, forse le cose sarebbero state diverse; ma non è andata così. Mi sembra evidente che il Presidente del Consiglio dovrebbe mitigare le sue pretese e bendisporsi ad un’iniziativa sul tipo di un’assemblea costituente eletta col proporzionale. Nel 1946 impiegarono un anno e mezzo per scriverne una dal nulla; oggi, tempo un anno,si potrebbe operare producendo sicuramente qualcosa di più lineare dell’attuale proposta.

  9. Rovatti Franca

    il nostro non è un bicameralismo perfetto ma paritario. Se fosse perfetto avremmo lo stesso numero di elettori mentre in Italia 4 milioni di persone sono private del diritto di voto al Senato. Secondo me l’analisi non prende in considerazione che la Spagna ha avuto un sistema sostanzialmente bipartitico. Cosa è successo da quando il sistema è diventato multipartitico come in Italia (con 62 governi in 70 anni)? Funziona allo stesso modo? Secondo me il grande utilizzo delle fiducia è un vulnus al parlamento e alla democrazia. Infine perché è consolatoria che la Francia sia più lenta di noi?

  10. Luca Demattè

    L’articolo risponde quantitativamente a un dubbio che mi aveva assillato da un po’ di tempo. Nonostante alcuni commenti “benaltristi” che abbiamo letto anche qui sono convinto che la riforma Costituzionale offra in realtà qualche strumento per restituire un po’ di dignità al Parlamento (e come tutti gli strumenti, molto dipenderà da come sarà usato)

  11. Federico Zuccato

    Penso che sarebbe interessante, per un giudizio più preciso, sapere anche quante sono le leggi che nei 3 paesi presi in considerazione vengono ratificate nello stesso periodo di tempo e magari anche sapere di che tipo di leggi ( con che articolati, di quale complessità) ogni parlamento si è occupato nel periodo considerato.

  12. Ai meritevoli studenti bocconiani di Tortuga consiglio di leggere il capitolo del mio libro “Altri veti” ( La repubblica dei veti, egea 2013) e il mio articolo su South European Society and Politics del 2008 ( http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/13608740802005710?needAccess=true& ) . Per stimare efficacemente l’effetto del bicameralismo non basta calcolare i tempi complessivi (potrebbero dipendere da molti fattori che non hanno a che fare con il bicameralismo) ma considerare quanto tempo è occorso mediamente nelle seconde letture rispetto alla quantità di tempo complessiva. Questa proporzione è andata aumentando negli ultimi 20 anni. inoltre un altro aspetto di cui tenere conto è il tasso di mortalità dei disegni di legge. Quanri vengono approvati solo (ribadisco solo) in prima lettura sul totale di quelli approvati almeno in prima lettura ? Anche in questo caso si nota un aumento di questo tasso di mortalità negli ultimi 20 anni. Sicuramente abbiamo troppe leggi e quindi si potrebbe anche tirare un sospiro di sollievo ma è comunque è tempo , energie, risorse letteralmente buttate via. O meglio probabilmente impiegate per fare position taking, vetrina per gruppi di interesse piccoli e meno piccoli.

  13. Enrico D'Elia

    L’articolo si sofferma sui flussi annuali di leggi. Forse è il caso di considerare anche gli stock. In Italia si stima che siano in vigore circa 75.000 leggi, contro le 5.000-10.000 di altri paesi (esclusi quellia common law). Quindi il nostro sistema bicamerale paritario sembrerebbe anche troppo produttivo. Ma se questa proliferazione di norme rende meno produttivo il paese, allora sarebbe meglio aggiungere un paio di camere per fermarla.

  14. enzo

    Le giustificazioni della riforma del senato sono quelle della riduzione dei senatori ( e dei costi) e dell’abolizione della navetta (in genere). Questo serve per ottenere un consenso popolare ma non è il vero motivo. Certo ci sarebbe molto da dire su come escano le leggi dopo essere passate dalla doppia lettura, ma questo è un giudizio qualitativo, perché in italia si fanno tante leggi e pochi regolamenti,quanto il bicameralismo ha incoraggiato la sostituzione di fatto del governo al parlamento nella funzione legislativa. Ma il vero motivo è la legge elettorale e l’abolizione del voto di fiducia del senato. si è partiti cioé da una riforma elettorale basata sul concetto del sindaco d’italia per cui in un modo o nell’altro il governo deve essere garantito da una maggioranza omogenea e affidabile. un senato che per svariati motivi ( differenza di età del corpo elettorale, elezione su base regionale) potrebbe dare una maggioranza differente da quella della camera con i susseguenti teatrini e mercatini.

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