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Se cambiano le regole della consultazione popolare

La riforma costituzionale ha modificato gli articoli sui referendum. Diventano ora possibili quelli consultivi e propositivi. Per gli abrogativi, così come per le leggi di iniziativa popolare, cambiano le soglie del numero dei firmatari. Forse generoso lo sconto previsto in alcuni casi sul quorum.

Soglie e spirito della Costituente

La riforma costituzionale che viene sottoposta al referendum del 4 dicembre integra, arricchisce e modifica anche gli articoli dedicati alle forme di partecipazione popolare. Più precisamente, vengono inseriti in Costituzione i referendum consultivi e propositivi, viene aumentata la soglia di sottoscrittori per le leggi di iniziativa popolare e viene concesso uno sconto al quorum del referendum abrogativo in caso di elevato numero di sottoscrittori. Illustriamo qui i cambiamenti, che sono poi discussi alla luce dello spirito del costituente del 1948.
La Costituzione, fin dalla sua prima stesura nel 1948, prevede determinate soglie per l’accesso a istituti di partecipazione popolare. Per esempio, per richiedere un referendum abrogativo (art. 75 comma 1), serve la firma di 500mila elettori (oltre a un numero di partecipanti superiore al 50 per cento degli aventi diritto, il cosiddetto quorum – art. 75 comma 4). Per depositare una legge di iniziativa popolare servono 50mila elettori (art. 71 comma 2). E per richiedere un referendum su una legge di revisione costituzionale, nei casi in cui è possibile, servono di nuovo 500mila elettori (art. 138 comma 2).
Questi numeri, ovviamente, non rispondo ad alcuna logica matematica: non esiste una formula per il calcolo dell’ottima soglia. Si tratta di scelte politiche la cui finalità, se si leggono i lavori dell’assemblea costituente, è quella di proteggere il più possibile il parlamento dagli effetti dell’opinione pubblica. Esemplari sono i casi dei referendum: per quello abrogativo, oltre alla soglia è previsto anche un quorum; per quello costituzionale, al contrario, non è richiesto un quorum, ma si stabilisce l’impossibilità della richiesta se la riforma è approvata da entrambi i rami del parlamento con una maggioranza superiore ai due terzi.

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Cosa cambia con la riforma?

La riforma propone una duplice soglia per il referendum abrogativo: se il numero di richiedenti è molto elevato (almeno 800mila elettori), allora il quorum per la sua validità scende alla maggioranza di coloro che hanno partecipato all’ultima elezione per la Camera dei deputati. Restano invece immutati quorum e soglia (500mila) se il numero di richiedenti non supera quota 800mila.
Nulla cambia per i referendum confermativi di legge o riforma costituzionale.
Tuttavia, la riforma introduce esplicitamente “referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione”, una novità assoluta nel panorama nazionale, rimandando alla legge (bicamerale) di attuazione i dettagli circa “condizioni ed effetti” di tali strumenti.
Infine, la riforma triplica il numero di richiedenti per le leggi di iniziativa popolare (150mila), introducendo però la garanzia che queste vengano discusse e votate “nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari”.

Meglio o peggio?

Che cosa si può dire del valore delle soglie? Nel caso delle leggi di iniziativa popolare, a prima vista appare effettivamente impressionante la scelta del legislatore di triplicare il limite precedente dei 50mila elettori. Tuttavia, vale la pena di riflettere su due aspetti, uno demografico e uno tecnologico. La soglia di 50mila elettori era stata stabilita dalla Costituente riferendosi a una popolazione italiana di circa 46 milioni di abitanti in cui, è utile ricordarlo, la maggiore età si raggiungeva a 21 anni. Oggi invece gli italiani sono più di 60 milioni e si diventa maggiorenni a 18 anni. Inoltre, le forme di comunicazione odierna, necessarie per informare la popolazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, sono decisamente più sviluppate, praticamente nemmeno confrontabili con quelle di quasi settanta anni fa.
Per quanto riguarda il referendum abrogativo, invece, proprio seguendo lo spirito della Costituente, l’abbassamento del quorum, seppure con un aumento del numero di sottoscrittori, appare fin troppo generoso.

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Referendum: quanto scendono davvero i costi della politica?

  1. Condivisibile. Quello che manca è l’iniziativa popolare vincolante, che obblighi il parlamento a prendere posizione e che se necessario si risolve con un referendum (propositivo). Il modello è la Svizzera, benché la soluzione sia stata pensata, formulata e proposta molto prima. Deve valere per tutte le materie senza escludere le più importanti, le legge costituzionali. È giusto invece prevedere condizione esigenti per l’iniziativa (numero di firme) e per il verdetto (definizione della maggioranza/ quorum). Bisogna evitare che attraverso l’ammissibilità un’autorità come la corte costituzionale divenga il padrone di tutto, deve essere possibile riformulare il quesito che per forza deve passare al vaglio di un’autorità. Sarà per la prossima riforma costituzionale.

  2. Lorenzo

    L’abbassamento del quorum, seppure con un aumento del numero di sottoscrittori, non appare troppo generoso tenuto conto che i fautori del NO partono con il vantaggio di tutti gli elettori (ormai sul 40%) che non vanno più a votare da tempo.

    • L’abbassamento del quorum esclude proprio quegli elettori (che non sono andati a votare all’elezione per la Camera dei Deputati). Quindi di fatto “livella e neutralizza” il confronto. Il che può essere visto in senso positivo (anche io vedo il positivo in questo, naturalmente). Ma il punto del quorum è che chi propone il referendum abrogativo ha il doppio onere della prova (soglie a quorum) per eliminare una legge approvata dal Parlamento, e cioè che a un numero sufficiente di elettori INTERESSI l’argomento proposto (quindi non solo che abbiano una opinione ma che la vogliano avere).

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