Lo spauracchio del possibile mutamento di rotta dell’amministrazione Usa sul cambiamento climatico ha reso la Cop 22 di Marrakech un esercizio che sarà subito dimenticato. Nessun passo avanti sulle questioni rimaste aperte dopo l’Accordo di Parigi. Intanto la temperatura continua ad aumentare.

I risultati della Conferenza

Lo spauracchio del possibile mutamento di rotta dell’amministrazione Usa sul tema del cambiamento climatico ha reso la Cop22 (Conferenza delle parti della convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) un esercizio sostanzialmente dimenticabile, un nuovo tassello al novero di quelle di cui nessuno ricorda più nulla a distanza di una settimana dalla conclusione. Ne è prova il generale disinteresse dei media.
Eppure l’incontro, che si tenuto a Marrakech dal 7 al 18 novembre 2016, ha visto la presenza di quasi 200 paesi. Pensata per essere una Cop d’azione, il meeting avrebbero dovuto risolvere parte delle questioni in sospeso (unfinished business) di Parigi, come si definiscono nel gergo negoziale. È rimasta, per la verità, una Cop di riflessione, largamente percorsa da timori e preoccupazioni.
Partita con il vento in poppa a seguito dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi il 4 novembre, un traguardo inatteso nella sua rapidità e tale da cogliere i negoziatori quasi impreparati, la conferenza si è subito sgonfiata. Il convitato di pietra – ovvero il prossimo Potus (President of the United States) – ha generato un vero e proprio dramma psicopolitico.
Lo psicodramma ha fatto anzitutto sì che la dichiarazione finale non si sia fatta attendere come nelle Cop precedenti e che, anche come risposta a Donald Trump, sia stata letta in plenaria ribadendo la svolta verso una nuova era nella attuazione della lotta ai cambiamenti climatici e nell’azione, come indicato dall’Accordo di Parigi.
La lista degli questioni in sospeso era lunga ma il progresso è stato scarso e una riprova di ciò può essere vista nell’abbondanza di comitati, commissioni, raggruppamenti, piattaforme costituiti o riunitisi durante i dodici giorni di summit. Si va dal Ndc Partnership al Paris Committee on Capacity Building (Pccb), dal Warsaw International Mechanism (Wim) per il Loss and Damage (L&D) alla Marrakech Partnership for Global Climate Action (nessun acronimo), per non dimenticare la Non-State Actor Zone for Climate Action (Nazca) e la High-Level Ministerial Dialogue on Climate Finance e lo Standing Committee on Finance (Scf) per finire con il fondamentale Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement (nome in codice: Apa).
Nella scarsità d’azione, con conseguente incremento dell’ansia, i prossimi passi sono abbastanza confusi e si innestano tuttavia su alcuni elementi che varrebbe la pena di considerare.

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Il riscaldamento globale continua ad avanzare

La concentrazione di gas serra in atmosfera continua ad aumentare e da poco ha toccato (di nuovo) le 400 parti per milione. Il dato potrebbe essere definitivo nel senso che se anche smettessimo di immettere anidride carbonica nell’atmosfera già da oggi, ci vorrebbero decine di anni per scendere al di sotto di questo livello critico. Attraverso i carotaggi del ghiaccio al Polo, che permettono di conoscere i livelli di CO2 durante le diverse ere geologiche, risulta che i valori di CO2 che stiamo sperimentando si sono avuti tra 2 e 4,6 milioni di anni fa e prima tra 15-20 milioni di anni fa. Le condizioni sulla Terra erano estremamente diverse dal punto di vista del clima e a livello di specie viventi. L’uomo non era ancora comparso. Quello che davvero preoccupa è che nella storia della Terra ci sono voluti millenni per raggiungere questi livelli. Oggi invece abbiamo raggiunto le 400 ppm in meno di 150 anni. E nessuno sa bene cosa dobbiamo aspettarci. Le concentrazioni provocano comunque un chiaro incremento della temperatura (figura 1).

Figura 1

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Fonte: Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Gli indicatori del clima in Italia, 2015.

Il problema del prossimo budget del carbonio

Il problema che Marrakech non ha affrontato – e che rimane centrale nell’analisi – è quello recentemente ridefinito in termini di budget del carbonio (carbon budget – figure 2-3). Per mantenere l’incremento della temperatura entro i 2°C come stabilito a Parigi vi è un ammontare limitato di CO2 che può essere emesso nei prossimi 35 anni, tra 870 e 1,100 Gtons.

Figura 2gl2

Figura 3gl3

Le attuali riserve di combustibili fossili lo eccedono ampiamente: ciò implica che circa il 60 per cento delle riserve devono restare sottoterra, così determinando per i paesi produttori e le grandi società energetiche delle colossali attività bloccate, fino a 1,8 trilioni di dollari di investimenti non necessari, una vera e propria “bolla del carbonio” (figura 4).

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Figura 4gl4

Nell’immediato ci si interroga, però, su quale strada Trump imboccherà per vanificare l’Accordo di Parigi e il negoziato sul clima. Potrebbe ritirare gli Usa dall’Accordo ma ci vorrebbero non meno di quattro anni. Potrebbe ritirare il paese dall’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change), cosa realizzabile nel corso di un anno. O semplicemente potrebbe non dare seguito agli impegni assunti dagli Usa in fatto di Ndc (Nationally Determined Contribution), lasciandoli cadere nel vuoto.
Questo perché il cambiamento climatico è un hoax, un imbroglio, secondo il presidente eletto. O forse no. Perché stando a un’intervista di pochi giorni fa al New York Times in effetti c’è “qualche” collegamento tra il fenomeno e le attività umane. E quindi sta studiando la questione. Mentre il mondo resta in ansia.

 

 

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