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Se l’Irpef non è uguale per tutti

Imposte sostitutive come la cedolare secca sugli affitti sono spesso giustificate con la volontà di far emergere base imponibile. Invece creano solo disparità di trattamento tra redditi uguali. E aumentano la percezione di iniquità del sistema fiscale.

Stesso reddito, tasse diverse

Il principio ispiratore dell’Irpef era l’assoggettamento a un’unica imposta del reddito complessivo del contribuente. Negli ultimi anni, tuttavia, si è consolidata la tendenza a sottrarre al tributo alcune tipologie di reddito, assoggettandole a imposte sostitutive fisse, come la cedolare secca sugli affitti e i regimi forfettari per i contribuenti minori.
Il ricorso all’imposizione sostitutiva produce, però, rilevanti disparità di trattamento, concorrendo ad accrescere la percezione di iniquità del sistema fiscale. È facile mostrare come, a parità di reddito globale, il peso dell’imposizione non risulti solo diverso per diverse tipologie di reddito; risulta differente anche nel caso di uguali redditi che scaturiscono dalle medesime fonti.
Consideriamo per esempio tre contribuenti che, oltre a essere lavoratori dipendenti part-time, possiedono un immobile locato e svolgono l’attività libero professionale, conseguendo un uguale reddito da lavoro autonomo (tabella 1). Il primo, Tizio, concede l’immobile in locazione a uso studio e possiede beni strumentali per un valore superiore a 20mila euro, dunque è costretto ad assoggettare tutti i redditi all’Irpef. Caio, invece, dà l’immobile in locazione a uso abitativo e opta per la cedolare secca (21 per cento) e, poiché ne ha i requisiti, è in regime di imposizione forfettaria per l’attività di lavoro autonomo (15 per cento). Sempronio, d’altronde, loca l’immobile a canone concordato (cedolare secca al 10 per cento) e usufruisce delle agevolazioni per i soggetti che iniziano una nuova attività (imposta sostitutiva del 5 per cento).
I dati riportati nella tabella 1 mostrano che per i nostri tre contribuenti l’imposizione diretta può assorbire una quota di reddito compresa fra un decimo e un terzo. È del tutto evidente la difficoltà di giustificare una così eterogenea imposizione.
È ancora più significativo considerare come gli effetti dell’imposizione sostitutiva possano essere tali da violare il fondamentale principio in base al quale il sistema fiscale non dovrebbe modificare la posizione relativa degli individui nella scala dei redditi (no-reranking). L’esempio, questa volta, riguarda due lavoratori dipendenti con uguale salario. Il primo consegue ulteriori redditi da locazione commerciale (assoggettabili a Irpef), mentre il secondo ne percepisce, in misura inferiore, da locazione abitativa (assoggettabile a cedolare secca). Al lordo delle imposte il primo contribuente ha un reddito superiore, ma il secondo contribuente consegue un più elevato reddito netto (tabella 2).

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Che fare?

Il ricorso all’imposizione sostitutiva è stato spesso giustificato con l’esigenza di far emergere nuova base imponibile; esemplare, in questo senso, il caso della cedolare secca sugli affitti.
Se però venisse accettato il principio che per raggranellare gettito bisogna accordare un regime impositivo di favore a quelle attività dove è più probabile il rischio di evasione, si comprometterebbe in modo grave l’aspirazione a costruire un sistema fiscale improntato a principi condivisibili di equità. Ciò, peraltro, potrebbe essere controproducente dal punto di vista della disponibilità dei contribuenti ad adempiere ai propri obblighi fiscali.
In termini generali, l’introduzione di regimi facoltativi, per i quali si può decidere in presenza di specifiche condizioni che non sono connesse al presupposto dell’imposta, finisce per creare disparità di trattamento dei redditi anche se scaturiscono dalle medesime fonti.
Invece di optare per il poco nel caso dei redditi potenzialmente a rischio d’essere celati, meglio sarebbe incrementare il contrasto all’evasione con gli strumenti a disposizione: accertamenti e controllo sul contante. Altrimenti, nei fatti, finisce per farsi strada la convinzione che l’Irpef sia l’imposta dei soli redditi da lavoro dipendente e pensioni; un tributo uguale per tutti, ma per qualcuno meno uguale.

Tabella 1 – Imposte sostitutive ed equità orizzontale

tabela1

Tabella 2 – Imposte sostitutive e posizione relativa dei contribuenti

tabella 2

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16 commenti

  1. Arduino Coltai

    Trovo la cedolare secca (e gli sgravi fiscali sull’IMU per le case affittate a canone concordato) uno dei pochi provvedimenti intelligenti dei quali i nostri politici nazionali e locali possano fregiarsi. Questi sgravi fiscali infatti consentono a chi non può permettersi affitti alti (cioè ai poveri) di poter avere a prezzi calmierati e contenuti immobili che altrimenti i padroni di casa sarebbero costretti ad affittare a canoni molto più elevati. Non solo: la possibilità di pagare tasse meno esose su immobili affittati favorisce in certo qual modo il mercato degli immobili. E’ infatti del tutto evidente (non agli autori però…) che se io possiedo un appartamento ed affittandolo magari a canone concordato posso pagare un’IMU ridotta ed una cedolare secca al 10% posso permettermi di cederlo in locazione ad un prezzo molto più basso rispetto al caso nel quale sullo stesso dovessi pagare l’IRPEF corrispondente al mio reddito: è uno dei rari casi nei quali un affitto calmierato conviene sia all’inquilino che al proprietario. L’articolo invece lo trovo pessimo: la solita presa di posizione meramente ideologica che non tiene conto in nessun modo della realtà. D’altra parte gli autori non sembrano avere quella formazione scientifico-matematica che consente alla logica di superare l’ideologia (tipica del paese nel quale per combattere il lavoro nero si eliminano tout-court i voucher…).

    • Sergio Beraldo

      L’autore del commento dovrebbe innanzitutto dimostrare che l’introduzione della cedolare secca ha portato benefici ai locatari. In ogni caso, se l’obiettivo era quello di favorire costoro, la generalizzata possibilità di dedurre i canoni di locazione dal loro imponibile Irpef, era la misura naturale da assumere (attualmente di tale possibilità possono avvantaggiarsi solo alcuni). La ‘formazione scientifico-matematica’ non impedisce all’autore del commento di travisare il punto centrale dell’articolo, ovvero che il ricorso massiccio all’imposizione sostitutiva compromette alcuni principi cardine di equità del sistema fiscale .

      • Pino Traina

        Probabilmente il sig. Coltai è proprietario di appartamenti locati….e ciò spiegherebbe il suo punto di vista!
        E’ chiaro che la crescita di imposte sostitutive crea disparità tra i contribuenti (e l’articolo lo mette bene in evidenza). In realtà posso aggiungere, per esperienza lavorativa, che i proprietari di immobili si sono convinti a locare (o anche a registrare immobili affittati in nero) per mera convenienza, certi anche che la possibilità di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate erano quasi nulle. Ora un sistema fiscale che condona imposte perchè non è grado di farle pagare a tutti equamente, non mi pare sia un vanto.
        Ritorna sempre lo stesso principio: un sistema fiscale efficiente deve tendere a far pagare tutti secondo i principi costituzionali, e non mi pare che questa tipologia di imposte sostitutive,(al di la di singoli episodi che si configurano come eccezioni) alla lunga rispettano tali principi.

        • Giampy

          Buongiorno,infatti o il sistema fiscale riconosce il reddito netto o è giusto un riconoscimento delle spese e altre imposte gravanti sul bene casa. Esempio: il canone di locazione è tassato con imu, tassa di registro entrambi tassate come irpef; i lavori condominiali sono parzialmente tassati come reddito; le soese legali tassate come reddito, le spese di amministrazione tassate come reddito, i canoni non percepiti per morosita tassati come reddito! Prima di parlare di equita le suggerisco di usare lo stesso principio a TUTTO il sistema fiscale riguardante le case. Grazie

      • Osservazione giusta! Inoltre i regimi fiscali differenziati sono incostituzionali. Ho pubblicato la relazione dell’On.le Scoca all’Ass. Cost. del 23 maggio 1947 che dimostra la violazione dell’articolo 3 sul principo di uguaglianza e 53 sui principi di capacità contributiva e di progressività! Se si vuole ridurre la pressione fiscale abbassiamo le aliquote sui contribuenti con bassa ed effettiva capacità contributiva ed alziamole ai contribuenti con alte capacità contributive effettive. La deducibilita delle spese, dai redditi lordi effettivi e comunque conseguiti,occorrenti per vivere una vita dignitosa sono un diritto costituzionale e rappresentano anche la chiave di volta per “evitare” elusione ed evassione fiscale e contributiva!

        • Giampy

          Giusto,lei parla di effettiva capacita di far reddito,se ha pazienza legga i miei precedenti commenti…grazie

  2. Non vorrei sbagliare ma l’ultima riga della Tabella 2 è sbagliata in quanto il reddito netto per Mevio dovrebbe essere di € 57.219.

    • Sergio Beraldo

      La Tabella è corretta. Il reddito di Mevio è quello riportato.

  3. Eccolo illustrare il precetto di progressività a nome di tutti i partiti. ( 23 maggio 1947)
    “ ……L’aspetto finanziario acquista sempre una maggiore importanza, e tocca tutti noi in misura sempre più notevole. ……il nostro
    sistema tributario, regolato dall’articolo 25 dello statuto Albertino, è informato al criterio della proporzionalità.Ma poi ,considerando
    che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti sui consumi che, attuando una progressività a rovescio, recano una grave ingiustizia
    nei confronti delle classi meno abbienti.Questa ingiustizia deve essere eliminata in sede di accertamento del reddito globale personale,
    ciò significa che l’onere tributario complessivo gravante su ciascuno risulti informato al criterio della progressività. Si può discutere sulla misura della progressività non sul principio. La progressività deve essere effettivamente operante
    Chi paga il 10% di imposta su 10.000 lire rimane con 9.000 lire per i suoi bisogni quotidani mentre chi ha 100.000 lire e paga il 10% di
    imposta rimane con 90.000 lire. E’ evidente che il 1° sopporta un sacrificio assai maggiore del 2°. Sarebbe bene alleggerire il 1° e
    rendere meno leggero il 2°!

    “Se esaminiamo l’attuale nostra legislatura, accanto alle normali leggi di imposta ci sono ECCEZIONI, troppe DIFFERENZE di TRATTAMENTO
    tra classi di cittadini ed altri classi, tra varie CATEGORIE di CONTRIBUENTI, LESIVE del principio di UGUAGLIANZA e di SOLIDARIETA’
    SOCIALE presenti in questa prima parte di Costituzione.Queste gravi MENDE della nostra legislazione vanno eliminate con una
    RADICALE riforma tributaria”
    L’esistenza della diversità di trattamento fiscale tra categorie è ancora in vigore e viola sia l’articolo 53 nei suoi due commi sia l’articolo
    3 sul principio di uguaglianza. Questa differenza di trattamento venne superata dalla legge delega 825/71 che recepiva i due commi
    dell’articolo 53 ma , poi , non seguirono i decreti attuativi. Le leggi che seguirono confermarono l’impianto dell’articolo 25 del vecchio
    statuto Albertino cioè uno degli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere di cui all’articolo 3 della Costituzione

  4. Sulle differenze di trattamento meglio rendere la parola a chi ha formulato insieme ad altri i 2 commi dell’articolo 53 della Costituzione On.le Scoca.
    “Se esaminiamo l’attuale nostra legislatura, accanto alle normali leggi di imposta ci sono ECCEZIONI, troppe DIFFERENZE di TRATTAMENTO
    tra classi di cittadini ed altri classi, tra varie CATEGORIE di CONTRIBUENTI, LESIVE del principio di UGUAGLIANZA e di SOLIDARIETA’
    SOCIALE presenti in questa prima parte di Costituzione.Queste gravi MENDE della nostra legislazione vanno eliminate con una
    RADICALE riforma tributaria”
    L’esistenza della diversità di trattamento fiscale tra categorie è ancora in vigore e viola sia l’articolo 53 nei suoi due commi sia l’articolo
    3 sul principio di uguaglianza. Questa differenza di trattamento venne superata dalla legge delega 825/71 che recepiva i due commi
    dell’articolo 53 ma , poi , non seguirono i decreti attuativi. Le leggi che seguirono confermarono l’impianto dell’articolo 25 del vecchio
    statuto Albertino cioè uno degli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere di cui all’articolo 3 della Costituzione

  5. aldo

    da un punto di vista matematico non fa una piega.vorrei però che si considerassero 2 fatti;il carici di imposte totale che grava sulla casa per cui comunque non si può pensare di aumentare ancora il prelievo sulle abitazioni;il fatto che anche chi non ha reddito da lavoro deve comunque pagare il 20% sugli affitti.Se si chiede di pagare di più quando si guadagna di più bisogna consentire di pagare di meno quando si guadagna di meno.Cordialmente un possessore di immobili disoccupato

  6. giovanni

    Ci sarebbe un’altra iniquità da sanare: se un inquilino è moroso il proprietario deve ugualmente pagare le tasse, visto che conta solo quanto scritto sul contratto. In sostanza, lo stato pretende di tassare un reddito inesistente.

  7. Giovanni Esposito

    Gentile Aldo, la “cedolare secca” è un regime facoltativo la cui opzione va ponderata in funzione della situazione del contribuente. Non sono, difatti, infrequenti i casi nei quali è conveniente la tassazione Irpef che, in regione delle detrazioni e deduzioni, permette di liquidare un’imposta netta inferiore all’imposta sostitutiva o, addirittura, nulla. Benché le indicazioni sommarie da lei fornite siano insufficienti per addivenire ad una conclusione, mi pare un caso degno di approfondimento con l’ausilio del suo consulente.

  8. Giovanni Esposito

    Egregio Giovanni, la presunta iniquità da lei segnalata è disciplinata dal nostro legislatore. Tant’è che i canoni di locazione di immobili ad uso abitativo non percepiti devono essere assoggettati a tassazione, salvo che entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi non sia concluso il procedimento giudiziale di convalida di sfratti per
    morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di sfratto per morosità, è
    riconosciuto un credito d’imposta di pari ammontare. Fra l’altro, l’Ade è, recentemente, intervenuta con un chiarimento maggiormente favorevole al contribuente, se questi dimostra, già prima della sentenza, che i canoni non sono siano stati materialmente percepiti.

  9. Giampy

    Buongiorno,la cedolare secca sugli affitti e stata introdotta perche l’imponibile irpef sulle locazioni non tiene conto:tripla tassazione(imu,tassa di registro=tassate come reddito,irpef non riconosce spese legali,spese di amministrazione,spese per lavori(solo parziale).Non si puo tassare il reddito lordo(una volta c’era il 30%di riduzione gradualmente tolto).Per questi motivi le sue considerazioni sono,a mio parere errate.Grazie

    • Giovanni Esposito

      Buon pomeriggio. La tassazioni di favore compatibile con la progressività, potrebbe essere agevolmente mantenuta, lasciando la tassazioni dei redditi da locazione nell’alveo dell’Irpef, ma aumentando la deduzione forfetaria (ad esempio dal 5% al 30%) del canone.

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