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Per il reddito di inclusione arriva un buon Memorandum

Alla legge delega sul contrasto della povertà è seguito il Memorandum d’intesa fra il governo e l’Alleanza contro la povertà. Sarà la base per il prossimo decreto attuativo. Trasferimenti monetari e servizi alla persona sono componenti inseparabili.

Un percorso inusuale

Il 14 aprile è stato firmato il Memorandum d’intesa fra il governo e l’Alleanza contro la povertà per l’attuazione della legge delega sul contrasto della povertà. Come già messo in luce, la legge è stata un “buon primo passo”. Il Memorandum è un buon secondo passo: per la novità di metodo che introduce e per le scelte di merito che delinea per il reddito di inclusione (Rei).
È la prima volta che il parlamento legifera e il governo definisce criteri guida per l’attuazione di una legge a seguito del confronto con un composito soggetto sociale costituito intorno a un obiettivo – la lotta alla povertà assoluta. L’Alleanza contro la povertà in Italia nasce nel 2013 e inizialmente opera in due direzioni: con un gruppo di ricercatori, coordinati da Cristiano Gori, elabora una articolata proposta, ambiziosa e realistica, di reddito di inclusione sociale (Reis); e coinvolge progressivamente altri soggetti sociali fino a riunire 37 organizzazioni: associazioni, regioni, comuni, sindacati confederali, enti del terzo settore.
Poggiando su competenza e rappresentanza sociale, l’Alleanza dà un significativo contributo al dibattito (finalmente) informato sul contrasto della povertà. In particolare, avanza proposte e interloquisce con i gruppi parlamentari, di maggioranza e di opposizione, col parlamento e col governo per l’introduzione di una misura nazionale imperniata sull’universalismo condizionato alla prova dei mezzi economici. La legge delega che istituisce il reddito di inclusione (Rei) ne è un fondamentale approdo. Il Memorandum d’intesa ne è un ulteriore esito, in vista della definizione del decreto attuativo e della progressiva realizzazione del Rei.

Le scelte salienti

Il Memorandum si apre con due premesse. Riconosce l’apporto dell’Alleanza, che “ha avanzato alcune specifiche proposte per la realizzazione [del Rei], coerenti con la propria complessiva proposta di riforma (il Reis)”. Chiarisce poi che nel decreto attuativo non sarà affrontato il tema degli stanziamenti da rendere disponibili per la piena attuazione del Rei, rimarcando peraltro che è necessario “non si fermi il percorso di [sua] universalizzazione”.
Le scelte salienti sono nel quadro sinottico che segue (la numerazione è quella delle sezioni del Memorandum; sono in corsivo le scelte per la prima attuazione del Rei, imposte dal vincolo di bilancio). Gli impegni sono riconducibili a due obiettivi: (i) individuare criteri per l’accesso al Rei e per la determinazione del trasferimento monetario aderenti alle effettive condizioni economiche delle famiglie; (ii) creare le condizioni affinché si realizzino efficaci percorsi di inclusione sociale e lavorativa.

Leggi anche:  Povertà assoluta: aggiornato il metodo di calcolo*

Tabella 1 – Quadro sinottico delle scelte del Memorandum*

*Acronimi: Isee: Indicatore della situazione economica equivalente; Imsre: Indicatore modificato della situazione reddituale equivalente; Isr: Indicatore della situazione reddituale; Rde: Reddito disponibile equivalente.

Per l’ammissibilità al Rei si adotta una doppia soglia: all’usuale indicatore della condizione economica complessiva, l’Isee, si affianca un indicatore della condizione reddituale, l’Imsre. È al netto del canone di locazione, la voce di spesa più elevata e che più varia fra le diverse aree del paese. Ciò consente di cogliere meglio la capacità di spesa della famiglia e di tenere conto delle differenze territoriali del costo della vita.
Il trasferimento monetario alle famiglie povere discende da un criterio-guida nitido: portarle tutte a disporre di un reddito pari alla soglia di povertà. A regime, il trasferimento è quindi dato dall’intera differenza fra la soglia di povertà assoluta familiare e il reddito disponibile della famiglia, ottenuto sommando all’Imsr i trasferimenti assistenziali ricevuti – a meno di indennità di accompagnamento e prestazioni analoghe. È palese, infatti, che i trasferimenti concorrono a determinare il reddito disponibile. Ignorarli porterebbe a un improprio cumulo dei benefici associati alle molteplici, frammentarie misure assistenziali oggi presenti.
La legge stabilisce che il livello essenziale delle prestazioni sociali, dunque da assicurare nell’intero paese, è il Rei nella sua interezza, con le sue due componenti: il trasferimento monetario e i servizi alla persona (diversamente da quanto ipotizzato nel Ddl del governo, che qualificava come livello essenziale solo il beneficio monetario, lasciando ai comuni l’impossibile missione di fornire i servizi). Il Memorandum dà sostanza a questa norma, a rischio di restare un’inane ‘grida’, rendendo strutturale il finanziamento dei servizi di inclusione. Almeno il 15 per cento della dotazione del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale è vincolato per i servizi, quindi da destinare alle amministrazioni territoriali (e il vincolo sale almeno al 25 per cento quando si utilizzano anche finanziamenti di carattere non strutturale, tipicamente del Fondo sociale europeo). È, questo, uno dei risultati più importanti dell’azione svolta dall’Alleanza.
Ma per il decollo del Rei restano questioni aperte, sulle quali varrà la pena di tornare.

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  1. Renato Filosa

    Caro Ugo nota informativa molto chiara (come sempre). Domande: 1 numero di potenziali famiglie e/o individui elegible 2 data la numerosità quale potrebbe/dovrebbe essere il fabbisogno finanziario. Cari saluti

  2. Elisabetta

    Nel reddito di inclusione allargherei la preferenza ai disoccupati 47enni

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