L’introduzione di un credibile reddito d’inclusione sembra ormai vicina. Tuttavia, restano alcune questioni aperte, come una migliore messa a fuoco dei criteri di gestione della misura e, soprattutto, la definizione del piano finanziario pluriennale.
Autore: Ugo Trivellato Pagina 1 di 3
Professore emerito di Statistica Economica, Università di Padova. Attualmente è senior research fellow di FBK-Irvapp. È stato ricercatore visitatore/professore alle Università di Monaco, Århus, Wisconsin-Madison, e Uppsala. I suoi principali interessi di ricerca riguardano: valutazione d’impatto di politiche pubbliche (segnatamente lavoro e welfare); misura e analisi della partecipazione al lavoro e della disoccupazione; modelli strutturali e di misura nelle scienze sociali. È CESifo research fellow, IZA research fellow, socio dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti. Nel 2005 gli è stato conferito il Premio di Economia del Lavoro Ezio Tarantelli per il contributo alla ricerca.
Alla legge delega sul contrasto della povertà è seguito il Memorandum d’intesa fra il governo e l’Alleanza contro la povertà. Sarà la base per il prossimo decreto attuativo. Trasferimenti monetari e servizi alla persona sono componenti inseparabili.
Governo e fondazioni bancarie hanno costituito un “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”. L’accordo prevede la valutazione puntuale di andamento, risultati ed effetti delle attività intraprese. Una buona notizia. Peccato che per i valutatori non sia previsto alcun compenso.
Sul tema del Reddito di Inclusione sociale (Reis), o comunque di un reddito minimo, vi sono stati numerosi commenti al nostro articolo.
Si torna a parlare di reddito minimo. Con una maggiore consapevolezza rispetto al passato, anche perché il problema della povertà si è drammaticamente aggravato. Un reddito di inclusione sociale, da introdurre gradualmente, costerebbe poco più di 7 miliardi l’anno.
Lo schema di decreto legislativo sugli ammortizzatori sociali, approvato dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre 2014, ha dovuto attendere 20 giorni, e accogliere alcune modifiche volte ad assicurarne la copertura finanziaria, per la “bollinatura” da parte della Ragioneria generale dello Stato e il successivo inoltro al Parlamento. È stato poi approvato dal Consiglio dei ministri il 22 febbraio senza modificazioni, a quanto si apprende dal comunicato della presidenza del Consiglio.
In dirittura d’arrivo il decreto legislativo di attuazione del Jobs Act che definisce la nuova regolamentazione dei licenziamenti. Al di là di dubbi su punti specifici, il provvedimento non rispetta gli obiettivi di tutele uniformi e di semplificazione affermati nella legge delega.
Il documento del Governo su “la buona scuola” si fa apprezzare per molti motivi. Manca, però, una proposta di ordinamento complessivo del sistema, in particolare di quello secondario. Necessaria una scelta tra modello comprensivo e duale. E un effettivo rispetto dell’obbligo scolastico e formativo.
L’esperienza del reddito di garanzia nella provincia di Trento dimostra che anche nel nostro paese si possono avviare serie misure contro la povertà, basate sul criterio dell’universalismo selettivo, senza far saltare i bilanci pubblici. A patto però di rispettare alcune condizioni.
Perché il Rei può funzionare
Di Ugo Trivellato
il 12/05/2017
in Commenti e repliche
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