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Se è autonomo, il museo funziona meglio

Le sentenze del Tar rimettono in discussione la riforma Franceschini che ha introdotto maggiore autonomia nella gestione dei musei. Ma rendere più autonomi quelli statali sembra essere la strategia migliore per valorizzare il nostro patrimonio culturale.

Musei pubblici e autonomia

L’ennesima battuta d’arresto sulla strada della valorizzazione del patrimonio culturale italiano: così molta stampa ha interpretato le sentenze del 25 maggio con cui il Tar del Lazio ha annullato la nomina da parte del ministero dei Beni e delle attività culturali di cinque direttori destinati a quei musei statali che la recente riforma Franceschini ha dotato di maggiore autonomia finanziaria e gestionale. Ma è davvero così? Dati alla mano, sembra di sì.

Il Censimento sui musei e istituzioni similari realizzato dall’Istat nel 2011 ci dice che dei 4.543 musei, monumenti e aree archeologiche considerati, 2.925 sono pubblici. Di questi, 814 sono a gestione indiretta, mentre 285 sono gestiti direttamente e dotati di bilancio autonomo. In effetti, a partire dalla metà degli anni Novanta, alcune riforme avevano già ampiamente facilitato pratiche e assetti organizzativi più decentralizzati per la gestione del patrimonio culturale pubblico, soprattutto a livello locale.

In una recente ricerca ci siamo chiesti se gli assetti proprietari e la forma organizzativa influenzino le prestazioni delle istituzioni culturali nella fornitura di servizi.

Attraverso le risposte del Censimento che indicano l’attivazione o meno di servizi e attività da parte dei singoli istituti culturali abbiamo costruito quattro indicatori di efficacia del servizio, che riguardano l’accessibilità (orario fisso, stagionalità, aperture anche serali), la facilitazione dell’esperienza dei visitatori (dalle indicazioni del percorso di visita al bookshop, dagli eventi alla didattica), la visibilità sul web e il rapporto con il contesto locale. Tali “dimensioni” contribuiscono alla capacità delle istituzioni di valorizzare i propri beni culturali. Abbiamo costruito anche un indice di efficacia complessiva come somma dei quattro indicatori, sfruttando informazioni relative a ben 39 aspetti dell’offerta di un museo.

Gli istituti che hanno risposto a tutte le domande del Censimento rilevanti per la costruzione degli indici sono 2.550, tra i quali distinguiamo gli istituti pubblici tradizionali (sotto-unità di sovrintendenze o assessorati prive di autonomia), gli istituti pubblici dotati di autonomia finanziaria, gli istituti pubblici esternalizzati, gli enti privati.

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Un indice per i migliori

Il grafico 1 illustra come istituti culturali con assetti proprietari e organizzativi diversi abbiano risultati diversi. Se poniamo uguale a 100 il numero di servizi e attività offerti in media dalla tipologia di istituto più “performante”, si nota chiaramente che coincide sempre con gli enti culturali pubblici dotati di autonomia finanziaria.

Grafico 1

Ovviamente, l’efficacia dipende anche da molti fattori di contesto, come l’ambiente competitivo (numero di musei nella stessa città) e il pubblico potenziale, sia locale che legato al turismo. Contano anche le caratteristiche dell’istituzione, quali l’epoca di fondazione, la dimensione, il numero di dipendenti, il mix di fattori produttivi impiegato, la tipologia (monumento, museo, sito archeologico), l’appartenenza a una rete museale di cui è possibile sfruttare le economie di scala. Una volta tenuto conto di questi altri fattori, le nostre stime evidenziano che tutte le dimensioni prese in considerazione, ad eccezione dell’accessibilità, continuano a dipendere in modo significativo da assetti proprietari e forma organizzativa. In particolare, istituti privati, pubblici esternalizzati e pubblici dotati di autonomia finanziaria fanno meglio di quelli pubblici gestiti in modo tradizionale. Gli istituti pubblici con autonomia finanziaria hanno addirittura i risultati migliori in assoluto.

Stesso discorso per l’efficacia complessiva: i migliori sono gli enti culturali pubblici con autonomia finanziaria, seguiti da quelli esternalizzati, da quelli privati (in cui appare particolarmente poco performante la sottocategoria di quelli ecclesiastici) e infine gli istituti pubblici tradizionali. Rispetto a questi ultimi, gli enti pubblici dotati di autonomia finanziaria offrono circa il 20 per cento in più di servizi.

Le indicazioni che emergono sono chiare: riformare i musei statali concedendo loro maggiore autonomia sembra essere una strategia vincente per valorizzare il nostro patrimonio culturale. Il nostro studio indica come, anche tenuto conto di tutte le particolarità di ciascun istituto culturale e del suo contesto, a una maggiore autonomia si associ un maggior numero di servizi offerti, condizione necessaria per una migliore fruizione del patrimonio culturale. L’autonomia dovrebbe essere favorita da un insieme di leggi e procedure coerenti che le facciano da cornice.

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Il Punto

  1. Francesco Zanotti

    D’accordi tutto … ma se un Ministro non si ricorda cosa dice la legge, non può lamentarsi se un TAR gli ricorda che deve rispettarla. Bisognava prima cambiare le leggi … se veramente si vuole fare riforme. Altrimenti è dilettantismo velleitario.

  2. ELENA SCARDINO

    Ma da alcuni articoli usciti in questi giorni (T.Montanari, F.Falletti) ho avuto piuttosto l’impressione che non sia stata
    effettuata una scelta accurata dei migliori candidati, anzi che le modalità siano state molto frettolosa e superficiali.

  3. Marcella Colombo

    1) Articolo di taglio molto poco scientifico: l’incipit è fortemente ambiguo, lasciando intendere che la sentenza del TAR freni la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. In realtà la sentenza è motivata dal mancato rispetto della normativa vigente nella procedura di selezione; 2) lo studio al quale si fa riferimento scopre l’acqua calda: che un museo funzioni meglio se ha autonomia finanziaria rispetto a museo che per avere anche solo una biro o un chiodo deve attendere i tempi biblici della burocrazia ministeriale non ha un grande valore euristico, per usare un eufemismo.

  4. VIANELLO/SANTERAMO

    Concordo in tutto su i 3 commenti che mi precedono

  5. lucetta

    Buongiorno, anche a me l’aticolo sembra completamente avulso dalla realtà. Che è ben altra! Franceschini nella riforma si è limitato a nominare una serie di direttori generali con lauti stipendi e completamente improbabili. Il resto è completamente abbandonato !

  6. Molto interessante, complimenti agli Autori. La ricerca mette in evidenza la centralità di una gestione innovativa e sostenibile; il tema del ‘fare impresa’ nella cultura con finalità di pubblica fruizione sarà al centro della Conferenza Nazionale dell’Impresa Culturale, in programma a L’Aquila il 5 luglio 2017. La Conferenza, promossa congiuntamente da Federculture, Agis, Alleanza Cooperative e Forum Terzo Settore (con il supporto di WWF e FAI-Fondo Ambiente Italiano) mira a valorizzare la ‘cultura di gestione’ in genere legata all’autonomia degli istituti culturali. All’Accademia poniamo il tema di un approfondimento di ricerca per definire un consapevole committment da parte delle politiche pubbliche e di una metrica di valutazione delle performance delle ‘imprese culturali’. In questo contesto è interessante notare il ruolo complementare delle imprese creative (che legittimamente operano sul mercato con finalità di profitto) alle imprese culturali la cui finalità è la pubblica fruizione e la creazione di valore sociale. Al fine di far emergere le migliori pratiche di gestione, Federculture ha lanciato (scadenza il 21 giugno 2017) un’edizione speciale del Premio Cultura di Gestione il cui bando è scaricabile dal sito http://www.federculture.it

  7. Fabio

    Quest’analisi dimentica un dato che ne vizia l’approccio scientifico: il MiBACT visto impatto politico (e d’immagine del Ministro) sotteso a questa riforma, ha messo a disposizione dei 20 direttori risorse finanziarie straordinarie ingenti (che si sommano a quelle generate dallo stesso museo). Si tratta di un “tesoretto” che gli altri musei dello Stato semplicemente si sognano. Della serie: è molto più facile essere bravi quando arrivano soldi freschi da Roma.

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