La proposta di flat tax riguarda anche l’Iva, perché prevede un aumento dell’aliquota ordinaria al 25 per cento. Il rischio è che cresca di conseguenza l’evasione dell’imposta. Sarebbe difficile compensarla con l’emersione di gettito Irpef.
Anche l’Iva nella proposta di flat tax
La recente proposta di flat tax nella forma di un’aliquota pari al 25 per cento per tutte le principali imposte, già oggetto di diversi commenti su lavoce.info, coinvolge anche l’Iva.
In realtà, gli autori propongono di aumentare al 25 per cento la sola aliquota ordinaria (attualmente al 22 per cento) e di portare al 13 per cento quella ridotta (oggi pari al 10 per cento), lasciando inalterata l’aliquota super-ridotta al 4 per cento. Si tratta, in sostanza, di una riproposizione della versione della clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1 comma 718). Infatti, la stima di incremento di gettito considerata dagli autori (19 miliardi) corrisponde alla relazione tecnica di quel provvedimento: 12 miliardi deriverebbero dall’incremento dell’aliquota ordinaria e i restanti 7 dall’incremento di quella ridotta.
Né chi periodicamente propone di aumentare l’Iva né chi vorrebbe la flat tax sembra curarsi delle implicazioni di una simile manovra sull’efficienza dell’Iva e in particolare sull’evasione.
L’(in)efficienza dell’Iva è misurabile attraverso la somma di due indicatori, il Vat gap (divario dell’Iva) e il Vat Policy gap (divario del regime dell’Iva). In un sistema ideale dove tutti i consumi finali sono tassati al loro valore effettivo con l’aliquota ordinaria, entrambi i divari sono pari a zero e il gettito ottenuto è quello massimo possibile. Il Vat gap misura la perdita di gettito dovuta al fatto che alcuni consumi finali non sono dichiarati al fisco, mentre il Policy gap misura la perdita dovuta all’applicazione di aliquote ridotte e di esenzioni. Il primo cresce al crescere dell’evasione, mentre il secondo cresce al crescere della disomogeneità della struttura delle aliquote.
Secondo il rapporto più recente della Commissione Europea, l’Italia ha il secondo Policy gap e il sesto Vat gap più elevato dell’Unione. La proposta di incrementare di tre punti l’aliquota ordinaria e quella ridotta aumenta (lievemente) il Policy gap, ma, soprattutto, rischia di far lievitare sensibilmente il Vat gap. Delle diverse tipologie di evasione dell’Iva, alcune non dipendono dall’aliquota, mentre altre sono logicamente a essa correlate. Si pensi all’occultamento consensuale delle vendite al consumo finale, ma anche alla sottodichiarazione unilaterale delle vendite ovvero alla sovradichiarazione unilaterale degli acquisti nelle transazioni business-to-business. Inoltre, anche in presenza di dichiarazione corretta, cresce negli ultimi anni l’evasione da omissione dei versamenti dell’Iva dovuta. In tutti questi casi gli incentivi all’evasione aumentano al crescere dell’aliquota Iva, come confermato anche dai risultati ottenuti per l’Italia dall’Ufficio studi dell’Agenzia delle entrate.
Conseguenze dell’aliquota più alta
Se è corretto, il ragionamento ha due implicazioni. La prima è che i calcoli di recupero di gettito, in quanto incorporano l’attuale propensione all’evasione e non anticipano l’incremento che potrebbe derivarne dall’aumento dell’aliquota, sono sovrastimati. La seconda, ben più importante, è che la maggiore evasione dell’Iva si propagherebbe facilmente alle altre imposte, perché se un ricavo è sottodichiarato (o un costo è sovradichiarato) ai fini Iva, lo è anche ai fini delle imposte sul reddito. Entrambe le osservazioni valgono in primo luogo per le proposte di incremento dell’Iva, e per le relative stime, inserite nelle leggi di stabilità e di bilancio e sostenute da diversi commentatori negli ultimi anni. Le argomentazioni contrarie all’aumento delle aliquote Iva suggerirebbero di andare in direzione opposta, ad esempio verso un’unica aliquota a livello intermedio rispetto a quelle esistenti, almeno per le transazioni business-to-business (si vedano le proposte di Nens al riguardo), evitando così le implicazioni negative sulla distribuzione del reddito disponibile dei consumatori finali, ma riducendo una parte dell’evasione.
Tuttavia, i proponenti della flat tax potrebbero obiettare che se è vero che l’aumento dell’aliquota Iva incrementa la propensione all’evasione di quell’imposta, l’introduzione dell’aliquota unica del 25 per cento potrebbe far diminuire l’evasione dell’Irpef. Due sono le osservazioni in merito. La prima è che l’eventuale “controincentivo” all’aumento dell’evasione agirebbe solo sulle omesse dichiarazioni e non sugli omessi versamenti dell’Iva. La seconda è che il “controincentivo” potrebbe non essere sufficiente.
Secondo i dati della Relazione sull’evasione, infatti, l’Irpef evasa ammonta a circa 32,5 miliardi ovvero meno di un terzo del gettito totale dell’Iva (114 miliardi) che verrebbe messo a rischio dall’incremento dell’aliquota. In altri termini, per evitare che l’evasione complessiva aumenti, l’effetto di emersione legato alla riduzione delle aliquote Irpef dovrebbe essere molto più forte rispetto alla maggiore evasione dell’Iva determinata dall’aumento dell’aliquota ordinaria e ridotta. Un risultato per nulla scontato.
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Henri Schmit
Molto interessante e preciso. Non mi convince tuttavia l’argomento centrale contro un aumento dell’aliquota standard della proposta IBL perché implicherebbe, secondo l’autore, un rischio di maggior evasione e quindi di maggiore VAT gap. Dubito perché la DK e la SE (paese inventore dell’IVA) hanno l’aliquota standard più alta del campione, ma presentano stabilmente un VAT gap fra i più bassi (la DK in linea con la media virtuosa, intorno al 10%, la SE miglior performer incontestato) e un ottimo “actionable exemption gap” (allegato p. 53). Non è l’aliquota ma la VAT politicy il fattore principale del VAT gap: l’IVA italiana è un giungla, le frodi sono tante e l’erario perde ogni anno introiti ingenti – in parte per colpa propria, per aver creato lui stesso i presupposti dei comportamenti illecti – mentre i furbi e i loro complici spesso rimangono impuniti.
Dario
Premesso che a pagare l’IVA sono sempre i soliti. Un aumento ulteriore premierebbe solamente gli evasori. Perchè non si pubblicano degli studi sui maggiori introiti da un incremento dei controlli o della loro efficacia? L’IVA va presa da chi non la versa, non è giusto tartassare sempre i soliti. Il 25% è veramente tantissimo. Considerate anche che in molti settori i punti prezzo al pubblico dovranno rimanere gli stessi. Quando un consumatore fa un acquisto ha già in mente un budget di 10-15-20-50€ (non 11, 21,50 o 52…) molti negozianti saranno vincolati a rispettarli comunque facendosi carico della maggiore imposta e di fatto impoverendosi.
Perchè non studiate dei meccanismi che generino un sistema premiante per chi fattura/scontrina e versa regolarmente? Volete aumentare al 25%? A fine anno ridate alle imprese o ai liberi professionisti il 2-3% esentasse a rimborso. Così si incentiverebbero le pratiche sane e oneste.
Giorgio
è vero che da un lato i commercianti si impoverirebbero perchè, come dice lei, dovrebbero farsi carico della maggiore imposta sul valore aggiunto, tuttavia andrebbero ad arricchirsi grazie all’aliquota irpef più bassa. Quale dei due effetti vada a prevalere io non sono assolutamente in grado di dirlo, ma magari qualche economista può provarci.
Henri Schmit
Concordo: un’IVA più alta è ha effetti negativi che un’IVA più bassa ha meno, e soprattutoo un aumento dell’IVA è sempre doloroso e dannoso. E concordo con lo spirito dell’articolo. Dico solo che a giudicare dai dati di confronto fra paesi UE (Svezia e Danimarca, inparticolare) forniti dall’autore in allegato si evince che la conclusione circa la causa dell’evasione (VAT gap) non è il tasso dell’IVA , ma il VAT policy gap, cioè la giungla delle regole e contro-regole, un certo arbitrario nell’applicazione, una discreta inefficienza nei controlli e nelle sanzioni. Il VAT gap non è creato solo dall’evasione degli artigiani, dei commercanti e dei professionisti, ma anche da mega-frode organizzate da grandi operatori. In Italia (VAT gap 30%) sono purtroppo molto numerose, in Svezia (IVA 25%, VAT gap meno del 2%) non esistono. Dovrebbe far riflettere.
Stefano
E’ già ufficiale che l’aliquota IVA agevolata passerà, nel 2018, dal 10% all’ 11,5% , nel 2019 al 12% e dal 2020 al 13% e per l’aliquota del 22%, dal 2018, al 25% e poi nel 2019 al 25,4% ?