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Assassini di genere*

L’Italia è il paese dove le donne corrono il minor rischio di essere uccise. Quando l’omicidio c’è, è molto spesso un familiare a commetterlo. Più in pericolo continuano a essere le straniere. E resta da capire perché il reato diminuisce meno che altrove.

L’Italia è un paese per donne?

Dal punto di vista statistico, degli omicidi di donne in Italia si sa molto poco. Sono più o meno diffusi rispetto agli altri paesi? Negli ultimi anni sono aumentati o diminuiti? E ci sono differenze nel nostro paese fra donne italiane e straniere? Grazie ai dati comparativi internazionali raccolti dallo United Nations Office on Drugs and Crime (Unodc) e grazie all’archivio delle denunce per omicidio volontario del ministero dell’Interno – certamente la fonte più ricca, affidabile e tempestiva su questi temi – possiamo rispondere a queste tre domande.

L’Italia è il paese sviluppato dove le donne corrono il minor rischio di essere uccise (figura 1). Infatti, nel periodo 2004-2015 ci sono stati in Italia 0,51 omicidi volontari ogni 100 mila donne residenti, contro una media di 1,23 nei trentadue paesi europei e nordamericani per cui si dispone di dati Unodc. Le differenze sono ampie. I paesi della ex-Urss e gli Usa sono quelli dove le donne sono più a rischio, con tassi quattro volte superiori rispetto all’Italia, mentre i più sicuri sono gli stati dell’Europa meridionale, con l’Italia al 32esimo e ultimo posto per tasso di omicidi. Negli altri paesi non si notano chiare regolarità geografiche: ad esempio Svezia e Finlandia – pur confinanti – hanno valori quasi opposti: basso la Svezia (0,52 per 100mila), alto la Finlandia (1,24).

Altalenanti sono anche le differenze di genere negli omicidi (tabella 1). Si va dalla Svizzera, dove uomini e donne corrono lo stesso rischio di essere uccisi, all’Albania e al Kosovo, dove per ogni donna uccisa vengono ammazzati cinque uomini. L’Italia si colloca sulla media dei trentadue paesi, con 37 donne uccise ogni 100 uomini.

Nel confronto fra i due quinquenni 2006-10 e 2011-15, in quasi tutti i paesi gli omicidi volontari di donne diminuiscono. Le uniche eccezioni sono la Norvegia (dato determinato della strage di Utoya del 2011), l’Albania e la Grecia. In Italia il calo è solo del 5 per cento, contro il -14 per cento della media dei trentadue paesi. Malgrado nel corso del decennio la diminuzione del tasso di omicidio di donne sia meno forte della media, il nostro paese mantiene il primato del livello più basso di omicidi di donne anche nel quinquennio più recente.

I dati Unodc permettono di individuare gli omicidi commessi dal partner o dall’ex-partner (ultima colonna di tabella 1): in dodici paesi, il dato è disponibile per alcuni fra gli anni compresi fra il 2004 e il 2015. Anche rispetto a questo indicatore, l’Italia è il paese che si colloca nella posizione migliore, con 0,23 donne uccise dal partner o dall’ex ogni 100mila donne residenti, meno di metà rispetto alla media dei dodici paesi qui considerati.

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Gli omicidi di donne in Italia: andamento lento

Negli ultimi quindici anni, gli omicidi volontari di uomini sono rapidamente diminuiti, mentre quelli di donne sono calati molto più lentamente: da 0,6 a 0,5 per 100mila fra il 2002 e il 2016 (figura 2). Questo dato conferma quello appena visto nei confronti internazionali: in Italia gli omicidi di donne sono relativamente pochi, ma la loro diminuzione è molto lenta. Fra gli uomini, nell’ultimo quindicennio sono invece fortemente diminuiti gli omicidi della criminalità organizzata (per approfondimenti, vedi Barbagli e Minello).

La proporzione di vittime donne per mano di partner o ex-partner sul totale degli omicidi in cui la vittima è una donna, è aumentata nel corso degli anni, passando dal 39 per cento del 2002 al 51 per cento del 2016 (figure 3a e 3b). Tuttavia, se invece di guardare alle percentuali si considera l’incidenza sulla popolazione, i tassi rimangono pressoché stabili, attorno a 0,25 donne ogni 100mila uccise, ogni anno, per mano del partner o ex-partner. Quindi, in Italia la lieve diminuzione di omicidi di donne è dovuta al declino di incidenza di quelli perpetrati al di fuori del rapporto di coppia.

A uccidere sono prevalentemente i compagni attuali, infatti gli ex partner hanno commesso solo il 6 per cento del totale degli omicidi. Nel caso in cui a uccidere non siano partner o ex, a farlo sono prevalentemente i parenti (20 per cento) o autori sconosciuti alla vittima (18 per cento). Inferiori sono invece i casi di omicidi per mano di conoscenti (6 per cento) o quelli con autore non identificato (9 per cento). I dati del ministero dell’Interno mettono in evidenza che in Italia, in tre quarti dei casi, l’omicidio di donne è una questione di famiglia.

Il rischio di essere vittime di omicidio è molto più elevato per le donne straniere, ma le differenze si attenuano col tempo (figura 4). All’inizio di questo secolo, una donna straniera che viveva in Italia era più a rischio delle donne che vivevano nei paesi a più alto tasso di omicidio femminile. Ora la situazione delle straniere in Italia è migliorata, ma per loro il rischio è ancora più del doppio rispetto a quello delle italiane. Le tendenze sono simili anche per gli omicidi commessi nell’ambito della coppia.

Le indagini da fare

Gli omicidi di donne sono certamente l’aspetto più drammatico delle molteplici e variegate forme della violenza di genere. Grazie a dati ufficiali di buona qualità sulle denunce di omicidi volontari di donne, sia aggregati a livello internazionale sia individuali a livello nazionale, questo fenomeno può venir meglio studiato.

È apertissimo lo studio delle cause di queste ampie e spesso sorprendenti differenze fra nazioni. In particolare è necessario interpretare in modo adeguato il significato della posizione relativamente favorevole dell’Italia: se le cause di questo risultato non vengono adeguatamente comprese, sarà difficile mettere in atto azioni volte a migliorare ulteriormente la posizione del nostro Paese. All’interno dell’Italia, vanno poi compresi i trend differenziati fra le donne italiane e quelle straniere, e resta da capire perché nell’ultimo decennio il rischio di essere uccise per le donne italiane sia diminuito meno rispetto a molte altre nazioni. Attenzione particolare merita lo studio statistico degli omicidi in cui l’autore è il partner o l’ex-partner, che – almeno fino al 2015 – sono rimasti grosso modo costanti.

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Tutte queste analisi – rese finalmente possibili dalla disponibilità di dati individuali ricchi e di buona qualità – potranno essere molto utili per orientare le politiche volte a combattere con maggior efficacia questo terribile fenomeno.

Figura 1 – Media annua degli omicidi di donne per 100mila donne residenti, fra il 2004 e il 2015 in 32 paesi europei e nordamericani

Fonte: nostre elaborazioni su dati dell’United Nations Office on Drugs and Crime

Tabella 1 – Media annua degli omicidi per 100mila residenti, distinti secondo il genere e l’esecutore, fra il 2004 e il 2015 in trentadue paesi europei e nordamericani. Per esigenze di stabilità statistica, abbiamo considerato solo i tassi di mortalità per cui il numeratore era superiore a 50


(1)    Media annua degli omicidi di donne commessi dal partner o dall’ex partner per 100mila donne residenti negli anni per cui il dato è disponibile fra 2004 e 2015.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati dell’United Nations Office on Drugs and Crime, che li riceve dagli uffici statistici dei diversi paesi i quali, a loro volta, li raccolgono presso gli organi di polizia. Ringraziamo l’Unodc di Vienna per averci fornito “in anteprima” i dati per questi confronti internazionali.

Figura 2 – Omicidi di uomini e donne ogni 100mila residenti. Italia 2002-2016

Fonte: nostre elaborazioni sull’archivio delle denunce del ministero degli Interni

Figura 3a – Donne uccise dal proprio partner o ex-partner in Italia nel periodo 2002-2016. Percentuale sul totale degli omicidi volontari di donne

Figura 3b – Donne uccise dal proprio partner o ex-partner in Italia nel periodo 2002-2016. Tassi per 100mila donne residenti

Fonte: nostre elaborazioni sull’archivio delle denunce del ministero degli Interni

Figura 4 – Omicidi di donne italiane e straniere in Italia nel periodo 2002-2016

Fonte: nostre elaborazioni sull’archivio delle denunce del ministero degli Interni

*Gianpiero Dalla Zuanna è senatore del Partito Democratico

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10 commenti

  1. Grazie, grazie, grazie per darci i fatti.
    La conferma una volta di più delle incredibili distorsioni prodotte dal sistema mass-media/politicanti. Mia partner, non italiana, che vive però in Italia almeno metà anno, sulla base di ciò che sente e legge, si è arciconvinta (e dice in giro) che siamo il paese dei femminicidi! Ora la sorprenderò con questo articolo.

    • Henri Schmit

      Stesso commento. Un amico greco che legge regolarmente un quotidiano italiano recentemente mi ha chiesto “ma che cosa sta succedendo in Italia, quanti assassini, quante donne ammazzate!” Ho risposto infastidito e poco sicuro di quello che dicevo che era una montatura giornalistica costruita su dei problemi veri. Con i numeri forniti dagli autori mi sento un po’ sollevato. Bisogna lo stesso intervenire per rinforzare la protezione delle donne e di tutti quelli che sono per qualche ragione più deboli, più esposti.

  2. Rosa

    Ma non esiste un solo genere (singhiozzi di commozione, suggeriti dall’ufficio stampa),.
    Quindi ritengo altamente incivile parlare di assassini di genere.
    Molto meglio parlare di assassine di genere.

  3. Luca Ba

    Ottimo articolo che smonta questa costruzione giornalistica sempre presente nelle prime pagine ed utilizzata per distogliere l’attenzione da problemi più urgenti (in primis l’incapacità italiana di gestire con serietà i problemi nazionali come giustizia e pianificazione economica). Questo ovviamente non vuol dire che dobbiamo abbassare la guardia ma neppure esagerare con gli allarmismi. Una precisazione, negli Usa esiste una differenza sostanziale nel tasso di omicidi in base al gruppo etnico con le donne afroamericane quattro volte più a rischio rispetto alle donne euroamericane.
    Metto un link per chi volesse approfondire.
    https://www.bjs.gov/content/pub/pdf/fvv.pdf

  4. Antonella Crichigno

    inizio col dire che i dati citati nell’articolo sono assolutamente veritieri e sono gli stessi che sto utilizzando anche io per la ia ricerca tesi relativa al fenomeno del femicidio. Da studentessa in Studi di genere e sulle donne posso dire che un articolo del genere alimenta la cultura degli stereotipi e delle discriminazioni di genere (come è possibile vedere dai commenti che sono stati lasciati in precedenza). Il fatto che l’Italia non sia il paese con il più alto numero di femicidi non significa che il fenomeno non costituisca un problema reale. Una media di circa 107 donne viene uccisa ogni anno, probabilmente sono molti di più i casi di femicidio di cui non si ha notizia e il problema fondamentale sta nel fatto che il Ministero non ha fornito una definizione precisa nè fatto studi sistematici sul fenomeno per cui i dati a cui si attinge sono a parer mio e delle associazioni che si occupano della ricerca femicidio assai sottostimati. Come detto nell’articolo il tasso di diminuzione di questo crimine tende a scendere assai a rilento nel nostro paese e questo è per me un grande campanello d’allarme: la costanza con la quale il crimine viene perpetrato mostra come la cultura del patriarcato e del controllo sulla donna siano ancora ben saldi nell’immaginario comune e sociale del nostro paese. Credo che l’articolo lanci il messaggio sbagliato. Attenzione !

    • Henri Schmit

      Commento utile, in particolare l’avvertimento finale. Penso tuttavia che gli altri commentatori avessero già capito correttamente. Il discorso è sempre lo stesso: i dati sono una cosa (la parte facile), la loro interpretazione e il giudizio finale ne è un’altra (la parte più difficile); il fatto di parlare dei dati è già un passo in avanti.

    • Silvio

      Antonella, ti suggerisco di leggere il libro di Christina Hoff Sommers “who stole feminism” che mostra come il femminismo è degenerato in fanatiche odiatrici di uomini che falsificano statistiche per apparire come vittime, e che gli “studi di genere” plagiano studentesse a questa ideologia dell’odio di genere.

    • Roberto

      Quindi fammi capire, Antonella, tu stai dicendo che siccome i dati forniti dal ministero sono incompleti tu deduci che sono sottostimati? Cioé, in assenza di dati piu precisi, tu riempi i buchi con le tue personali deduzioni? “probabilmente sono molti di più i casi di femmicidio di cui non si ha notizia” quindi se non se ne ha notizia tu da cosa deduci le tue idee?

  5. Luca Neri

    E’ molto corretto parlare di tassi. Infatti solo in questo modo è possibile confrontare i rischi tra uomini e donne. I dati sembrano confermare che le donne hanno un rischio di essere uccise dal partner o dall’ex 2.5 volte superiore a quello degli uomini. La differenza è statisticamente significativa ma l’intervallo di confidenza è molto ampio (1.07-2.99 [mie elaborazioni sui dati ottenuti sul web]). Ovvero, l’incertezza attorno a questa stima di rischio è molto elevata. Questo è dovuto al fatto che il numero assoluto degli omicidi è molto basso. Dei 101 omicidi di donne commessi in ambito familiare nel 2013, solo 34 sono stati commessi dal partner o dall’ex. Invece, tra i 46 omicidi di uomini consumati in ambito familiare, solo 15 sono stati commessi dal partner o dall’ex. Tuttavia, oltre il 70% degli omicidi di uomini rimangono insoluti. Se vi si applicasse il tesso generale di colpevolezza delle donne (7-9%) il numero di omicidi perpetrati dal partner o dall’ex sarebbe
    identico tra i sessi. Queste elaborazioni sono necessariamente approssimative. Non ho la possibilità di accedere a dati più accurati di quelli trovati liberamente su internet. Mi chiedo perché ricercatori che se ne occupano professionalmente non adottino un metodo epidemiologico. I dati sembrano suggerire che 1. non esiste alcuna emergenza “femminicidi” in Italia, (come evidenziato nell’articolo), 2. non è neanche certo che le donne siano più spesso uccise dal partner o dall’ex.

    • Luigi

      Perché non si vuole andare contro un “progetto” precostituito di distrazione di massa

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