La legge di bilancio conferma gli incentivi per investimenti in attività innovative, ma anche quelli sui macchinari tradizionali. Positivi invece il potenziamento degli istituti tecnici superiori e il credito d’imposta per le spese in formazione 4.0.
Sostegno alle imprese
Le imprese italiane si caratterizzano per un grado di innovazione più basso di quello degli altri paesi sviluppati. Negli ultimi anni, la politica di sostegno alle imprese del ministero dello Sviluppo economico si è perciò orientata verso la promozione dell’attività innovativa, introducendo, tra le altre cose, l’iperammortamento, il credito d’imposta per le spese in ricerca e sviluppo, il patent box.
La logica dietro a questi incentivi è che l’innovazione è caratterizzata da fallimenti di mercato: ricadute positive (l’innovatore non tiene conto del beneficio che arreca ad altri potenziali utilizzatori) e finanziare (finanziare la spesa innovativa è più complicato rispetto al capitale tradizionale) che possono implicare un livello subottimale di investimento in innovazione. Questi problemi sono particolarmente rilevanti per un sistema produttivo fortemente sbilanciato verso la piccola e media dimensione come quello italiano.
Se quindi la politica che favorisce l’attività innovativa può contribuire alla modernizzazione del nostro sistema produttivo, il problema è che accanto a questi interventi si sono mantenute forme di incentivazione per gli investimenti in macchinari tradizionali. Per questi ultimi non si capisce quale sia il fallimento di mercato che l’incentivo corregge. Gli imprenditori italiani sono perfettamente in grado di valutare l’opportunità di investire in macchinari e le banche l’opportunità di finanziare l’investimento. Nella fase più acuta della stretta creditizia il fondo di garanzia ha contribuito ad allentarla. Ma con il normalizzarsi della situazione, il credito bancario sta tornando verso i livelli pre-crisi. Allentamento della stretta creditizia e ripresa internazionale hanno subito attivato gli investimenti: secondo il rapporto Cerved sulle Pmi diffuso il 9 novembre, il tasso di investimento è in crescita in tutte le classi dimensionali, e in particolare fra le Pmi (figura 1). Non c’è quindi motivo per sostenere gli investimenti tradizionali con le (scarse) risorse pubbliche a disposizione.
Figura 1
Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2017
La “nuova Sabatini”, riconfermata per il 2018, prevede un sostegno in conto interessi sui prestiti bancari finalizzati al finanziamento degli investimenti in impianti delle Pmi. La componente “innovativa” è che il sostegno è del 2,75 per cento per gli investimenti ordinari e del 3,575 per quelli di Industria 4.0. Troppo poco per meritarsi l’aggettivo “nuova”: ha più di cinquant’anni e li dimostra tutti.
Discorso identico per super e iperammortamento, che permettono di maggiorare la spesa per ammortamenti, generando risparmi fiscali futuri. Il superammortamento prevede una maggiorazione del 30% per tutti i beni strumentali (ad eccezione dei mezzi di trasporto), l’iper del 150% per gli investimenti “Industria 4.0”. Il provvedimento favorisce quindi di più gli investimenti tecnologici. Ma, data la base imponibile maggiore dei beni strumentali tradizionali, il “tiraggio” previsto in termini di risorse pubbliche è simile.
Per entrambi i provvedimenti, ci vorrebbe più coraggio: eliminare il sostegno agli investimenti ordinari e concentrare le risorse disponibili su quelli innovativi.
Formazione
Rispetto al 2017, la finanziaria del 2018 prevede risorse per la formazione, sotto forma di un credito d’imposta per le spese di formazione 4.0 sostenute dalle imprese e di un potenziamento degli istituti tecnici superiori.
Sono entrambi provvedimenti condivisibili. Gli interventi di Industria 4.0 della scorsa finanziaria incentivano gli investimenti in capitale digitale e automatizzato, quanto più possibile legati alla robotizzazione della struttura industriale. Diversi osservatori suggeriscono che questo tipo di investimenti – ancorché desiderabile per un paese ad alta intensità industriale come l’Italia – potrebbero paradossalmente facilitare, nel medio periodo, la sostituzione di lavoro con capitale/robot. Questo rischio si riduce – e si può tramutare in una opportunità – se gli investimenti sono accompagnati da interventi mirati di formazione che aiutino i lavoratori a sviluppare competenze nell’ottica di Industria 4.0.
Le imprese italiane investono poco in formazione: secondo dati Eurostat, fra il 2013 3 il 2014 solo il 5 per cento ha tenuto corsi di formazione per l’Information Technology, contro il 16 per cento delle imprese tedesche. Contribuire alla formazione tecnica, sia a livello di istruzione scolastica che di formazione sul lavoro, è un passo fondamentale per migliorare le prospettive professionali dei lavoratori italiani.
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Alessandro Pescari
Condivido pienamente il pezzo.
Inoltre, molto di più potrebbe fare il legislatore, solo se eliminasse una pletora di incentivi oramai obsoleti. Tant’è che anche la stessa confindustria pochi anni fa era d’accordo su tale impostazione. Con queste ulteriori risorse si potrebbe rafforzare il n/sistema delle PMI, con misure ad hoc anche a sostegno delle nostre filiere produttive.
Michele
Invece proprio basta con tutto il sistema degli incentivi, sgravi, bonus e mance varie. Azzeriamo tutti contributi diretti o indiretti alle imprese. Un sistema poco trasparente, altamente inefficiente e che serve solo a trasferire risorse dai contribuenti a pochi furbi, senza alcun impatto positivo per la collettività.