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Il dramma delle culle vuote nei programmi dei partiti

Quasi tutti i partiti hanno una ricetta per risolvere il problema delle poche nascite. Probabilmente non sempre realizzabile. Ma quello che serve è un sistema articolato di misure stabili, che dia garanzie di medio-lungo periodo alle giovani coppie.

Le proposte partito per partito

Le preoccupazioni legate alle dinamiche demografiche e, in particolare alla continua riduzione nel numero di nascite, richiedono strategie adeguate e integrate. Nei programmi elettorali delle principali forze politiche appare evidente la maggiore sensibilità rispetto al passato sul tema del sostegno alle famiglie e alla natalità. Anche nella retorica utilizzata: partendo dalla promessa di “rivoluzione copernicana” del Partito democratico, passando per l’intenzione di triplicare le risorse attualmente investite per famiglia e natalità annunciata da Matteo Salvini – perché quella demografica rappresenta “la più grande e più sottovalutata delle emergenze che viviamo” -, fino ad arrivare all’annuncio del “più imponente piano di sostegno alle famiglie e alla natalità della storia d’Italia” da parte di Giorgia Meloni.

Gli strumenti proposti nei programmi elettorali riguardano principalmente la revisione del sistema fiscale con un alleggerimento del carico per le famiglie con figli, i trasferimenti monetari, la gratuità degli asili nidi e la regolamentazione dei congedi e degli orari di lavoro. Cerchiamo di analizzarli.

I partiti del centrodestra sono allineati nella proposta del quoziente familiare e nel lanciare un piano straordinario per la natalità. Forza Italia propone consistenti assegni familiari “più che proporzionali al numero di figli”. Fratelli d’Italia e la Lega Nord propongono un assegno familiare di 400 euro al mese (fino ai 6 anni di età per il partito della Meloni e addirittura fino a 18 per quello di Salvini, ma solo per gli italiani). Condivisa anche l’idea di offrire asili nido gratuiti, ma con diverse modalità: FdI propone l’apertura anche la sera e nel periodo estivo e la gratuità per famiglie con redditi fino a 80mila euro; la Lega prospetta la gratuità del nido solo se entrambi i genitori (residenti in Italia da almeno da 5 anni) sono occupati e, ciò nonostante, il reddito resti al di sotto dei 50mila euro lordi annui. Altre proposte comuni del centrodestra sono l’abolizione dell’Iva sui prodotti della prima infanzia, la deducibilità del lavoro domestico e misure per incrementare la tutela delle madri lavoratrici.

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Il Movimento 5 Stelle prevede di arrivare gradualmente a uno stanziamento di 17 miliardi di euro annui aggiuntivi per aiutare le famiglie con figli. Tra le misure previste, ci sono non meglio precisati rimborsi per i costi degli asili nido, dei pannolini, di baby sitter e di assegno di istruzione, l’introduzione dell’Iva agevolata per prodotti neonatali, per l’infanzia e per la terza età e l’innalzamento dell’importo detraibile per assunzione di colf e badanti. Sebbene non sia esplicitamente menzionato tra i venti punti del programma, il M5s promuove, analogamente al centrodestra, il sistema fiscale basato sul quoziente familiare.

All’interno del centrosinistra, è il Partito democratico a dedicare maggiore attenzione al tema delle famiglie con figli. La proposta principale consiste in una misura fiscale unica che prevede 240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni, valida per tutti i tipi di lavoro e per tutte le fasce di reddito fino a 100 mila euro l’anno; è quindi in grado di raggiungere anche gli incapienti sotto forma di assegno e prevede un sistema di riduzione dei benefici progressivo per redditi più elevati. Nel programma del Pd si sottolinea che la misura avrebbe un costo di circa 9-10 miliardi, paragonabile a quello degli 80 euro. Restano, tuttavia, indefiniti alcuni aspetti non secondari come, ad esempio, il criterio che definisce le fasce di reddito (se lordo, netto o Isee). Altre misure prevedono l’estensione dell’offerta pubblica di asili, un voucher da 400 euro al mese per ogni figlio per la retta dell’asilo nido o per le spese di baby sitting e il sostegno economico alle madri che vogliono tornare al lavoro dopo una gravidanza.

Nei programmi di +Europa e di Liberi e Uguali manca, invece, una esplicita sezione dedicata al sostegno alle famiglie. Per la lista di Emma Bonino viene tuttavia ribadita la necessità di facilitare la conciliazione lavoro-famiglia assicurando il funzionamento degli asili nido in orari più estesi, promuovendo il ritorno delle donne al lavoro dopo la maternità e garantendone la retribuzione e l’inquadramento professionale. È interessante, inoltre, la proposta di superare il congedo di maternità in favore del congedo parentale, usufruibile tanto dalle donne quanto dagli uomini. La lista guidata da Pietro Grasso, in linea con le proposte del Pd, enuncia una generica intenzione di moltiplicare l’offerta pubblica di nidi e sottolinea la necessità di unificare in un unico strumento di sostegno alle famiglie le detrazioni per carichi familiari e gli assegni familiari.

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Il sistema che manca

Nel complesso, si tratta di proposte spesso condivisibili, ma la generosità delle promesse deve fare i conti con i costi elevati e l’effettiva copertura finanziaria di progetti in molti casi ambiziosi. Va poi sottolineato che molte proposte non sono così specifiche da poterne valutare la reale fattibilità, spesso non entrano nel merito delle cifre oppure non ne propongono alcuna, lasciando ampiamente indeterminate le modalità di realizzazione. Anche in quelle più articolate, come nel caso del Pd, restano delle zone grigie. È però apprezzabile l’ampio consenso sulla necessità di definire misure integrate che combinino il sostegno monetario (da razionalizzare e rendere più efficiente) e i servizi (sia sul lato delle politiche attive che per la conciliazione tra lavoro e famiglia). Lo si deve anche agli scarsi risultati ottenuti negli anni scorsi da misure isolate e sporadiche. Le scelte procreative non sono cambiate con i bonus distribuiti a pioggia, che sembrano essere state più misure dall’immediato ritorno elettorale che efficaci strategie. Quello che serve è un sistema articolato di incentivi stabile nel tempo, che permetta alle giovani coppie di acquisire sicurezza in una prospettiva di medio-lungo termine.

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  1. Savino

    Questo argomento evidenzia, ancor più che il disinteresse dei partiti, l’egoismo stupido della “gente”.
    E di stupidità della “gente” ne vedremo tanta il 4 marzo. La speculazione finanziaria ringrazierà.

  2. Marcello Romagnoli

    Il calo delle nascite non è un problema a mio parere. Un calo demografico, meglio se generale, in tutto il mondo serve a ridurre la nostra impronta sul pianeta. Come fare per le pensioni? Oggi grazie alla tecnologia, alla robotizzazione, all’automazione, una persona può fare molte più cose. La produttività negli ultimi decenni è aumentata molto più degli stipendi. Il vantaggio è andato soprattutto nelle tasche di pochi come testimonia anche l’indice Gini in molti paesi. Distribuiamo meglio i frutti del lavoro, anche dei sistemi automatizzati, e non ci saranno problemi per i vecchi. A meno che il problema non siano che non si vuole una più equa redistribuzione di quanto prodotto.

  3. Alice Tura

    Credo che Marcello Romagnoli abbia perfettamente ragione, Il calo delle nascite è un problema per le pensioni, non per il Pianete o per la società nel suo complesso.

  4. Mauro

    Il calo delle nascite è certamente dovuto alla crisi economica, ma non bisogna sottovalutare il fatto che un bambino che nasce oggi molto probabilmente sarà, in età lavorativa, un disoccupato. la rivoluzione tecnologica, di cui avvertiamo già i prodromi, comincerà a maturare tra 6/8 anni, costringendo all’inattività la gran parte delle persone, indipendentemente dal loro livello culturale (in genere è più semplice automatizzare i lavori intellettuali rispetto a molti lavori manuali).

    • Savino

      Piuttosto, mi pare ci sia un problema di eccessivo egoismo, laddove non bisogna sottovalutare il fatto che un pensionato di oggi certamente (e non probabilmente) sarà un defunto di domani.
      Ecco, questo senso di spocchiosa immortalità (e, quindi, di sicura inattività) è presente nella gran parte delle persone senior.

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