È importante capire meglio gli effetti distributivi dei dazi. Può aiutarci a prevedere su quali settori è più probabile che vengano applicati. Ma anche quali possono essere, eventualmente, le forme di ritorsione più efficaci per chi li subisce.

Conseguenze del commercio internazionale

La decisione di Donald Trump di applicare dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio e le possibili risposte dell’Unione europea sono al centro del dibattito economico di questi giorni. L’obiettivo dei dazi, secondo il presidente Usa, è quello di attenuare il deficit commerciale americano e di riportare una parte dell’attività produttiva negli Stati Uniti, con effetti benefici sull’occupazione. È noto che il commercio internazionale può danneggiare i lavoratori con minori qualificazioni (low skilled) dei paesi sviluppati, esponendoli alla concorrenza dei lavoratori di quelli in via di sviluppo. Sono invece avvantaggiati dall’apertura internazionale le imprese esportatrici e i loro lavoratori. Più in generale, il commercio internazionale – e quindi politiche che lo restringono – ha un effetto su benessere degli individui che passa sia attraverso il canale dei redditi (earning channel) sia attraverso quello della spesa (expenditure channel). Ovviamente lo stesso individuo è generalmente sia un lavoratore che un consumatore e quindi l’effetto complessivo può essere diverso per diversi soggetti.

I risultati di uno studio

Un interessante lavoro di Kirill Borusyak e Xavier Jaravel cerca di misurare la rilevanza dei due effetti su dati americani per diversi individui. In particolare, il lavoro cerca di capire se a beneficiare maggiormente del commercio internazionale siano gli individui con maggiore o con minore istruzione.
Per quello che riguarda il canale della spesa, gli autori considerano non solo i beni importati ma anche la quota degli input importati nei beni prodotti a livello domestico.
I risultati mostrano che le importazioni rappresentano il 13,7 per cento della spesa dei consumatori americani (di cui il 7,3 per cento sono beni importati e il 6,4 per cento importazioni indirette attraverso gli input usati per i beni domestici). Complessivamente, non vi è una grande differenza nella frazione di beni importati consumati tra individui più istruiti (laureati) e meno istruiti (non laureati), ma disaggregando i dati si vede un interessante fenomeno. Gli individui più istruiti consumano una frazione maggiore di servizi – che sono tipicamente al riparo della concorrenza internazionale – ma, per quello che riguarda il consumo di beni, consumano una quota maggiore di beni esposti alla concorrenza internazionale (come auto, bevande alcoliche, elettronica) e all’interno dei vari settori spendono più per varietà di beni importati. Per i meno istruiti vale in contrario: una quota maggiore della loro spesa va in beni invece che servizi, ma tra i beni acquistati è minore la penetrazione dell’import. Questo spiega perché l’effetto complessivo sia paragonabile tra le due classi di individui. I risultati sono simili anche se ci concentra solo sulle importazioni dalla Cina.
Un quadro analogo si delinea quando si passa ad analizzare l’effetto del commercio internazionale sui redditi. I laureati tendono a essere impiegati maggiormente nel settore dei servizi e quindi a essere meno esposti alla concorrenza estera. Ma, tra coloro che lavorano nel manifatturiero, l’occupazione è principalmente nei settori con una maggiore quota di import (come computer e elettronica). In particolare, è il canale delle esportazioni a favorire i laureati poiché sono i settori che esportano a impiegare lavoratori con un maggior livello di istruzione. Complessivamente, per quello che riguarda il canale del reddito, sono gli individui più istruiti a beneficiare maggiormente dell’apertura agli scambi internazionali. Lo stesso quadro emerge mettendo insieme i due effetti, quello sui redditi e quello sulla spesa.
Questo studio è interessante perché ci aiuta a capire meglio gli effetti dei dazi. Per i politici, gli effetti distributivi sono essenziali perché possono favorire o sfavorire la propria base elettorale. Una migliore comprensione degli effetti distributivi può aiutarci a prevedere i settori sui quali è più probabile attendersi un’applicazione dei dazi e a capire, eventualmente, le forme di ritorsione più efficaci per chi li subisce.

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