L’obiettivo di Eduscopio
Nel loro intervento su lavoce.info, Giovanni Abbiati e Marco Romito muovono due critiche a Eduscopio.it, il portale della Fondazione Agnelli dove si trovano dati che permettono un confronto tra le scuole superiori in una determinata e ristretta area geografica e per un determinato indirizzo di studi, sulla base di come esse preparano per l’università o il mercato del lavoro.
La prima obiezione è che l’informazione fornita favorisce nella scelta delle scuole le famiglie più abbienti e istruite; la seconda è che spinga gli studenti migliori a rivolgersi alle scuole con risultati migliori, ampliando la distanza fra queste e il resto del gruppo. Sullo sfondo, l’idea che Eduscopio confonda qualità dell’offerta formativa e origine sociale degli studenti.
Si tratta ovviamente di preoccupazioni legittime. Da ricercatori in scienze sociali ci saremmo, tuttavia, aspettati qualche astrazione in meno e qualche analisi dei dati in più. E, come vedremo, proprio i dati aiutano a fugare le ansie degli autori.
Prima, però, è il caso di ricordare che l’obiettivo sempre dichiarato di Eduscopio non è misurare il contributo delle scuole ai risultati degli studenti (il “valore aggiunto”), ma – come riconoscono gli stessi autori – fornire una risorsa per la scelta delle scuole a studenti e famiglie. Queste, comprensibilmente interessate ai risultati scolastici dei figli, guardano certo al valore aggiunto, ma anche alla qualità del gruppo dei pari (altri studenti nella scuola). Isolare dal valore aggiunto le componenti diverse ed esogene per valutare qualità ed equità del sistema educativo resta un tema decisivo per chi ha la responsabilità di governare la scuola. E lo è anche per la Fondazione Agnelli, che vi ha dedicato ricerche e rapporti. Eduscopio, rivolgendosi alle famiglie, ha però esplicitamente un altro scopo. Confondere scopi, strumenti e target non aiuta.
Peraltro, sembra che gli autori ignorino ciò che è noto a tutti i ricercatori: in Italia nella scuola superiore la segregazione sociale e per abilità ha luogo tra indirizzi di studio (classico/scientifico/istituti tecnici e così via) e aree territoriali, e non all’interno di queste celle. Lo si verifica facilmente sulla base di dati liberamente disponibili, come Invalsi o Ocse-Pisa. Ad esempio, se scomponiamo la varianza degli esiti delle prove Invalsi in matematica al secondo anno delle superiori (noi abbiamo provato con l’anno scolastico 2010-2011), osserviamo che l’indirizzo di studi e la localizzazione (provincia) spiegano ben 8 punti percentuali della variabilità tra scuole, mentre, una volta tenuto conto di questi due fattori, lo status socio-economico degli studenti spiega appena lo 0,2. Pertanto, limitare – come fa Eduscopio – il confronto all’interno dello stesso indirizzo di studi e di un’area geografica ristretta permette di eliminare molti dei fattori di distorsione che preoccupano Abbiati e Romito.
Informazioni oggettive, gratuite e facilmente accessibili
Veniamo alle critiche, partendo dalla seconda, più generale.
Gli autori citano l’articolo di Daniela Vuri, ma non ne colgono il contenuto, laddove mostra che la pubblicazione delle graduatorie di Eduscopio non ha modificato il flusso di iscrizioni nei confronti del 25 per cento migliore delle scuole secondo Eduscopio, mentre ha determinato un allontanamento significativo dal 25 per cento peggiore.
Eduscopio, dunque, non sembra favorire gli estremi della distribuzione: la “fuga” dalle scuole peggiori è verso la qualità, ma non verso l’eccellenza. A noi pare che sia un esito positivo, che riduce i divari e può migliorare l’efficacia complessiva del sistema.
Quanto alla prima osservazione, le famiglie sceglievano le scuole anche quando Eduscopio non c’era: ma lo facevano in base al tam-tam nella cerchia di amici e conoscenti o alle informazioni ricavate dalle proprie reti sociali e professionali. Questi sì che sono strumenti che avvantaggiano – e molto – le famiglie più abbienti e avvertite, con reti più ampie e maggiore capacità di processare le informazioni. Anche se nessuno può garantire un’assoluta parità di opportunità, la “beata ignoranza” della qualità delle scuole non ci pare una soluzione. Per contro, offrire – come fa Eduscopio – informazioni oggettive, gratuite e facilmente accessibili è un modo per aiutare proprio gli studenti meno avvantaggiati.
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Giovanni Abbiati e Marco Romito
Gentile Andrea Gavosto, grazie per aver risposto personalmente al nostro articolo.
È stato proprio l’articolo della Vuri che ci ha spinto a scrivere, del quale diamo una lettura diversa da quella da Lei suggerita. Le analisi mostrano che Eduscopio ha già inciso sulle scelte delle famiglie, allontanandole dal “25% peggiore”. È lecito quindi attendersi effetti maggiori in futuro con la diffusione del portale. Lei parla delle famiglie che hanno deciso di spostarsi, mentre noi vorremmo concentrare la riflessione su chi non l’ha fatto e sulle scuole che questi frequentano.
Cosa accadrà a queste scuole nel caso le dinamiche in atto si protraessero nel tempo? Si tratta di una domanda che al momento rimane inevasa ma che, dal nostro punto di vista, è fondamentale porsi in un’ottica di sistema, anche a partire dalle esperienze registrate in altri paesi.
Condividiamo lo spirito con cui la Fondazione ha reso accessibili queste informazioni e siamo consapevoli che, almeno in parte, l’indice catturi la qualità dell’istruzione ricevuta. Ma crediamo anche che occorra fare più attenzione alle parole e al loro peso. Nonostante le cautele metodologiche, la composizione delle scuole differisce all’interno degli stessi indirizzi, soprattutto nei grandi bacini urbani. E si pensi poi che le scuole di élite attuano da tempo test selettivi in ingresso, per non parlare della continua selezione degli studenti continuo durante il percorso.
Giovanni Abbiati e Marco Romito
[continua da messaggio precedente]
A questo punto descrivere l’esito di processi così diversi e complessi come “qualità della scuola” ci pare riduttivo. Ma la parola “qualità” e la posizione nella classifica sono presumibilmente le uniche cose che rimangono impresse nella testa degli studenti che devono scegliere e in quelli che frequentano le scuole.
Giustamente Lei sottolinea che, anche in assenza di Eduscopio, le famiglie reperiscono informazioni sulla qualità delle scuole dalle proprie reti sociali e professionali e che questo è un meccanismo che tipicamente avvantaggia le famiglie più abbienti. Ne siamo assolutamente consapevoli, così come del rischio, che segnaliamo, che lo stesso accada per le informazioni fornite da Eduscopio (secondo il cosidetto “effetto San Matteo”), anche in presenza di diffusione capillare dell’informazione.
Detto questo, che fare? Meglio nessuna informazione? Naturalmente questa non è la soluzione. Ma, come abbiamo scritto, nutriamo fondati dubbi sui meccanismi che possono attivarsi a seguito della diffusione delle classifiche come strumento di scelta. Con il nostro intervento abbiamo voluto avviare un confronto aperto, che ha l’ambizione di essere multidisciplinare. Siamo consapevoli che il bene della scuola e degli studenti stia a cuore a tutti e che le soluzioni per intervenire su una macchina così complessa necessitino di un dibattito ampio e proficuo come quello che, ci auguriamo, abbiamo avviato a partire dal nostro articolo.