La riduzione del carico fiscale e la lotta all’evasione possono contribuire a diminuire l’attrattività del settore informale e, di conseguenza, l’afflusso di immigrati irregolari. Politiche protezionistiche potrebbero invece avere l’effetto opposto.
L’offerta e la domanda di immigrati
L’immigrazione clandestina è un argomento di grande attualità che divide l’opinione pubblica. Se la riduzione del numero di immigrati clandestini è un obiettivo della politica del governo, un contributo significativo al suo raggiungimento potrebbe venire dalla diminuzione delle tasse e da un più efficace controllo dell’evasione fiscale.
I metodi generalmente utilizzati per limitare il numero di irregolari si basano su strumenti coercitivi (controllo delle frontiere, rimpatri), oppure su aiuti umanitari e commerciali ai paesi di origine dei migranti (“aiutarli a casa loro”).
Questo tipo di misure si concentra sull’offerta di immigrati. A nostro avviso, è invece importante studiare i fattori che determinano la domanda di immigrati clandestini, un elemento finora rimasto ai margini del dibattito. Quali sono le condizioni che rendono vantaggiosa l’immigrazione clandestina, dal punto di vista del paese di destinazione? Per rispondere alla domanda, bisogna tener presente che lo status di irregolare costringe l’immigrato a lavorare nel settore informale (l’economia sommersa). Sono quindi le condizioni relative al mercato informale a essere decisive ai fini della scelta della clandestinità da parte dei potenziali migranti.
Complementarietà strategica tra i due fenomeni
L’economia sommersa o informale è definita come l’insieme delle attività produttive legali non registrate, che non contribuiscono cioè alla misurazione ufficiale del Pil, e non sono dunque soggette a tassazione. Le imprese che operano nel sommerso hanno tuttavia un accesso più limitato alle infrastrutture pubbliche (finanziate attraverso il gettito fiscale) e possono incorrere in controlli fiscali. Pertanto, più alto è il livello di imposizione fiscale, più è conveniente per le imprese l’evasione del fisco attraverso la produzione in nero, e viceversa.
In questo contesto, è possibile dimostrare l’esistenza di una particolare relazione tra immigrazione clandestina e sommerso, che in economia si chiama “complementarietà strategica”: quanto più esteso è il settore informale, tanto più conveniente è l’immigrazione clandestina agli occhi di potenziali migranti; quanto più alto è il numero di immigrati clandestini, tanto più attraente, dal punto di vista delle imprese, l’opzione di spostarsi nel settore sommerso.
La complementarietà strategica sembra essere particolarmente rilevante per i paesi caratterizzati da una presenza significativa di lavoratori autoctoni nel settore informale.
I dati esistenti, che proprio perché relativi a fenomeni sommersi vanno peraltro presi con beneficio d’inventario, mostrano una correlazione positiva tra immigrazione clandestina e incidenza dell’economia informale (figura 1), in accordo con l’ipotesi di complementarietà strategica.
Figura 1
Fonte: Camacho-Mariani-Pensieroso (2018)
Da un punto di vista normativo, la nostra analisi indica che ridurre i rendimenti relativi del settore informale o sommerso può contribuire a limitare i flussi di immigrazione clandestina. Pertanto, politiche volte a ridurre il carico fiscale o a rinforzare l’attività di contrasto all’evasione fiscale permetterebbero di diminuire l’attrattività del settore informale e, di conseguenza, l’afflusso di immigrati clandestini.
Il fattore globalizzazione
Questo quadro concettuale ci permette anche di considerare l’interazione tra immigrazione clandestina, economia sommersa e globalizzazione. In genere, una minore apertura al commercio internazionale rende relativamente più redditizio il lavoro nei settori più tradizionali dell’economia, all’interno dei quali è più frequente la produzione in nero e più rara la presenza di imprese esportatrici. L’aumento di redditività del settore tradizionale fa crescere a sua volta il salario atteso per gli immigrati illegali, incentivando di conseguenza l’immigrazione clandestina. I dati sembrano sostenere questa ipotesi. In effetti, l’apertura al commercio internazionale (misurata, ad esempio, dal saldo della bilancia commerciale) è correlata negativamente sia con l’immigrazione clandestina (figura 2) che con la dimensione del settore informale (figura 3).
Figura 2
Fonte: Camacho-Mariani-Pensieroso (2018)
Figura 3
Fonte: Camacho-Mariani-Pensieroso (2018)
In termini di politica economica, ne consegue che ambizioni protezionistiche e riduzione dei flussi d’immigrazione clandestina – due obiettivi prioritari per alcuni schieramenti politici – potrebbero essere, di fatto, mutualmente incompatibili.
In conclusione, la teoria economica suggerisce che la riduzione del carico fiscale e la lotta all’evasione possono contribuire al contenimento dell’immigrazione clandestina attraverso gli effetti indiretti (detti di “equilibrio generale”) che hanno sull’economia, rendendo quindi meno necessario il ricorso a politiche coercitive (e moralmente discutibili) basate su controllo delle frontiere e rimpatri. La messa in atto di politiche protezionistiche potrebbe invece avere l’effetto opposto e incrementare il flusso di immigrati clandestini.
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toninoc
Finchè le condizioni di vita degli aspiranti immigrati irregolari saranno migliori fuori dal loro Paese, questi continueranno ad emigrare verso i paesi più ricchi e sicuri. La lotta all’evasione fiscale e contributiva andrebbe rafforzata a prescindere dal fenomeno dell’immigrazione mentre i provvedimenti del governo,come flat tax e condono , riducendo le entrate fiscali impediscono l’incremento di Ispettori del lavoro e guardia di finanza. Gli evasori fiscali e contributivi andrebbero equiparati ai rapinatori anche come condanne penali ma è sempre mancata la volontà politica di prendere il problema “evasioni fiscale” perchè non produce consenso elettorale e chi evade è considerato un furbo anzichè un ladro.