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Un’occasione per sconfiggere il virus del pregiudizio

Lascerà senz’altro molti strascichi l’emergenza coronavirus. Ma ci fa scoprire una volta di più che i nostri destini di abitanti del pianeta sono strettamente intrecciati. La solidarietà dimostrata da altri paesi è forse il seme di un mondo migliore.

Chiusure e aperture

L’emergenza coronavirus non passerà senza lasciare strascichi, al momento imprevedibili nella loro portata. Uno di questi riguarderà la gestione dei confini nazionali. Con le decisioni assunte negli ultimi giorni da diversi governi, gli accordi di Schengen sono di fatto saltati. Ogni paese si barrica nel suo spazio nazionale e ricomincia a vedere il vicino come una potenziale minaccia. La crisi nelle relazioni europee ci consegna però anche una serie di insegnamenti.

Il primo suona così: l’apertura verso l’esterno comporta dei rischi, ma la chiusura provoca danni di gran lunga peggiori. Stiamo provando che cosa significa assecondare le spinte isolazioniste, rimpiangere un passato (in realtà mai esistito) di comunità asserragliate e autosufficienti. Chiudere i confini è di fatto impossibile, se non per un’emergenza straordinaria come questa. E tra l’altro non è servito a evitare l’ingresso del virus. Il nostro benessere e la nostra capacità di progredire dipendono da un’apertura, certo giudiziosa e governata, verso gli scambi e i rapporti con il mondo esterno.

Il secondo insegnamento riguarda la bilateralità, delle chiusure come delle aperture. Se noi sigilliamo le frontiere o sospendiamo i voli, anche altri lo faranno nei nostri confronti. Molti hanno avvertito come una sorta di sopruso i blocchi degli ingressi attuati da tanti governi del Sud e dell’Est del mondo verso i cittadini italiani, abituati da anni a circolare senza impedimenti, quando invece noi richiediamo visti e permessi ai cittadini di quegli stessi paesi quando vogliono entrare in Italia. Gli squilibri alla fine sono venuti al pettine. Forse dovremo impegnarci a ripensarli. Nell’ultimo decennio i nostri governi hanno tolto l’obbligo del visto per ingressi turistici ai cittadini di tutti i paesi dell’area balcanica, al Brasile, più di recente all’Ucraina e alla Moldova. Dovremmo domandarci come proseguire su questa strada.

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L’importanza della solidarietà

Su questo punto si innesca una terza riflessione. La tendenza a dividere il mondo in amici ed estranei, se non nemici, si è scontrata con la dura lezione del coronavirus. L’idea che i viaggi internazionali di alcuni siano innocui e gli spostamenti di altri siano perniciosi contiene qualcosa di irrazionale, da pensiero magico. Anche se per una sorta di riflesso condizionato di scuola pavloviana continuiamo a guardare con sospetto i migranti poveri, o supposti tali (come nel caso dei cinesi, in realtà cittadini di una potenza economica), a evitarli o a metterli in quarantena se arrivano dal mare, il temibile contagio sta diffondendosi in Europa e attraverso l’Atlantico mediante ogni sorta di contatto interpersonale. Viaggi d’affari, turismo, visite ai familiari all’estero comportano una circolazione di persone molto maggiore delle migrazioni. In tempi normali nessuno ci fa caso, ma neppure in questo tempo sospeso ce ne rendiamo conto davvero. Istintivamente, associamo il pericolo alla mobilità dei poveri.

Un ultimo e più positivo spunto si riferisce alla globalizzazione della solidarietà. La pandemia fa scoprire una volta di più che i nostri destini di abitanti del mondo sono strettamente intrecciati. Nessuno si salverà da solo. L’invio da parte della Cina di dieci tonnellate di materiale sanitario, con medici e infermieri al seguito, ci ha giustamente impressionato, come pure l’arrivo di personale medico da Cuba e dall’Albania. Chi è stato ostracizzato e discriminato è venuto in nostro soccorso. Gli immigrati già insediati si stanno comportando con grande disciplina e rispetto delle regole, malgrado le condizioni abitative inadeguate in cui parecchi vivono. È un piccolo seme di un mondo migliore. Spero che i soccorritori arrivati da lontano contribuiscano a sconfiggere anche un altro temibile virus: quello del pregiudizio.

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  1. toninoc

    Ogni volta che si sono verificati eventi disastrosi in qualsiasi parte del pianeta, tutte le popolazioni non coinvolte hanno manifestato solidarietà ed offerto aiuti di ogni genere ai popoli colpiti. Anche a quelli che talvolta gli sono stati ostili o che sono comunque non erano considerati amici o alleati politici o di diversissime religioni. Questo, a mio parere, significa che l’umanità tutta ha nei confronti dei propri simili un sentimento di solidarietà che nei momenti di difficoltà prevale sull’’indifferenza e sull’odio. Nell’uomo però ci sono anche brutti sentimenti contagiosi come il coronavirus, come il razzismo che se coltivato attecchisce soprattutto nell’ignoranza e nella miseria e l’antidoto per quella “malattia” è l’istruzione e la giustizia sociale. Ma così come vinceremo col vaccino Il coronavirus 19 ce la faremo anche col razzismo . Restiamo ancora un pò a casa e ce la faremo.

  2. maria

    “L’invio da parte della Cina di dieci tonnellate di materiale sanitario, con medici e infermieri al seguito, ci ha giustamente impressionato”

    A me ha impressionato come il governo cineseabbia tenuto nascosto la cosa fino allo scoppio del bubbone, causando migliaia di morti in Cina e all’estero pur di salvare la faccia. Comportamento irresponsabile che ha tenuto anche durante la SARS.

  3. Henri Schmit

    Sarei sostanzialmente d’accordo se l’autore non avesse dimenticato il volano europeo della questione. In caso di necessità non si guarda la faccia di chi aiuta. Non bisogna però essere ingenui. La lezione data dalla Cina nella lotta all’epidemia ha un significato politico che dovrebbe far riflettere i sostenitori delle democrazie liberali assalite dalle ideologie post-democratiche populiste e nazionaliste. Anche l’aiuto che arriva con i Tupolev segue mire precise. Più credibile le lezioni dei paesi poveri, Cuba e Albania. Ma perché non parlare dell’Europa che dopo il blocco iniziale dei materiali introvabili si è mostrata all’altezza. Numerosi pazienti italiani sono trasferiti in ospedali tedeschi e quantità di materiale sanitario arriva in Italia anche da paesi europei. La solidarietà con la Francia che ha trasferito centinaia di pazienti gravi in Germania, Svizzera, Lussemburgo e Austria è più eclatante, forse perché non vi stata la solita polemica in Italia, paese incapace di gestire le cose più importanti e sempre pronta a dare le colpe agli altri. Ora siamo agli euro-bond, un altro esempio degli equivoci tipici del dibattito pubblico irresponsabile che spiegano perché le destre nazionaliste, anti-europee e ultra-liberiste godono da decenni di tanto consenso: tutti gli altri attori politici, per motivi demagogici, di incapacità di un’analisi corretta, non fanno altro che ripetere in una versione più fiacca gli argomenti delle destre. Pensateci prima che sarà tardi.

    • Franco

      Signor Schmit, sono curioso di ascoltare il suo pensiero sui “coronabond”.

      • Henri Schmit

        Ho commentato gli articoli del 27/03 di Francesco Giavazzi & Guido Tabellini sugli euro-bond perpetui e del 30/03 di Andrea Boitani & Roberto Tamborini sui Corona-bond quali titoli di cittadinanza europea.

  4. Mauro Cappuzzo

    “Con le decisioni assunte negli ultimi giorni da diversi governi, gli accordi di Schengen sono di fatto saltati” In altre parole i civilissimi paesi della UE (Francia, Austria, Slovenia, ….), sempre pronti a non aiutare l’Italia sulla questione dell’immigrazione, hanno ben pensato di chiudere le frontiere con l’Italia quando l’epidemia sembrava un problema solo nostro.
    Quando nel Veneto ė stato proposto di mettere in quarantena le persone (non solo i cinesi) in arrivo dalla Cina (bambini compresi) apriti cielo! Razzisti! Certamente non è l’isolamento la soluzione ma neppure l’apertura indiscriminata. L’attenzione è focalizzata sugli arrivi via mare perché le emigrazioni di massa non arrivano in aereo!

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