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Manovra bis? Meglio un realistico bilancio 2020

Per aggiustare il deficit 2019 tutti chiedono al governo una manovra correttiva. Che si potrebbe evitare se l’esecutivo scrivesse una legge di bilancio 2020 che rispetti l’algebra e il buonsenso, prima ancora che l’economia.

La manovra correttiva potrebbe non servire…

Da settimane in Italia non si fa altro che parlare di una ipotetica manovra correttiva. Sarebbe una correzione alla legge di bilancio approvata a fine dicembre e che è ancora in via di attuazione.

Di manovra correttiva parlano gli osservatori e i media per indicare che occorre aggiustare i numeri del 2019 alla luce del rallentamento dell’economia che rende poco plausibili gli obiettivi di crescita che il governo si è dato per il 2019. Lo fanno perché, ancor prima di vedere gli effetti delle misure inserite nel bilancio 2019, è già evidente che il +1 per cento di crescita del Pil previsto per il 2019 è molto ottimistico. Per avere un’economia che cresce dell’1 per cento, servirebbe una espansione media trimestrale – sul trimestre precedente – dello 0,5 per cento. Numeri sistematicamente così positivi non si vedono da dieci anni. E così, mentre arrivavano dati autunnali più negativi sull’andamento dell’economia con particolare riferimento all’industria, i vari osservatori hanno via via ridotto le loro stime per la crescita attesa dell’economia italiana. Da ultima, la Commissione europea, nelle sue previsioni invernali, ha portato il dato italiano 2019 a un modesto +0,2 per cento.

Dal canto suo, il governo chiede tempo e pazienza. Ci vuole tempo e pazienza, secondo Palazzo Chigi e i due vicepremier, per capire se il rallentamento della Germania – al cui andamento la parte più dinamica del nostro settore manifatturiero è legata – durerà nel tempo. Soprattutto, ci vuole tempo e pazienza per vedere gli effetti derivanti dall’entrata in vigore delle misure più importanti della manovra 2019, cioè il reddito di cittadinanza e i pensionamenti anticipati consentiti dalla cosiddetta “quota 100”. Una corsa contro il tempo è quella che stanno facendo gli uffici della pubblica amministrazione per accelerare le procedure in vista del primo aprile, il giorno a partire dal quale si dovrebbe cominciare a erogare il reddito di cittadinanza. Mentre il tempo consentirà di accumulare altre informazioni sull’identità di chi sta facendo domanda per “quota 100”. Per ora a prevalere sono dipendenti pubblici maschi che si affrettano ad accettare una riduzione di stipendio in forma di pensione subito e per sempre, pur di andare via dal loro posto di lavoro. Un grave segno di malessere e anche un desiderio di fuga dalle responsabilità che la politica ha ritenuto di avallare. Rimane che chi accetta di pensionarsi oggi a partire da un reddito corrente più elevato e accettando una pensione più bassa anche negli anni a venire tenderà a consumare di meno rispetto a quanto avrebbe fatto. Difficile dunque aspettarsi un rilevante effetto espansivo sui consumi dall’entrata in vigore di quota 100.

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Insomma, chi vivrà vedrà: ma sarebbe meglio non fare troppo conto sull’accelerazione dell’economia indotta dalle nuove misure assistenziali predisposte dal governo giallo-verde. Una crescita più vicina allo zero che all’1 per cento comporterebbe una revisione al rialzo del deficit atteso per il 2019 di circa 0,5 punti di Pil, dunque un 2,5 in luogo del 2 per cento scritto nei documenti inviati a Bruxelles. È probabile che di fronte a uno sforamento così rilevante dalla Ue (e dalle agenzie di rating che ci giudicheranno nei prossimi due mesi) arrivi la richiesta di una correzione dei dati 2019.

…se il bilancio 2020 non sarà un libro dei sogni

A ben guardare, però, il problema non è tanto dato dai conti del 2019. Che di fronte a un rallentamento dell’economia si faccia più deficit di quanto preventivato non è veramente visto come un grave peccato da nessuno in Europa né sui mercati. I conti pubblici peggiorano quando l’economia va male: lo sanno e lo capiscono tutti e nessuno né a Bruxelles né a Berlino vuole davvero impiccare i governi nazionali all’adozione di politiche suicide. Con un’avvertenza, però: lo sforamento nei periodi in cui l’economia è in difficoltà deve avvenire in un quadro di tenuta dei conti pubblici su base pluriennale. Come dire che quello che conta davvero non è la manovra correttiva sul 2019, ma la legge di bilancio 2020 che a oggi prevede un equilibrio di bilancio precario, basato su una ottimistica crescita 2020-2021 all’1 per cento e soprattutto sull’entrata in vigore di aumenti di imposte indirette per svariate decine di miliardi che nessuno nella politica e nella economia italiana vuole, almeno nell’entità immaginata nei documenti ufficiali.

Del resto, il tira e molla autunnale con la Commissione europea e con i mercati dovrebbe aver insegnato almeno una cosa ai due partiti della maggioranza. Scrivere inverosimili libri dei sogni che poi devono essere precipitosamente emendati dai tecnici in senso più razionale e approvati frettolosamente – e ai confini della legalità – dal Parlamento non è un sistema furbo di migliorare il proprio potere negoziale, ma un modo rapido per perdere credibilità, non essere presi sul serio e isolarsi nello stagno in cui – per fortuna e per ora – l’Italia nuota, cioè l’Unione Europea e il mondo occidentale. Quindi, si potrà forse evitare una manovra correttiva nei prossimi mesi ma solo se nel Documento di economia e finanza per il 2020 si imposteranno misure che hanno una loro plausibilità algebrica prima ancora che economica. Come dire che se si vorrà fare la flat tax estesa a tutti, sarà meglio prepararsi a specificare per bene quali sono le voci di spesa da tagliare nel bilancio dello stato. Altrimenti l’Europa, le agenzie di rating, i mercati e – chissà – finanche gli elettori smetteranno di dare fiducia a un governo che sembra volere solo proteggere gli italiani di oggi senza pensare al futuro e al progresso degli italiani di domani.

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36 commenti

  1. Savino

    Il bilancio 2020 non sarà un libro dei sogni perchè, per fortuna, sarà presentato da un altro Governo, presieduto da una persona tecnicamente competente. Dobbiamo, inoltre, cominciare ad entrare nell’ottica per cui una patrimoniale serve. E’ inutile che gli italiani ricchi siano restii nel farsela garbare. Già gli italiani non pagano il dovuto in termini fiscali e preferiscono fare la spola con valigette piene in Svizzera, se non andiamo a toccare il loro stock di patrimonio, spesso frutto di situazioni più nere che bianche, non risaneremo il debito e non garantiremo nulla alle generazioni future.

    • Davide

      Giusto, si proceda con l’esproprio proletario, in nome della “scienza”.
      Le decine di miliardi di patrimoniali ordinarie che si pagano ogni anno non le bastano?
      Non le bastano i meravigliosi effetti economici che il loro forte inasprimento, fatto dal competentissimo Monti, ha imposto? Chissà come mai la loro enorme competenza non ha permesso loro di non rimanere sorpresi dalla gigantesca e drammatica recessione indotta dal loro operato scientificamente validato.
      I comunisti non spariscono mai, c’è poco da fare.
      Il problema è che oggi spacciano le loro teorie fallite per scienza, e quindi da imporre senza passare dal via.

      • Savino

        E’ inutile che i ricchi facciano così i rancorosi. Finora ha protestato solo chi sta bene e si sente derubato di qualcosa dallo Stato ed il risultato è stato questo Governo sconclusionato. Ma se cominciano a protestare quelli che stanno male per davvero, che si sono visti calpestare diritti e futuro, come i nostri giovani preparati o le donne, costrette a lavorare fino al nono mese di gravidanza…

        • Davide

          Giusto, molto meglio copiare il Venezuela di Chavez e Maduro, che ha avuto un grande successo.
          L’Italia al momento rischia seriamente una deriva sudamericana, quindi sarà meglio che tutti la smettano di dire stupidaggini (tutti: dai professori agli emarginati).

          • Savino

            Veramente col Venezuela di Maduro ci sta Di Battista

      • andrea goldstein

        Mario Monti sarebbe il comunista? o l’allora ministro dell’Economia Grilli? solo x capire

      • Virginio

        Non mi risulta che al Governo Monti sia stata affidata come priorità la crescita o l’evitare un po’ di recessione. Si abbia il coraggio di dirlo e di non giocare con la memoria delle cose. La missione del Governo Monti in quel terribile (questo sì) frangente delle nostre finanze pubbliche era evitare la bancarotta dello Stato, costasse quel che costasse. E Monti fece ciò che andava fatto, tirar su un po’ la barca e mandare un messaggio ai mercati. Io ricordo bene, molto bene, che la priorità per tutti erano difendere i risparmi, salvare le pensioni, dare lo stipendio a pompieri e infermieri. C’era il panico al mercato rionale come nei bar e nelle case. E dopo? E dopo, via con la cancellazione della memoria e vai con la ricerca di due capri espiatori per la poca crescita: Monti uomo-dei-poteri-forti (?) e Fornero la strega (per non dir di peggio). Fino alla prossima crisi di bilancio con inevitabile ricerca di altri tecnici da mandare avanti a fare il lavoro sporco.

        • Davide

          “Salvare il bilancio”, per le persone ragionevoli, presuppone farlo nel modo migliore possibile.
          Monti lo ha fatto nel modo peggiore, con una correzione fatta solo di maggiori entrate, senza tagliare la spesa (unica eccezione: riforma Fornero delle pensioni). A differenza di quasi tutti gli altri stati che hanno dovuto correggere in quegli anni.
          Il risultato è stato drammatico proprio perchè è stata scelta questa strada, opposta a quella corretta di tagliare la spesa (come testimoniato anche di recente su queste pagine da Favero).
          Fare le cose così male, denotando una imbarazzante incompetenza (questo è essere “sorpresi” dalla recessione che ne è seguita), vuol dire fare male il proprio lavoro, perchè uccidere in quel modo il paese (cioè il denominatore di qualsiasi indicatore di conti pubblici) va precisamente contro la sostenibilità e la salute dei conti pubblici stessi.
          Difatti tutto quel casino alla fine è valso tipo mezzo punto di deficit in meno, cioè una cosa ridicola.
          Quindi sì, Monti amante dell’esproprio patrimoniale (lo ha rivendicato più volte), Monti che se ne frega della recessione ridicolmente più alta del necessario, Monti che pensa che la politica degli “eletti” debba guidare il “popolo bue”, è in qualche modo “comunista”, certo, perchè non vedo differenza rispetto al soviet che porta l’economia al collasso imponendo ricette errate, stataliste, fatte di entrate e statalismo, e che hanno in disprezzo la proprietà privata.

        • Pier Giorgio

          Sono daccordo con Vieginio! Speriamo di non aver bisogno di altri tecnici in un prossimo futuro.
          La memoria è una qualità che deve o dovrebbe essere coltivata bene.

      • SR71

        Come chiama lei l’esproprio attuato dagli evasori/elusori fiscali, motu proprio, e senza essere manco comunisti ?

  2. Roberto S.

    Lei pretende davvero troppo!

  3. Carlo

    L’effetto di quota 100 sui consumi è espansivo forse considerando il tfr o la buonuscita ma in realtà negativo: anche ammesso che per ogni pensionato vi sia un assunto, i nuovi dipendenti, cioè i giovani, hanno delle retribuzioni inferiori. Basta vedere cos’è successo con il blocco dei contratti nella PA: le retribuzioni medie sono leggermente calate perché i pensionati avevano gli scatti di anzianità maturati prima del 1993 mentre i pochi nuovi assunti no, per cui la PA ha semplicemente abbassato il costo del lavoro. E questo succederà ancora più fortemente nelle aziende private per cui la differenza salariale verrà incamerata dall’imprenditore e sottratta al circuito dei consumi e ne risentiranno anche gli incassi erariali perché l’IRES e l’IRAP sommano 28% mentre l’aliquota marginale dei dipendenti è circa il 30% se non il 40% ed in più abbassando i consumi diminuisce l’IVA.
    Poi non si considera che la flat tax attuale, comporta una diminuzione della produttività dell’economia perché favorisce la destrutturazione delle imprese individuali, l’incentivo al lavoro indipendente, il non sviluppo dell’attività nonché una diminuzione dei consumi e degli investimenti perché le spese, ma soprattutto l’Iva del 22% non sono deducibili. Ad esempio non converrà sostituire il furgone, gli arredi, il computer al termine del periodo di ammortamento oppure certe spese, come il pranzo in trasferta, non sarà sostenuto oppure sarà ricercata una soluzione più economica, ad esempio il panino.

  4. Henri Schmit

    Normalmente dovrebbe bastare il consenso degli esperti per far comprendere all’opinione pubblica (giornalisti e lettori che sono anche elettori) che certe scelte fiscali non sono percorribili. Purtroppo i governanti trovano sempre voci dissenzienti (che poi possono essere tramutate in poltrone) per giustificare scelte diciamo eterodosse. È quindi stato creato su iniziativa esterna (UE) l’ufficio parlamentare di Bilancio, con lo scopo di ostacolare programmi governativi incoerenti fondate su scenari inverosimili. L’upB ha parlato, ma non è stato ascoltato. Questo fatto è di una gravità finora sottovalutata: significa che in questo paese il volere della maggioranza prevale su verità, bene comune, diritto. Senza rigore epidemico (il rispetto di una certa razionalità) la democrazia come pura volontà della maggioranza non vale niente. E se questa fosse la vera natura del populismo?

    • Henri Schmit

      “Rigore epistemico” ovviamente, un’espressione che non piace al controllo ortografico ….

    • Davide

      Il problema, caro Henri, è che gli “esperti” si sono giocati la loro credibilità dapprima portando l’economia mondiale al collasso del 2008, frutto di politiche monetarie errate (tralasciando per pietà il casino del 2000), e poi in Italia hanno “sistemato” il problema dei conti pubblici nel peggiore dei modi.
      Se l’Italia va male, è perchè dagli anni ’70 gli “esperti” prendono decisioni sbagliate, basate su teorie economiche errate. In nome del “bene comune”, paravento per le peggiori sciocchezze.
      Oggi si prendono decisioni sbagliate e peggiorative? Certamente, ma è ovvio e sacrosanto che chi ha fallito in precedenza non goda più di fiducia. Dovrebbe guardarsi allo specchio e fare autocritica, ad ogni livello (bce in primis), anzichè continuare solo a criticare (anche se a ragione).
      Quello che serve è liberare l’economia dalle decisioni di chi comanda, competente od incompetente che sia.
      Cioè servono principi liberali, che servono proprio a questo. Non “esperti”, perchè pensare di avere governanti illuminati e capaci è pura illusione.

      • Henri Schmit

        Caro Davide, sta confondendo il potere degli esperti con l’ascoltare chi ne sa di più. Ormai l’hanno capito addirittura i populisti, al punto che stanno allevando una loro casta di “esperti” fedeli. Quindi la contraddico a 180 gradi: senza la condivisione di valori, verità e expertise condivise, non si va da nessuna parte; esempio è proprio l’Italia, ormai zavorra irriformabile dell’UE; anzi senza non è possibile la democrazia. Non può esistere una democrazia solo procedurale, cioè governata dalla maggioranza, vera o truffaldina che sia. Con questa false credenze l’Italia si sta autodistruggendo. Sono i populisti che continuano a screditare “i governi tecnici” che avrebbero dissanguinato le famiglie; è vero il contrario: i governi politici irresponsabili finti liberali hanno rovinato le casse pubbliche senza nemmeno favorire le imprese. Come già nel 2011 anche nel 2018 l’unica salvezza sarebbe un governo di esperti, sostenuto da una maggioranza trasversale. Nessuno riesce a prevedere come il paese possa fermare questo cinico gioco al massacro; chi lo fermerà; che cosa può fare l’UE? Tagliare i contributi agli inadempienti. Poi la scelta (“sovrana”) sarà fra i danni immensi di un Italexit e un altra cura da cavallo prescritta dagli odiati esperti.

        • Virginio Zaffaroni

          Completamente d’accordo.

        • Davide

          Caro Henri, evidentemente non ha compreso il senso di quello che ho scritto.
          Innegabili sono le decisioni sbagliate prese da alcuni governi, che critico tanto quanto lei.
          Quello che fa fatica a capire è che hanno sbagliato, eccome, anche i presunti “esperti”, a cominciare proprio da Monti nel 2011/12.
          La “cura” fatta quasi solo di maggiori entrate, senza quasi toccare la spesa (per non parlare delle non-liberalizzazioni), non ha praticamente toccato il centro di inefficienza che soffoca il paese, ma ha solo massacrato chi invece andava salvato dai parassiti.
          Quindi ribadisco il concetto: avendo questi “esperti” fatto disastri su disastri, hanno perso la credibilità che avevano.
          E rincaro la dose, perchè ci metto dentro pure la BCE (così come la FED), che per anni ha perseguito una politica monetaria irresponsabile, causando lo sfascio del 2008.
          Quindi, caro Henri, il problema è che gli pseudo esperti sono capaci tanto quanto i populisti ignoranti, ed il paese è incapace di andare oltre il vicolo cieco di questa dicotomia.
          Si rende conto che, proprio in questi giorni, è sotto indagine per vari falsi la direzione del presunto più importante quotidiano economico italiano, che nel 2011 titolava “fate presto”?
          Si rende conto che la maggior parte delle idee propagandate dai “sovranisti” sono le scemenze keynesiane che vengono insegnate nella maggior parte delle università del globo?
          E’ proprio questa l'”expertise condivisa” che va rifiutata perchè fallita ed errata.

          • Henri Schmit

            Contesto più o meno tutto. L’exertise condivisa è un obiettivo, non un dato di fatto. Negli altri paesi, cioè quelli che crescono e dove il reddito pro capite è il doppio di quello italiano, quasi tutti sono d’accordo su alcuni punti fondamentali, anche se rimane sempre e ovunque un dilemma fra più giustizia sociale o più efficienza delle imprese. Solo in Italia (corporativista, statalista, burocratica, partitocratica, corrotta, fiscalmente inefficiente, senza giustizia civile né penale credibile, etc etc) esistono i liberisti che difendono la libertà illimitata di arricchirsi (sulle spalle degli altri) ; negli altri paesi, più liberali (!), la libertà d’impresa è solo una regola utilitaristica, sempre corretta o compensata da un certo livello di protezione e di equità sociale. In questo paese non solo la macchina pubblica e i programmi politici sono sbagliati, ma lo è sopratutto il discorso pubblico (lo story telling come si dice ora), l’opinione e alla fine la mentalità, … di quasi tutti. L’unico errore dell’Europa è di non essere abbastanza severa con l’Italia o di essere stata troppo severa con la Grecia perché temeva che l’Italia ne approfittasse. Il conto degli errori di oggi sarà più salato di quello del 2011!

          • Amegighi

            Personalmente ritengo che le soluzioni debbano essere discusse criticamente piuttosto che imposte, siano esperti o meno quelli che le affrontano. Ovviamente chi comanda politicamente deve avere questo potere, ma deve saperlo esercitare sulla base di una concreta conoscenza dei problemi e delle loro possibili soluzioni, partendo dalle più semplici. Deve anche sapere quale è l’obiettivo a medio/lungo termine della sua navigazione, condizione essenziale che regola le sue decisioni. Sembra una cosa logica semplice e ovvia. Chiunque diriga (o semplicemente viva…) segue queste logiche. Nelle imprese, come nei laboratori di ricerca, nella vita quotidiana. Se Lei parte da questo semplice assunto troverà che: 1) il valore Politico (con la P maiuscola) dei nostri politici è a 360 gradi nullo, purtroppo; 2) il valore dei nostri “esperti” (quelli chiamati dai politici nulli di cui sopra) è spesso buono, ma altrettanto spesso macchiato da quella malattia nazionale che si chiama protagonismo e servilismo dei potenti (Le ricordo, solo ad esempio, che quasi nessuno dei Professori universitari nominati al posto di colleghi ebrei dopo le leggi fasciste restituì la posizione dopo la guerra); 3) la nostra proverbiale incapacità di dire la verità (Lei critica Monti, forse giustamente, ma come stavano le cose in quelle drammatiche ore di fine 2011, Le conosce ? Si è mai chiesto come mai così supinamente tutti i partiti accettarono questa persona nuova ed esterna e tutto il suo governo ?)

          • Davide

            Caro Henri, non mi stupisce che non voglia scendere dal pero, ma sta dicendo delle cose inesatte ed incomplete. Peraltro contestando più i fantasmi di quello che sto dicendo.
            In molti “altri paesi” lo scontro è ideologico come non mai, anche se forse non se ne accorge perchè è troppo convinto che quello che pensa lei sia “scientificamente giusto”.
            Ne sono ovvi esempi la politica economica di Cameron, che è stata semplicemente l’opposto di quanto fatto prima dai laburisti, che a sua volta era l’opposto di quanto fatto prima dalla Thatcher. Il tutto a cominciare dalla gestione della moneta.
            Oppure quanto ha fatto la Germania tagliando la spesa il decennio scorso.
            Non è affatto solo un trade off tra “giustizia sociale” ed “efficienza d’impresa”. E’ proprio diversa l’impostazione teorica a monte, con un fortissimo contrasto tra la miope visione keynesiana da un lato, ed una visione più liberista o supply-side dall’altro. Sono proprio le fondamenta economiche a non essere “condivise”.
            A cominciare da quella che lei ritiene solo “una regola utilitaristica”: la libertà economica non è affatto solo questo, ma qualcosa con fondamenta etiche, relative ai diritti umani in sostanza. Lei la ritiene solo “utilitaristica” perchè pensa di avere il diritto di fare l’ingegnere sociale, di decidere per la vita di tutti, e di sbagliare clamorosamente come successo in passato, cioè perchè sposa l’impostazione keynesiana, che è però fallita troppe volte per essere presa così seriamente.

        • Davide

          PS: e sia ben chiaro che non sto minimamente difendendo la politica economica di questo governo, che considero completamente sbagliata, proprio per gli aumenti di spesa, di deficit, l’irrigimento del mercato del lavoro e quant’altro.
          Il punto è il fallimento e la mancanza di credibilità di chi ha fallito altrettanto clamorosamente, spacciandosi per esperto.
          Mancanza di credibilità perfettamente giustificata dai fatti, per cui rinnovo la forte esortazione a scendere dal pero e a fare autocritica.
          Da Monti e Fornero, “sorpresi” di aver causato la più grande recessione dal tempo dei romani. Proprio una “expertise condivisa”.
          All’Europa, con i gravissimi errori BCE il decennio scorso, passando per il fallimentare “salvataggio” greco.
          Tanto per non andare troppo lontano.
          Tutto questo senza togliere una briciola di responsabilità a governi irresponsabili, ovunque fossero.

          • Francesco

            Mi pare che lei stia confondendo troppi piani diversi.
            1) A portare alla crisi del 2008 non sono stati “gli economisti” come classe unita (tanti di loro l’avevano prevista, anche se non magari nei tempi e nelle dimensioni) ma precise politiche pubbliche seguite da governi di alcuni Paesi chiave. Molti degli esperti che avvertono ora l’Italia facevano previsioni analoghe 10-15 anni fa
            2) Studiare politiche pubbliche efficaci è diverso dal valutare tecnicamente qualcosa: un conto è dire che sia meglio un’imposta negativa sul reddito o un reddito di cittadinanza, o come deve essere strutturato quest’ultimo, su cui può esserci un grado di opinabilità. Un conto è prevedere che l’effetto di certe politiche non avrà un moltiplicatore del 2 o che la crescita, data la congiuntura internazionale, non potrà mai essere il 2,5-3% vagheggiato mesi fa dai nostri geni al governo.
            3) Monti e Fornero, essendo tecnici, non avevano alcuna legittimazione politica e infatti passati i primi 6 mesi circa il sostegno alle loro riforme da parte del Parlamento è diminuito parecchio e molte sono state bocciate o annacquate. Nei primi mesi immediati hanno seguito l’unica strada di breve tempo percorribile: aumentare le entrate. Hanno poi provato a iniziare i tagli di spesa ma dopo la riforma delle pensioni non gli è stato fatto passare più nulla o quasi (riforma PA, riforma lavoro, riforma istituzioni, ecc.).
            Poi io non sono neanche un grande fan di Monti, ma le cose diciamole bene

          • Davide

            Caro Francesco, sono in disaccordo.
            Nei primi mesi, Monti e soci avevano la possibilità di fare quello che era necessario, ma hanno scelto di non farlo, per loro scelta ideologica. Monti, infatti, va ancora in giro fiero dell’imposizione patrimoniale messa.
            Monti ha scelto di aumentare (salvo riforma Fornero) solo le entrate, quando tutti gli altri paesi hanno tagliato la spesa in maniera importante.
            Come peraltro ancora oggi suggeriscono Giavazzi, Alesina e Favero su queste pagine.
            Giova ricordare che nel 2011 la BCE scrisse una famosa lettera al governo, con cui suggeriva le misure da intraprendere, e parlava di ridurre il deficit tagliando la spesa, di efficientare la pubblica amministrazione, e di liberalizzare. Non mezzo riferimento a maggiori imposte.
            Il governo Monti ha fatto l’esatto contrario.
            Sarebbe questa l'”expertise condivisa”, fare l’esatto contrario?
            Giova ricordare che queste scelte diverse non sono semplicemente diversi calcoli del moltiplicatore, ma diverse impostazioni teoriche sottostanti. L’uso stesso del moltiplicatore è frutto della peggiore di queste impostazioni.
            Al 2008 ci si è arrivati con scelte di politica monetaria “condivise” in tutto il mondo, di impostazione teorica keynesiana, che hanno rinnegato i principi monetaristi che avevano donato stabilità e crescita negli ’80.
            Nessuno si stupisca se, chi opta per fare il contrario ed ottiene risultati clamorosamente negativi, perde completamente, e giustamente, di credibilità ed autorevolezza.

  5. DDPP

    Condivido in pieno la sua riflessione in merito alla “centralità” del rapporto tra realtà ed azione legislativa e regolatoria. Nei tavoli negoziali ci si misura sulla propria forza, ma quando si tratta di rapporti collaborativi (come è il caso della UE) si spende soprattutto la propria reputazione sia personale sia di Paese.
    La mia impressione è che a partire dal governo Renzi in poi, sui tavoli negoziali i Governi abbiano cercato di compensare la poca reputazione italiana con atteggiamenti mediatici troppo muscolari. Forse la somma tra forza e reputazione è una quasi quantità costante che varia molto lentamente, temo che in tempi rapidi aumenti di atteggiamenti di forza facciano calare la quantità di reputazione spendibile.
    Questi ragionamenti mi sembrano meno importanti rispetto alla mancanza di indirizzo di politica economica protratta da tutti gli esecutivi almeno negli ultimi 25 anni.
    Mi fermo agli ultimi 25 anni in quanti in precedenza l’ostilità sociale contro alla “intrapresa privata” aveva caratteristiche di feroce antagonismo.
    Quello che mio avviso manca alla nostra cultura comune è il valore della iniziativa privata come creatrice di ricchezza. Riprendendo il punto negoziale, se mai dovessimo riuscire a porre la creazione di ricchezza (e non la sola redistribuzione) al centro dell’azione collettiva il nostro potere negoziale verso qualsiasi interlocutore aumenterebbe enormemente.

  6. bruno puricelli

    Incideranno per poche decine di milioni l’anno ma mi sa tanto che una buona percentuale di questi pensionati se ne andrà al’estero!
    Ma… il governo afferma che ci sarebbero >100 mld da spendere! Non è possibile?

    • DDPP

      si tratta di 110 miliardi di infrastrutture millantati dall’ex ministro dei trasporti Deliro. Un piano falso, vuoto di contenuti. Per deprimervi consiglio di leggere l’allegato alla legge di bilancio 2016, il cosidetto “Connettere l’Italia”

  7. Michele

    Ai mercati finanziari si rimprovera lo short-termism, ma si applica la stessa logica al governo dell’economia. Per ottenere in Italia la peggiore crescita media del GDP pro capite e della TFP media negli ultimi 10 anni in Europa, hanno lavorato alacremente per 25 anni tutti i governi di “esperti” di tutte le colorazioni politiche e scuole economiche, che hanno preceduto l’attuale governo. Per non parlare dei risultati in termini di debito pubblico sempre in crescita o di investimenti privati e pubblici nel 2017 ancora di più del 20% inferiori rispetto al 2007 e largamente inferiori ai country peers. Con simili predecessori chiunque nuovo sulla scena dovrebbe essere salutato come un salvatore della patria, anche il confuso governo giallo/verde. Se poi si pretende che in 12/24 mesi si ponga rimendio ai disastri fatti in 25 anni, beh allora l’analisi non è proprio obiettiva.

    • Nfabio

      La critica che l’autore dell’articolo fa al governo in carica, in realtà, non è di non aver finora saputo porre rimedio ai nostri mali storici e alle colpe dei governi precedenti (e ci mancherebbe! I miracoli non sono di questo mondo…..).
      E’ invece di difettare di realismo: di fronte a conti pubblici non proprio rassicuranti, a prospettive di crescita scarse, se non nulle, occorre investire tutte le risorse per far ripartire l’economia, puntando sulla massima efficacia degli investimenti pubblici. Invece, questo governo sta facendo l’opposto: tenta in tutti i modi di mantenere promesse elettorali basate sull’assistenza, in barba ai conti pubblici.
      Il nocciolo della critica, ragionata e non polemica, è questo.

  8. bruno puricelli

    Speriamo in bene!

  9. toninoc

    Trovo strano che ogni qualvolta si profila all’orizzonte una crisi economica si debbano richiamare al governo dei tecnici per fare il lavoro sporco (far tornare i conti ) quando le soluzioni sono anzitutto e sopratutto politiche. Se vogliamo riequilibrare i conti, dobbiamo ricordarci che l’Italia è fra gli Stati dove più è alta l’EVASIONE FISCALE. Per non parlare di quella contributiva o della corruzione. Il problema è che questi “argomenti” non sono gradevoli alle orecchie dei troppi evasori e corrotti e politicamente non portano consenso. Finisce sempre che i provvedimenti per il risanamento son a carico dei soliti pantaloni : pensionati e lavoratori dipendenti.Leggo sempre con interesse e talvolta con difficoltà i vari interventi e mi stupisco che si vogliano cercare soluzioni complicate per un problema semplicissimi. La giustizia fiscale.

    • DDPP

      Sulla evasione fiscale, nei termini sempre rappresentati dal MEF su +i dati della Agenzia delle Entrate ho sempre avuto un dubbio che nessuno mi ha mai chiarito.
      Nel PIL, a cui si fa riferimento per calcolare le imposte evase, vengono inserti i proventi (di difficile valutazione) di: prostituzione, delinquenza e corruzione. Queste tre voci sono valutate in circa 200 miliardi annui.
      al netto di questa cifra, l’evasione ha valori medi pari alla Germania e Svezia con un picco in alcune regione meridionali

      • toninoc

        @@DDPP La Sua risposta non mi convince e la trovo contraddittoria. Prima afferma che le voci richiamate sono di difficile valutazione, e successivamente dice che sono valutate 200 miliardi circa. Le stesse voci credo che siano valutate anche negli altri Paesi dove evidentemente pesano meno. Resta comunque il fatto che in Italia le tasse le pagano sopratutto coloro ai quali vengono prelevate alla fonte, ovvero lavoratori dipendenti e pensionati. Le altre categorie, protette dai politici di riferimento, chissà perché, hanno sempre dei buoni motivi e molte scorciatoie per far pesare sui soliti “pantaloni” i costi per il funzionamento dello Stato. Sono convinto che basterebbe il tintinnio delle manette e qualche centinaio di ispettori in più al ministero delle finanze che: non solo potremmo avere migliori servizi, ma faremmo scendere ogni anno anche il debito pubblico e pagheremmo tutti anche meno tasse.

        • DDPP

          Non ho ben compreso il suo rilievo sulla mia contraddittorietà. Ho scritto che la valutazione sul valore delle poste (prostituzione, criminalità e corruzione) è incerto e complesso, ma (nonostante questo) il MEF lo valuta in 200 miliardi.Anche qualora la cifra fosse giusta in ogni caso non è una posta “fiscale” ed è inutile e disonesto porla nel PIL. Se un corrotto viene beccato le somme eventualmente recuperate non andranno nel capitolo “tasse” perchè nulla hanno a che fare con le imposte.
          per finire: l’Agenzia delle Entrate ha 115.000 dipendenti, la Guardia di Finanza ne ha 95.000. Lei è davvero convinto che qualche centinaio di ispettori cambierebbe la situazione?

    • Davide

      L’evasione è una delle principali scuse per mascherare il problema dell’inefficienza della pubblica amministrazione.
      I dati in ogni caso mostrano chiaramente come al nord l’evasione non sia patologicamente alta, se confrontata con gli altri paesi, mentre lo è drammaticamente al sud.
      Sud arretrato la cui ridotta economia privata semplicemente non può reggere, così com’è, a tale pressione fiscale.
      Eliminare l’evasione patologica significa quindi farlo soprattutto al sud, e questo significa far sparire quel poco di economia privata che funziona.
      Non c’è quindi alcuna possibilità che lo stato entri in possesso di quelle risorse.
      Ribadisco, comunque, che additare l’evasione è fumo negli occhi, per distogliere dal problema reale, che riguarda quantità e qualità della spesa pubblica.

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