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Niente slogan ma armi efficaci contro l’evasione

Sull’evasione fiscale, il programma del nuovo governo è generico. Si dovrebbero invece intensificare le azioni già avviate dall’Agenzia delle entrate: puntano ad aumentare il gettito non attraverso controlli e sanzioni, ma con la spinta gentile all’adempimento.

Un programma che suscita qualche perplessità

Al punto 16 del programma di governo di Movimento 5 stelle e Pd si legge che “è necessario potenziare la lotta alle organizzazioni mafiose e all’evasione fiscale, anche prevedendo l’inasprimento delle pene, incluse quelle detentive, per i grandi evasori e rendendo quanto più possibile trasparenti le transazioni commerciali, agevolando, estendendo e potenziando i pagamenti elettronici obbligatori e riducendo drasticamente i costi di transazione”.

L’inasprimento delle pene è una misura di dubbia efficacia, visto che è stata già sperimentata in passato con scarso successo. I pagamenti elettronici, per quanto obbligatori, sono teoricamente tracciabili, ma di fatto non tracciati, perché l’amministrazione finanziaria non ha le informazioni sui singoli pagamenti. Il riferimento alla trasparenza delle transazioni commerciali è talmente generico da essere sostanzialmente non interpretabile. In sintesi, è positivo che non si parli più di condoni ma, sull’evasione, quanto si legge non è particolarmente incoraggante.

Cosa si potrebbe fare, in particolare nel breve periodo? Sarebbe auspicabile intensificare e approfondire l’attività di promozione del rispetto degli obblighi fiscali, iniziata dall’Agenzia delle entrate nel 2015 a seguito del cambiamento normativo noto come “cambiaverso”, che punta ad aumentare il gettito non attraverso i controlli e le sanzioni, ma con la spinta gentile (nudging) all’adempimento. Negli ultimi tre anni, l’Agenzia ha individuato un numero crescente di contribuenti (700 mila nel 2016, 1,4 milioni nel 2017 e 1,9 milioni nel 2018) le cui dichiarazioni presentavano incongruenze e anomalie rispetto ad altri dati (degli stessi o di altri contribuenti) con cui le dichiarazioni stesse sono state incrociate. Li ha quindi invitati, attraverso apposite lettere, a versare le imposte dovute attraverso le dichiarazioni integrative e ha ottenuto, in questo modo, un gettito aggiuntivo di 1,8 miliardi. Si tratta di un’attività di contrasto all’evasione ad alto rendimento sociale, che risparmia risorse pubbliche e private, prevenendo anziché reprimendo l’evasione.
È la direzione in cui ci si può muovere, anche in tempi brevi, senza particolari modifiche legislative, non creando nuovi obblighi per i contribuenti, ma sfruttando meglio i dati che già sono a disposizione dell’amministrazione finanziaria.

Due esempi concreti

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Gli esempi di politiche di questo tipo potrebbero essere molti, ma qui mi limito a farne due.
La fatturazione elettronica obbligatoria, introdotta per il 2019, ha generato un effetto positivo sul gettito, ancora non quantificato ma evidente nell’andamento aggregato dell’Iva. Per consolidarlo e aumentarlo, è necessario che, oltre a immagazzinare le informazioni e trasmetterle ai contribuenti interessati, l’Agenzia le usi attivamente, selezionando i casi di anomalie maggiori (tra liquidazioni Iva e fatture) e facendo sapere al contribuente (tramite comunicazioni individualizzate elettroniche o lettere) che la legge gli offre diverse possibilità di emendare i propri comportamenti e che, ove l’autocorrezione non avvenga, l’Agenzia è in possesso di una solida evidenza empirica per procedere con controlli e rettifiche di ufficio.

Sarebbe un modo per sterilizzare parte degli aumenti delle aliquote Iva previsti dalle clausole di salvaguardia (che invece farebbero aumentare ulteriormente l’evasione) attraverso una riduzione dell’evasione dell’Iva nelle transazioni tra imprese. Non sarebbe impossibile fare previsioni realistiche circa l’effetto di gettito, grazie ai risultati già ottenuti con le lettere mandate in precedenza utilizzando lo spesometro, uno strumento peraltro molto meno preciso e affidabile della fatturazione elettronica.
Il secondo esempio riguarda l’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari e dei conti correnti. Da qualche settimana, gli organi di stampa parlano di “risparmiometro” in riferimento alle lettere che stanno per essere inviate a un numero molto limitato di contribuenti (qualche centinaio) inclusi in una sperimentazione a cui, dopo faticosissime trattative, ha acconsentito il garante della privacy. Si tratta di un risultato ben misero, oltre otto anni dopo il varo del decreto salva Italia che ha inserito nell’anagrafe le informazioni relative ai saldi e alle giacenze medie sui conti correnti. È misero sia per il numero basso di contribuenti coinvolti sia per il limitato uso delle informazioni che ne è alla base. È ora di passare a un utilizzo massiccio dei dati finanziari, attraverso una vera e propria profilazione del grado di rischio di evasione che presenta ogni contribuente, consentendo all’Agenzia di incrociare tutti i dati individuali in suo possesso. Si tratta di un’operazione che con le moderne tecnologie può essere fatta garantendo la sicurezza nell’elaborazione e nell’accesso ai dati, che possono rimanere del tutto anonimi fino al momento in cui non vengono concretamente utilizzati da strutture diverse (centrali e locali, di servizio e di accertamento) e quindi senza che vi sia una rivelazione di dati né a monte né a valle del processo.
In sostanza, si tratta di verificare la volontà del nuovo governo di scegliere la strada dell’efficacia e della modernità nel contrasto dell’evasione invece di seguire quella degli slogan buoni solo per catturare qualche titolo sui media.

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10 commenti

  1. Savino

    Ci sono troppi tesoreggiamenti sterili non leciti e non meritati, a dispetto di una crescita generalizzata che non si compie da oltre 20 anni. Il nero che hanno fatto finora gli italiani ha proporzioni spaventose, così come è pieno di sospetti (Bankitalia docet) l’utilizzo in eccesso di contante. Il danaro che va all’estero il modo clandestino è tantissimo, le casette di sicurezza sono piene all’inverosimile, abbondano lingotti d’oro e diamanti e abbiano nuovi palazzinari, con il mattone che è sempre più bene d’investimento quando i nostri giovani fanno fatica a comprare la casa di abitazione. In questa situazione, la base imponibile non può più essere il flusso proveniente dalla produzione, ma deve essere lo stock di ciò che si possiede, sapendolo giusticare se proviene dal “sudore della fronte”, come frignano gli italiani, oppure no.

  2. Franco Peta

    Mi sembrano giusti e qualificati suggerimenti. Sui pagamenti elettronici ha detto “I pagamenti elettronici, per quanto obbligatori, sono teoricamente tracciabili, ma di fatto non tracciati, perché l’amministrazione finanziaria non ha le informazioni sui singoli pagamenti.” Può spiegare meglio questo concetto? Io penso che attivando un percorso graduale (di qualche anno) che porti a diminuire fortemente (fin quasi a farlo scomparire) il ricorso al contante, la lotta all’evasione, alla corruzione e alla mafia incentivata. Ma i pagamenti elettronici, essendo tracciati, perché non possono confluire in un sistema informatico che consenta di verificarne anche i contenuti fiscali? Grazie

    • Alessandro Santoro

      Vi sono due aspetti da considerare. In primo luog, l’agenzia delle entrate NON riceve informazioni sulle singole transazioni (quindi sui singoli pagamenti) ma solo sull’ammontare iniziale e finale del conto e sulla giacenza media. Il secondo è che questi dati ad oggi sono utilizzabili per i controlli fiscali (stanti le prescrizioni del garante della privacy) solo per poche centinaia di contribuenti coinvolti nell’apposita sperimentazione. Se non si risolve a monte il nodo della privacy, il pagamento elettronico non aumenta di fatto le capacità dell’Agenzia di intercettare l’evasione.

  3. Roberto Bellei

    Io evidenzierei l’importanza dello scontrino elettronico. Al riguardo vorrei avere conferma che l’avvio, previsto per il 1° luglio, dovrebbe partire dal 1° gennaio 2010

    • Alessandro Santoro

      confermo per quanto ne so

    • Alessandro Santoro

      L’avvio dello scontrino elettronico è previsto dal 1 gennaio 2020 per tutti i contribuenti, ora è previsto solo per quelli con volume d’affari superiore a 400 mila euro annui.

  4. Massimo Negri

    Tornerei alla limitazione dell’uso del contante. Ricordo che il governo Monti aveva fissato un tetto di euro 1.000 per ogni singola transazione. Limite alzato inopinatamente dal governo Renzi a euro 3.000. Io troverei ragionevole fissare il tetto a euro 500 per favorire il più possibile i pagamenti elettronici.

    • Alessandro Santoro

      Ribadisco quanto scritto ad altri: la limitazione all’uso del contante è certamente positiva per il contrasto del riciclaggio, mentre ho qualche dubbio in più sull’evasione, perché la tracciabilità delle operazioni di pagamento elettronico esiste in teoria (l’operazione viene registrata nell’anagrafe dei conti correnti) ma molto meno in pratica (l’informazione su quella operazione risulta rilevante solo per quelle poche migliaia di contribuenti coinvolte nella sperimentazione di cui parlo nell’articolo e per quelle soggette ad indagini finanziarie la cui fonte di innesco, però, è diversa).

  5. Andrea Sabbadini

    Gentile Prof. Santoro, la saluto cordialmente avendo avuto il piacere di collaborare con lei nell’ambito della Commissione “Giovannini” sull’evasione fiscale. Nel condividere il suo lucido pensiero, mi permetto di segnalare un fenomeno molto rilevante e non sempre richiamato dagli osservatori, quello delle indebite compensazioni. Le misure normative introdotte negli anni per il contrasto di tale fenomeno (sospensione f24, attestazione intermediario validità del credito) non hanno risolto nulla. Anzi, le compensazioni orizzontali risultano in costante crescita. Perchè il fisco non usa la tecnologia per risolvere questo problema? perchè non si riesce a creare una sistema di blockchain che garantisca in tempo quasi reale la effettiva certificazione del credito da imputare a compensazione da parte dell’amministrazione di competenza. Secondo il mio punto di vista, questa misura può portare ad un recupero di risorse non risibile. Che ne pensa? Andrea Sabbadini

    • Alessandro Santoro

      Buongiorno Dott. Sabbadini. Dalle informazioni in mio possesso, le compensazioni si sono ridotte dopo la legge varate nel 2010, ma non sono aggiornato sugli ultimi dati. Certamente le compensazioni orizzontali sono una peculiarità italiana, introdotta nel 1998 per ovviare ai ritardi nei rimborsi dei crediti IVA. Ma sarebbe preferibile ridurre i tempi dei rimborsi e limitare le compensazioni orizzontali.

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