Uno dei problemi dell’Italia è ridurre il divario tra studi e lavoro. L’Atlante del lavoro e delle professioni potrebbe essere un valido strumento per la definizione dei percorsi formativi più adeguati a soddisfare il fabbisogno del mercato del lavoro.
Cos’è l’Atlante del lavoro
Ormai da alcuni anni, l’Inapp (Istituto nazionale per le politiche pubbliche, l’ex Isfol) lavora alla realizzazione dell’Atlante del lavoro e delle professioni. Il nome indica l’intenzione: mappare l’universo dei lavori e delle professioni, in modo da identificare per ciascuno le attività e i compiti che lo caratterizzano all’interno di ciascun settore della produzione e regione del paese.
L’Atlante raggiunge un livello di dettaglio ormai elevatissimo, contando migliaia di voci e di attività. E soddisfa così, in misura sempre maggiore, il fabbisogno di conoscenza scientifica della realtà produttiva del paese e delle singole regioni.
Inutile in passato, l’approfondimento minuzioso sembra essere sempre più utile oggi, man mano che si diffondono informazioni statistiche dettagliate sul lavoro e sulle professioni. La crescita di dettaglio fa pari con quella delle fonti statistiche, legata alla recente integrazione fra fonti amministrative (come Inps o comunicazioni obbligatorie) e campionarie (Labour Force Survey e altro), restituendoci in prospettiva una conoscenza sempre più approfondita della realtà industriale della seconda potenza industriale dell’Unione europea.
Le sorprese messe in evidenza dall’Atlante non sono poche, come si evince dagli studi dei ricercatori dell’Inapp. Un lavoro molto interessante di Andrea Ricci, per esempio, rileva l’esistenza di un premio salariale corposo associato ai green jobs. Il premio si annulla quando si considerano le caratteristiche individuali di coloro che lo svolgono, soprattutto i titoli di studio. Il fenomeno può essere letto come una delle forme del divario tra studi e lavoro (educational mismatch), in quanto il premio salariale riflette la scarsità dell’offerta di competenze green rispetto al crescente fabbisogno. Quest’ultimo a sua volta fa da contraltare alla penalità salariale associata all’eccesso di istruzione (overeducation) dei laureati che hanno titoli più inflazionati rispetto alla domanda.
L’esigenza di supporto tecnico nelle scelte
Lo studio apre la strada a una riflessione sull’utilità pratica dell’Atlante. Dovrebbe essere un valido strumento per tutti coloro che si trovano nel mondo dell’istruzione e della formazione professionale e sono incaricati della definizione dei percorsi formativi più adeguati a soddisfare il fabbisogno del mercato del lavoro.
L’Atlante si annuncia allora come un fondamentale strumento di assistenza tecnica per i politici, a diversi livelli. Per esserlo, però, deve essere pronto a rinunciare a un eccessivo livello di dettaglio. Credo sia utile suggerire che la mappatura si fermi a un grado che consenta di identificare profili professionali abbastanza ampi da soddisfare le esigenze della produzione di diversi settori in ogni regione del paese. Una certa generalità è necessaria, da questo punto di vista.
I profili del lavoro e delle professioni si potrebbero classificare a partire dal modo in cui si possono sviluppare le competenze, seguendo la classificazione beckeriana delle componenti del capitale umano. C’è la componente dell’istruzione che si forma in aula e quella delle competenze lavorative che si formano in azienda, in qualunque azienda per quanto riguarda le competenze generali e in un particolare tipo di azienda per le competenze lavorative specifiche a un certo posto di lavoro. Può essere utile mappare i repertori professionali in funzione dei modi in cui si formano certe competenze costitutive. Questo sarebbe importante da sapere perché potrebbe improntare l’attività dei formatori, non solo di chi si occupa di scuola e università, ma anche di chi si occupa di politiche attive per l’impiego e la formazione professionale. Si creerebbe uno strumento molto utile di dialogo con le imprese.
Nel disegno dei percorsi formativi, il principio duale in tutte le sue manifestazioni (alternanza scuola lavoro, apprendistato, istituti tecnici superiori, dottorati industriali) avrebbe un ruolo fondamentale per assicurare quello che definirei un meccanismo naturale di aggiustamento automatico dell’offerta all’evoluzione della composizione della domanda di qualifiche, per evitare o ridurre al minimo lo squilibrio attuale. Difficile programmare dall’alto la produzione di tutte le competenze richieste dal mercato, soprattutto quelle nuove e che manifestano una dinamica maggiore, senza il supporto dal basso delle imprese che attraverso gli strumenti della formazione duale possono guidare l’evoluzione dell’offerta.
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