La riforma Franceschini riconosce autonomia ai musei, perché possano valorizzare il nostro patrimonio culturale. Acquista così rilievo la figura del direttore, affiancato dal consiglio di amministrazione. Ecco un’analisi dei risultati raggiunti finora.
La riforma Franceschini
La riforma Franceschini del 2014 ha affidato ai musei la responsabilità della valorizzazione del patrimonio culturale. Con la riforma sono stati istituiti (nel 2014, 2016 e 2019) 37 musei e siti archeologici, enti di diritto pubblico con autonomia finanziaria e giuridica, ma con personale dipendente dal ministero e non dal direttore. I direttori dei musei sono nominati per quattro anni, con possibilità di essere confermati per un secondo mandato. Li affiancano consigli d’amministrazione e comitati scientifici, di nomina pubblica, con durata di cinque anni e rinnovabili.
L’autonomia, e la discrezionalità del direttore, sono state molto criticate, come pure la decisione di selezionare i direttori attraverso un bando internazionale. Nel corso del 2019, il ministro della Cultura del governo Conte I, Alberto Bonisoli, ha messo in discussione in diverse occasioni l’utilità dei consigli di amministrazione.
Al termine del primo mandato dei direttori e dopo l’istituzione degli ultimi sette nuovi musei autonomi, ci pare utile riflettere sui primi effetti della riforma e sulla capacità di enti periferici dello stato di esercitare la valorizzazione del patrimonio. In particolare, il dibattito sulla riforma non ha affrontato una questione centrale: il profilo di competenze di chi è chiamato a guidare i musei e a contribuire in modo determinante alla loro trasformazione.
La letteratura manageriale dà invece crescente rilievo alla relazione fra funzionamento degli organi di governo ed efficacia organizzativa nelle imprese e negli enti no profit e suggerisce di prestare particolare attenzione all’impatto della varietà di competenze di amministratori e organi di governo sui risultati (Ruth Rentschler; Chris Cornforth; Francie Ostrower e Melissa Stone; Paola Dubini e Alberto Monti; David H. Zhou e Wei Shen).
Sulla scia di alcune recenti riflessioni attorno alla riforma (Pierpaolo Forte; Lorenzo Casini; Stefano Baia Curioni; Giuliano Volpe; Maria Cristina Pangallozzi; Luigi Leva et al.), abbiamo analizzato i primi 30 musei istituiti fra il 2014 e il 2016.
Le competenze dei direttori e del cda
I curriculum dei direttori sono stati classificati per mettere in evidenza esperienze curatoriali e manageriali pregresse, la nazionalità, l’esperienza all’interno del ministero e quelle internazionali; i curriculum dei membri dei consigli d’amministrazione sono stati classificati e ricondotti a profili di competenza diversi (curatori, controller, manager culturali, persone influenti, esperti) sulla base di una metodologia consolidata (Amy J. Hillman e Thomas Dalziel; Paola Dubini e Alberto Monti). Successivamente, abbiamo creato un indice di eterogeneità di competenze presenti all’interno del consiglio sulla base della varietà di profili presenti in ciascun curriculum e all’interno dei cda. Inoltre, abbiamo considerato la partecipazione del direttore o dei membri del cda a più consigli in ambito culturale. Infine, abbiamo verificato se il capitale umano del direttore e l’interazione fra questo e il mix di competenze presenti all’interno del consiglio di amministrazione fossero correlati alla variazione nel numero di visitatori complessivi tra il 2016 e il 2018.
Il risultato principale è che la varietà di competenze all’interno del cda premia. Maggiore la diversità di profili al suo interno, maggiore l’incremento dei visitatori, anche dopo aver controllato per il genere e l’età dei direttori e il diverso status dei musei, così come attribuito dalla riforma.
Il risultato più interessante riguarda l’interazione tra il capitale umano del direttore e la composizione del board in termini di eterogeneità. La figura 1 riporta sull’asse orizzontale i valori relativi all’indice di eterogeneità dei profili dei membri del cda, che varia da 0 (completa omogeneità dei profili) a 1 (completa eterogeneità dei profili). Sull’asse verticale troviamo intervalli di valori (positivi e negativi) che esprimono la variazione in termini di visitatori nel periodo 2016-2018. La linea rossa e la linea blu indicano rispettivamente l’impatto previsto che un direttore con o senza esperienza curatoriale può avere sulla variazione del numero di visitatori al mutare del grado di eterogeneità del cda. Guardando il grafico, l’impatto di un direttore con esperienza curatoriale diventa positivo in presenza di valori di eterogeneità del board che superino il 60 per cento. Oltre questa soglia, i musei con direttori con esperienza curatoriale hanno un andamento migliore rispetto a musei con direttori che non ne hanno.
Figura 1
Allo stesso modo, possiamo leggere la figura 2 che riporta, rispettivamente con la linea rossa e la linea blu, l’impatto previsto che un direttore con esperienza internazionale o senza tale esperienza può avere sulla variazione del numero di visitatori al variare del grado di eterogeneità del cda. Nel caso di un cda con competenze omogenee, direttori con nessuna esperienza curatoriale o internazionale hanno una performance migliore rispetto ai direttori con tali competenze, anche se l’impatto passa da leggermente negativo per cda omogenei a leggermente positivo per cda eterogenei. Infine, la nazionalità del direttore, di cui tanto si è discusso, non ha un effetto statisticamente significativo sull’incremento del numero di visitatori registrato nel periodo considerato.
Figura 2 – Esperienza internazionale del direttore e varietà di competenze del board
Infine, la molteplicità di incarichi istituzionali (cioè board overboarding, Poonam Khanna et al.) da parte dei membri del consiglio d’amministrazione ha un effetto positivo sull’incremento del numero di visitatori solo in presenza di consigli d’amministrazione omogenei in termini di competenze.
Figura 3 – Board overboarding e varietà di competenze all’interno del board
Seppure in via preliminare, una delle risposte al dibattito sulla nazionalità dei direttori può essere dunque che non conta se il direttore sia italiano o straniero; quello che conta è la sua esperienza internazionale e che questa sia valorizzata nell’interazione con un consiglio di amministrazione che abbia una diversità di profili al suo interno.
I risultati confermano anche la necessità di pensare alla governance dei musei da una prospettiva che contempli la scelta del direttore, del consiglio di amministrazione e la loro interazione alla luce delle competenze che questi organi portano, in modo da valorizzare al massimo il capitale umano del direttore e l’efficacia della sua azione, all’interno di un quadro normativo e di risorse che ne garantisca a pieno l’autonomia e poi ne verifichi i risultati rispetto agli obiettivi.
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