Le bambine ottengono punteggi più bassi dei maschi nei test di matematica. In Italia il divario è particolarmente elevato. Lo si può ridurre attraverso metodologie didattiche di apprendimento attivo e cooperativo, come mostrano i risultati di uno studio.
Il divario di genere in matematica
Le principali rilevazioni nazionali e internazionali sugli apprendimenti indicano con chiarezza che in Italia esiste un divario in matematica particolarmente ampio a favore dei ragazzi rispetto alle ragazze, trasversale a tutti gli ordini scolastici. Rispetto agli altri paesi, l’Italia presenta infatti uno dei più alti divari di genere in matematica, sia a 9 sia a 14 e 15 anni (dati Timms2019 e Pisa2018 – figura 1). Differenze significative si rilevano già a sette anni, ma aumentano con l’età .
Il divario è particolarmente accentuato per coloro che hanno livelli di apprendimento medio-alti ed è responsabile almeno in parte delle differenze di genere nelle scelte scolastiche e universitarie: infatti, le ragazze optano in misura molto minore per le discipline tecnico-scientifiche rispetto ai ragazzi. Ciò contribuisce alla bassa percentuale di donne in alcuni settori del mercato del lavoro e al gap salariale.
Nuove metodologie di insegnamento
La ricerca scientifica si è interrogata sui canali attraverso i quali lo squilibrio si genera e si sedimenta. Tra le cause più importanti ci sono gli stereotipi che, involontariamente, genitori, insegnanti e più in generale la società trasmettono alle bambine. Studi pedagogici sottolineano l’importanza delle pratiche didattiche, evidenziando che quando l’insegnamento si focalizza sulla risoluzione di problemi, coinvolgendo gli studenti in discussioni e dando loro un modello di intelligenza malleabile, il divario di genere può ridursi. Tuttavia, poca o nulla è stata la ricerca volta a identificare un nesso causale tra diverse pratiche didattiche e il divario di genere in matematica.
Un recente progetto prova a colmare questa mancanza, studiando se l’utilizzo di metodologie didattiche innovative possa contribuire a ridurre il divario di genere in matematica. Le attività sono basate sull’apprendimento attivo e cooperativo, e più nello specifico sull’approccio del “Laboratorio di matematica”, una metodologia didattica sviluppata dall’Unione matematica italiana agli inizi del 2000. Elementi fondamentali della metodologia sono il ruolo attivo dell’alunno, l’interazione tra pari, la condivisione di idee, lo sviluppo delle capacità di problem-solvinge problem-posing; si evitano situazioni di pressione e di competitività e gli errori vengono valorizzati come opportunità di apprendimento. Le attività vengono condotte a livello individuale, in piccoli gruppi eterogenei, e collettivamente, attraverso discussioni coordinate dall’insegnante. Si fa inoltre ricorso a tecniche di apprendimento percettivo-motorio che prevedono l’utilizzo di strumenti e materiali (ad esempio, tappi, cannucce, bottoni): i bambini possono manipolarli e muoverli nello spazio, favorendo la comprensione profonda dei concetti matematici.
Figura 2– Esempio di attività con cannucce e bottoni
Fonte: progetto MATHGAP, Università di Torino
La sperimentazione
Per valutare l’efficacia di tali attività didattiche è stata attuata una sperimentazione in 25 scuole primarie della provincia di Torino, coinvolgendo in totale 1.044 allievi e allieve. La sperimentazione è stata condotta con uno studio controllato randomizzato, che rappresenta il metodo scientifico più affidabile per analizzare l’esistenza dell’effetto causale di un intervento.
Ogni scuola ha partecipato al progetto con due classi terze. Una delle due classi è stata assegnata casualmente al gruppo di trattamento e l’altra al gruppo di controllo. Le classi del gruppo di trattamento hanno partecipato ai laboratori, mentre quelle del gruppo di controllo hanno svolto le normali attività didattiche. In ogni classe coinvolta, esperti esterni alla scuola hanno effettuato cinque incontri di 3 ore all’interno dell’orario scolastico, per un totale di 15 ore.
I risultati dello studio sono promettenti: il laboratorio ha avuto un impatto positivo significativo sui risultati delle bambine, senza modificare quelli dei bambini, contribuendo a ridurre il divario di genere del 40 per cento. Il miglioramento è stato concreto e, proprio nelle competenze matematiche delle bambine, non giustificato da un migliore atteggiamento verso la matematica o da una maggiore autostima nello svolgere compiti di matematica.
L’effetto è maggiore tra le bambine con competenze iniziali medio-alte (figura 3). Tuttavia, se analizziamo i dati a parità del livello di partenza, a beneficiare di più dell’intervento sono le bambine con genitori poco istruiti e le bambine immigrate.
Metodologie didattiche di apprendimento attivo e cooperativo possono quindi ridurre il divario di genere nella matematica. Il tema del gender gap in matematica e, più in generale, nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics) suscita grande attenzione in molti paesi, Italia inclusa, e i risultati della nostra ricerca offrono potenziali soluzioni. Ovviamente, la metodologia proposta dovrebbe essere applicata su scala più ampia e diventare parte integrante dell’insegnamento della matematica nelle scuole primarie attraverso una apposita formazione degli insegnanti.
Figura 3– Effetto dell’intervento per bambine e bambini, in base al livello di partenza
Fonte: elaborazioni delle autrici. La figura riporta l’effetto dell’intervento sulle competenze di matematica, al variare delle competenze rilevate prima dell’intervento, separatamente per bambine e bambini, e i relativi intervalli di confidenza al 95 per cento. L’effetto per le bambine aumenta al crescere delle competenze iniziali ed è statisticamente significativo per le bambine con un livello medio-alto. Per i bambini, invece, l’effetto non è statisticamente diverso da zero, indipendentemente dal livello di partenza.
* Questo articolo è apparso in contemporanea su InGenere.
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Belzebu'
Non sono d’accordo. Chi necessita di un laboratorio di matematica difficilmente saprà usarla, ancorchè con megalaurea in matematica. Puoi arrivare alla laurea ma non avrai mai l’abilità analitica innata.
Roberto S.
Bah, mi pare un articolo e un progetto con conclusioni un po’ fuffose. Certo, cucinando opportunamente i dati si può dimostrare tutto. Tuttavia, proprio riferendomi al grafico PISA, mi domando che che cosa abbiano di speciale i metodi e i contenuti d’insegnamento (o forse i neuroni degli studenti?) in Israele, Norvegia e negli altri Paesi con valori “negativi” ma anche in quelli molto più vicini allo “zero”. I dati PISA potrebbero certo essere “artefatti” dai Paesi “virtuosi” (perbacco, un gomblotto!), ma se ingenuamente escludiamo ciò, può bastare andare a avedere quello che fanno nel range Islanda-Canada e tirare fuori un qualcosa di fattibile e possibile, senza inventarsi e sperimentare chissà che, E cominciando dai tre anni di eta e per tutte le elementari, cioè in quella fascia d’età in cui c’è maggiore effervescenza e apertura anche tra gli insegnanti. Sperando che poi i “boccioli” non appassiscano più avanti nel percorso scolastico, se non riformato anch’esso. E mai intaccando, per carità, il “diritto allo studio”, che è sinonimo di “diritto alla promozione”.
Vincenzino
Le ragazze optano meno per le materie tecnico-scientifiche perché optano per quelle umanistiche. Si faranno anche dei laboratorio per far si che più maschi si iscrivano in facoltà storico-filosofico-letterarie?