I sindaci che arrivano dal mondo imprenditoriale affermano spesso di voler amministrare il loro comune come un’azienda. Intento che spesso evapora davanti a decisioni in conflitto di interesse con la loro attività. E Venezia ne è un caso emblematico.
Imprenditori che scendono in campo
Il conflitto d’interessi non interessa molto né ai politici né ai cittadini. È un argomento che, invece, appassiona pratici e teorici del diritto commerciale. E quando c’è un imprenditore che si dedica alla politica, uno che vuole gestire la cosa pubblica come fosse un’azienda, viene da immaginare che cosa succederebbe se, davvero, quel politico stesse amministrando una società per azioni.
Per esempio, Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia dal 2015, è anche un imprenditore di successo. Le sue fortune si legano inizialmente a Umana, società di lavoro interinale. I suoi investimenti successivi, però, sono tutti, o quasi, intorno a Venezia.
La disciplina del conflitto di interesse nelle società
Il conflitto d’interessi degli amministratori di Spa è disciplinato dall’art. 2391 cc, che prevede che chi di loro abbia un interesse in una determinata operazione debba dare ampia informazione al consiglio di amministrazione; la deliberazione deve essere motivata con riguardo a “le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione”. L’amministratore interessato può votare ma, se il suo voto è determinante, la deliberazione è annullabile, se potenzialmente dannosa per la società. L’amministratore, anche se la deliberazione non è stata né impugnata né annullata, risponde comunque dei danni causati dall’atto.
L’esempio classico è quello della società che decide l’acquisto di un bene di proprietà di un amministratore: può farlo, ma solo se vi è piena informazione da parte dell’amministratore e adeguata motivazione in ordine all’acquisto. Se l’amministratore interessato si astiene, la deliberazione favorevole diventa inoppugnabile. Se invece vota, e il suo voto è determinante, la deliberazione è annullabile se, seguendo l’esempio, il prezzo è eccessivo.
L’interesse dell’amministratore può essere in conto proprio (vantaggio per sé, per i suoi familiari più vicini, per esempio; rilevano anche le società controllate dall’amministratore) o per conto terzi: per esempio, la società di cui non sia socio, ma amministratore.
Le scelte della giunta veneziana
Come è stato di recente documentato, il comune di Venezia si è spesso trovato a decidere questioni che interferiscono in qualche modo con la posizione di Brugnaro privato cittadino.
Un caso interessante, perché non così evidente, è dato dalla kermesse recentemente organizzata da Dolce&Gabbana. Tra gli eventi programmati vi era una sfilata in piazza San Marco, una festa all’Arsenale e, tra le concessioni, vi è stata la sospensione di una fermata del trasporto pubblico, ancorché per breve tempo. Contestualmente, D&G hanno preso in locazione anche la Scuola Grande della Misericordia, in concessione a una società del sindaco.
Se il comune fosse stata una Spa, prima di concedere l’uso di piazza San Marco e determinare il canone (euro 500 mila, pare), l’amministratore interessato avrebbe dovuto illustrare il proprio “interesse” nell’operazione: avrebbe dovuto descrivere con precisione il suo interesse nel “pacchetto” offerto a D&G, come l’affitto della Scuola della Misericordia, così da consentire alla giunta o al consiglio di avere i termini della questione, anche in relazione alla congruità del corrispettivo. Da quanto risulta dalla (unica) deliberazione della giunta al riguardo, il sindaco si è limitato a non partecipare alla seduta. Diversamente era accaduto nel consiglio comunale del 1° luglio 2021 che approvò l’accordo con il gruppo Setten, sponsor principale della squadra Reyer (di proprietà di Brugnaro): in quel caso, infatti, la sua partecipazione era necessaria per garantire il quorum costitutivo, e infatti partecipò e votò a favore.
Il conflitto di interesse negli enti locali
Il conflitto d’interessi degli amministratori locali, tra cui sindaco, assessori e consiglieri comunali, è invece disciplinato dall’art. 78 Tuel, che prevede che questi, come tutti gli amministratori locali, debbano “astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado”. Per il Consiglio di stato, l’obbligo di astensione si applica “in tutti i casi in cui (…) [l’amministratore] non si trovi in posizione di assoluta serenità rispetto alle decisioni di natura discrezionale da adottare; in pratica il dovere di astensione s’impone all’amministratore ogni volta che, incidendo l’atto da adottare in senso vantaggioso o svantaggioso su un suo interesse, vi sia il pericolo che la volontà dello stesso non sia immune da condizionamenti, con conseguente invalidità della delibera adottata con il suo concorso”. L’amministratore “deve quindi astenersi al minimo sentore di conflitto di interessi, reale o potenziale che sia”; e si precisa che “le ipotesi di astensione obbligatoria non sono (…) tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative di circostanze che mutuano l’attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo”.
Nella società per azioni, l’amministratore avrebbe dovuto illustrare il suo interesse e poi avrebbe potuto votare; nel comune, con ogni probabilità, il sindaco non avrebbe dovuto affatto votare e neppure partecipare alla discussione. Ma che dire degli assessori? In una Spa, anche gli amministratori la cui nomina e revoca dipendesse da un determinato membro (com’è per gli assessori rispetto al sindaco) avrebbero molto probabilmente un interesse rilevante per conto di chi avesse tale potere (si noti che non esiste, nella Spa, una situazione in cui un amministratore ha, in quanto tale, il diritto di nominare e revocare altri amministratori; ma se vi fosse, sarebbe difficile negare il conflitto); dunque, forse la stessa regola varrebbe per gli assessori, cui si comunicasse il (o che fossero a conoscenza del) conflitto d’interessi del sindaco.
Il sindaco di Venezia ha, peraltro, perfettamente presente il problema degli interessi personali. Ha creduto di poterlo risolvere mediante la costituzione di un trust che, secondo lui stesso e lo studio legale che se ne è occupato, è “blind”, con la conseguenza che tutti questi interessi diverrebbero irrilevanti. L’atto di costituzione non è noto al pubblico; parrebbe comunque che i proventi del medesimo vadano a favore della famiglia di Brugnaro. È, dunque, quanto mai improbabile che il trust faccia venir meno l’interesse del sindaco nelle molte operazioni che vengono deliberate dalla giunta.
Una soluzione drastica
Ma, dunque, come fare se un sindaco è in conflitto, e deve astenersi, e del pari deve astenersi anche tutta la sua giunta? Il comune è condannato all’immobilità? Attualmente, l’unica soluzione parrebbe essere quella della nomina di un commissario ad acta che assuma la decisione al posto della giunta. In prospettiva, si potrebbe discutere dell’opportunità di consentire la devoluzione della decisione al consiglio comunale, come accade per certe operazioni in cui l’intero consiglio di amministrazione di una società è strutturalmente in conflitto e si chiede all’assemblea (con esclusione del socio di maggioranza) di pronunciarsi. I consiglieri comunali sono eletti senza vincolo di mandato e il sindaco non li “controlla”, come fa con gli assessori. Si dovrebbe solo verificare, caso per caso, se quello specifico consigliere abbia un interesse rilevante, in proprio o in relazione agli interessi del sindaco.
Il meccanismo non può, però, funzionare se il conflitto è sistematico. Qui la disciplina delle Spa non aiuta neppure come fonte di ispirazione. Se gli interessi sono così pervasivi da interferire continuamente con le decisioni di governo, la risposta al problema dovrebbe trovarsi in una compiuta disciplina del conflitto di interessi, che impedisca a chi sia titolare di interessi rilevanti di assumere una carica pubblica.
Si ringrazia Luca Enriques per i suggerimenti.
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Vittorio Rosa
I miei più vivi complimenti all’avv. Andrea Zorzi, analisi completa e lucida del conflitto del nostro Sindaco. La soluzione potrebbe rinvenirsi in una presa d’atto dello stesso capo dell’amministrazione veneziana, volta a fare un passo indietro e mandare la Città a nuove elezioni.
Vittorio Rosa
Michele Pin
Mi sembra che questo intervento sia semplicemente un attacco politico.
L’analogia con la SPA si potrebbe fare con qualsiasi altra istituzione: dalle università, alla nazionale di calcio.
Insomma per la serie se mia nonna avesse le ruote sarebbe una cariola.
aldo mariconda
L’articolo fa un quadro ineccepibile dal punto di vista giuridico e non ho la competenza per commentarlo. Io credo che l’imprenditore o il dirigente d’azienda, se non entra in conflitto d’interesse, possa dare un contributo in termini di efficienza/efficacia sia quanto alla gestione della macchina comunale dalle strutture amministrative ai vigili urbani, e soprattutto delle aziende partecipate che troppo spesso sino gestite con criteri politici rivolti all’acquisizione del consenso, o strumento per sistemare i propri supporter nei C.d.A. o ai vertici, oppure ancora con una debolezza vs. i sindacati. P.es., nel TPA – e mi riferisco ai contratti nazionali -il dipendente ACTV di Venezia e comunque di un’azienda pubblica ha stipendi superiori al collega del privato e orari di lavoro assai più ridotti, quindi così si ga una gestione più attenta ai dipendenti e al loro consenso che al cittadino utente. Una conferma viene propruo da Venezia. I vaporetti ciontinuavano a girare vuoti in periodo di lock-down pur con orario invernale. Data l’età media avanzata di noi veneziani sembravano la barca di Caronte. Ritornata la grande ondata dei turisti da giugno di quest’anno, l’orario è stato mantenuto fermo e si viaggia stipati come sardine in barba al Covid e spesso dei passeggeri nion riescono a salire a bordo. Una gestione più attenta all’utente avrebbe scelto un po’ di cassa integrazione, riducendo il servizio nei tempi critici, e aumentando le corse successivamente.
Poi gli eventuali scandali e/o comunque il comportamenton di Brugnaro saranno forse oggetto di esame dei magistrati. Secondo DOMANI, il blind trust sarebbe una presa in giro, perché di americano avrebbe soltanto il nome ma dentro ci sarebberon soltanto uomini fedelissimi al Sindaco. Ma non è un problema dell’imprenditore o del manager sindaco; ma di correttezza.