Il diritto a scegliere invocato dai no-vax ha un prezzo. Compromette il diritto di tutti ad avere un sistema sanitario funzionante. Soprattutto, rischia di riaprire la crisi delle terapie intensive, quelle che fanno la differenza tra vivere e morire.
Le conseguenze del diritto di scelta
Il cavallo di battaglia no-vax – il principio fondamentale al quale si appellano – è che non può essere messo in discussione il diritto di ogni singola persona di scegliere se vaccinarsi o meno.
Ma, numeri alla mano, è immediato mostrare che, nonostante i non vaccinati rappresentino solo il 14,6 per cento della popolazione con più di 12 anni, la loro scelta ha già oggi conseguenze per la tenuta del sistema sanitario. Conseguenze che plausibilmente sono destinate ad aggravarsi nel giro di poche settimane. In altre parole, il loro diritto a scegliere confligge – nei fatti, non in teoria – con il diritto di tutti ad avere un sistema sanitario funzionante.
I reparti di terapia intensiva sono la prima linea del sistema sanitario. Vi vengono ricoverati i pazienti che non potrebbero sopravvivere altrove, poiché le malattie acute di cui soffrono mettono a rischio la loro vita. Non sorprende che fin dall’inizio della crisi Covid-19 l’attenzione sia stata altissima soprattutto sulla tenuta di questi reparti, essenziali per la sopravvivenza delle persone colpite dal virus in forma acuta oltre che per quella delle persone affette da altre patologie. Tratta dall’ultimo aggiornamento dell’Istituto superiore di sanità, la riga 2 della tabella 1 riporta il numero di ingressi nei reparti di terapia intensiva, distinto per stato vaccinale, nell’arco del periodo 8 ottobre-7 novembre. La riga 3 riporta il tasso di ingresso (per centomila abitanti) per fascia di età, osservato sui non vaccinati (è il rapporto tra riga 2 e riga 1, moltiplicato per 100mila). Per confronto, la riga 4 riporta il tasso di ingresso in terapia intensiva (per centomila abitanti) osservato sui vaccinati con ciclo completo.
Le colonne dalla seconda alla quinta della riga riportano il numero di ingressi in terapia intensiva che si sarebbe osservato sui non vaccinati se si fossero vaccinati: è ottenuto applicando al numero di non vaccinati in riga 1 il tasso di ingresso in terapia intensiva dei vaccinati in riga 4.
Se tutti si fossero vaccinati, nel mese considerato avremmo avuto 260 ingressi in terapia intensiva invece dei 662 effettivamente osservati: il 60 per cento in meno. Peraltro, se i non vaccinati si fossero vaccinati, la circolazione del virus sarebbe stata inferiore, per cui anche il tasso di ingresso in terapia intensiva dei vaccinati sarebbe risultato inferiore. Pertanto, nello scenario “tutti vaccinati” il numero di ingressi in terapia intensiva sarebbe stato probabilmente inferiore a 260.
Il ritorno dell’esponenziale
La figura 1 riporta l’andamento giornaliero del numero totale di ricoverati in terapia intensiva a partire dal 1° novembre. L’asse verticale è in scala logaritmica: il buon adattamento ai dati della retta interpolante significa che il numero totale di ricoverati in terapia intensiva cresce secondo una legge esponenziale. Nulla di nuovo: è la legge che governa la crescita di tutti i numeri del Covid-19, all’opera da fine febbraio 2020. La pendenza della retta interpolante corrisponde a un tempo di raddoppio del numero totale di ricoverati in terapia intensiva pari a circa 38 giorni. Per memoria, lo scorso anno alla stessa data il tempo di raddoppio era pari a circa 20 giorni.
Utilizzando questo tempo di raddoppio, la colonna 2 della tabella 2 riporta la progressione del numero di ricoverati in terapia intensiva fra 38, 76 e 114 giorni, partendo dal numero di ricoverati in quel reparto del 21 novembre (520). Questi numeri sono ottenuti nell’ipotesi che rimangano invariati:
- il numero di vaccinati e non vaccinati
- il tasso di ricovero in terapia intensiva dei vaccinati e dei non vaccinati
- il tempo di raddoppio, cioè la velocità di diffusione del contagio
- le misure di contenimento del contagio, ad oggi quelle previste in zona bianca.
In questo scenario, già a Natale il numero di persone in terapia intensiva supererebbe il migliaio; a Carnevale saremmo oltre le duemila; al 15 marzo i ricoverati in terapia intensiva sarebbero 4.160, pari quasi al massimo toccato nelle precedenti tre ondate.
La colonna 3 della tabella 2 riporta la progressione che avremmo se tutti fossero vaccinati. È ottenuta riducendo del 60 per cento il numero di ricoverati in terapia intensiva al 21/11: è il fattore di riduzione visto poco sopra per gli ingressi in terapia intensiva nel periodo 8/10-7/11. A parità di durata della permanenza in terapia intensiva, lo stesso fattore di riduzione si applica anche al numero totale di ricoverati nel reparto. Applicando a questa condizione iniziale – 208 ricoverati in terapia intensiva – lo stesso tempo di raddoppio di 38 giorni, si ottiene la progressione in colonna 3.
L’effetto della (ipotetica) vaccinazione dei non vaccinati sull’andamento nel tempo è palese: nello scenario “tutti vaccinati”, si arriverebbe alle soglie della primavera con un numero di ricoverati in terapia intensiva alto – 1.664 – ma molto inferiore ai massimi toccati negli scorsi venti mesi e, soprattutto, compatibile con la tenuta del sistema.
Può sembrare controintuitivo che un numero relativamente piccolo di non vaccinati faccia tutta questa differenza, dopo tutto sono solo il 14,6 per cento della popolazione 12+. Ma la spiegazione è semplice:
- i non vaccinati hanno tassi di ingresso in terapia intensiva molto superiori ai vaccinati: 7,3 volte più elevato tra gli 80+, fino a 30 volte più elevato nelle fasce più giovani (vedi tabella 1).
- la forte differenza nei tassi di ingresso in terapia intensiva dà luogo a condizioni iniziali molto diverse nei due scenari: il numero di ricoverati in terapia intensiva osservato al 21/11 è ben oltre il doppio del numero che avremmo avuto alla stessa data se tutti fossero stati vaccinati.
- la differenza nelle condizioni iniziali combinata all’andamento esponenziale della crescita dà luogo agli esiti documentati in tabella 2.
Il diritto a scegliere liberamente invocato dai no-vax ha un prezzo: mette concretamente a rischio il diritto di tutti ad avere un sistema sanitario funzionante. In particolare, rischia di riaprire la crisi della prima linea del sistema sanitario, le terapie intensive: il nodo del sistema che fa la differenza tra vivere e morire.
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Savino
Fino ad oggi un cittadino vaccinato spontaneamente è stato trattato con restrizioni come un cittadino di serie inferiore mentre con un semplice tampone dal valore effettivo di 6-7 ore si è fatto il comodo proprio; ormai questa è diventata la società dei diritti senza i doveri.
Marco
Le sue tabelle sono sicuramente esemplari, ma se dovessimo ragionare da meri punti di vista statistici e matematici la complessità della società e del vivere democratico verrebbero distorti in modo impensabile. Lei mette in secondo piano, anzi, non considera proprio, conquiste del mondo civile moderno , e quel “tutti vaccinati” ripetuto più volte quasi mi fa rabbrividire, visto che tutti vuol dire tutti. Mi piacerebbe si incominciasse ad analizzare dati sui decessi no covid, sull’aumento della mortalità fetale (https://www.bbc.com/news/uk-scotland-59347464), e a fare ragionamenti di carattere socioeconomico sul sistema welfare di uno stato. Grazie
Enrico Rettore
La posizione no-vax: 1) il loro diritto di scegliere è l’unico che necessita tutela in questa circostanza e 2) la loro scelta di non vaccinarsi è priva di ricadute su tutti gli altri. Io ho solo mostrato che si sbagliano: ci sono altri diritti da tutelare; la loro scelta ha conseguenze potenzialmente gravi per tutti.
Qualewelfare
L’articolo è fatto bene. Tuttavia, analogamente potremmo dire che la rivendicazione e l’esercizio del diritto di “fare vita normale” (andare al ristorante, bar, feste, discoteca, eccc..) da parte dei vaccinati, che nelle ipotesi formulate sopra porterebbe a circa (vado a spanne eh..non mi soffermo sulle decine) 1500 TI tra i vaccinati in primavera produce conseguenze e costi notevoli per la comunità.
Questo per dire che, al di là della polemica sterile, ormai ideologica e strumentale su no vax si vax ni vax forse vax, la pandemia non può essere combattuta solo col vaccino.
Anche perchè, che ci piaccia o meno, la tutela dei diritti di alcune minoranze ha a volte costi rilevanti per la collettività: d’altronde oltre all’economia c’è il diritto e quella cosa che si chiama Costituzione, che qualche norma sul punto la contiene, specie nel caso in oggetto, poichè stiamo parlando di vaccini ad “autorizzazione condizionata” da parte di EMA, immagino sappia bene di cosa si tratta…no?
Enrico Rettore
‘In risposta a minacce per la salute pubblica come l’attuale pandemia, l’UE dispone di uno strumento normativo specifico per consentire la rapida messa a disposizione di medicinali da utilizzare in situazioni di emergenza. In tali situazioni di emergenza, la procedura di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (CMA) è specificamente concepita per consentire una autorizzazione il più rapidamente possibile, non appena siano disponibili dati sufficienti. La procedura CMA fornisce all’UE un solido quadro per l’approvazione accelerata e per la sicurezza, le garanzie e i controlli post-autorizzazione.’ (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_20_2390).
L’alternativa all’autorizzazione condizionata quale sarebbe stata? Per memoria, lo scorso anno tra 1/10 e 25/11 abbiamo avuto 16134 decessi, oltre ad un ampio ricorso a zone rosse ed arancioni; quest’anno, pari data, 2565 decessi e zona bianca ovunque.
Di costituzione meglio parlino i costituzionalisti, non io. Osservo che autorevoli costituzionalisti ritengono tutti i provvedimenti adottati fin qui compatibili con la costituzione.
QualeWelfare
Ed ecco anche l’altra risposta. In sintesi.
* circa l’autorizzazione condizionata: sì, grazie, io so benissimo cos’è, ed è ovvio che EMA scriva sul suo sito che il vaccino è sicuro ed efficace (può immaginare il contrario? ). Tuttavia, temo non abbia messo bene a fuoco di cosa si tratta.
Ci sono due punti rilevanti: L’autorizzazione condizionata si differenzia dall’autorizzazione all’immissione in commercio ordinaria, perché viene rilasciata SULLA BASE DI DATI – perlopiù dati clinici – MENO COMPLETI completi di quelli richiesti nella procedura ordinaria. È detta condizionata, in quanto subordinata all’adempimento di obblighi specifici da parte del richiedente e non destinata a rimanere condizionata a tempo indeterminato.
Quale contro-bilanciamento alla presenza di dati meno completi di quelli ordinariamente richiesti, il legislatore Europeo ha previsto che la procedura autorizzativa in esame possa essere utilizzata esclusivamente nel caso in cui siano verificati i requisiti elencati dall’art. 4 Regolamento(CE) 507/2006: a) il rapporto RISCHIO/BENEFICIO del medicinale risulta positivo; b..c..; d) i BENEFICI per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il RISCHIO inerente.
Considerata l’incompletezza dei dati, il cruciale criterio rischio/benefici e il formidabile gradiente di mortalità per età del COVID (veda altra mia risposta sotto) sarebbe a mio avviso ragionevole – come infatti raccomanda l’OMS (si veda sul punto anche Report puntata del 29.11) – indirizzare i vaccini agli inidivui a RISCHIO più elevato rispetto al COVID e per il quali il BENEFICIO del vaccino è realitsicamete positivo (over 60, fragili, ecc).
In questo quadro il suo punto circa “L’alternativa all’autorizzazione condizionata quale sarebbe stata?” è mal posto: il punto decisivo non è infatti l’autorizzazione condizionata per se stessa, bensì lo spazio che in un contesto democratico deve esistere per una discussione razionale e infomata circa la legittima volontà di non vaccinarsi (che può dipendere da età, tipo di lavoro, stili di vita, ecc) nonchè le perplessità circa la vaccinazione per giovani e bambini, e diritto connesso di non vaccinarsi di cui lei vorrebbe dimostrare l’infondatezza (cfr. mia precedente risposta sotto).
Conosco a memoria le cifre dell’anno passato – perlatro determinate dalla volontà di tenere tutte le attività aperte fino al 15.10 quando l’incremento esponenziale si erà già avviato – e non vedere le alternative è miope. Ad esempio, mentre il vaccino riduce il rischio di contagio di circa 7 volte, stare all’aria aperta riduce il rischio di contagio rispetto al chiuso di circa 20 volte (trova facilmente online la letteratura rilevante); dunque un paio di proposte: 1. VIETARE QUALSIASI ATTIVITA’ AL CHIUSO SENZA MASCHERINA (caso tipico, ristoranti bar e palestre, almeno per dei periodi); con alternativa in salsa liberale: 1A. CONSENTIRE ATTIVITA’ AL CHIUSO LANCIANDO PERO’ CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE: “SE STAI AL CHIUSO SENZA MASCHERINA LO FAI A TUO (E DEGLI ALTRI) RISCHIO E PERICOLO”; 2) mascherine FFP2 obbligatorie in TUTTI gli SPAZI CHIUSI.
D’altronde li avrà visti anche lei no, gli over60 affollati nei ristoranti durante la folle zona gialla prenatalizia l’anno scorso…? ecco, si chieda quanti son finiti in ospedale, TI o al camposanto.
Come per tutte le politiche pubbliche, la gestione della pandemia deve avvalersi di varie strategie, purchè ben disegnate e soprattutto finalizzate davvero al contrasto della pandemia e alla preservazione della salute pubblica in tutti i suoi aspetti, compresi i rischi derivanti dal vaccino.
michele
Si tratta di numeri che sono già ricompresi nella bilancia costi/benefici, al pari dei decessi dovuti a fattori soggettivi delle persone decedute per (con)causa del vaccino. Bisogna semplicemente accettare che i vantaggi sono enormemente maggiori degli svantaggi. Per fare un paragone: la cintura di sicurezza in auto causa danni alle persone, in alcuni casi la morte (pensiamo al caso di persone cadute in fossi pieni di acqua che annegano perché non riescono a slacciarla) ma va usata perché il rischio residuo è molto inferiore ai benefici
Dario Donà
Io mi sono vaccinato appena possibile, perché ci tengo alla mia salute. E non voglio pensare sul sistema sanitario . Però mi aspetto che i provvedimenti come green pass e restrizioni varie vengano applicate anche a fumatori, bevitori e a quelli che non usano le mascherine nelle città ad alto inquinamento .
Marco M.
Incuriosito dal testo del lettore ho letto l’articolo BBC Scotland sull’aumento della mortalità fetale. Ma non riesco a capire come sia connettibile con la semeplice ma chiara statistica sulla correlazione fra vaccinazione, Covid-19, e ricoveri in Terapia intensiva.
La logica della evocazione della causalità fra eventi ha ancora delle regole da rispettare.
Evento: in Scozia è stato rilevato un aumento della mortalità infantile. Delle ragioni non vi è, al momento evidenza, ma supposizioni. La presensa e diffusione del Covid nella società ha effetti di “salute pubblica”, fra cui tasso di mortalità infantile. Indi per cui: B) poco diffuso Covid, si torna mortalià infantile precedente. B) capire, se possibile, la relazione fra Covid e comportamenti partorienti.
Luca
Il ragionamento proposto ha una sua logica, ma andrebbe esteso anche ad altre patologie conseguenti, ad esempio, a cattivi stili di vita. Perché allora non vietare il fumo, considerato che i fumatori hanno certamente una più elevata probabilità di riscontrare problemi respiratori e, quindi, di finire in terapia intensiva? Se l’obiettivo è limitare la pericolosità del virus (visto che sulla contagiosità anche i vaccini possono poco), perché non investire in modo altrettanto generoso anche nella ricerca sulle cure, oltre che sui vaccini? Perché non ragionare anche sulla saturazione dei posti letto in terapia intensiva, che al momento è ancora ampiamente sotto controllo? O perché non ricordare come tanti Regioni dall’inizio della pandemia abbiano fatto pochissimo o quasi nulla per aumentare i posti di terapia intensiva e prepararsi dunque ad affrontare l’eventuale recrudescenza del contagio. Il problema è complesso e non si può pensare di risolverlo solo vaccinando il 100% degli italiani. Ma soprattutto, è gravissimo che lo Stato scarichi sui cittadini la responsabilità di una scelta che esso stesso riconosce come del tutto legittima. Lasciare la libera scelta e, di fatto, contrastarla con ogni mezzo possibile, alimentando al contempo odio sociale tra vaccinati e non vaccinati, ritengo sia un comportamento ipocrita ed eticamente grave per un Governo di un Paese democratico e civile.
Enrico Rettore
La ricerca di cure è in corso. Per uno di questi è già in corso la procedura per l’autorizzazione alla messa in commercio.
Le terapie intensive sono l’ultima risorsa quando tutto il resto ha fallito, non sono una spa. Il vaccino invece previene i guai. Non c’è partita tra le due opzioni.
Sull’odio sociale potremmo discutere all’infinito, meglio evitare. Ma il punto che mi premeva mettere in luce è la infondatezza della posizione no-vax sul diritto di scegliere: è solo uno dei diritti da tutelare, non l’unico, e forse nemmeno il più importante. Riconoscerlo sarebbe già un gran passo avanti verso una discussione meno velenosa.
qualelwefare
E ritiene davvero di poter dimostrare , cito: “l’infondatezza della posizione no-vax sul diritto di scegliere” portando dati scientifici…? …l’adagio “conoscere per ben deliberare” non comporta che se conosciamo allora la via da prendere è una e soltanto una.
Credo che la premessa per una discussione meno velenosa sia piuttosto rispolverare David Hume e distinguere tra giudizi di fatto e giudizi di valore: nessun dato scientifico, per quanto solido, ci potrà mai dire ciò che DOBBIAMO fare.
Il contrasto alla pandemia rappresenta di fatto, una politica pubblica, meglio richiede l’attivazione di diverse politiche pubbliche e la strategia da sviluppare deve necessariamente contemperare le considerazioni sanitarie con quelle – senza pretesa di esaustività – etico-morali, giuridiche, politiche in senso stretto, amministrative, economiche eccc… O perlomeno richiederebbe di esplicitare le proprie premesse di valore: economy First, health Second, poi tutto il resto se capita ?
Dissentirei in pieno, ma almeno i fondamenti del suo ragionamento che non vede altre alternative (dopo replico anche alla sua risposta al mio commento) sarebbero chiari a tutti. Tra l’altro, se osserviamo la crisi pandemica attraverso il prisma multidimensionale di cui sopra, e nel quadro di un ordinamento democratico, è ovvio che non possa emergere un’unica visione condivisa su “ciò che si deve fare” nè tantomeno sulla fondatezza dei diritti di una parte o dell’altra, ci mancherebbe. Ci pensi, scienza ed etica pubblica si parlano, ma si sovrappongono solo negli “stati etici”, appunto….è quello a cui vogliamo puntare? non credo..
Enrico Rettore
1) ‘…nessun dato scientifico, per quanto solido, ci potrà mai dire ciò che DOBBIAMO fare…’. Giusto, sono d’accordo. Ma… Se i no-(riempire a piacere) ne facessero solo una questione di principio, la discussione con loro avverrebbe su questo piano. Solo che almeno i più svegli tra loro si rendono conto che il loro diritto a scegliere è **solo uno** tra i diritti da tutelare, **non** l’unico.
E allora, per rafforzare la loro posizione, dopo aver invocato tutti i Sacri Principi iniziano ad infilare di soppiatto nel discorso presunte evidenze che dimostrerebbero la scarsa (o nulla) efficacia del vaccino. Con esiti esilaranti, se non fossero tragici.
L’ultimo che mi ha colpito qualche sera fa in uno dei tanti salotti televisivi, l’avvocatessa che sta raccogliendo firme per il referendum contro il GP. Ha detto più o meno che ‘il fatto che ci siano decessi e ricoveri tra i vaccinati dimostra che i vaccini non servono’. Svariati secoli di accumulo di sapienza scientifica bruciati in due secondi.
2) ‘…Il contrasto alla pandemia rappresenta di fatto, una politica pubblica, meglio richiede l’attivazione di diverse politiche pubbliche…’. Ripeto la domanda che ho già fatto qui sopra: a dic. 2020 con un vaccino pronto in mano, cosa si sarebbe dovuto fare? Attivare quali politiche con quali tempi? Leggerei volentieri studi seri – non aneddoti, plìz – che mostrino l’efficacia delle fantomatiche terapie alternative. Se me li segnala, prometto che li leggo.
QualeWelfare
1. mi perdoni, ma lei ascolta ancora le discussioni nei salotti tv? mah… e poi chi sarebbero i “loro” a cui si riferisce? i negazionisti del covid? o quelli che pensano che la mortalità da covid va comunque studiata e analizzata in dettaglio (veda sotto)? i negazionisti tout court dell’efficacia del vaccino o quelli che, ormai è cosa nota anche sulla stampa nazionale dunque si può dire, dopo 6 mesi la protezione contro il contagio è al 40% e dunque – come riporta un bell’articolo sul corriere di domenica – non è realisticamente ipotizzabile di rivaccinare l’intera popolazione ogni 5 mesi? (..senza considerare i possibili effetti di medio-lungo periodo dei vaccini mRna, lei ha per caso dati su questo cruciale punto?) ; continuo, i “loro” sono quelli che sono contrari al GP tout court o quelli contrari al GP a pagamento (!) per recarsi al lavoro(!) che è cosa completamente diversa dal GP per andare al ristorante…..
come già dicevo, i dati non ci dicono cosa dobbiamo fare, ma buone politiche pubbliche non prescindono dai dati e, assieme a questi, da un fine spacchettamento dei problemi. Per questo le suggerisco di evitare gli show tv e il livello, pietoso, da una parte e dell’altra degli stessi..
Stesso discorso circa “le cure” e il rapporto con i vaccini: l’analisi non può essere così superficiale e generica; va contestualizzata rispetto alla mortalità da covid. Mi spiego.Puntare sul vaccino per chì?
Per gli over 65 tra cui si concentra il 97% (!!) dell’ “eccesso di mortalità”* (dati ISTAT) (prevalentemente da covid per ovvie ragioni) dall’inizio della pandemia? Mi pare una scelta sensata. (* è noto che l’eccesso di mortalità è l’unico indicatore in grado di valutare, con buona approssimazione, l’impatto della pandemia sui decessi)
Scendere fino agli over-60 in linea con le raccomandazioni OMS o anche i 50enni in cui si concentra il rimanente 3% dell’eccesso di mortalità? Direi che ci può stare.
Vaccinare i 40enni nonostante nel 2020 e primi mesi 2021 (poi c’è il vaccino dunque non è comparabile) il numero di morti totali sia stato INFERIORE a quello dei cinque anni precedenti? (sempre dati ISTAT) Diciamo che possiamo parlarne, anche se non mi pare un’eresia dubitare che abbia senso.
Vaccinare i 30enni, i 20enni, i bambini, fasce in cui la mortalità è diminuita rispetto alla media 5 anni precedenti, con un vaccino ad autorizzazione condizionata? Mi permetta di dubitare anche un po’ di più. Questa la fonte dati su excess mortality: https://www.istat.it/it/archivio/258463
Sul resto veda sopra la mia risposta
michele
Semplice: il fumo o lo stile di vite non sono scelte che producono effetti contagiosi. Certo c’è il fumo passivo ma di certo il tumore ai polmoni non è contagioso. Inoltre si tratta di rischi che non hanno ancora una causa certa: il fumo non implica automaticamente il cancro, mentre l’esposizione al virus è causa cera della malattia. Poi c’è il fatto che, chi fuma, si assume volontariamente il rischio, ma questo, per i motivi detti sopra, non implica che tale rischio si propaghi a chi non lo ha scelto.
Claudia
Qui si dovrebbe cominciare a parlare anche di libertà di scelta del tipo di trattamento alla vaccinazione antiCovid: perchè insistere così accanitamente con la somministrazione di vaccini a tecnologia mRNA (Pfizer e Moderna, in pratica quelli proposti negli Hub vaccinali), quando l’Unione europea ha considerato anche altri vaccini che la ricerca sta producendo, quali quelli “tradizionali” a virus inerte e intero (quindi senza interventi genetici sullo stesso)?
Qualcuno considera la necessità di proporre più alternative possibili come questa: https://www.wired.it/article/covid-19-vaccino-valneva-europa/
Enrico Rettore
Ben venga una nuova opzione, ci mancherebbe. Ma valneva arriva adesso… Come ho scritto nel commento qui sopra, a fine dic. 2020 cosa si sarebbe dovuto fare? Bloccare tutto in attesa dello sviluppo di un ampio menù di vaccini?
Fabio Rosi
L’articolo è ben fatto ed è chiaro nelle sue conclusioni: se tutti fossero vaccinati, i posti in terapia intensiva sarebbero molti meno.
Peccato però, come hanno messo in evidenza alcuni lettori, che la premessa sottintesa all’articolo stesso, sia MOLTO discutibile e se fosse essa stessa errata, genererebbe numeri MOLTO diversi.
La premessa di fondo è che il virus SARS-CoV-2 si possa combattere SOLO con i vaccini e soprattutto con vaccinazioni ripetute e frequenti per via della efficacia ridotta nel tempo dei vaccini stessi.
Questo ha portato lo stato italiano ha imporre lockdown all’inizio della pandemia e ha spendere miliardi per comprare i vaccini (e altri ne spenderà con le prossimi vaccinazioni).
Dopo avere disinvestito pesantemente nella medicina territoriale nel passato e dopo avere deciso di continuare a disinvestire nelle cure domiciliari assolutamente meno costose.
Senza neanche pensare di potenziare i numeri di posti letto nelle terapie intensive anzi scagliando la stampa contro chi ci ha provato (vedi nuovo centro a Milano alla Fiera).
Senza neanche considerare i dati scientifici che dimostrano l’immunità naturale di coloro guariti dal COVID (come il sottoscritto), mettendoli nel calderone di quelli che dovevano vaccinarsi (spendendo soldi inutili) o alternativamente nel calderone dei “pericolosi” e anti-sociali NO-VAX, solo perchè, pur non essendo contagiosi, ritengono di non aver bisogno del vaccino stesso.
So che è difficile fare i conti con tutte queste variabili, però solo in questo modo, si potrebbe avere una visione obiettiva di quale sia la strategia giusta per affrontare il virus SARS-CoV-2.
michele
E’ una posizione sbagliata, la soluzione è quella di eliminare la causa radice del problema riducendo al minimo la circolazione del virus. A quel punto si pensa alle cure mediche in casa. Ma dire che non dobbiamo vaccinare perché la persone malate si curano a casa è come dire che il problema è avere delle cure adeguate e non di eliminare la malattia (vera sorgente del pericolo). Prima si elimina la malattia (causa radice) e poi gestiamo gli effetti residui, anche, con le cure a casa.
qualewelfare
no, non è una posizone sbagliata.. anzi, è esattamente, è così, se la ricerca trovasse cure adeguate che prevenissero la forma di grave di malattia non vi sarebbe bisogno di alcun vaccino.. è così per tutte le malattie infettive non solo per il covid…..
Antonio Carbone
La cortesia e la pazienza dell’autore nel rispondere a commenti basati su tesi irrazionali, quando non su vere e proprie baggianate, è davvero esemplare!
I commenti dei “dubbiosi” non fanno altro che rispolverare le foglie di fico dietro cui si nasconde l’egoismo e il ribellismo infantile dei no-vax. Oltre che il solito sterile “benaltrismo”.
Nascoste dentro inutili giri di parole, le loro proposte sarebbero:
A) Investire sulla creazione di più terapie intensive e sulla medicina territoriale;
B) Investire sulla ricerca di cure.
Ma davvero!? Tutto qua!?
Forse a tali “geni” sfugge un tratto essenziale delle malattie pandemiche: esse non hanno una incidenza più o meno costante come le “normali” malattie! A differenza di queste ultime, se non si interviene con azioni di salute pubblica (questo sono le mascherine, il green pass e i vaccini) lasciando evolvere liberamente il contagio, si assisterebbe a una ecatombe!
Ma entrando comunque nel merito delle “proposte” A e B, bisogna ricordare che dalle terapie intensive si esce molto spesso su una lettiga di obitorio e, anche quando va bene, non si esce “sani”.
Dopo mesi si rimane in riabilitazione e con quadri clinici complicati.
E poi che razza di strategia sarebbe! Più ammalati, più TI, in un circolo infernale!
Perché tali geni pensano poi che potenziando la medicina territoriale tale situazione migliorerebbe!? In assenza di cure e rifiutando il vaccino (perché è di questo che si tratta) la sola differenza sarebbe che i morti uscirebbero di casa invece che dalle TI!
Poi, riguardo alla ricerca delle cure non si capisce sulla base di quali dati i suddetti “geni” dicono che non si investe abbastanza. Sono allo studio diverse cure ma, se anche arrivassero a risultati accettabili (speriamo), non cambierebbe di una virgola il problema! Prima di tutto qualunque farmaco ha controindicazioni e scommetterei tutto sul fatto che assisteremmo lo stesso a contestazioni sulle “malefatte” dei farmaci anti-covid (probabilmente dagli stessi no-vax). Ma poi, qualcuno dei suddetti geni saprebbe spiegarmi perché sarebbe meglio far ammalare milioni di persone per poi curarle, quando con i vaccini si può evitare che tanti sviluppino la malattia!? Curando poi, con i farmaci (ancora da sviluppare), quelli che, per vari motivi, non sono immunizzati o immunizzabili.
Dove sarebbe l’attentato alla Costituzione, dove la lesione delle libertà personali!?
Io vedo semplicemente degli Ego troppo infantili e/o ipertrofici per riconoscere la legittimità di interventi di salute pubblica e per accettare le disposizioni dell’autorità pubblica. È anche un fatto di coscienza sociale, …… ma penso di aver sprecato il mio tempo.
qualewelfare
“Ma poi, qualcuno dei suddetti geni saprebbe spiegarmi perché sarebbe meglio far ammalare milioni di persone per poi curarle, quando con i vaccini si può evitare che tanti sviluppino la malattia!? ”
Ah sì, questa è bella, coi vaccini si evita che si sviluppa la malattia, dunque cure e altre strategie non servono. Leggiti i dati qui, va,
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-sorveglianza-dati
documento esteso “Epidemia COVID-19. Aggiornamento nazionale 24 novembre 2021” aggiornato il 22 novembre 2021 ; tabellla pagina 17 e informati prima di prendere in giro “geni”….
marcello
Mi sembra una discussione surreale. Sono state somministrate più di 7.7 miliardi di dodi di vaccini anti covid nel mondo. Non esiste e non è mai esistito un vaccino con un’estensione di appplicazione planetaria di queste dimensioni. Gli eventi avversi sono rari e comunque quelli gravi o severi si verificano su una fascia di popolazione mediamente ultra settantenne. La disputa sulla libertà di scelta testimonia semplicemente la deriva intellettuale della nostra epoca…mentre Roma discute Sagunto cade! Parliamo di dati e parliamo dell’Italia che ha il case fatality ratio da covid più elevato del mondo dopo il Brasile, sic: 3,29%. Sapete cosa vuol dire? che 3.29 persone su 100 muoiono dopo aver contratto il corona virus, In italia da dicembre a settembre 2021 sono state somministrate oltre 84 mln di dosi. Le morti dopo il vaccino sono 608, solo 16 con un’età media di 76 anni, su 435 sono quelle correlate con la dose di vaccino, il che fa, cari signori, 19 su 10.000..000. No esiste una funzione di utilità attesa covessa che abbia senso che giustifichi un premio in probabilità di queste dimensioni, per soggetti avversi al rischio come i No-Vaxxers. Quindi vorrei sapere di cosa si parla tutto il giorno o sono sceso dal pianeta Papalla! Che assurdità: un’umanità che non sa convivere con quella che è dalla notte dei tempi la condizone della vita: l’incertezza.
qualewelfare
come già detto sopra, i dati non ci diranno mai cosa DOBBIAMO fare ma sono utili a capire la realtà e immaginare buon soluzioni. Il problema è che i dati van guardati bene, in dettaglio, in modo approfondito, cosa che i dati aggregati che lei riporta non consentono di fare. Ultimo aggiornamento ISS di oggi dice che il “tasso di letalità” (morti/contagiati) è: 27% tra over 90 anni; 19% nella fascia 80-89 anni; 8.7% tra 70-79 anni; 2.6% tra 60-69…………….0.6% tra 50-59; 0.2% in 40-49; inferiore allo 0.1% tra 20 e 39 anni; inferiore allo 0.01% sotto i 20 anni…. that makes a difference eh..non c’è bisogno di scomodare Papalla.. https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-sorveglianza-dati
se a questo aggiunge le informazioni sulle caratteristiche dei deceduti con Covid ( https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia ) direi che ha un quadro più preciso di cos’è questa pandemia e come fronteggiarla.
Enrico Rettore
Rispondo qui ad alcune delle sue varie repliche qui sopra.
1) Non ho scritto, né penso, che la richiesta di scegliere liberamente sia infondata. Ho scritto che, dati alla mano, la scelta di non vaccinarsi ha conseguenze che vanno molto oltre gli effetti sulla salute dei non vaccinati. Il diritto di non vaccinarsi (legittimo) è solo uno dei diritti da tutelare, non l’unico come pretendono i no-(riempire a piacere).
2) La soluzione che propone in alternativa al vaccino – mascherine obbligatorie per tutte le attività al chiuso – funzionerebbe? Stando ai risultati qui, no:
https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2021/08/05/Mask-Mandates-Save-Lives-460123
Migliorerebbe la situazione ma non risolverebbe: in questo studio sulle contee US l’imposizione dell’obbligo di mascherina riduce i decessi da 2.64 a 1.9 (per 100k). Per memoria, quest’anno, a parità di data i decessi sono 1/10 di quelli che abbiamo avuto lo scorso anno. Senza ricorrere alle zone colorate.
3) Rischi derivanti dal vaccino. Le statistiche rese disponibili dagli organi di vigilanza (tutti i principali, non solo AIFA) mostrano che non sono neanche lontanamente paragonabili ai rischi che si corrono non vaccinandosi. Quanto agli effetti di medio-lungo periodo dei vaccini rmna, confermo che no, non ci sono dati: non abbiamo ancora scoperto il modo di produrre statistiche su eventi non ancora accaduti. Diciamo che ad oggi questi effetti stanno nella categoria ‘leggende metropolitane’.
4) Analisi rischi benefici. Per quale motivo guarda solo i decessi? Per la categoria meno a rischio – per farla semplice, gli under-40 – i ricoveri ospedalieri di soggetti non vaccinati, nei quattro mesi e mezzo da fine giu. a metà nov., sono stati oltre 5000 (209 in TI). Tra i vaccinati… 460 (6 in TI).
Sappiamo – su questo abbiamo già le statistiche, ad es. qui:
https://www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(21)00299-6/fulltext –
che la malattia lascia strascichi pesanti sui guariti. Se fossi un under-40, non ci penserei nemmeno un secondo.
5) Salotti tv. Ogni tanto, se passa uno dei guru dei no-(riempire a piacere) guardo: bisogna sapere con chi ci si batte. Ma lo faccio in dosi omeopatiche: tengo molto alla mia igiene mentale.
Mauro
Sono d’accordo con l’analisi del Prof. Rettore, che ringrazio. Avrei una domanda: come ha ricavato i dati della riga 4, Tabella 1? Ha trovato dati sul numero di vaccinati, con due dosi, divisi per fascia di età? La ringrazio
Enrico Rettore
Tutti i dati sono tratti dal rapporto settimanale ISS (link poche righe sopra tab. 1).
Stefano La Porta
Vorrei vedere quanto sta accadendo in merito al vaccino e green pass da una prospettiva diversa, la comunicazione.
Chiunque lavori in una grande azienda sa quanto essa sia importante, quanto influisce sul rapporto azienda-dipendente e sulla produttività dei singoli, Se si parla dello Stato lo è ancora di più, visto che comporta scelte che sempre, direttamente o indirettamente, riguardano tutti.
Il punto è questo: quasi tutte le volte che un esponente del governo va in tv, il ministro Speranza per primo, dice “dobbiamo convincere gli scettici …”. Usa sempre il verbo convincere il cui significato da vocabolario è “Rendere qualcuno sicuro, certo di qualcosa, specialmente con l’evidenza delle prove o la validità degli argomenti addotti”. Convincere comporta quindi un minimo di dialogo, un confronto, un momento in cui espongo le mie argomentazioni e ascolto quelle dell’altra parte, anche confutandole. Se sono bravo e se ho gli argomenti giusti, ho molte probabilità di convincere.
Ma se non ci riesco, è davvero colpa dell’altra parte?
All’inizio della pandemia forse quasi tutti siamo stati favorevoli al lockdown e alle restrizioni di allora. Successivamente, per un senso di prudenza e precauzione, abbiamo accettato l’idea che un non vaccinato non potesse entrare in luoghi chiusi, come cinema e teatri. Poi la dialettica in tv ha alzato i toni, sono arrivate frasi forti e il clima è cambiato, il tema è diventato divisivo, con tanta confusione: le stesse persone che avrebbero dovuto informare e tranquillizzare la Nazione hanno dato giudizi diversi, a volte opposti, nel giro di poco tempo su temi come Astrazeneca, sulla rischiosità dei mezzi pubblici e delle scuole, addirittura sul tampone. La confusione genera dubbi.
Poi le argomentazioni per “convincere” sono diventate economiche, prima tra tutte l’introduzione del tampone per lavorare: è innegabile che chi non poteva permettersi il costo si è vaccinato (ma non si è sentito convinto ma costretto, forse ricattato) e chi invece poteva sopportarne il costo, ha scelto questa via forse con tanta rabbia.
Ora lo Stato vuole “convincere” con il super green pass, un premio per chi si vaccina, più libertà, come se la libertà fosse un premio.
Probabilmente il problema sarà risolto (e anche qui bisogna intendersi sul significato del termine) con l’obbligatorietà vaccinale con il rischio di creare una frattura nella società chissà per quanto tempo insanabile.
In un’azienda privata la comunicazione a lungo deficitaria è una grave criticità che se permane può portare ad altri problemi e si risolve o con un cambio di linea o con la sostituzione del Responsabile. Non capisco perché nel Pubblico questo non accada: il Governo può sbagliare – e in quanto a comunicazione ha sbagliato, indipendentemente da cosa ciascuno pensa del vaccino e del green pass – e tutti rimangono lì al loro posto come se nulla fosse, ripetendo le solite cose, le solite frasi come se fossero immagini di repertorio. Ecco, forse bisognerebbe partire da qui ma la meritocrazia non è del nostro tempo.
Giovanni
Sono d’accordo: la comunicazione ha fatto la differenza sia nell’una che nell’altra direzione.
A cominciare dalla definizione: “no-vax” , ricca di accezioni negative che ha da subito tracciato una linea di confine tra “buoni e cattivi”. Inoltre, sappiamo che molti sono “no vax occasionali”.
Un altro aspetto che è stato completamente trascurato è quello psicologico.
Non solo per tutti i traumi subiti per le perdite, il lock-down, il long-civd… ecc.
Ma anche per chi ha scelto di non vaccinarsi: quali paure, quali ansie, quali stress, quali insicurezze ci sono dietro a questa scelta? Abbiamo fatto qualcosa per capirlo e per spiegarlo?
No, anzi, i “no-vax” sono stati aggrediti e presi di petto, creando una convinzione ancora più radicata (= approccio sbagliato).
Mi faccio queste domande soprattutto perchè non riesco a spiegarmi come ci siano persone che addirittura siano arrivate a rifiutare le cure, fino a morire.
Qualcosa si è rotto o inceppato.
Ecco, questo davvero meriterebbe un approfondimento.