Con la pandemia frena la contrattazione collettiva decentrata. Non tutti i settori però sono stati colpiti nello stesso modo. Situazione differenziata anche fra i territori. E cambiano pure le strategie di performance concordate da imprese e lavoratori.
Differenze settoriali
Cosa è accaduto alla contrattazione collettiva decentrata durante il periodo della pandemia? L’analisi dei dati amministrativi sui contratti aziendali che prevedono premi di risultato mostra un andamento settoriale e territoriale differenziato (tavola 1).
Le differenze settoriali sono evidentemente influenzate dai provvedimenti amministrativi di lockdown: non a caso il settore più colpito risulta quello dei servizi di ricettività e ristorazione, con un decremento delle istanze pari all’89,8 per cento. Dove l’attività produttiva poteva essere svolta più agevolmente anche da remoto, ad esempio nel settore finanziario e assicurativo, il calo si è fermato al –26,3 per cento.
Differenze territoriali
La dinamica territoriale è più difficile da interpretare. Le evidenze comunque mostrano che tra le aree più colpite vi sono proprio quelle che negli anni precedenti si segnalavano per trend più sostenuti nel deposito dei contratti collettivi: ad esempio, il calo più forte riguarda l’Emilia-Romagna (-66,3 per cento), territorio che dal 2016 al 2020 aveva registrato un invidiabile +135,5 per cento.
La disciplina del 2016 incentiva le parti sociali a negoziare, a livello decentrato, anche il welfare aziendale e la partecipazione dei lavoratori. Le precedenti rilevazioni, in particolare rispetto al welfare aziendale, mostravano una tendenza di crescita davvero notevole (dal 2016 al 2019 la percentuale è aumentata ben del 238,4 per cento), cui è seguita però una frenata da ricollegare proprio allo shock pandemico (-47,5 per cento) (figura 1).
I criteri per misurare gli incrementi di risultato
L’analisi delle opzioni relative agli indicatori sui quali le parti hanno concordato di misurare gli incrementi di performance mostra un vero e proprio cambiamento strategico (tavola 1). L’indicatore che, sul piano comparato, registra il maggiore arretramento è l’indice di soddisfazione della clientela (-30,2 per cento), segno di uno shock che ha inciso contestualmente sia sulla domanda che sull’offerta, mentre l’unico indicatore che sale è quello della produttività del lavoro (+12,3 per cento).
Posta la rigidità del bonus fiscale, che impone la verifica incrementale delle performance, in un periodo di forte volatilità e incertezza, gli attori negoziali hanno voluto semplificare la contrattazione, puntando su risultati realmente raggiungibili e misurabili, legando più strettamente le performance aziendali alla produttività del lavoro. La variazione sembra mostrare un vero e proprio switch strategico sulle opzioni di performance.
La misura governativa, come già evidenziato in un precedente intervento, ha un carattere pro-ciclico, e per il futuro ci si attende una ripresa della contrattazione decentrata legata alla ripresa economica. Andrà verificato se lo switch strategico è congiunturale, è cioè un comportamento opportunistico “obbligato” dalla pandemia, oppure rappresenta un dato strutturale.
*Le opinioni espresse non impegnano necessariamente l’istituto di appartenenza.
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Riccardo Leoni
Utili informazioni. Mi piacerebbe però sapere qualche cosa di più, se fosse possibile.
1) per ‘nuovo contratto’ si intende:
a) DIVERSO rispetto a quello in essere in precedenza, oppure
b) NUOVO nel senso di contratto sottoscritto PER LA PRIMA VOLTA nell’impresa/stabilimento
2) come sono stati considerati:
c) i semplici rinnovi (senza alcuna modificazione del precedente contratto integrativo
aziendale, quindi una proroga dell’esistente, effettuata anche con un semplice verbale tra
RSU e direzione dell’impresa)?
d) i contratti integrativi che hanno ‘integrato’ il contratto integrativo in essere nell’impresa (ad
esempio, per la formazione, per la CIG, ecc.)?
3) nei dati statistici delle vostre tabelle sono esclusi i nuovi contratti integrativi di tipo territoriale?
Grazie anticipatamente.