Negli anni Trenta la città di Marienthal fu teatro di una ricerca pionieristica sugli effetti della disoccupazione. Torna ora d’attualità con la sperimentazione di una garanzia di lavoro dai risultati incoraggianti. Una lezione utile anche per l’Italia.
L’indagine degli anni Trenta
Tra il 1931 e il 1933 tre importanti studiosi – Marie Jahoda, Paul Lazarsfeld e Hans Zeisel – realizzarono una tra le più rilevanti indagini sociologiche sugli effetti della disoccupazione di lunga durata su una comunità. Nacque così una pionieristica indagine passata alla storia non solo per i risultati ottenuti, ma anche per la metodologia utilizzata. Il nome dell’indagine era i Disoccupati di Marienthal, persone private di una occupazione, che abitavano appunto nella piccola cittadina industriale nei pressi di Vienna, colpita in quel periodo da una grave crisi economica a causa della chiusura dell’unica storica fabbrica che assicurava lavoro e benessere all’intera comunità.
La strategia di ricerca scelta fu profondamente innovativa, utilizzava infatti congiuntamente 16 tecniche di raccolta delle informazioni sia di natura quantitativa che qualitativa. Attraverso una analisi di tipo etnografico, i tre ricercatori si immersero così nel contesto della comunità. I risultati finali classificarono differenti effetti di una disoccupazione di lunga durata. Il tipo di reazione più diffuso fu denominato rassegnazione, in cui si andava avanti con indifferenza e senza aspettative. In sintesi, i sussidi pubblici davano la possibilità di vivere in una condizione sostanzialmente serena, ma con nessuna nuova prospettiva per il futuro. A livello materiale il gruppo dei rassegnati 48 per cento presentava una casa tenuta in ordine, cura della famiglia e un senso complessivo di relativo benessere. Le famiglie classificate come integre 16per cento mostravano, invece, caratteristiche simili ai rassegnati, ma bisogni meno limitati, orizzonti più ampi e maggiori energie nel tentare di trovare altre occupazioni. Peggiori erano, invece, le condizioni di altre tipologie classificatorie, definite come spezzate 11 per cento e apatiche 25 per cento. Le famiglie spezzate – come quelle integre o rassegnate – tenevano in ordine la casa e badavano alla cura dei bambini, ma presentavano atteggiamenti di disperazione e depressione. Nelle famiglie apatiche, la dissoluzione aveva coinvolto non solo ambiti psicologici, ma anche aspetti esteriori. La loro principale caratteristica era la passività totale. La casa e i bambini erano mal curati e trascurati, gli atteggiamenti psicologici si caratterizzavano per una totale indifferenza: non vi erano più progetti, non si nutrivano più speranze. In questa ultima categoria aumentavano i casi di alcolismo, con una vita familiare che cominciava a sgretolarsi. Il giorno più importante per tutti i gruppi era quello della distribuzione del sussidio, che coincideva con l’acquisto di molti beni necessari, soprattutto carboidrati per via del costo ridotto rispetto alla carne. Essenzialmente, il pionieristico studio di Lazarsfield mise in luce il malessere psico-fisico di una condizione di disoccupazione perdurante. Così si concludeva lo studio: “Arrivammo a Marienthal come scienziati sociali; ce ne andammo con un unico desiderio: che la tragica possibilità di svolgere un’inchiesta come questa non si ripresenti più ai nostri giorni”.
Un nuovo progetto pilota
Nell’ottobre del 2020 si è di nuovo scelta Marienthal, per il suo evidente valore simbolico, per realizzare una analisi sperimentale non sugli effetti della disoccupazione ma sull’impatto di un programma di Jobs Guarantee. Quando il progetto pilota è iniziato, nell’agosto 2020, circa un disoccupato su cinque nella Bassa Austria era alla ricerca di un lavoro da più di un anno. L’analisi sperimentale è stata ideata da economisti dell’università di Oxford insieme a ricercatori dell’università di Vienna del progetto “Marienthal reversed”. Il progetto pilota è stato commissionato dal servizio del mercato del lavoro della Bassa Austria (Ams). La sperimentazione ha come obiettivo quello di analizzare gli effetti psicologici ed economici su una comunità di una garanzia universale di un lavoro dignitosamente retribuito, secondo i contratti nazionali di riferimento (vengono esclusi lavori occasionali), offerta a qualsiasi residente disoccupato da più di 12 mesi dallo stato, per tre anni di occupazione.
I risultati più importanti, divulgati nel 2022, evidenziano esiti incoraggianti. Il reddito dei partecipanti è aumentato; queste persone hanno acquisito maggiore sicurezza finanziaria, erano più serene e si sentivano di poter pianificare meglio la propria vita; nella comunità si stringevano migliori relazioni, gli ex disoccupati si sentivano più apprezzati, la disoccupazione di lunga durata era scomparsa. La partecipazione era assolutamente volontaria.
Concretamente, il progetto sperimentale funziona così: all’inizio i partecipanti al programma hanno ricevuto due mesi di preparazione, comprese lezioni individuali, consulenza e, se necessario, supporto da assistenti sociali, medici e psicologi esperti. Sono stati quindi assistiti nella ricerca di un lavoro adeguato completamente pagato dalla Jobs Guarantee nel settore privato o nella creazione di nuovi lavori basati sulle loro competenze e sulla conoscenza dei bisogni della comunità. Le stime finali dimostrano anche una diminuzione dei costi del welfare: si eliminano, infatti, le spese burocratiche del costante controllo delle azioni di attivazione. Lukas Lehner, uno degli autori della sperimentazione, ha commentato, riferendosi allo storico studio di Lazarsfeld: “La disoccupazione di lunga durata segna la vita e non è mai accettata come condizione positiva dai disoccupati, anche se sorretti da sussidi pubblici, nessuno vuole volontariamente rimanere disoccupato a vita, gli effetti sono evidenti soprattutto nelle comunità in cui il fenomeno è diffuso, la garanzia del lavoro dimostra, invece, che è possibile correggere effettivamente questo lento deterioramento con servizi sociali pubblici innovativi”.
In una situazione come quella italiana di complessa ridefinizione di una misura ibrida di contrasto alla disoccupazione in contesti di povertà assoluta, sperimentare una misura di Jobs Guarantee potrebbe essere una prospettiva importante, che agisce in termini macroeconomici sulle cause e non sugli effetti della lunga disoccupazione come, invece, fanno le sole politiche attive.
* Le opinioni espresse sono personali e non rappresentano l’Istituto di appartenenza.
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