Il Covid-19 ha fatto emergere la necessità di potenziare i servizi dedicati alla salute mentale e il supporto psicosociale. Le misure temporanee introdotte, come il bonus psicologo, non rispondono però ai bisogni di una condizione spesso cronica.
Il ciclone pandemia sulla salute mentale
In Italia si stimano circa 3 milioni di depressi, considerando depressione maggiore e altri disturbi depressivi. La sorveglianza epidemiologica “Passi” (2020-2021) riporta come poco meno del 7 per cento degli adulti (18-69 anni) abbia riferito sintomi depressivi e percepisca una compromissione nel proprio benessere psicologico. Dopo una riduzione dei casi tra il 2008 e il 2019 (da 7,8 a 5,9 per cento), negli ultimi due anni si è tornati a valori prossimi al 7 per cento, un aumento dei sintomi in parte legato alla pandemia. Anche il consumo di antidepressivi – che rappresenta il 3,4 per cento del consumo totale di farmaci in Italia – è aumentato del 4,2 per cento rispetto al 2019, contro una variazione media annua dell’1,9 per cento dal 2014 (Rapporto Osmed).
La pandemia ha inciso fortemente sulla salute psichica. Fattori multipli di stress hanno scatenato ondate di ansia e depressione e altri disturbi di salute mentale, in modo più evidente per alcuni gruppi di popolazione. È il caso dei professionisti sanitari con livelli di burnout (esaurimento) elevati, dei giovani, delle donne e delle persone con problemi di salute preesistenti (Organizzazione mondiale della sanità).
Nonostante i bisogni crescenti, però, si sono registrate gravi interruzioni dei servizi ambulatoriali di salute mentale durante la pandemia, con conseguente calo dell’accesso alle cure essenziali per coloro che ne avevano più bisogno. Si sono avute riduzioni di oltre 20 per cento nei volumi di prestazioni erogate sul territorio per patologie psichiatriche a popolazione adulta nel 2020 e nel 2021 rispetto al 2019 (dati di monitoraggio della resilienza dei sistemi sanitari regionali a cura del Laboratorio Management e Sanità). Particolarmente critico il caso dei pazienti afferenti ai centri diurni, per i quali l’offerta è diminuita nettamente soprattutto in termini di lavoro di gruppo.
Le interruzioni delle attività ambulatoriali sono state in parte mitigate spostando i servizi verso l’assistenza a distanza tramite teleconsulto e televisita, ma spesso non è stata garantita continuità assistenziale ed è aumentato il rischio di acuire i divari tra i soggetti più fragili. In alcuni contesti, il passaggio verso la televisita psichiatrica di controllo ha interessato quasi un quarto delle visite di controllo nel 2020 e 2021, in altri contesti non c’è stato o non è stato codificato nei flussi amministrativi sanitari.
La continuità che manca
Per rafforzare il sistema di presa in carico, nel 2022 è stato introdotto – con proroga anche per il 2023 – un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia (il cosiddetto bonus psicologo). Il provvedimento mira a “sostenere le persone in condizione di ansia, stress, depressione e fragilità psicologica, a causa dell’emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica, che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico”. Si tratta di una misura una tantum con finanziamenti limitati che, per le regole di accesso, induce competizione tra i beneficiari e non prevede una presa in carico “duratura” con una integrazione interdisciplinare e multiprofessionale.
Il bonus psicologo è stato criticato da più parti perché non risponde in maniera appropriata ai bisogni di una condizione complessa. Chi presenta problemi di salute mentale ha necessità di essere inserito in un percorso assistenziale che, a seconda della diagnosi o delle diagnosi di salute mentale e del profilo sociale, può richiedere tempistiche e modalità di intervento, coordinamento e integrazione diversificate da parte dell’assistenza territoriale e ospedaliera. Misure temporanee e non strutturali non generano effetti positivi di presa in carico e continuità assistenziale per la persona.
La continuità è chiave di volta per garantire una presa in carico efficace e coordinata del paziente. In quest’ottica, in alcuni contesti regionali è stato di recente istituito (o è in fase di sperimentazione) il servizio dello psicologo di base, che opera in sinergia con il territorio e la medicina generale, ponendosi come primo livello di servizio a supporto delle persone più a rischio (anziani, bambini e adolescenti).
Ancora oggi troppe persone non riescono a ricevere le cure e il sostegno di cui hanno bisogno sia per le condizioni di salute mentale sviluppate di recente che per quelle preesistenti. Lo psicologo delle cure primarie si propone come un tassello di sistema che dovrà fungere da garante del percorso del paziente, che accompagna e indirizza, anche facendo attenzione a personalizzare le risposte. Accortezza fondamentale riguarderà, a nostro avviso, il suo inserimento all’interno del sistema delle cure primarie, perché possa collaborare attivamente con le figure già presenti sul territorio. Sarà necessario garantire una valutazione appropriata di questa misura affinché si possa rilevare l’effettivo contributo che l’intervento potrà avere sull’intero percorso assistenziale.
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Savino
I fondi del PNRR ce li giochiamo al flipper mentre i cittadini italiani sono in difficoltà. Avremmo dovuto far ricorso persino al MES per rifondare la sanità ed il benessere psichico e fisico delle persone.