Introdotto nel 2022 per far fronte ai disagi psicologici causati dalla pandemia, il bonus psicologo ha invece risposto a un bisogno preesistente, con interessanti differenze di genere. Il suo stesso successo dimostra che è uno strumento da rafforzare.
L’aiuto psicologico che manca
Il disagio psicologico è un problema diffuso in Italia, con ansia, depressione e stress tra i disturbi mentali più comuni. Nel 2021, le richieste di invalidità civile legate a malattie psichiatriche e del sistema nervoso hanno raggiunto quota 316 mila, il 35 per cento del totale. La pandemia da Covid-19 ha amplificato questa situazione, a causa dell’isolamento sociale, della paura del contagio e delle difficoltà economiche. Il rapporto europeo Health at a Glance 2022, ad esempio, ha sottolineato come nel nostro paese circa il 14,4 per cento degli adulti soffra di sintomi depressivi, come per i giovani la percentuale salga al 24,2 per cento (valori comunque comparabili con quelli di altri paesi europei), e soprattutto come per questi ultimi la crisi pandemica abbia determinato un aumento dei casi di malessere psicologico.
Sebbene le terapie psicologiche abbiano dimostrato di essere efficaci per molti pazienti, solo una minoranza riceve trattamenti adeguati. In risposta all’aumento del disagio psicologico durante la pandemia, il governo italiano ha introdotto nel 2022 il “bonus psicologo” (prorogato con la legge di bilancio del 2023 che lo ha anche reso strutturale a partire dal 2024). La norma prevede che le regioni e le province autonome possano erogare, ai soggetti che ne facciano richiesta, un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia, fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell’elenco degli psicoterapeuti nell’ambito dell’albo degli psicologi. Le risorse complessive stanziate per il 2022 ammontano a 25 milioni di euro, ripartite tra regioni e province autonome. Il bonus ha un valore massimo di 600 euro per i beneficiari con Isee inferiore a 15 mila euro, 400 euro per i beneficiari con Isee compreso tra 15 mila e 30 mila euro e 200 euro per i beneficiari con Isee compreso tra 30.001 e fino a 50 mila euro; a erogarlo è l’Inps a livello regionale, tramite graduatorie redatte in base al valore Isee e rispetto alla data di presentazione delle domande.
Il successo del bonus psicologo
Come mostrato nel XXII rapporto Inps, il bonus psicologo, con circa 395 mila richieste, ha riscosso un notevole successo tra gli utenti. Circa l’80 per cento delle domande sono state presentate dai soggetti direttamente beneficiari del bonus, mentre il 19,2 per cento sono state presentate da uno dei genitori del beneficiario (quasi il 15 per cento delle richieste ha come beneficiario un minorenne) e il restante da curatori/tutori.
È interessante notare la marcata differenza di genere nella platea dei richiedenti: circa il 70 per cento delle richieste complessive vedono, infatti, come beneficiario una donna. La divergenza è meno rilevante tra i minorenni e, in generale, quando il richiedente è diverso dal beneficiario (genitore, amministratore di sostegno o altro). Come si nota dalla figura 1, l’incidenza di uomini beneficiari raggiunge il 44 per cento quando il richiedente è diverso dal beneficiario, mentre crolla al 28 per cento quando richiedente e beneficiario coincidono (la percentuale di donne è ovviamente il complemento a 1). Questo attiene probabilmente a fattori culturali che, mescolando stigma sociale e ruoli di genere di tipo tradizionale, potrebbero agire come deterrente, per gli uomini, a fare ricorso a strumenti di supporto al benessere mentale e ciò potrebbe implicare una quota maggiore di problemi psicologici “non risolti” per gli uomini.
Figura 1 – Richieste bonus psicologo riferiti a uomini, per fascia d’età e ruolo richiedente
Non è stato possibile determinare puntualmente l’eventuale attività lavorativa per tutti i richiedenti, ma solo per quelli che sono anche lavoratori dipendenti (sia pubblici sia privati) o pensionati. Per quanto riguarda i beneficiari che hanno presentato essi stessi domanda, circa il 47 per cento ha avuto un rapporto di lavoro nel settore privato, il 13 per cento nel settore pubblico e il 6 per cento risulta essere destinatario di una prestazione pensionistica. Pertanto, circa il 60 per cento ha un contratto di lavoro dipendente. Una evidenza analoga emerge per i delegati che chiedono la prestazione per altri soggetti. Considerato che queste percentuali non tengono conto di professionisti, collaboratori, artigiani e imprenditori, si può dire che una gran parte delle richieste proviene da soggetti che hanno una attività lavorativa; non sappiamo se caratterizzata o meno da condizioni di fragilità.
Il volume di richieste pervenute è stato decisamente superiore a quello accoglibile dato lo stanziamento previsto nel 2022. Su circa 395 mila domande, il 99 per cento rispondevano ai requisiti di ammissibilità, ma ne sono state finanziate solo circa 41.600, che rappresentano il 10,5 per cento. In media il valore dell’indicatore Isee è molto basso per le domande accolte: si passa da un valore medio di 2.442 euro circa per il Nord a 1.400 euro circa per il Centro, fino a soli 962 euro per il Sud. Essendo il livello Isee delle domande accolte sempre minore di 15 mila euro, il bonus elargito è stato sempre uguale al valore massimo previsto di 600 euro.
Il disagio e la pandemia
Come si può vedere dalla figura 2, a livello territoriale non emerge un andamento preciso nel numero di richieste rapportate alla popolazione residente, se non un tasso relativamente più elevato nelle regioni centrali. Tuttavia, data la natura dello strumento e considerato che è stato concepito anche in relazione ai disagi provocati dalla crisi pandemica, abbiamo provato a capire se un impatto maggiore del Covid-19 si associa a una maggiore richiesta del bonus a parità di popolazione residente. Abbiamo perciò stimato un modello di regressione lineare con effetti fissi regionali, in cui la variabile dipendente è la percentuale di richieste di bonus sulla popolazione residente, mentre le variabili di controllo catturano le caratteristiche territoriali a livello provinciale (tasso di occupazione, tasso di disoccupazione, percentuale di contribuenti con redditi dichiarati nel 2020 superiori a 55 mila euro, percentuale di minori sul totale della popolazione residente, percentuale di stranieri). Come proxy dell’impatto del Covid-19 abbiamo utilizzato gli indicatori Istat relativi all’eccesso di mortalità nel 2020 per la fascia di età di 70 anni e oltre (rispetto alla media degli anni 2015-2019), che coglie maggiormente effetti legati alla perdita di persone care, i rischi di contagio e meno aspetti legati al distanziamento sociale. Le nostre analisi non riscontrano però la relazione attesa. Ipotizzando che la relazione tra difficoltà dovute alla pandemia e richieste di bonus abbia riguardato prevalentemente la popolazione giovanile, abbiamo testato la relazione tra eccesso di mortalità e la percentuale di richieste a favore di minori sul totale delle richieste pervenute a livello provinciale; anche in questo caso però la relazione non è statisticamente diversa da zero.
Bisogna anche sottolineare che la consapevolezza dei fondi limitati e, contestualmente, la rilevanza del valore dell’Isee nel determinare la possibilità concreta di ricevere il beneficio possono aver dissuaso gli individui nelle aree a più alto reddito dal presentare domanda. Tuttavia, queste prime evidenze sembrano suggerire che nonostante la misura sia stata concepita per far fronte ai disagi provocati dall’emergenza Covid-19, essa sia andata a rispondere a un bisogno preesistente e inespresso, con interessanti differenze di genere. Si tratta adesso di ottimizzare l’efficacia dello strumento in un contesto come quello italiano dove le difficoltà economiche rappresentano una delle motivazioni principali per il mancato accesso a cure psicologiche, con l’obiettivo di garantire che le persone che necessitano di psicoterapia, ma non dispongono delle risorse necessarie, possano fare affidamento su un sistema pubblico di supporto affidabile e prontamente accessibile.
Figura 2 – Percentuale di richieste di bonus psicologico rispetto alla popolazione residente
* Questo articolo viene pubblicato in contemporanea su Menabò di Etica ed Economia.
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Alberto
Il buono psicologo è ovviamente una buona cosa per chi ne ha bisogno; ma non sarebbe meglio prima di tutto finanziare e far funzionare i centri pubblici?
Fazio
Come mai non ci sono partite iva in questo blog?