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Il futuro di Stellantis in Italia

Il gruppo automobilistico annuncia un nuovo ridimensionamento degli impianti italiani, mentre il governo preme per arrivare a produrre nel nostro paese un milione di autoveicoli. In un contesto poco favorevole, non bastano gli incentivi all’acquisto.

L’annuncio di Stellantis e i piani del governo

Nei giorni scorsi Stellantis ha comunicato ai rappresentanti sindacali una nuova serie di incentivi all’uscita, che coinvolge 3.600 dipendenti su un totale di circa 42.700 in Italia. Gli stabilimenti (più) interessati sono quelli di Mirafiori, Cassino e Melfi.

È un ridimensionamento che mal si concilia con l’ambizioso piano del governo, che vorrebbe riportare a un milione la produzione di autoveicoli (non automobili, che sono un insieme più piccolo) nel nostro paese. Nel 2023, tra auto e veicoli commerciali, sono stati prodotti più di 751 mila mezzi contro i quasi 686 mila del 2022. Rispetto al 2019, dove ci si era attestati a poco meno di 819 mila, le auto hanno quasi recuperato, mentre i mezzi commerciali hanno segnato il passo (meno 12 per cento).

Stellantis – nata dalla “fusione” di Fca con il gruppo Psa – è oggi l’unico produttore operativo in Italia, con un’eccezione e mezza: Ferrari, che ormai produce più di 13 mila e 500 unità; Lamborghini, dal 1998 parte della galassia del Gruppo Volkswagen, che nel 2023 per la prima volta nei suoi sessanta anni di storia ha superato i 10 mila esemplari prodotti; e DR Automobiles, che completa, a Macchia di Isernia, l’assemblaggio di vetture prodotte in Cina, occupando 500 addetti.

Comprensibile, dunque, che il governo pressi Stellantis, lasciando (o minacciando) aperture anche all’arrivo di altri costruttori. Meno comprensibile è invece cercare di legare (direttamente) il nuovo schema d’incentivazione all’acquisto all’incremento della produzione.

Non c’è più la Fiat di una volta, in Italia

Non è qui il caso di procedere a una ricostruzione storica dell’evoluzione di Fiat, del Gruppo Fiat, di Fca per arrivare a Stellantis, che ha una dimensione globale – con sede legale e operativa principale nei Paesi Bassi – e deve gestire un patrimonio di 14 marchi. Va detto tuttavia che, tra questi, quello con i maggiori volumi è proprio Fiat: nel 2023 ha raggiunto 1,35 milioni di unità vendute globalmente su 6,16 milioni di tutto il gruppo.

Figura 1 – Primi dieci mercati di Fiat per quota

Fiat che, a sua volta, ha una proiezione internazionale non solo in America Latina, ma che vede assottigliarsi la quota di mercato Italia, ormai dimezzata rispetto ai primi anni Duemila. In flessione anche il peso di tutto il gruppo. I nove marchi Stellantis venduti in Italia, tutti insieme, sono passati da una quota di mercato italiano del 37,8 per cento del 2021 al 32,2 per cento del 2023, a (troppo) pochi punti percentuali dai dati del 2016 – 29 per cento – quando c’era solo Fca.

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Attenzione alle auto che vendono

Il contesto, d’altra parte, è particolarmente difficile: l’offerta automobilistica plasmata e costretta dalle regole dell’Unione europea, fatica a trovare il favore dei consumatori, complice anche un incremento generale dei prezzi realmente praticati che solo negli ultimi mesi pare essersi arrestato, e forse aver invertito la tendenza, nonostante i tassi d’interesse non bassi e i margini di guadagno derivanti dai finanziamenti.

La spinta verso le auto elettriche, infatti, in Italia ancor più che altrove, non solo non incontra le preferenze dei consumatori, ma quando lo fa non privilegia le case automobilistiche europee e dunque neanche Stellantis, neanche in casa.

Ci si trova così nella paradossale situazione che nel mercato quinto al mondo e primo in Europa per presenza di superutilitarie o city car, quello dove spopola la Panda seguita dalla 500, la “stessa” 500 elettrica, prodotta a Mirafiori, venda molto meno di un Suv e una berlina di segmento D, come le due Tesla di Elon Musk. Anche al netto di politiche di prezzo particolarmente aggressive su queste ultime.

Pare perciò abbastanza evidente che – anche con i nuovi e più generosi incentivi – alle rassicurazioni su Mirafiori come “cuore pulsante” di Stellantis in Italia, bisognerà far seguire in fretta i fatti. Oggi oltre alla 500 elettrica, si producono le Maserati Granturismo e Levante, e sono previste la GranCabrio, la nuova Quattroporte e la nuova Levante. E poiché l’obiettivo di governo e sindacati sarebbe di 200 mila unità annue, per avvicinarsi non basterà una nuova 500 endotermica di cui pure si vocifera (e si spera).

Per certo sappiamo che Melfi e Cassino beneficeranno dell’assegnazione di nuove piattaforme pensate primariamente per l’alimentazione elettrica (ma capaci di supportare anche motori termici), rispettivamente la Stla medium e la Stla large, di cui dovrebbero essere prodotti almeno sette modelli tra i vari marchi del gruppo nei prossimi tre o quattro anni. Si tratterà di modelli dai prezzi medio-alti e, specie su Stla large, di volumi relativamente ridotti.

Mentre anche per Pomigliano la situazione resta incerta, la Panda, o meglio la Pandina come è stata di recente ribattezzata, verrà prodotta – come nelle migliori tradizioni Fiat – fino all’ultimo giorno che le norme lo permetteranno (e non ci riferiamo solo a quelle sulle emissioni), diciamo almeno fino al 2027. Ma poi?

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E alla scelta dei modelli

Nel ricordare che nel paese dove Stellantis più produce, la Spagna, il milione tra auto e furgoni è già stato superato nel 2023, con gli stabilimenti di Madrid, Saragozza e Vigo che hanno realizzato quasi il 18 per cento del 2022, e che in Francia i volumi del 2023 sono stati di poco inferiori a quelli italiani, vorremmo riportare l’attenzione su due aspetti cruciali nella scelta dell’allocazione dei nuovi modelli.

Il primo è di carattere energetico, e peraltro non deriva dalle lamentele di Stellantis sui costi dell’energia e di gestione degli impianti italiani quasi doppi di quelli spagnoli, ma ha a che fare con il mix di produzione dell’energia elettrica del nostro paese. Sicuramente, molto migliore di quello polacco, ma nonostante la crescita (continua) della quota prodotta da rinnovabili, lontano come emissioni climalteranti da quello di spagnolo e francese. E poiché è già previsto nel regolamento 2023/851 che le emissioni di CO2 dovranno essere valutate durante l’intero ciclo di vita delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri, ha molto senso privilegiare nella scelta italiana modelli con piattaforme multi-energia, che hanno anche il vantaggio di potersi meglio adattare alle preferenze dei consumatori e alla loro evoluzione.

Il secondo aspetto è di marketing. Per evitare inutili sprechi di risorse (e anche ulteriori scherni social), sarebbe meglio far tesoro della fallimentare esperienza della 500 Abarth elettrica: 185 le vetture immatricolate nel 2023, 21 nel primo trimestre del 2024; con tutta probabilità per la gran parte auto-immatricolate dalle concessionarie. Ci permettiamo di farlo notare perché sarebbero previste la versione Abarth della 600 elettrica (che vende meno di un terzo della gemella diversa Jeep Avenger e poco più di un terzo della 500, pur essendo ben più nuova) e HF della Lancia Ypsilon.

Come si dice: errare è umano, sperperare un glorioso passato è folle.

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  1. Savino

    Mi pare che non ci sia più la volontà di produrre automobili in Italia, a maggior ragione in presenza dell’innovazione tecnologica, per cui si è palesemente indietro di almeno 30-40 anni. Un particolare ringraziamento, per averci portano fino a questa drammatica situazione, lo rivolgiamo a tutti gli adulatori, di tutti i tempi, della famiglia Agnelli-Elkann, la quale ha dimostrato tutto il suo (poco) peso specifico nel modello imprenditoriale capitalistico e nel mercato industriale globale.

  2. bob

    l’ Italietta decantata dei capannoni invece che dei laboratori di ricerca. Gli analfabeti portati al Governo .
    I “capitalisti” furbastri che rimanendo in tema automobilistico alla Golf anteposero l’ Arnia la prima modello di successo planetario la seconda scellerato accordo con in compagnucci sindacali venduta ai vigili urbani dei paesetti di mezza Italietta

  3. Orl.Franco.

    Se la FIAT ha preso oltre 200MLD agli italiani è dovuto alla corruzione politico-sindacale.
    Infatti i nodi stanno venendo tutti al pettine. vd.corruzione della sinistra comunisti & socialisti in Europa e in Italia Puglia;

    • nn

      Torino-Piemonte, Pozzuoli NA,
      mancano ancora Toscana, Umbria, Emilia, Lombardia ecc

    • Giò

      Operai che per decenni ha lavorato e continua a lavorare in stabilimenti pieni di ethernet . Un problema grave trascurato e ignorato per anni. L’unica cosa importante per i grandi colossi sono i profitti, a discapito degli operai. Nulla è cambiato nella storia tra schiavi e tiranni!

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