Per combattere la povertà nell’Africa sub-sahariana è indispensabile la crescita del settore agricolo. Il potenziale è enorme, per territori agricoli ancora poco e male coltivati. I paesi dell’area lo sanno e propongono piani di sviluppo ambiziosi.

Un settore con grandi prospettive

La crescita del reddito nazionale in Africa dipende molto dall’andamento del settore agricolo: gran parte della popolazione è infatti occupata in agricoltura e il settore manifatturiero incide in misura modesta sul totale. Una forte crescita del prodotto agricolo è necessaria per combattere la povertà e la denutrizione (su 850 milioni di persone in tutto il mondo che soffrono di denutrizione, 250 milioni sono africani). Il continente importa 100 milioni di tonnellate di prodotti alimentari all’anno, mentre esiste un vasto potenziale non sfruttato: solo 40 milioni di ettari sono coltivati su di 400 milioni di ettari disponibili.

Nel 2022, per il complesso dell’Africa subsahariana il settore agricolo rappresentava il 17,6 per cento del Pil, contro il 17 per cento nel 2004 (figura 1). Per molti paesi, la crescita del Pil agricolo è stata inferiore a quella totale: Etiopia, Kenya, Tanzania, Costa d’Avorio, Ruanda, Zambia (figura 2). Per realizzare una crescita vigorosa, e ridurre la povertà, è pertanto cruciale che i paesi assicurino uno sviluppo sostenuto della loro agricoltura, che ha un potenziale enorme, stanti i bassissimi rendimenti agricoli per ettaro.

Figura 1 – Africa subsahariana, Pil agricolo in % Pil totale, 2004-2022, prezzi costanti

Fonte: Banca Mondiale

Figura 2 – Africa subsahariana, principali paesi, tasso medio crescita Pil agricolo e Pil totale, a prezzi costanti, 2004-2022

Fonte: Banca Mondiale

I programmi per lo sviluppo

Consci di questa sfida essenziale e della necessità di porre fine alla denutrizione ancora largamente presente nel continente, i paesi africani – nel quadro dell’Unione africana – hanno lanciato varie iniziative di coordinamento, fra cui, nel 2013. il Comprehensive African Agriculture Development Programme (Caadp), che include impegni complessivi per il settore con obiettivi finali per il 2025, articolati in una serie di sub-obiettivi.

Fra gli obiettivi, figurano: allocare il 10 per cento della spesa pubblica all’agricoltura, assicurare un tasso di crescita del settore di almeno il 6 per cento annuo (contro una media del 3,9 per cento nel 2004-2022), raddoppiare fra il 2015 e il 2025 la produttività agricola, con un forte aumento dei fertilizzanti per ettaro (obbiettivo più di 50 chili per ettaro, contro 14 in media nel 2016), raddoppiare le aree irrigue fra il 2015 e il 2025, dimezzare le perdite dopo raccolta, creare opportunità di lavoro per occupare nel settore almeno il 30 per cento dei giovani, aumentare la resistenza ai fenomeni climatici, migliorare l’alimentazione in modo da portare a un massimo del 10 per cento il fenomeno di arresto della crescita infantile, ridurre la malnutrizione a un massimo del 5 per cento della popolazione. Ogni due anni, il Caadp effettua una ricognizione dei risultati ottenuti dai paesi rispetto agli obiettivi, l’ultima delle quali è stata pubblicata nel 2023.

Nel febbraio 2023 si è poi svolto a Dakar l’African Food Summit, organizzato dalla Banca africana di sviluppo (Afdb) insieme con l’Unione Africana, nel corso del quale tutti i paesi hanno presentato gli impegni su alimentazione e agricoltura da raggiungere entro il 2027 (Compact for food and agriculture delivery). Il programma generale è articolato in rapporti nazionali che delineano le iniziative e i piani di sviluppo che ciascun stato intende perseguire nei prossimi cinque anni, con obiettivi quantitativi per le principali produzioni agricole e la spiegazione di come si vuole raggiungerli. Il meccanismo di controllo risiede appunto nei rapporti biennali del Caadp, che danno valutazioni numeriche a ogni paese, sulla base del grado di progresso nel conseguimento degli obiettivi decennali. Questo sistema di peer review, che è stato rafforzato nel 2019,dovrebbe stimolare i paesi ad accelerare l’attuazione delle azioni necessarie.

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Nei rapporti nazionali prevale l’enfasi sull’aumento della produttività per ettaro. Per il momento, rimane infatti molto bassa, a causa del mancato uso di sementi migliorate e di un uso insufficiente di fertilizzanti (in media 22 chilogrammi per ettaro nell’ Africa subsahariana, contro i 193 chili in India e i 369 in Brasile, dati Banca Mondiale). Ma vi si indicano anche piani per aumentare le aree sotto irrigazione, che sono modeste rispetto alle superfici che operano con acqua piovana.

Mettere in pratica queste azioni dovrebbe portare a un aumento dei rendimenti per ettaro fra il 50 e il 100 per cento: per esempio per il mais l’obiettivo di molti paesi è passare da un rendimento per ettaro di 2-3 tonnellate a 6 tonnellate, che è la media nei paesi in via di sviluppo.

La situazione nei singoli paesi

Le superfici irrigate sono minime in relazione al territorio e gli appezzamenti dei produttori familiari tendono a essere sotto i 3 ettari

Per esempio, in Etiopia la superficie arabile è di 16,3 milioni di ettari, la produzione di cereali si svolge su 10 milioni di ettari di terreni con alimentazione pluviale e su solo 110mila ettari irrigui. Un obiettivo è raggiungere l’autosufficienza nel grano, aumentando la produzione annua da 6,6 milioni di tonnellate a 9,6 milioni con l’intensificazione delle culture e l’espansione dei terreni irrigui del 10 per cento all’anno.

In Zambia, dopo un decennio di crescita agricola modesta (1,8 per cento in media nel periodo 2011-2020), l’obiettivo principale è raddoppiare la produzione cerealicola delle aziende familiari e del 30 per cento di quelle commerciali; i terreni irrigui coprono solo 155mila ettari, mentre il potenziale irrigabile è di 520mila ettari.

In Nigeria negli ultimi dieci anni la produzione di cereali è stata stazionaria, con 97 milioni di agricoltori su una popolazione di 211 milioni, che in media sfruttano appezzamenti di un terzo di ettaro. Gli obiettivi principali per il 2027 sono l’aumento della produzione di riso del 40 per cento e del mais del 30 per cento.

In Tanzania solo il 23 per cento dell’area arabile è sotto coltivazione; la dimensione media degli appezzamenti è fra 1 e 3 ettari; un obiettivo è l’aumento della produzione di grano da 100mila tonnellate nel 2021 a 1 milione nel 2027, mettendo sotto coltivazione altri 400mila ettari e aumentando l’area sotto irrigazione da 727mila a 1,2 milioni di ettari, con un costo di 2,6 miliardi di dollari Usa.

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Progressi in corso

L’ ultimo rapporto del Caadp, che copre il periodo 2015-2022, mette in evidenza che gli obiettivi fissati per il 2025 non potranno essere realizzati, ma anche che i progressi fatti non sono pochi. Le aree irrigue nel continente non sono raddoppiate come era stato indicato, ma nel periodo sono comunque aumentate da 9,7 milioni a 12,4 milioni di ettari, coi migliori risultati conseguiti da Benin, Camerun, Congo Etiopia, Mozambico e Niger: Notevoli progressi si sono registrati anche in altri undici paesi, fra cui Egitto, Botswana, Tanzania, Angola. Meno evidenti i miglioramenti nell’uso dei fertilizzanti: solo quattro paesi hanno raggiunto l’obiettivo di impiegarne più di 50 chili per ettaro (Egitto, Etiopia, Malawi e Marocco); progressi sono stati conseguiti in Tunisia, Namibia e Kenya, ma per molti altri stati la crescita è modesta.

Finanziamenti necessari

Secondo le stime della Banca africana di sviluppo, gli investimenti necessari per realizzare i programmi presentati al summit di Dakar ammontano a 10 miliardi di dollari Usa all’anno, da aggiungere a quelli già in atto, per un costo totale degli investimenti nel settore agricolo delle economie dell’Africa subsahariana di 28- 36 miliardi di dollari all’anno nei prossimi cinque anni. Il costo sarebbe sostenuto in parte dai bilanci nazionali, in parte dai donatori bilaterali e multilaterali. Se lo si raffronta al Pil attuale dell’area – 2mila miliardi di dollari nel 2022 e agli investimenti annui totali lordi di 470 miliardi di dollari – sembrerebbe un costo sostenibile. Secondo stime della stessa Afdb, queste politiche di investimento e di ristrutturazione dovrebbero fare aumentare il Pil agricolo da 290 miliardi annui (15 per cento del Pil) a mille miliardi all’anno nel 2030, che corrisponde a una crescita annua del 15 per cento, superiore a quella prevedibile del Pil nominale.

Il meccanismo di rapporti di valutazione biennali del Caadp su quanto fatto da ogni paese rispetto agli obiettivi per il 2025 e i rapporti dettagliati con orizzonte 2027 presentati al summit di Dakar del febbraio 2023 testimoniano come l’Unione africana riconosca l’importanza cruciale della crescita del settore agricolo per ridurre la povertà, aumentare l’occupazione dei giovani, risparmiare esborsi per importazioni di prodotto agricoli. È positivo che i meccanismi di controllo dei progressi siano stati istituiti, ma chiaramente le azioni di riforma dovranno essere perseguite sul medio periodo con finanziamenti e capacità organizzativa adeguata.

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