In estate c’è stato un crollo delle vendite di auto elettriche in Europa. Così i costruttori rivedono le strategie decise sulla base delle stringenti normative Ue. Una soluzione per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione è agire sui carburanti.

Il crollo dell’elettrico

L’industria automobilistica europea si sta avvitando in una pericolosa spirale. Le vendite di autovetture elettriche non vanno affatto come previsto nei piani industriali e auspicato dai regolamenti dell’Unione, che pure sono stati cruciali nel determinare quei programmi.

I dati relativi alle immatricolazioni di agosto sono rovinosi: -68,8 per cento in Germania, -33,1 in Francia, -40,9 in Italia, -24,8 in Spagna, -20,7 in Polonia per citare i cinque maggiori mercati nazionali. Per il totale dei 27 paesi dell’Ue il crollo è stato del 43,9 per cento.

È chiaro che un mese (o anche un anno) non è significativo, ma nei primi otto mesi del 2024 le vetture elettriche hanno perso l’8,3 per cento rispetto al 2023, con una quota di mercato che si è ridotta dal 13,9 al 12,6 per cento, mentre il totale delle immatricolazioni è cresciuto del 1,4 per cento.

Sono numeri che ben corroborano la richiesta dell’associazione dei costruttori europei, l’Acea, di rinviare al 2027 gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) previsti per il 2025.Gli attuali ritmi di immatricolazione sono infatti del tutto insufficienti a evitare sanzioni miliardarie, stimate in 15 miliardi di euro. O meglio, le case automobilistiche si trovano ormai (già) costrette a scegliere tra sanzioni e auto-contenimento delle vendite di vetture endotermiche. La seconda opzione – oltre a deludere (leggi perdere) la clientela – si concretizza nel tagliare la produzione, con inevitabili conseguenze sulla forza lavoro. Naturalmente, si potrebbe argomentare che, in fondo, potrebbe trattarsi di una buona scusa per ridurre il numero di addetti comunque eccedenti; ma dati e tendenze sono sufficientemente chiari da non aver bisogno di troppe spiegazioni (e giustificazioni).

La via giuridica immediata – suggerita anche in un “non-paper” trapelato nei giorni scorsi – sarebbe il ricorso al Trattato sul funzionamento dell’Unione, che in virtù dell’articolo 122, consentirebbe al Consiglio, su proposta della Commissione, di decidere, in uno spirito di solidarietà tra stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, soprattutto qualora sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia. Non ci sarebbe dunque bisogno di passare dal Parlamento europeo.

Migliora l’offerta elettrica, ma l’interesse dei consumatori è modesto

Le cose, infatti, si sono parecchio complicate, anche perché vanno nella direzione opposta a quella (fortemente) voluta dal legislatore europeo. Negli ultimi anni i regolamenti 2019/631 e 2023/851 – quest’ultimo ha reso più severi gli obiettivi del primo, introducendo anche il cosiddetto bando per le auto endotermiche – hanno significativamente inciso sull’offerta di autovetture nuove. Il numero dei modelli elettrici è di molto aumentato: del 40 per cento, guardando solo gli ultimi dodici mesi. Oggi nei mercati dell’Ue si può scegliere tra ben 140 vetture elettriche, variamente assortite per prezzo, dimensioni e caratteristiche d’utilizzo. Grazie anche all’arrivo di vetture più economiche, ciò avrebbe dovuto portare un maggior numero di consumatori ad avvicinarsi all’elettrico, ma non è stato così, anzi le vendite segnano addirittura segnando il passo.

Per correre ai ripari – e anche per limitare le preoccupazioni degli azionisti – le case automobilistiche si sono spostate su traiettorie di sviluppo più ibride, posticipando il lancio di nuovi modelli elettrici e, contestualmente, rinviando le riduzioni di investimenti sulle vetture endotermiche. Il contrario, insomma, di quanto avveniva qualche anno fa, quando il mantra – premiato dagli analisti finanziari, ma ignorato dai consumatori – era “di corsa verso il tutto elettrico”.

Non citiamo il lungo elenco di produttori che hanno ingranato la retromarcia, ma almeno una menzione la merita Volvo, che smentendo quanto più volte ripromesso, non avrà in gamma esclusivamente autovetture elettriche dal 2030, darà invece più spazio alle ibride plug-in e conserverà una piccola parte di mild hybrid, come la Panda. Come forse ricorderà qualche lettore memorioso, la posizione di Volvo – saldamente in mano al gruppo cinese Geely – di fatto ricalca quella del 2017 quando, con grande risalto sui media, si impegnò a partire dal 2019 a immettere sul mercato solo auto elettrificate. Sorprendono invece le dichiarazioni di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, che al di là dei suoi convincimenti personali (è sempre stato piuttosto scettico sull’elettrico e ostile alle imposizioni), si è detto contrario alla revisione degli obiettivi 2025; come se appunto il gruppo franco-italo-statunitense, forte dei compiti fatti, fosse pronto a qualsiasi verifica. I recenti numeri, elettrici e non, paiono però raccontare una storia diversa: basti dire che la produzione della vettura elettrica più venduta dell’intero gruppo, la 500, è di nuovo ferma per un mese e che la salvezza dello stabilimento in cui viene prodotta, Mirafiori, è affidata a un inaspettato modello ibrido, il cui debutto è indicato tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.

Utile e urgente un affiancamento alle auto elettriche

In questo spinoso contesto, per bocca del nostro ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, è arrivata la proposta di anticipare al prossimo anno la discussione sulla clausola di revisione del regolamento 2023/851 prevista per il 2026. Il punto principale dovrebbe essere la scadenza del 2035 e dunque il divieto di commercializzare vetture endotermiche. In verità, le norme già contengono due importanti eccezioni per l’idrogeno o e-fuel, gli elettrocarburanti sintetici imposti dalla Germania come condizione per l’approvazione del regolamento; quelle stesse norme non lasciano (ancora) spazio ai biocarburanti su cui molto aveva puntato l’Italia.

Agire anche (e con crescente impegno) sulla decarbonizzazione dei carburanti avrebbe il significativo vantaggio di ridurre le emissioni climalteranti degli autoveicoli già in circolazione, senza necessariamente doverli sostituire con i nuovi, meglio se elettrici, che invece è il fulcro dell’attuale strategia dell’Unione.

La diffusione delle autovetture elettriche, infatti, non è per nulla sostitutiva delle endotermiche già in circolazione, ma è solo una piccola e incrementale parte delle nuove auto che arrivano su strada.

In altre parole, negli ultimi anni, e ancora nel 2023, il parco circolante dell’Unione ha continuato inesorabilmente a crescere, in gran parte di auto non elettriche, che si sommano ai 250 milioni già in strada. Anche perché se i consumatori non trovano soddisfazione nel nuovo, i cui prezzi sono di molto cresciuti, conservano (e conserveranno) tranquillamente l’auto che già posseggono.

Senza dunque rinunciare all’obiettivo della neutralità climatica al 2050, ma anzi proprio per conseguirlo, è urgente affiancare qualcosa di altro alla strategia di sostituzione e (totale) elettrificazione.

*Antonio Sileo è Direttore del programma di ricerca Sustainable Mobility presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM)

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