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Ci costano cari i treni in ritardo

La stragrande maggioranza dei treni è già in ritardo alla partenza. I costi economici sono altissimi e non riguardano solo i rimborsi dovuti ai passeggeri. È una questione che influisce sulle scelte quotidiane, la gestione del tempo e la qualità della vita.

Meglio non fidarsi degli orari ferroviario

La vita è piena di incertezze. E di scelte che coinvolgono gradi diversi di probabilità di errore. Per questo motivo, alcuni strumenti scandiscono il nostro tempo per permetterci di pianificare una decisione. Pensiamo al calendario, che divide l’anno in stagioni (ormai non sempre prevedibili, ma ufficialmente riconosciute). Oppure alle scadenze del mutuo, alle date delle lezioni scolastiche. Tra questi strumenti, anche gli orari dei treni dovrebbero essere un punto fermo, un riferimento che aiuta le persone a organizzare la propria vita senza il continuo bisogno di elaborazioni mentali complesse.

L’orario del treno, in teoria, è fatto per facilitare la vita, per evitare che il nostro cervello debba continuamente ricalcolare i tempi di spostamento e riprogrammare gli impegni. Seguendo la teoria del doppio sistema di pensiero di Daniel Kahneman, il sistema 2, quello più razionale ma energivoro, non dovrebbe essere chiamato in causa ogni volta che dobbiamo prendere un treno. L’orario ufficiale dovrebbe rappresentare l’emblema della razionalità e della prevedibilità. Ma è davvero così?

Abbiamo analizzato i dati per scoprirlo. Attraverso uno scraping degli orari dei treni circolanti in Italia dall’11 giugno al 26 luglio 2024, abbiamo raccolto informazioni su decine di migliaia di treni, suddivisi per categoria: Frecciarossa, Italo, EuroCity, regionali, interregionali e Intercity. Il dataset contiene una variabile cruciale: la partenza teorica, ossia quella prevista nell’orario ufficiale. Ma non solo. Il sistema registra anche la partenza effettiva, consentendoci di calcolare il ritardo reale accumulato prima ancora che il treno lasci la stazione.

Il risultato? Preoccupante. Il 91,33 per cento dei treni non parte all’orario previsto. Se fosse un fenomeno marginale, potremmo liquidarlo come un’inevitabile imperfezione del sistema, ma i grafici mostrano chiaramente che i ritardi sono diffusi e significativi. Analizzando quello medio e mediano per categoria e origine, emergono differenze tra i vari tipi di treno e le diverse stazioni di partenza, ma la costante è una sola: l’affidabilità degli orari è tutt’altro che garantita.

Figura 1

Figura 2

Figura 3

Quanto costano i ritardi

Ora proviamo a contestualizzare questi numeri nella vita quotidiana. Quanto valgono monetariamente cinque minuti di ritardo su ogni treno?

Uno dei metodi più utilizzati per proporre una stima è basato sul valore economico del tempo, che quantifica appunto il costo-opportunità di quello perso. Il valore varia in base a fattori come il tipo di viaggio (lavorativo o di svago) e il reddito dei passeggeri.

Un comune metodo basato sul salario medio può portarci a una prima stima numerica.

Se, infatti, il tempo del passeggero fosse usato per lavorare, il suo valore economico potrebbe essere stimato attraverso il salario orario. Ad esempio, se un lavoratore guadagna 15€/ora, allora 5 minuti di ritardo costano 15€/60 × 5 = 1,25€.

Considerando il ritardo medio per categoria, quello medio per passeggero arriva a costare: 1€ per i treni regionali; 2€ per i Frecciarossa; 3€ per Italo.

Nel dataset analizzato, nell’arco di due mesi, ci sono 60mila treni regionali, 14mila Frecciarossa e 3700 Italo.

A seconda dei modelli, ogni treno può trasportare un certo numero di passeggeri. Le stime più conservative disponibili ci dicono che: un regionale trasporta in media 300 persone, mentre Frecciarossa e Italo trasportano in media 500 persone.

Moltiplicando il costo medio/passeggero per la capienza del treno e il ritardo medio relativo a ogni categoria, otteniamo:

– treni regionali: 60000 x (1€ x 300) = 18 milioni di euro

– Frecciarossa: 14000 x (2€ x 500) = 14 milioni di euro

– Italo: 3700 x (3€ x 500) = 5,550 milioni di euro

Se questi sono valori su sessanta giorni, possiamo moltiplicare per sei ogni valore per arrivare a una stima semplice del costo annuale per tipologia di treno di cinque minuti di ritardo:

– treni regionali: 108 milioni di euro

– Frecciarossa: 84 milioni di euro

– Italo: 33 milioni di euro

Nel 2023, Trenitalia ha fatturato 15 miliardi di euro con 100 milioni di euro di utile netto.

La stima del costo di cinque minuti di ritardo sistematico su un treno lo “bruciano” completamente.

Un ultimo esercizio

Ma c’è un ultimo esercizio che possiamo provare a fare. Non sono disponibili online i dati sui rimborsi effettivi che Trenitalia riconosce ai passeggeri per il ritardo dei treni. Sono tuttavia disponibili le regole seguite sulla questione per i Frecciarossa, che prevedono un rimborso del 25 per cento del prezzo del biglietto per ritardo tra i 60 e i 119 minuti e un rimborso del 50 per cento del prezzo del biglietto per ritardo sopra i 120 minuti

Nel dataset, ci sono 609 treni con un ritardo compreso tra i 60 e i 119 minuti e 128 con un ritardo superiore alle due ore.

Moltiplicando come prima per sei, in modo da avere un valore stimato annuale (naturalmente, è un’assunzione che non tiene conto delle stagionalità), otteniamo:

– 3654 treni con ritardo tra i 60 e i 119 minuti

– 768 treni con ritardo superiore ai 120 minuti

Ipotizzando un prezzo medio del biglietto di 50 euro (senza tenere conto di alcuna agevolazione o delle differenti tratte) e (con altra assunzione eroica) che tutti i passeggeri del treno chiedano il rimborso, otteniamo i seguenti valori:

  • 3654x(50×0.25×500) = 23 milioni di euro
  • 768x(50×0.5×500) = 9,6 milioni di euro

Per i ritardi che danno origine a indennità di rimborso, insomma, una stima oggettivamente basata su ipotesi “eroiche” (in favore di Trenitalia) porta a una cifra rimborsabile di 33 milioni di euro, che rappresentano il 39 per cento della stima del costo del ritardo sistematico per i passeggeri del Frecciarossa effettuata prima.

Ogni giorno prendiamo decisioni pianificando i nostri spostamenti con orizzonti temporali e intervalli di tempo ristretti. Ma quanto è possibile, in Italia, farlo con tranquillità? L’analisi dei dati suggerisce che affidarsi ciecamente agli orari ufficiali dei treni può essere un azzardo. Non è solo un problema di comodità, ma una questione che influisce sulle scelte quotidiane, sulla gestione del tempo e, in ultima analisi, sulla qualità della vita.

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  1. Savino

    Ci costa caro aver dismesso investimenti pubblici sulle infrastrutture ferroviarie da 35-40 anni a questa parte. La rete ferroviaria era un collante che univa il Paese e ci univa all’Europa e la cui presenza o assenza determina in modo decisivo gli stili di vita.

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