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Chi ben valuta è a metà dell’opera *

I tempi di realizzazione delle opere pubbliche aumentano. Per mancanza di fondi e per l’eccessiva frammentazione degli interventi. Così non si risolve il deficit infrastrutturale del paese, né si rilancia la crescita. Le procedure di valutazione dei progetti e le reali possibilità di concretizzarli.
Il viadotto crollato appena dieci giorni dopo la sua inaugurazione, ha riaperto il dibattito in merito alla qualità ed ai tempi di realizzazione delle infrastrutture del nostro paese. L’opera in questione, realizzata lungo la strada statale 121 in località Mezzojuso (Palermo), a differenza di molte altre infrastrutture pubbliche, era stata completata ben prima del termine previsto suscitando il plauso delle autorità. A differenza di quanto riportato in un primo momento, il crollo potrebbe non aver riguardato il viadotto vero e proprio ma la sede stradale costruita in rilievo nel punto di congiunzione ad esso. Sarà la Procura della Repubblica di Termini Imerese, che ha già provveduto al sequestro degli atti del bando, ad accertare eventuali responsabilità.
Prima di questo accadimento, il 2014 si era concluso con il decreto Sblocca Italia e il piano Juncker, due importanti provvedimenti per il rilancio degli investimenti, ma anche con la pubblicazione di un interessante rapporto del Dipartimento delle politiche di sviluppo, sui tempi di realizzazione delle opere pubbliche. Tali dati, letti unitamente al numero e all’importo medio dei progetti finanziati attraverso i fondi strutturali, possono fornire degli spunti interessanti in una fase nella quale dalla spesa destinata alle infrastrutture, ci si attende una ripresa della crescita.
PIÙ TEMPO PER FINIRE L’OPERA
La terza edizione del rapporto sui tempi di attuazione e di spesa delle opere pubbliche, curata dall’Unità di verifica degli investimenti pubblici (Uver) del dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica, evidenzia alcune delle criticità presenti nella spesa pubblica destinata alle infrastrutture: i risultati mostrano tempi medi per la realizzazione delle opere pubbliche in aumento rispetto alla precedente edizione del rapporto.
In Italia per l’attuazione di un intervento infrastrutturale, dalla progettazione all’esecuzione dei lavori, in media occorrono quattro anni e mezzo. Al netto delle differenze nella composizione del mix di spesa, il Mezzogiorno fa registrare dei lassi di tempo leggermente superiori rispetto al Centro e al Nord. L’Emilia Romagna e la Sicilia sono le regioni che si distinguono in positivo e negativo, con durate medie rispettivamente di 3,8 e 6,9 anni. La Calabria, ad esempio, impiega un mese più del Piemonte o del Trentino Alto Adige, ma meno della Liguria, del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e della Lombardia. Questi numeri sembrano confermare una certa lentezza nella realizzazione delle opere pubbliche, ma eliminando i casi estremi, le differenze tra il Nord e il Sud non sono poi così marcate.
Come è ragionevole attendersi, la tempistica cresce all’aumentare della complessità e del costo dell’opera. Se nella classe di importo inferiore a 100mila euro sono necessari 2,9 anni, in quella immediatamente superiore – compresa tra 100 e 200mila euro – ne occorrono 3,6, fino ad arrivare a 14,6 anni per le opere di importo superiore a 100 milioni di euro . La tavola seguente mostra, nella sezione sinistra, i tempi di attuazione degli interventi infrastrutturali suddivisi per classi di costo. Al fine di calcolare la spesa annua, alla tavola sono stati aggiunti il numero e l’importo medio dei progetti destinati alla realizzazione di opere pubbliche co-finanziate con i fondi strutturali nel periodo 2007-13. La sovrapposizione delle informazioni è stata possibile perché fa riferimento a una base informativa comune e aggiornata alla medesima data.

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Tavola 1 – Tempi di attuazione degli interventi infrastrutturali e spesa annua per classi di costo

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TANTI LAVORI SOTTO IL MILIONE
Il dato che colpisce maggiormente è quello relativo alla percentuale di spesa annua (colonna “e”). Per i progetti appartenenti alla classe dimensionale oltre i 100 milioni di euro, la spesa è di appena il 6,8 per cento, un dato che cresce in modo esponenziale al ridursi dell’importo dell’opera. Meritevole di attenzione è anche la numerosità degli interventi, oltre l’85 per cento è al di sotto del milione di euro (colonna “b”).
Dall’analisi emerge che i progetti che potrebbero servire a colmare il deficit infrastrutturale e di servizi presente nel paese, quelli di importo più rilevante, sono realizzati con maggiore difficoltà e lentezza. Non ci si riferisce alle grandi opere come la Tav, sulla cui opportunità è in corso un aspro dibattito, ma a interventi da qualche centinaio di milioni di euro.
Le cause sono riconducibili a due ordini di fattori. Al crescere della dimensione degli interventi si registra non solo un significativo incremento della complessità, delle varianti di progetto proposte e dei contenziosi presentati, ma anche una maggiore difficoltà nel reperire le necessarie fonti di copertura finanziaria. Il decreto “sblocca Italia”, ad esempio, che pure è un provvedimento positivo e prevede tempi molto stringenti (entro 31 dicembre 2014, il 30 giugno 2015 e il 31 agosto 2015) per la cantierabilità di determinati interventi, pena il disimpegno dei fondi, definisce tuttavia un piano finanziario frazionato nel tempo che lascia presagire tempi realizzazione non proprio immediati. Il secondo elemento è un’elevata frammentazione della spesa co-finanziata con i fondi strutturali, come evidenziato in un precedente contributo pubblicato su lavoce.info che analizzava gli oltre 739 mila interventi censiti nel periodo 2007-2013, di cui più di 16mila destinati a opere pubbliche, dimostrando, tra le altre cose, che il fenomeno è meno accentuato nel Mezzogiorno rispetto al resto del paese. I dati mostrano inoltre che la distribuzione dei progetti per classe dimensionale fa sì che le percentuali di spesa degli interventi di importo più elevato siano anche quelle che generano i volumi di spesa più rilevanti (colonna d). Al di sopra dei 100 milioni, la spesa annua è di 21,3 milioni, nella classe compresa tra 1 e 100 milioni è di 12,5 milioni, al di sotto del milione è di appena 280mila euro l’anno.
Il piano Juncker recentemente approvato dalla Commissione, punta ad attivare investimenti per oltre 300 miliardi nel prossimo triennio attraverso la Banca europea per gli investimenti, ma di questi solo i 21 miliardi europei sono esclusi dal Patto di stabilità. Se, come si auspica, si vorranno utilizzare le opere pubbliche come strumento per rilanciare la crescita, sarà necessario trovare un giusto equilibrio tra velocità di spesa e classe dimensionale dei progetti finanziati. Il controllo della spesa pubblica rende necessario un rafforzamento delle procedure di valutazione degli interventi anche in relazione alle loro concrete possibilità di realizzazione.
* Le opinioni espresse sono da attribuire esclusivamente all’autore e non coinvolgono l’amministrazione di appartenenza.

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  1. Paolo Quattrone

    ottimo articolo. Il governo britannico ha lanciato la Major Project Leadership Academy MPLA, (in collaborazione con Oxford) per formare una classe di dirigenti che sappiano gestire (non eliminare, il che e’ impossibile) la complessità. Devo dire che l’esperienza 9anche dal mio punto di vista di docente) e’ entusiasmante anche perché i civil servants sono di ottimo livello e non dubito che eccellenze simili esistano anche in Italia ma debbano solo essere messe a sistema. La MPLA lo fa.

  2. MS

    Ma perché non ti chiedi, Guido, quali sono gli incentivi a spendere per interventi sotto le soglie che consentono di non usare le normative comunitarie? E se quegli incentivi permangono. Qualcuno se l’è chiesto, ed infatti non lavora più in Italia. L’UVER presenta un po’ sempre le stesse elaborazioni….E molti elaborano i dati solo in modo da presentare una informazione neutra per non “disturbare il manovratore” (o per fare interessi poco chiari).
    In Italia non c’è alcuna valutazione della spesa pubblica infrastrutturale (tolte rarissime eccezioni), perché vige un rigido sistema di censura ed espulsione di chiunque ci provi….Poi c’è tanta retorica: tanti che parlano di corruzione, e pochi (per fortuna ci sono quei pochi) che la perseguono con serietà. E non c’è solo la corruzione (a fine corsa), a distrarre risorse. La politica è spesso oscura, gioca nell’ombra, manipola l’informazione per fare interessi più o meno buoni. Condivido che molte grandi opre opere possono avere serissimi problemi, ma come si controllano le tante piccole, tanto più se abilmente frammentate? Basta farsi delle belle passeggiate in alcune regioni. e leggere con molta attenzione i cartelli.. I porti turistici incompleti e inutili…ecc. ecc. Ma i dati ci sono … il punto è che alcuni non hanno interessi ad usarli (se non per fare un po’ di propaganda, o tirare l’acqua al proprio mulino). Niente autonomia di giudizio, niente valutazione, e 14 anni (perché questo è) di un’Italia che affonda..

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