Non ci sono molte squadre del Sud nel campionato di calcio di quest’anno. L’analisi dei bilanci di Roma, Napoli e Lecce rimanda tre diversi modelli di business. Complessa la situazione dei giallorossi, mentre per i partenopei c’è spazio per crescere.
Poche squadre in rappresentanza del Sud
Nelle nostre periodiche analisi dei bilanci delle squadre di calcio di Serie A, non ci siamo finora occupati delle società del Sud. Lo facciamo qui, partendo da un primo elemento che salta agli occhi: nella stagione 2024-2025 l’Italia meridionale è fortemente sottorappresentata: includendo le due squadre della capitale, sono solo Roma, Lazio, Napoli e Lecce a gareggiare per la macro-regione.
Qui la nostra indagine si concentra su tre società: Roma, Napoli e Lecce. Per la capitale – per evitare un derby che avrebbe spostato l’attenzione dell’articolo solo sulle società capitoline – abbiamo scelto la squadra giallorossa che ha un bacino di tifosi molto più ricco di quello della Lazio e che, come azienda, ha una storia recente fatta di passaggi più interessanti.
Come capita spesso nel caso dei nostri articoli, una prima considerazione riguarda la trasparenza comunicativa: Roma e Napoli pubblicano sul loro sito il bilancio consolidato chiuso il 30 giugno 2023 (dunque parliamo della stagione prima di quella in corso); il Lecce non lo fa. Per questo motivo, abbiamo fatto ricorso alla banca dati Aida (Analisi informatizzata delle aziende italiane), con i pro e i contro di questa scelta. Da un lato, è possibile effettuare un confronto a parità di voci di bilancio; dall’altra, nei bilanci pubblicati su Aida compaiono solo voci sintetiche e non è possibile scendere nei dettagli, come invece spesso sarebbe prezioso per comprendere la strutturazione dei ricavi della società. Sempre all’insegna di considerazioni di trasparenza, il cambio di proprietà della Roma (che dal 2020 è parte del Gruppo Friedkin) ha comportato per esempio il delisting del titolo in Borsa che, tra le altre cose, ha ridotto gli oneri di legge stabiliti da Consob.
Stato patrimoniale
Chiaramente Roma e Napoli rappresentano (per tradizione e dimensione) società molto più grandi del Lecce e lo si vede subito nella dimensione dell’attivo. Siamo intorno al mezzo miliardo di euro per le prime società, mentre il Lecce arriva vicino ai 70 milioni (dunque il 15 per cento circa in termini dimensionali).
Guardando tuttavia le voci dell’attivo, si apprezzano alcune peculiarità. La Roma, per esempio, ha un modello di business in cui vengono create molte società satellite (partecipate dalla capogruppo) e dedicate al merchandising, al marketing e ad altre attività commerciali. Tutte e tre le squadre contano molto sulle attività di player trading ma, da questo punto di vista, spicca il Lecce, per cui il valore dei cartellini dei giocatori arriva a un terzo dell’attivo, indice di una dirigenza che probabilmente fa molto affidamento sullo scouting e sull’investimento da valorizzare, come peraltro dimostra la cessione multimilionaria a gennaio 2025 di Patrick Dorgu al Manchester United.
In termini di patrimonio netto, quello della Roma è negativo per 250 milioni di euro, il che si spiega con una struttura del debito societario in cui i soci (e i diversi investitori) risultano prestatori terzi che iniettano denaro nella società.
Spicca invece per il Napoli una voce peculiare: la cassa, davvero molto elevata, 211 milioni di euro. Una cassa di queste dimensioni generalmente si può spiegare perché il bilancio si è chiuso con qualche incasso importante da vendita di giocatori. In questo caso è soprattutto un elemento che potrebbe contestualizzare i dissidi (apparenti) tra Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis. Il tecnico salentino lamenta sempre i pochi investimenti nel calciomercato che riducono la competitività della squadra: in effetti i numeri di bilancio giustificherebbero spese e investimenti anche importanti per alzare l’asticella e il livello della società.
Tabella 1

Conto economico
Il conto economico conferma alcuni degli elementi già emersi. Il Napoli ha un gap importante da colmare per quanto concerne i ricavi da stadio: nell’anno successivo allo scudetto della stagione 2022-2023, si fermano a 28 milioni di euro (circa la metà di quelli della Roma e molto lontano dagli 80 milioni dell’Inter). Quel che più stupisce è che il valore cali di 10 milioni di euro rispetto all’anno precedente.
Purtroppo, la voce degli altri ricavi nel bilancio Aida non consente di scendere nei dettagli, ma qui, mentre la Roma si attesta sui 166 milioni, il Napoli quasi la doppia arrivando vicino alla soglia dei 300 (il Lecce si ferma a 77 milioni di euro).
Per quanto concerne i costi, una gestione non efficiente della Roma si vede negli ingaggi, che pesano sul bilancio per quasi 200 milioni. Molto equilibrata, invece, la gestione del Lecce.
Sia Roma, sia Napoli presentano valori negli ammortamenti molto elevati: la Roma svaluta quasi il 50 per cento del valore dei cartellini dei propri giocatori e il Napoli, lo scorso anno, è arrivato alla quota monstre dell’82 per cento (probabilmente legata all’operazione di svalutazione del cartellino di Osimhen). Se una società ha nel player trading un elemento chiave del suo modello di business, questo rappresenta senz’altro un punto di attenzione.
Guardando i risultati operativi, il Lecce mostra una sostenibilità virtuosa con 13 milioni di euro di utile netto; la Roma sconta la sua struttura debitoria e le inefficienze nella gestione (connesse a risultati sportivi deludenti), con un rosso che si avvicina ai 100 milioni di euro.
Mentre il Napoli, nonostante tutti i problemi detti, conclude con un brillante + 63 milioni di euro.
Tabella 2

Tre situazioni diverse
L’analisi delle tre squadre del Sud porta a conclusioni piuttosto interessanti. Il Lecce è una società piccola che sembra impostare il suo modello di business all’insegna della sostenibilità di piccolo cabotaggio: poche risorse, ma ottima gestione manageriale (la cessione di Dorgu è in grado di coprire il monte ingaggi di un intero anno per la squadra).
La Roma vive una situazione complicata: i risultati sportivi deludenti si combinano, probabilmente, con errori manageriali che pesano sulle casse della società nonostante le iniezioni di capitale dei Friedkin.
Il Napoli, invece, è una società finanziariamente in salute. Anzi, molto in salute ed è un caso davvero peculiare nella serie A. Proprio per questo, tuttavia, sembra quasi che manchi la visione e la strategia di lungo periodo: ci sono risorse e c’è spazio per crescere e alzare il livello. De Laurentiis lo farà?
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Savino
Quella del Lecce è una bella favola sportiva, spesso sottovalutata dal mainstream, che unisce sostenibilità e competenza calcistica.