Psg e Inter possono giocarsi la vittoria della Champions League, ma dal punto di vista finanziario non c’è partita: nelle più importanti voci di bilancio la società parigina surclassa quella milanese. Che però ha un modello di business più moderno e virtuoso.
A Parigi c’è poca trasparenza
Il 31 maggio è il giorno della finale di Champions ed è arrivato il momento della sfida sui conti tra le due squadre che la giocheranno, Inter e Paris Saint Germain.
Due squadre, due modelli di business molto diversi, una cultura finanziaria opposta e una scala dimensionale non confrontabile, per tanti versi: tutto questo dice già tanto del clamoroso risultato dell’Inter (e lo sarebbe stato per qualsiasi altra squadra italiana) nel raggiungere la finale di Champions League.
Partiamo da un tema su cui battiamo sempre: la trasparenza. Non c’è impresa se non ci sono dati. E non ci sono dati che possano essere analizzati senza un’etica della trasparenza che porti a condividerli. Lo avevamo già visto lo scorso anno quando, arrivati alle semifinali di Champions, abbiamo dovuto escludere il Psg dalla nostra analisi per mancanza di informazioni.
Le cose non sono cambiate: la società parigina non pubblica il proprio bilancio e siamo riusciti a risalire a uno specchietto estremamente sintetico grazie all’organismo di vigilanza della Ligue 1, che offre le informazioni finanziarie di tutti i club, compresa la squadra di al-Khelaifi. Già confrontando i numeri del team parigino con le sue rivali in campionato, ci si accorge che la dimensione della forza finanziaria del Psg non è paragonabile con quella di tutte le altre squadre francesi.
Di contro, la società di Milano vince a mani basse la sfida della trasparenza: i bilanci consolidati, corredati dalle relazioni di accompagnamento e da informazioni molto dettagliate, sono pubblicate sul sito della società nella sezione Investor Relations.
Lo stato patrimoniale
Entriamo dunque nel dettaglio dei bilanci, partendo dallo stato patrimoniale.

L’attivo di bilancio del Psg, che arriva a 1 miliardo e mezzo di euro, è praticamente il doppio di quello dell’Inter (circa 750 milioni) e comprende circa 500 milioni di euro di cartellini dei giocatori e più o meno lo stesso importo in terreni e fabbricati (il Psg gioca in affitto al Parco dei Principi, mentre la società costruisce uno stadio di proprietà).
L’Inter è Davide contro Golia: i cartellini dei giocatori valgono 154 milioni di euro, un terzo del valore dei rivali. È un dato significativo perché ci dice quanto il calcio italiano, per poter competere con le grandi potenze europee, debba davvero ingegnarsi con una gestione operativa attenta ed efficace.
La liquidità della società meneghina è di tutto rispetto: 115 milioni di euro, rispetto ai 36 dei transalpini.
Passando al passivo dello stato patrimoniale, il Psg è un club fortemente patrimonializzato sia attraverso l’equity (poco sopra i 230 milioni di euro) sia con 200 milioni di prestito dai soci che, sostanzialmente, indica una forma di capitale della famiglia proprietaria presentata in altro modo a livello di conti.
Il passivo dell’Inter, invece, ha una zavorra che conosciamo da tempo: il patrimonio netto negativo (al 30 giugno 2024 parliamo di 90 milioni di euro, anche se in netta riduzione rispetto alle stagioni precedenti) è compensato da un sovraindebitamento che grava sulle casse della società per più di 800 milioni: prestiti, bond, debiti tributari. Non è facile avere libertà di manovra con una simile spada di Damocle che pende sui conti.
Il conto economico

Dal punto di vista del conto economico, i ricavi del Psg sfiorano i 900 milioni di euro, contro i 460 dell’Inter. Spicca la somiglianza nella loro struttura, se si guarda ai ricavi da stadio e a quelli dei diritti tv.
Il Psg, tuttavia, prende il largo con le sponsorizzazioni, che vedono ancora una volta la mano invisibile del Qatar che, tramite la società di Sports Investments, innaffia di liquidità le casse della società. Non è nostro compito né nostro obiettivo mettere in discussione la natura opaca di un proprietario che è anche sponsor. Qui ci interessa notare che il modello di business della squadra è quello padronale classico (e superato): una famiglia o un magnate molto ricchi che provvedono alle esigenze della società indipendentemente dalla gestione operativa.
Il conto economico della squadra francese vede emergere un valore degli ingaggi triplo rispetto a quello dell’Inter (che, pure, ha stipendi dei giocatori tra i più alti della serie A) e una perdita a bilancio che sfiora i 60 milioni di euro.
Il modello di business
L’Inter, ormai da anni, ha adottato un modello di business molto più moderno, improntato a criteri di managerialità e gestione economica. I risultati operativi si vedono, sia nel graduale contenimento dei costi degli ingaggi (che si riducono di anno in anno), sia nell’espansione dei ricavi frutto di nuovi accordi commerciali e sponsorizzazioni.
È soprattutto una gestione efficace del player trading che ha consentito, negli ultimi anni, di coniugare risultati sportivi e aziendali: l’Ebit al 30 giugno 2024 è positivo per quasi 9 milioni di euro. Un plauso all’Inter, per quanto riguarda la gestione operativa, nell’avere raggiunto un traguardo così importante.
A gravare sul bilancio, una volta di più, sono gli oneri finanziari, gli interessi sul debito monstre che valgono 41 milioni di euro l’anno e portano il risultato di bilancio da positivo a negativo per meno 30 milioni di euro.
È ragionevole pensare che al 30 giugno 2025, con la cavalcata Champions, gli ottimi risultati in campionato e lo stadio sempre pieno, la qualificazione al Mondiale per club e un valore del brand che aumenta anche in virtù dei risultati sportivi, il bilancio dei nerazzurri possa vedere, dopo tanti anni, il ritorno al segno più.
E questo al netto di una rosa il cui valore di bilancio è decisamente inferiore non solo a quello del Psg, ma anche a quello di altre due squadre incontrate durante il percorso: Barcellona e Bayern Monaco. A prescindere dal risultato sul campo, va reso merito ai nerazzurri che portano avanti un’idea di business finalmente virtuosa e sostenibile.
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