In Italia mancano norme specifiche di sicurezza per il lavoro nelle profondità marine. C’è però il Repertorio telematico della subacquea industriale della Regione Siciliana. Applicarne le prescrizioni avrebbe probabilmente evitato la morte di un sub.

Un caso di morte sul lavoro

Rob CorneIius Huijben, sommozzatore olandese, è morto l’8 maggio scorso mentre tagliava, in Sicilia, il boma del relitto dello yacht Bayesian. I pubblici ministeri di Termini Imerese hanno avviato un’azione penale nei confronti della Smith & Savage, la società per cui lavorava Huijben, per omicidio colposo e violazione delle normative sulla sicurezza.

La notizia è dell’Ansa e non è da sottolineare solo per la prontezza dell’azione penale, lo è soprattutto per le solide basi dalle quali l’azione della magistratura scaturisce: l’innovazione normativa che ha portato all’istituzione del Repertorio telematico della subacquea industriale (Rtsi). La sua applicazione, o quella di certificazioni equivalenti, avrebbe molto probabilmente consentito di prevenire l’incidente, così come molti altri, con troppi sommozzatori che continuano a morire sul lavoro.

Il settore della subacquea industriale include un’ampia gamma di attività. Il rischio di mortalità è molto elevato.

Istituendo il Rtsi, la Regione Sicilia ha creato un presidio trasparente, allineato con le norme di sicurezza internazionali, di semplice accesso e consultazione. Un modello che potrebbe essere preso a riferimento per la diffusione delle attività di prevenzione in tutte le regioni e servire d’esempio per altre categorie e settori.

Il Rtsi o suoi equivalenti risolvono, “in un colpo solo”, una serie di asimmetrie informative: per le imprese riguardo ai percorsi effettuati dai lavoratori, per i lavoratori riguardo al contenuto e al valore dei titoli di studio, per le autorità pubbliche riguardo al rispetto di una serie di presidi.

Il Repertorio telematico della subacquea industriale

Occorre premettere che in Italia manca un quadro normativo aggiornato per il lavoro subacqueo.

La Regione Siciliana ha legiferato (legge regionale 21 aprile 2016, n. 7 “Disciplina dei contenuti formativi per l’esercizio delle attività della subacquea industriale”) nell’ambito delle proprie competenze in materia di istruzione e formazione professionale, promozione dell’occupazione e – in sede concorrente – di tutela e sicurezza del lavoro.

Al fine di agevolare il contatto fra domanda e offerta di lavoro e il riconoscimento delle qualificazioni formative e operative acquisite, anche a livello transnazionale, la normativa siciliana ha previsto appunto l’istituzione del Rtsi, avviato sin dal 2021. Risultano oggi iscritti 164 soggetti, dei quali 70 residenti in Sicilia, 80 in altre regioni italiane e 14 all’estero (un numero comunque rilevante tenuto conto del carattere molto specialistico dell’attività). Dall’avvio del Rtsi, nessuno dei soggetti iscritti è mai stato vittima di incidenti gravi o mortali nell’esercizio dell’attività professionale.

Vi sono chiari collegamenti tra la legge siciliana e i relativi applicativi e gli standard formativi internazionali: prevedono un numero minimo di immersioni e attività in acqua, in sintonia con quanto previsto dall’Idsa, l’associazione internazionale delle scuole di subacquea industriale, e sull’esempio di quanto avviene in Australia con l’Adas.

Il Rtsi non si può considerare un albo professionale, è piuttosto uno strumento di riconoscimento e certificazione delle competenze e delle abilità acquisite in seguito a percorsi formativi e confermate dall’attività rilevabile nel log book.

L’utilità di queste piattaforme è confermata dall’esperienza del Regno Unito, dove l’introduzione della normativa Hse ha portato a una riduzione degli incidenti mortali, in particolare nel campo dell’offshore petrolifero, da un picco di 41 nel 1972 a una media di 6,5 nel decennio successivo.

In sintesi, il superamento dell’esame di un corso normato e l’iscrizione al Rtsi consentono a un operatore di ottenere una certificazione sul mercato del lavoro fondata sull’effettivo rispetto dei presidi previsti dagli standard internazionali. Peraltro, può iscriversi al Repertorio chiunque ne abbia i requisiti.

Le altre regioni italiane potrebbero seguire lo stesso percorso della Regione Sicilia. Il Friuli Venezia Giulia ha compiuto i primi passi, ma mancano finora l’istituzione o il rinvio a un Repertorio e altri aspetti di rilievo riguardo agli ambiti operativi considerati.

Mancano norme specifiche

Il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (Dlgs 9 aprile 2008, n. 81) specifica che: “Il datore di lavoro assicura (…) che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto (…)”.  La legge della Regione siciliana, prima nel suo genere, definisce appunto percorsi precisi per poter operare nelle varie profondità marine.

In questo campo, infatti, per quanto riguarda la sicurezza, moltissime imprese si limitano a riferirsi a una normativa generale relativa all’organizzazione e gestione del cantiere subacqueo (Uni 11366), cogente nel settore “Oil & Gas”, ma solo volontaria negli altri settori. Peraltro, una sentenza della Cassazione (penale sez. 4 n. 32233, 16.2.2022) ha specificato che la norma Uni non esaurisce gli obblighi a carico del datore di lavoro, che includono la formazione del personale. La stessa sentenza indica che il Dlgs n. 81 del 2008 si applica anche nei recuperi di relitti. Insomma, il solo riferimento alla norma Uni è poco più di una “foglia di fico”.

E infatti, nel corso degli anni, diverse interrogazioni parlamentari, sia alla Camera che al Senato hanno sottolineato la criticità del vuoto normativo. Una recente interrogazione alla Camera evidenzia che “(…) l’iscrizione al repertorio della Sicilia rappresenta il requisito minimo per la applicazione del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro”. Analogamente, il Senato.

Il caso del recupero Bayesian

Nel caso Bayesian, il punto critico dell’indagine dei giudici riguarda proprio la mancata iscrizione al Rtsi (che ha valenza italiana ed europea), o a un repertorio equivalente, del sub che lavorava sul relitto.

Due sono i quesiti specifici riguardo al caso Bayesian. Il primo solleva la questione se il sub che operava sul relitto era adeguatamente formato, come richiede il Dlgs 81/08 (art. 19. – Obblighi del preposto). Occorre, in particolare, capire se il personale era formato per le operazioni in profondità e quelle di taglio e aveva la dovuta esperienza riscontrabile dal log book personale (Lr 07/2016 e Dprs n. 31/2018).

Il secondo interrogativo è se i dirigenti preposti hanno preventivamente verificato i rischi cui era esposto il sub. Secondo le loro attribuzioni e competenze, i preposti devono infatti richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa. Nel caso del Bayesian, occorre capire anche se siano state usate correttamente le attrezzature obbligatorie per legge e tali da consentire di intervenire immediatamente in caso di incidente.

C’è una tragica ironia nel nome dello yacht: Thomas Bayes è lo statistico che ha introdotto il concetto e le formule delle probabilità condizionate. Se l’esecuzione dei lavori di recupero del Bayesian fosse stata condizionata agli obblighi di sicurezza e a una formazione certificata, le probabilità di un incidente sarebbero state ridottissime.

Come per tanti drammi che affliggono il mondo del lavoro – dalla disoccupazione e inattività dei giovani, all’esclusione e subalternità delle donne, alla disoccupazione strutturale – le morti sul lavoro provocano ricorrenti ondate di indignazione. Seguono gli appelli a fare qualcosa, ma per lo più hanno seguito limitato.

Il caso della subacquea industriale mostra che i presidi sono stati creati, con tenacia e professionalità. È il silenzio che li circonda che va combattuto: sarebbe infatti necessario dare un’informazione capillare e continua in proposito.

Così si parla ancora di “maledizione del Bayesian” (lo ha fatto, per esempio La Repubblica del 3 giugno 2025), diffondendo messaggi con un sottofondo di superstizione. Manca invece, quasi sempre, il riferimento a chi si impegna per migliorare i presidi e diffondere comportamenti responsabili.

Occorre far tesoro dell’esperienza del Rtsi, del suo valore segnaletico per datori di lavoro, lavoratori, studenti, operatori pubblici e magistratura. È un esempio di come possono essere affrontati i comportamenti elusivi e le asimmetrie informative.


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