L’obiettivo del savings and investments account è far crescere la partecipazione dei risparmiatori al mercato dei capitali. Sarà decisiva la proposta della Commissione sul regime di tassazione: la no tax area del modello svedese ha conseguenze sulle entrate.

La proposta della Commissione sui conti correnti di risparmio e investimento

Dopo una primo articolo di introduzione, abbiamo poi proseguito l’analisi dei diversi aspetti della proposta della Commissione sulla Savings and Investments Union in due diversi interventi. Qui ci occupiamo di quello che, nelle intenzioni della Commissione, dovrebbe rappresentare uno dei cardini della futura unione dei capitali, necessario per mobilitare risorse verso il sistema produttivo. 

Come hanno ben documentato il rapporto Letta e quello Draghi, i cittadini comunitari risparmiano molto e investono poco, l’obiettivo è dunque offrire al settore retail nuovi canali di accesso al mercato dei capitali, per evitare il doppio fenomeno di una liquidità molto alta parcheggiata nei conti correnti e attività finanziarie che invece migrano verso altre aree del mondo.  

Lo strumento individuato per realizzare questa finalità è l’investment savings account, ripreso dalla esperienza svedese dell’Isk (Investeringssparkonton): la comunicazione sulla Savings and Investments Union propone di elaborare un modello europeo (“European blueprint”) per questo tipo di conti, che sarà accompagnato da una raccomandazione sul relativo regime fiscale applicabile, con il dichiarato scopo di accrescere, appunto, la “retail participation in capital markets” (la partecipazione della sfera retail al mercato dei capitali).

La ragione di fondo della proposta risiede nell’enorme e rapido successo che questo tipo di conto ha avuto in Svezia: nel 2023, circa 4 milioni di persone ne erano titolari e il controvalore di quanto depositato era intorno ai 1.700 miliardi di corone svedesi, mentre quando fu introdotto, poco più di dieci anni fa, il numero dei depositanti era inferiore a 500mila e il controvalore non superava i 200 miliardi di corone svedesi. Secondo il rapporto Draghi, la maggiore partecipazione del settore degli investitori retail, riconducibile alle caratteristiche degli investment savings accounts ma anche alla disciplina dei fondi pensione, non solo ha accresciuto la profondità del mercato dei capitali svedese, ma ha anche determinato un considerevole incremento delle offerte pubbliche iniziali, che in Svezia sono state più di 500 negli ultimi dieci anni, cioè superiori a quelle che hanno complessivamente avuto luogo in Germania, Francia, Olanda e Spagna.

Che cosa è un investment savings account?

Un investment savings account – Isk (Investeringssparkonton) è un deposito che documenta la titolarità di strumenti finanziari e che è soggetto a un regime di tassazione diverso da quello che sarebbe applicabile in via ordinaria ai singoli strumenti finanziari detenuti dall’investitore. La Svezia lo ha introdotto nel 2012 allo scopo di rendere più semplice per i risparmiatori il calcolo delle imposte dovute sui loro asset finanziari (il problema risiedeva soprattutto nella valutazione dell’impatto delle minusvalenze e delle plusvalenze), e quindi, in definitiva, per agevolare l’investimento in strumenti finanziari. 

Ora il sistema di tassazione svedese funziona in questo modo: i) l’imposta non viene calcolata tenendo conto del reddito effettivo degli investimenti, cioè sulla base dei guadagni e delle perdite effettive, ma applicando l’aliquota fiscale al rendimento “standard” degli strumenti finanziari presenti sul conto (standard revenue); ii) il rendimento standard è a sua volta calcolato moltiplicando il valore di mercato degli asset presenti sul conto per un tasso di interesse standard (standard interest rate); iii) il tasso di interesse standard è pari al tasso di interesse del debito pubblico (government borrowing rate), aumentato dell’1 per cento. In ogni caso, non può essere inferiore all’1,25 per cento (floor).

Di recente, il governo svedese ha poi deciso di introdurre una no-tax area fino a 150mila corone svedesi, che verrà aumentata fino a 300mila nel 2026 (circa 14mila e 28mila euro).

L’effettiva convenienza fiscale del sistema rispetto a quello ordinario è, tuttavia, controversa. Da un’analisi condotta nel 2018 è emerso che non sarebbe vantaggioso nel caso di quote di partecipazione a fondi obbligazionari. Invece, nel caso di azioni e di quote di partecipazione a fondi azionari, è molto complesso stabilire se l’Isk sia conveniente, in quanto il sistema di tassazione ordinario viene applicato tenendo conto delle entrate effettive, mentre quello dell’Isk è applicato a un rendimento standard che, nei fatti, potrebbe essere stato più basso o non esserci stato del tutto.

Secondo lo Swedish National Audit Office l’introduzione dell’Isk avrebbe inoltre determinato una riduzione significativa delle entrate fiscali, solo apparentemente compensata dall’incremento del gettito dovuto al grandissimo aumento delle somme depositate in questo tipo di conto.

Va poi considerato che le statistiche su alcuni aspetti di grande rilevanza, come ad esempio sugli asset effettivamente presenti all’interno degli Isk, ancora in tempi recentissimi, sono ricavate in via induttiva sulla base delle informazioni relative al gettito fiscale.

Riusciranno ad accrescere la partecipazione dei risparmiatori al mercato dei capitali?

In sostanza, potrebbe non essere facile per il risparmiatore valutare in completa autonomia la convenienza dello strumento, essendo necessario stabilire se il rendimento effettivo di tutto il suo portafoglio risulterà in concreto superiore al rendimento standard. In linea di principio, la valutazione dovrebbe essere più semplice nel caso dei titoli a reddito fisso, ma in realtà anche in questa ipotesi è resa complicata dal fatto che la base per il calcolo del tasso di interesse standard è il tasso di interesse del debito pubblico, cioè una grandezza variabile nel tempo, e che seguendo il modello svedese potrebbe essere difficile approfittare dei ribassi di questa per via del tasso floor, ovvero approfittare degli aumenti del rendimento dei titoli in portafoglio a causa della maggiorazione dell’1 per cento applicata al tasso di interesse del debito pubblico. 

La risposta alla domanda se i savings and investments accounts potranno davvero accrescere la partecipazione dei risparmiatori al mercato dei capitali dipenderà, soprattutto, dalle proposte della Commissione in ordine al regime di tassazione applicabile. In termini di semplificazione e di convenienza, infatti, l’impatto sarebbe massimo se venisse prevista – secondo il modello svedese – una no-tax area. Allo stesso tempo, però, ciò potrebbe avere significative conseguenze per le entrate fiscali dello stato.

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