Un sondaggio condotto su studenti liceali dell’ultimo anno mostra che le scelte universitarie dei genitori influenzano quelle dei figli. Con il rischio di consolidare le diseguaglianze. È perciò necessario rafforzare gli strumenti di orientamento.
L’eredità educativa nelle scelte del percorso universitario
Cosa spinge uno studente italiano a scegliere medicina, ingegneria o giurisprudenza all’università? Secondo un nostro recente lavoro, la risposta potrebbe trovarsi in famiglia.
Analizzando i dati di un ampio sondaggio condotto nel 2024 su oltre 4mila studenti liceali iscritti all’ultimo anno, lo studio mostra che le scelte universitarie dei genitori (e in misura minore dei fratelli maggiori) influenzano in modo significativo le intenzioni di iscrizione dei ragazzi. In particolare, avere un padre laureato in un certo campo aumenta del 44 per cento la probabilità che il figlio sia intenzionato a intraprendere lo stesso percorso. L’effetto è quasi altrettanto forte per la madre (+39,5 per cento).
Anche i fratelli e le sorelle maggiori esercitano un’influenza sulla scelta del percorso, con un effetto però più contenuto di quello dei genitori (27,1 per cento e 18,7 per cento rispettivamente). D’altro canto, non riscontriamo alcun effetto dei nonni, probabilmente perché nel campione sono pochi quelli laureati. È inoltre interessante notare come i padri e i fratelli maggiori influenzino soprattutto le intenzioni degli studenti, mentre le madri e le sorelle maggiori incidono di più sulle intenzioni delle studentesse.
Le aree in cui la persistenza intergenerazionale è più marcata sono medicina e le professioni sanitarie, economia e giurisprudenza e le discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Ad esempio, se in famiglia c’è almeno un laureato in medicina, la probabilità che uno studente prediliga lo stesso percorso aumenta del 57,6 per cento. Si tratta dei percorsi che conducono in media a professioni più remunerative. Per quelli in media meno remunerativi come le scienze umane, politiche e sociali, invece, non riscontriamo un ruolo significativo della famiglia nelle intenzioni di scelta.
Una possibile spiegazione di questi risultati è che genitori e fratelli o sorelle fungano da role models, e siano anche fonti preziose di informazioni su percorsi di studio e sbocchi lavorativi. Inoltre, in molte professioni liberali – come quelle di avvocato, farmacista o ingegnere – la trasmissione familiare di competenze, esperienze e contatti può ridurre i costi d’ingresso nella professione.
Le conseguenze sulla mobilità sociale
I risultati dello studio sollevano questioni rilevanti sul piano della mobilità sociale. In linea di principio, l’allocazione degli studenti ai vari percorsi universitari dovrebbe essere orientata dal talento individuale, dalle inclinazioni naturali o dalle opportunità di carriera. I nostri dati mostrano invece come le scelte rischino, in alcuni casi, di consolidare le disuguaglianze esistenti, diventando uno strumento di trasmissione intergenerazionale delle professioni e dei vantaggi socioeconomici. Gli studenti che provengono da famiglie prive di una tradizione universitaria – in particolare nei corsi di studio più selettivi e remunerativi – si trovano spesso in una posizione di svantaggio, con minori risorse sul piano delle informazioni e delle relazioni che orientino le loro scelte future.
Alla luce di ciò, emerge con forza la necessità di rafforzare gli strumenti di orientamento universitario affinché tutti gli studenti – indipendentemente dal contesto familiare – possano compiere scelte consapevoli e informate.
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Fabrizio Merli
Detto che la (spaventosa) diseguaglianza nel mondo occidentale è data dalla remunerazione dei capitali accumulati per un ordine di grandezza n volte maggiore rispetto alle differenze salariali tra professioni, porrei il quesito al contrario, del tipo “vedere e di rimando sperimentare il tenore di vita di almeno un parente meccanico, carrozziere, socio di ditte idrauliche, tassista, gioelliere, gestore balneario o altro titolare di attività imprenditoriale remunerativa per la quale la laurea non è necessaria influisce sulla scelta da parte di un neomaggiorenne di studiare per anni col fine poi di attenderne ancora altri prima di ricevere uno stipendio adeguato e col rischio che anche una volta specializzatisi per esempio in medicina si finisca a fare da punching bag di notte in pronto soccorso?”.
Io credo di sì, che a quel punto l’idea di non conseguire una laurea non faccia molta paura. Come credo che in Italia i laureati dichiarino più dei non laureati. Ma le mie sicurezze si fermano al “dichiarino”, sul “guadagnino” farei molta fatica a convincermi.
Savino
Secondo gli italiani, i figli devono devono seguire il percorso dove hanno gli “appoggi” i genitori. Buona meritocrazia Italia.
Massimiliano
Mi sembra sia il risultato naturale di una scuola nozionistica invece che educativa. Mancando un apprendimento attraverso il ragionamento (es: l’evento X è la conseguenza della precedente azione Y che a causato Z da cui X), la predilezione verso una metodologia mnemonica (sbagliare una data di nascita di una autore è valutato tanto gravemente quanto la non conoscenza delle sue opere) rende più difficile lo studio di materie sconosciute. Avendo alle spalle un ambiente familiare che possa integrare le nozioni in aula, si è maggiormente facilitati nella comprensione delle materie e nel proseguimento degli studi.