A Como lo stadio diventa un’attrazione turistica

Tra Serie A e Serie B solo sette squadre italiane hanno uno stadio di proprietà. È un fattore che incide sulla stabilità finanziaria dei club. Intanto a Como si sperimenta un nuovo “modello sostenibile”: diventare una meta di turismo calcistico premium.

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Lo stadio come hub multifunzione

L’importanza di uno stadio di proprietà per una società calcistica è evidente: non si tratta solo di un asset immobiliare, ma di un vero e proprio hub multifunzione, capace di sviluppare modelli di gestione articolati e diversificati, che vanno ben oltre l’evento sportivo. 

In Italia, dove è solo negli ultimi anni che si è avviato un cambiamento di ottica, il modello prevalente è quello di uno stadio che rimane proprietà comunale e che viene affidato alla squadra tramite comodato (con pagamenti di canoni spesso simbolici). È un sistema diffuso, economicamente vantaggioso per i club (che evitano ingenti investimenti infrastrutturali) e per i comuni (che garantiscono la fruizione sportiva con gestione “leggera”).

L’approccio tradizionale prevede per l’amministrazione comunale la manutenzione dello stadio e un servizio alla comunità locale, mentre per la società sportiva i vincoli non consentono iniziative che vadano oltre la partita settimanale. 

I vantaggi dello stadio di proprietà

La proprietà privata è il modello preferito dalle società tra i possibili modelli di gestione di uno stadio. In primo luogo, perché garantisce una stabilità economico-finanziaria maggiore rispetto al semplice comodato. Una mole di studi dimostra che possedere un impianto riduce sensibilmente la volatilità dei ricavi annuali, rendendo le entrate più prevedibili e abbassando complessivamente il rischio finanziario. La stabilizzazione consente una pianificazione economica più efficiente e rende più agevole accedere a finanziamenti e investimenti futuri. 

Un caso emblematico è quello della Juventus, che con il passaggio dallo Stadio Olimpico all’Allianz Stadium ha più che triplicato i ricavi da matchday: da 10,1 a 27,4 milioni di euro nella prima stagione, mentre oggi si aggirano intorno ai 60 milioni di euro (stagione 2024-2025). L’Udinese nella prima stagione ha incassato 6,4 milioni, contro i precedenti 4, e ora viaggia intorno agli 8 milioni, con un raddoppio complessivo, Anche l’Atalanta ha registrato un aumento significativo. 

I benefici si vedono ancor meglio per vari club europei, per i quali la proprietà dello stadio si trasforma spesso anche in un sostanziale vantaggio competitivo. Oggi, in Italia su circa cento club tra Serie A e Serie B sono solo sette quelli che adottano questo modello: meno del 10 per cento.

Tre modelli di gestione

La gestione di uno stadio può comunque seguire tre direzioni principali, molto spesso complementari tra di loro.

Il modello “Multi Use” consente di sfruttare la struttura non soltanto per le partite della squadra maschile, ma anche per eventi sportivi aggiuntivi, come partite di calcio femminile o rugby, e altri eventi culturali come concerti e spettacoli. Il Como Football, per esempio, che sta sviluppando un progetto per il rinnovamento dello stadio Sinigaglia, ha iniziato a generare ricavi anche in questo modo (qui e qui).

Il modello “Mixed Use”, invece, rappresenta la strategia forse più completa e ambiziosa, combinando la realizzazione dello stadio con lo sviluppo di altre attività economiche: commerciali (negozi, ristoranti), servizi pubblici (piscine, palestre), strutture ricettive di lusso e real estate. Esemplare è il caso di Dallas, dove lo sviluppo urbano collegato alla realizzazione dello stadio ha avuto un forte impatto positivo sull’intera comunità, trasformando l’impianto sportivo in un volano economico e sociale per la città. Il caso è descritto in modo esaustivo nel paper “Does the arena matter? Comparing redevelopment outcomes in central Dallas tax increment financing districts”.

Una terza opzione – quella della “sostenibilità” – genera redditività e impatto sociale. Oggi assume un ruolo cruciale non solo in termini ambientali, con stadi che producono energia rinnovabile o adottano soluzioni innovative per il risparmio energetico (qui il caso dell’Udinese nel Blueenergy Stadium) ma anche sociale. Molte società investono in strutture di aggregazione giovanile o servizi per persone con disabilità, favorendo l’accettazione sociale dello stadio da parte della comunità locale e rafforzando il legame con il territorio.

Il caso del Como 1907

C’è una società, in Serie A, che sembra voler bruciare le tappe della crescita economico-sportiva: è il Como. La strategia della famiglia Suwarso (rappresentante degli investitori Hartono) punta a trasformare il club in un volano economico per l’intero territorio lariano, con il calcio come catalizzatore ma non unico protagonista. Il rinnovamento dello stadio Sinigaglia è centrale in questa visione e dunque il compenetrarsi delle tre opzioni è di particolare interesse. 

L’impianto storico, affacciato sul lago, diventerà un polo aperto tutto l’anno. Ciò implica spazi commerciali, ristorazione e servizi integrati nello stadio, per generare ricavi costanti (mixed use model). In parallelo, i proprietari hanno adottato una strategia “theme park” di marketing territoriale: non a caso Mirwan Suwarso (il presidente della società) ha citato Disneyland, evidenziando la volontà di collegare l’esperienza calcistica con il fascino internazionale del lago di Como, marchio globale che viene sfruttato per attirare visitatori. Il club vuole infatti posizionarsi come meta di turismo calcistico premium, offrendo pacchetti viaggio per tifosi stranieri che uniscano la partita a esperienze esclusive sul lago (giri in barca, visite e soggiorni in hotel di lusso, ristoranti tipici). Si tratta di attività turistiche ad alto valore aggiunto, nicchia sempre più ambita per lo sviluppo territoriale in Italia. All’interno di questo ecosistema, il calcio diventerebbe un mezzo per promuovere il territorio e al contempo diversificare il business: la società Como 1907 ha investito in una filiera commerciale locale, ad esempio acquisendo un birrificio artigianale e lanciando linee di abbigliamento ispirate al brand “Como”. Il merchandising tradizionale viene affiancato da collezioni streetwear e collaborazioni con la moda, rendendo il club un marchio lifestyle oltre che sportivo. 

I ricchissimi Hartono mirano ad accrescere il valore del club (puntano al miliardo di euro, includendo l’indotto turistico), ma in modo sostenibile e sinergico con la crescita locale. Fondamentale sarà dunque la visione strategica condivisa con le istituzioni. E qui l’attenzione alla sostenibilità e alla funzione pubblica si fa essenziale: l’amministrazione comunale di Como è impegnata in un processo negoziale per accompagnare questi investimenti con pianificazione territoriale e infrastrutture adeguate, così che lo sviluppo innescato dal club porti benefici duraturi all’intera area. Il modello del comodato è sul tavolo per quanto concerne la durata della concessione e l’entità del canone da corrispondere. Mentre la proprietà del club è chiamata a coniugare i legittimi obiettivi di espansione del brand con l’attenzione allo sviluppo urbanistico e alla qualità della vita, in particolare con attenzione alla fruibilità ed efficienza del sistema dei trasporti e della viabilità.

Tutti i modelli descritti evidenziano chiaramente l’importanza strategica della proprietà dello stadio o di una gestione redditizia dell’area in cui si trova. Tuttavia, i progetti richiedono investimenti ingenti e professionalità multidisciplinari, spesso necessitano di collaborazioni tra pubblico e privato che non sono mere etichette, ma richiedono tempo, risorse, competenze. Il rapporto tra amministrazioni comunali e società sportive diventa dunque cruciale per gestire vincoli urbanistici, finanziari e sociali, trasformando lo stadio in un patrimonio collettivo, oltre che in un asset aziendale. 

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  1. Savino

    Per chi segue da tanti anni il calcio, resta una squadra provinciale. Non si comprende come Fabregas abbia rinunciato ad allenare l’Inter, che si allena ad Appiano Gentile, in provincia di Como, ed i cui giocatori hanno già dagli anni ’60, le ville sul Lago manzoniano, per abbracciare questo avvenieristico ed improbabile progetto. Sono le stranezze del calcio di oggi, dove si confondono le corazzate metropolitane ( come anche Juventus e Milan, che insieme all’Inter e alla nazionale italiana nessuno vuole più allenare) con le squadrette.

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