Non è uno Spid per anziani

Programmi europei e Pnrr hanno accelerato la digitalizzazione della pubblica amministrazione,semplificando l’accesso ai servizi. Ma non per tutti: la transizione digitale rischia di penalizzare una parte di anziani, con nuove forme di diseguaglianza.

Una transizione digitale a più velocità

La spinta alla digitalizzazione, nel nostro paese, è stata trainata da iniziative europee come il programma Digital Decade 2030, che punta a rendere tutti i principali servizi pubblici accessibili online, e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che ha destinato risorse significative alla trasformazione digitale della pubblica amministrazione. L’obiettivo è migliorare l’efficienza, ridurre i costi e semplificare l’accesso dei cittadini ai servizi. Tuttavia, la corsa verso l’e-government rischia di ampliare i divari generazionali e territoriali se non è accompagnata da politiche mirate di inclusione digitale, capaci di sostenere le fasce della popolazione meno connesse o meno competenti nell’uso delle tecnologie.

Quante sono le persone anziane che usano i servizi pubblici digitali?

Da un nostro recente studio è emerso che in Italia l’uso dei servizi pubblici online da parte delle persone anziane rimane contenuto. Nel 2023, solo il 31 per cento degli over 65 (65-74 anni) ha utilizzato servizi di e-government, contro il 48,5 per cento dei 55-64enni. Il divario generazionale è quindi di 17,5 punti percentuali. Per entrambi i gruppi di età, i valori restano inferiori alla media europea, che nello stesso anno si attestano al 36,5 per cento tra gli over 65 e il 52,1 per cento tra i 55-64enni, con un divario fra le generazioni più contenuto, pari a circa 16 punti percentuali.

Dal 2010 a oggi, l’Italia ha registrato un netto aumento nell’uso dei servizi digitali da parte delle persone anziane, ma il ritmo di crescita è rimasto inferiore a quello dei paesi più digitalizzati. Tra il 2010 e il 2023, la quota di utenti di e-government tra i 65-74enni è passata dal 5,9 al 31 per cento, mentre tra i 55-64enni è salita dal 18,6 al 48,5 per cento. Paradossalmente, nonostante gli incrementi nel livello d’uso, il divario digitale tra le due fasce d’età si è ulteriormente accentuato, passando da 12,8 punti percentuali a 17,5 punti percentuali.

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Anche in Europa la diffusione dei servizi pubblici online ha seguito un andamento analogo, ma con livelli medi di utilizzo più elevati. Tra il 2010 e il 2023, la quota di utenti di e-government tra i 65-74enni è passata dall’11,3 al 36,4 per cento, mentre tra i 55-64enni è aumentata dal 26 al 52,1 per cento. Il divario generazionale è rimasto sostanzialmente stabile, passando da 14,7 punti percentuali nel 2010 a 15,7 punti percentuali nel 2023.

In Europa, la transizione digitale ha ampliato l’accesso complessivo, senza accentuare ulteriormente la distanza tra le generazioni adulte più giovani e quelle più anziane.

Chi sono gli anziani che usano i servizi pubblici digitali?

Il nostro studio ha mostrato che, in tutta Europa, l’uso dei servizi pubblici digitali in età anziana dipende fortemente dalle caratteristiche individuali e dal contesto in cui si vive. 

A livello individuale, i fattori più rilevanti sono l’istruzione e le competenze digitali: chi ha un titolo di studio medio-alto e utilizza con dimestichezza email, chat o social network ha una probabilità più che doppia di accedere ai servizi di e-government rispetto a chi possiede competenze limitate. Anche il reddito e la partecipazione al lavoro incidono positivamente sull’uso, mentre sesso e dimensione familiare mostrano effetti più contenuti.

Sul piano territoriale, il contesto nazionale resta decisivo. I paesi con servizi pubblici digitali di qualità più elevata – misurata dall’indice europeo Digital Public Services for Citizens – registrano tassi di utilizzo nettamente superiori, mentre la diffusione della banda larga o della fibra ottica non è, di per sé, un fattore determinante. In altre parole, conta più la qualità dei portali che la velocità della connessione.

Politiche inclusive e multilivello: una possibile soluzione

A livello europeo, la riduzione del divario digitale all’interno della popolazione anziana richiede una strategia comune che accompagni la trasformazione tecnologica con azioni di inclusione sociale. L’Unione europea può definire standard condivisi di accessibilità e usabilità dei servizi pubblici e promuovere l’introduzione di portali semplici e intuitivi. È inoltre necessario integrare l’inclusione digitale delle persone anziane nell’agenda dell’Unione, favorendo lo scambio di buone pratiche. Sul piano nazionale e regionale, serve una regia più efficace nel coordinamento delle strategie attuali, identificando e diffondendo le best practice già esistenti, come gli sportelli di facilitazione digitale e i corsi di formazione per le persone anziane che desiderano acquisire le competenze necessarie per accedere ai servizi del welfare. Senza interventi mirati, il rischio è che la digitalizzazione della pubblica amministrazione amplifichi le disuguaglianze che già esistono, trasformando l’innovazione tecnologica in un nuovo fattore di esclusione, invece che in uno strumento di partecipazione e cittadinanza per tutti.

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Il Pnrr a scuola: tante risorse per pochi risultati

  1. Mario Gizzi

    La digitalizzazione esasperata non solo esclude gli anziani non “e.lfebetizzati”, ma anche quelli come me che si rifiutano di usare le tecnologie per principio. Non possiedo uno smartphone (per innumerevoli ragioni) e sempre più diventa necessario avere, scaricarsi, una dannata app per fare tutto. Addirittura per prendere un aereo. Ora, anche se sembra un atteggiamento retrogrado e snobistico (è snob rifiutarsi di passare l’esistenza a fissare uno schermetto, anziché, ad esempio, a pensare?) dico solo che l’eccesso sta nel non offrire alternative. Se voglio prenotare un rinnovo del passaporto devo poter scegliere tra farlo on line o passare al commissariato di persona, anche perché fa bene camminare alla mia età, mentre mi è stato risposto, proprio mentre ero là, in presenza di persona personalmente, che “potevo prenotarlo solo on line con lo Spid”. E’ semplicemente ridicolo. Cordiali saluti

    • Le alternative furono ben offerte, e ignorate dai più, è normale che a un certo punto si arrivi a imporre e che l’imposizione sia fatta ad uso e consumo di chi la fa contro chi la subisce. Io sono ben contro le macrospie dette smartphone, da informatico, ma capisco che non si può non imporre e che chi lo fa lo fa per se, quindi gradisce la macrospia e del resto i più manco sanno cosa sia la proprietà digitale, di un bene materiale lo capiscono, ma di uno digitale no, quindi comunque si finisce così.

      Ringrazi e se la prenda con chi negli ultimi 50 anni ha vissuto e fatto vivere con la convinzione che il mondo si sia fermato, la storia finita e che chi “fa alla vecchia maniera” vada bene.

    • Sono contento che il signor Gizzi Mario ha scritto e descritto il mio problema, non solo vorrei usare il telefono solo per telefonare a chi voglio e non per fare accessi impossibili per me che ho 77 anni e ho trascorso 50 anni davanti al computer, specialmente accessi alle poste al comune all’inps al fascicolo sanitario ecc. Ecc. Che sono impossibili mal funzionanti che se anche inserisci i dati correttamente ti dice hai sbagliato e ricominciare da capo!!!!! Io NON HO nipotini che possano darmi una mano e chi ha nipoti o figli spesso si sentono offesi :ancora, non ho tempo, non capisci niente ecc. Fate un doppio binario uno semplice solo per le cose utili veramente, e uno per quello che disorienta i giovani e i genitori, grazie per avemi concesso di dire la mia opinione e spero che farete qualcosa di buono aiutando chi ha speso una vita per voi??!!!

  2. Mi si consenta la causticità: nei primi anni 2000 erano in commercio laptop con fessura lettore di smart-card (contact, al tempo) e lettori nelle tastiere desktop. Eravamo pronti all’identità digitale, slogan “basta con 1000 password che non ricordi mai, un solo pin per tutto”. I più che fecero? Gli entrò in un orecchio e uscì dall’altro e si che si lamentavano anche allora delle n credenziali. Poi fu il turno del SistemaTS che diede le CRS prima, CNS poi con lettorino USB, qui beh, l’implementazione fu quella dei tipici software UE, spazzatura sesquipedale piena di bachi, e anche questo cadde nel vuoto. Alché si IMPOSE molto dopo un necessario cambiamento e lo si fece ingrassando gli amici degli amici perché se tanto il popolino bove la cosa ben fatta la ignora meglio piantar cetrioli in questo e trarne benefici tra amici.

    Questa è la transizione digitale: i più han scelto di IGNORARE il computer per 50 anni, quelli che oggi han 80 anni avrebbero dovuto cominciare a informatizzarsi almeno negli anni ’70, ’80 ovvero quando avevano tra i 35 ed i 45 anni al massimo, non erano anziani pensionati da non disturbare allora. Invece han scelto di “continuare alla vecchia maniera” danneggiando se stessi e tutti noi. Oggi la solfa è la stessa, una popolazione che fu tra le maggiori innovatrici degli ultimi secoli che ha scelto da un mezzo secolo di fermare il treno della storia.

    Mi spiace ma è vero che il digitale oggi per ragioni commerciali è SPAZZATURA, ma è anche vero che c’è un solo modo per correggere: imporre. Dobbiamo imporre il telelavoro totale per ogni mestiere da scrivania, così ogni lavoratore attivo e azienda dovrà imparare un digitale che funziona e quello che non lo fa salta, così l’identità digitale, così le crypto perché il modello bancario non è più tenibile come il livello di obsolescenza del loro IT, e così si arriva a espellere la mala evoluzione e si fan le cose come si deve perché imposte DEVONO funzionare. Ovviamente qualcuno ci stra-guadagnerà lo stesso, perché così funziona a pasturar bovini a due gambe. Ma altra via non abbiamo se non il fallimento.

  3. emilio

    Sono anziano (83 anni), premetto però che sono un ingegnere elettronico che ha lavorato come professionista per 54 anni dal 1969 in poi nel campo dei computer (hardware e software), annoverando frai clienti varie pubbliche amministrazioni.
    Ovviamente non ho difficoltà nell’uso dei servizi digitali, ma credo di poter esprimere con cognizione di causa il mio parere su quello che denuncia l’articolo.
    In base alla mia esperienza attribuisco lo scarso successo dei servizi digitali alla qualità scadente delle realizzazioni offerte. Spesso i programmi o le app sono difficili da usare perché viene ignorata ogni regola elementare di ergonomia; sembra che invece di abolire o semplificare la burocrazia la si voglia meccanizzare, per cui il nuovo procedimento informatizzato non fa risparmiare tempo e non riduce la possibilità d’errore rispetto a un procedimento tradizionale.
    Credo che questo sia la conseguenza della scarsa professionalità usata nella progettazione del software, spesso affidata a figure genericamente indicate come “esperti di informatica”, da cui non si pretende nessuna formazione accademica specifica, ne’ tanto meno alcuna deontologia.
    Per disegnare un’applicazione efficiente e facile da usare non basta la passione per i computer o l’abilità nel “coding”, ma serve la capacità di capire il problema da risolvere e la disponibilità ad essere responsabili del raggiungimento dell’obiettivo.
    In conclusione: non ci dobbiamo rassegnare tollerando la situazione denunciata nell’articolo: se le cose non vanno non è colpa del computer o della tecnologia, ma delle pubbliche amministrazioni che scelgono incautamente i propri fornitori.

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