La riforma europea delle cartolarizzazioni vuole rafforzare la capacità di investimento delle compagnie assicurative. I cat-bond sono strumenti che incontrano un particolare favore in questo momento. Ma insieme ai vantaggi, comportano anche rischi.

L’interesse per le cartolarizzazioni

A inizio 2024, Eiopa (l’Autorità europea del mercato assicurativo e pensionistico) sottolineava come  l’interesse del settore assicurativo per gli investimenti in cartolarizzazioni rimanesse basso, nonostante gli sforzi per agevolarli mediante un trattamento preferenziale per quelle “semplici, trasparenti e standardizzate” (Sts) secondo il dettato della direttiva Solvency II. Secondo un’analisi condotta nel 2022 dal Comitato congiunto (JC) delle Autorità di vigilanza europee, la maggior parte degli assicuratori indicava come motivi per il limitato interesse nelle cartolarizzazioni i profili di rischio-rendimento non allineati e le preferenze nella gestione delle attività e delle passività.

L’analisi del Comitato, realizzata sulla base delle risposte di 98 compagnie di assicurazione e riassicurazione europee, dei contributi degli stakeholder e di una consultazione aperta, si proponeva di valutare l’impatto nel settore assicurativo proprio dell’introduzione delle cartolarizzazioni senior semplici, trasparenti e standardizzate (Sts), avvenuta nel 2019.

Il JC, che sostiene l’obiettivo di rilanciare i mercati di cartolarizzazione per gli assicuratori della Ue, non aveva suggerito modifiche all’attuale quadro di Solvency II sul trattamento prudenziale della cartolarizzazione. Tuttavia, la Commissione ha pubblicato di recente una proposta in materia di cartolarizzazioni, con il chiaro intento di rivitalizzarle in un momento in cui il mercato del credito è particolarmente vivace.

In linea con lo stesso intendimento, è poi arrivato il regolamento delegato della Commissione del 29 ottobre 2025: in vigore dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, modifica il regolamento delegato (Ue) 2015/35, che è parte della regolazione di solvibilità per le imprese di assicurazione, riguardo a disposizioni tecniche, misure di garanzia a lungo termine, fondi propri, rischio azionario, rischio di spread sulle posizioni di cartolarizzazione, altri requisiti di capitale secondo formula standard, reporting e divulgazione, proporzionalità e solvibilità di gruppo. L’obiettivo generale è una riduzione del margine di rischio in tutta l’Ue, per rafforzare la capacità di investimento delle compagnie assicurative.

Convergenza europea nella supervisione

Sulla materia è certamente fondamentale arrivare a una maggiore coesione nella vigilanza per prevenire la frammentazione regolatoria e assicurare una pratica omogenea tra i vari stati membri. Nell’immediato, la si potrebbe ottenere attraverso un migliore coordinamento all’interno del Comitato congiunto delle Autorità di vigilanza, mentre nella visione di lungo termine, le Esa (European Supervisory Authorities) suggeriscono di prendere in considerazione l’implementazione di strutture di vigilanza europea più consolidate, specialmente per le operazioni che varcano i confini europei.

Nel giugno 2025 si è quindi proceduto a una revisione delle normative relative alla cartolarizzazione per banche e investitori istituzionali con un’attenzione particolare ai requisiti di capitale e agli obblighi di due diligence, nel ricordo di passate crisi sistemiche.

Le modifiche proposte al regolamento delegato sulla Solvibilità II (che contiene regole dettagliate per il calcolo dei requisiti patrimoniali, la gestione del rischio e la trasparenza per le compagnie di assicurazione e riassicurazione nell’Unione europea), pubblicate a luglio 2025, includono requisiti patrimoniali ridotti nella formula standard per tutte le cartolarizzazioni. Si mira così a correggere incoerenze normative e ridurre costi prudenziali non necessari.

Trasferire passività ridotte in carta

La maggior sfida sulle cartolarizzazioni nel settore assicurativo riguarda la posizione dell’assicuratore come soggetto emittente per il trasferimento del rischio. Una forma è la securitization di passività, nella quale il trasferimento del rischio assicurativo è verso i mercati globali dei capitali

Analogamente al fenomeno della securitization tradizionale in ambito bancario, dove si cedono sostanzialmente attività ovvero crediti che generano flussi di cassa in entrata, si fa strada la securitization di passività, meno comune ma in crescita, tipicamente attraverso il trasferimento di rischi assicurativi verso i mercati globali dei capitali. La cartolarizzazione delle passività risulta essere più complessa di quella tradizionale di attività/crediti in quanto richiede di trovare investitori disposti ad assumere obblighi di pagamenti futuri.

Se ci concentriamo sulle compagnie emittenti, la famiglia degli Ils (Insurance Linked Securities) ha caratteristiche eterogenee e si presenta sotto forme tecniche piuttosto articolate. La quota di mercato più alta è però appannaggio dei cat-bond (catastrophe bond) perché, da un lato, rispondono a un mercato più maturo e perché, dall’altro, sono caratterizzati da una più alta domanda, oltreché essere meglio modellizzabili sotto il profilo tecnico-attuariale. A completare la forte attrattività che esercitano sugli investitori è la loro bassa correlazione con le dinamiche dei mercati finanziari tradizionali.

Perché piacciono i cat-bond

Le conseguenze macroeconomiche legate al cambiamento climatico e l’andamento dei mercati dei cat-bond, oltre alla percezione di un gap di protezione sui rischi catastrofali, hanno spinto gli assicuratori di tutto il mondo a ricercare forme alternative e innovative alla protezione dei rischi e dei relativi costi, nel tentativo di ridistribuirli sul sistema economico globale dei capitali anziché sui grandi riassicuratori, stabilizzandone i relativi flussi finanziari.

Il dato macroeconomico circa l’andamento delle perdite globali derivanti dal “climate change” presentano un tasso di crescita medio a doppia cifra, pari a circa il 10,5 per cento annuo sull’arco degli ultimi cinque e il dato 2024 è di circa 320 miliardi di dollari (fonte Climate Catastrophy Report AON, Swiss-Re-Munich-Re). La proiezione statistica sembra peraltro confermare i numeri di World Economic Forum circa la stima delle perdite economiche attese al 2050 collocabili in un intervallo tra 1,7 e 3,1 trilioni di dollari.

Parallelamente, il mercato dei cat-bond registra anch’esso una crescita a doppia cifra nell’arco degli ultimi dieci anni: circa l’11-10 per centro, con un dato puntuale degli outstanding di oltre 50 miliardi di dollari alla fine del 2025. La figura 1 evidenzia l’effervescenza di un mercato che certamente risponde alle specifiche dinamiche di una domanda crescente (tesa a colmare l’Insurance Gap), figlia a sua volta della maggior frequenza degli eventi catastrofali rilevati annualmente nel mondo.

Figura 1

Anche il mercato italiano si è rivolto verso queste forme non tradizionali di trasferimento di rischio, seppure in modo più tiepido, all’inizio dello scorso decennio e via via in modo più frequente nel corso degli ultimi anni. Gli operatori sono sostanzialmente due: Assicurazioni Generali e Unipol.

Un aspetto di novità che caratterizza le più recenti emissioni di cat-bond è peraltro il tentativo di coniugare, da parte delle imprese, la gestione del rischio assicurativo con obiettivi di sostenibilità, incentivando, in ultima analisi, pratiche di resilienza e adattamento climatico attraverso sia i sottostanti (progetti di protezione ambientale, ad esempio) che i criteri di selezione degli emittenti privilegiando quelli con profilo “sostenibile”.

Uno dei vantaggi “tattici” dei cat-bond è sicuramente il carattere anticiclico della copertura dei rischi. Il mercato dei capitali è infatti fonte ampia e diversificata di risorse finanziarie e le imprese di assicurazioni riescono a trovare qui un valido strumento alternativo alla riassicurazione tradizionale, soprattutto quando in occasione di grandi catastrofi la capacità di sottoscrizione si riduce significativamente e in parallelo si innalzano i prezzi delle coperture. Non solo. Anche per gli investitori (sia istituzionali che non) l’investimento in cat-bond è vantaggioso, non solo per un rendimento competitivo (bassa probabilità ed alta severità di accadimento avverso) e a basso rischio di credito, ma anche in quanto scollegato dagli andamenti dei mercati finanziari tradizionali, perché condizionato solo in misura minima dai suoi più tipici fattori di rischio, comprese recessioni, volatilità dei tassi e inflazione.

Non possiamo però ignorare i principali rischi ai quali i titoli contro le catastrofi espongono chi li acquista: la perdita di capitale o di interessi nel caso si verifichi l’evento catastrofico designato, il rischio di insolvenza dell’emittente, il rischio di scarsa liquidità e la necessità di un’analisi tecnica approfondita legata a modelli complessi di rischio. Anche sul piano della vigilanza, occorrerà prevedere strategie di mitigazione di questi rischi se vogliamo rafforzare la fiducia del mercato in questo settore.

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