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Come usare i dati Anvur negli atenei?

Ci sono molte utili informazioni sulla qualità della ricerca nei dati dell’Anvur, Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca. Qui mettiamo a confronto i dati di facoltà, dipartimenti, centri di ricerca di Economia, Statistica e Management. Apriamo un confronto con i responsabili della ricerca.
Il rapporto Anvur sulla valutazione della ricerca negli atenei e negli enti di ricerca contiene  informazioni molto dettagliate su oltre 180 mila lavori valutati da 14 gruppi di esperti. Sfogliando il rapporto, risulta evidente una forte dispersione nella qualità della ricerca. Si registrano forti differenze di qualità sia tra atenei e dipartimenti, ma molto spesso anche all’interno degli atenei, con una forte variabilità di risultati tra dipartimenti anche all’interno di atenei che hanno complessivamente ricevuto valutazioni elevate. E all’interno di ciascuna università o dipartimento, i singoli ricercatori hanno contribuito in modo assai differenziato al punteggio medio, con valori di “eccellenza” anche nei dipartimenti che complessivamente hanno ricevuto valutazioni poco incoraggianti, e molti valori “limitati” e casi di ricercatori poco attivi anche nei migliori dipartimenti.
ECONOMIA E STATISTICA
Anvur chiarisce all’inizio del rapporto che i dati non devono essere utilizzati per valutazioni di singoli ricercatori e per confronti tra aree disciplinari diverse, ma solo per confronti tra ricercatori della stessa area che lavorano in atenei e dipartimenti diversi. Dato l’interesse de lavoce per i temi economici, ci soffermiamo qui su alcuni dati che emergono nell’area 13 (Scienze economiche e statistiche), molti dei quali sono però di interesse più generale.
1. Un primo dato interessante è la percentuale di docenti non attivi, o parzialmente attivi, cioè di coloro i quali non hanno inviato ad Anvur le previste tre pubblicazioni relative al periodo 2004-2010. Complessivamente, nell’area 13 mancano all’appello circa il 5 per cento dei lavori. La percentuale di docenti non attivi, tuttavia, varia considerevolmente negli atenei. La Tabella 1 evidenzia come, in termini assoluti, le strutture che registrano il maggior numero di non attivi, parzialmente attivi o parzialmente inattivi sono le più grandi (oltre 15 a Milano Cattolica, Torino, Bologna, Milano Bocconi, Roma La Sapienza).
Tab.1 – Numero soggetti valutati attivi, non attivi, parzialmente attivi e parzialmente inattivi per struttura
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Una statistica interessante è riportata in Figura 1 di seguito: indica la percentuale di ricercatori non attivi, parzialmente attivi o parzialmente inattivi sul totale dei soggetti valutati, con valori che superano il 15 per cento in cinque università.
Fig. 1 – Percentuale inattivi nelle strutture considerate
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Nota: Le università di Reggio Calabria, Enna, Pisa S.Anna, Catanzaro, Venezia Iuav, Roma Europea, Camerino, Roma  Mercatorum, Roma LUSPIO, Roma LUMSA, Venezia CMCC, Torino Politecnico, Sannio, Lucca – IMT, Casamassima, Roma UNITELMA non hanno registrato valutazioni inattivi.
L’ANOMALIA DEL MANAGEMENT
2. Un secondo dato riguarda la distribuzione del punteggio per ricercatori, associati e ordinari. La Figura 2 indica che in Economia e Statistica il punteggio medio dei professori ordinari supera, anche se di poco, quello degli associati e dei ricercatoti.  In Economia aziendale, invece, gli ordinari tendono ad avere punteggi inferiori agli associati e in linea con quelli dei ricercatori.
Fig.2 – Distribuzione del punteggio medio per ruolo universitario
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3. La Figura 3 indica che per le generazioni più anziane (i nati prima del 1950) il punteggio medio è molto basso. In Economia e Statistica si registra un forte aumento soprattutto a partire dalle generazioni di nati nella seconda metà degli anni ‘50; per Economia aziendale il miglioramento della qualità si manifesta circa dieci anni più tardi, a partire dai nati negli anni ‘60. I miglioramenti della qualità continuano anche per le generazioni più giovani, anche se con una dinamica molto più lenta che nei due decenni precedenti. Resta un gap evidente, per ogni classe di età, dell’Economia aziendale rispetto all’Economia e alla Statistica.
Fig.3 – Distribuzione del punteggio medio per anno di nascita 
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4. La Tabella 2 evidenzia una forte frammentazione anche dei migliori ricercatori (coloro che hanno ricevuto la valutazione massima in ciascuno dei lavori presentati) sul territorio nazionale. Questi sono complessivamente 296 (poco più del 6 per cento del totale), e presenti in 59 diversi atenei e 93 dipartimenti distinti. Solo otto dipartimenti registrano la presenza di una massa critica di almeno dieci ricercatori “eccellenti”.
Tab.2 – Graduatorie strutture per voto medio e numero dei soggetti valutati i cui lavori hanno tutti classe finale E (eccellente)
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5. Il confronto internazionale evidenzia un notevole ritardo delle discipline economiche, aziendali e statistiche, sia in termini di pubblicazioni su riviste internazionali, sia in termini di citazioni.
Fig.4 – Citazioni effettive/attese a 2 e 5 anni per i principali paesi, media 2004-2010: Scienze economiche e statistiche.
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Fonte: ISI Web of Science
Il dato italiano sulle citazioni riportato nella Figura 4 è peggiore nel confronto con la media europea e dei paesi Ocse e sostanzialmente in linea con quello dei Bric. Rispetto ai principali paesi, la posizione italiana è migliore di quella di Corea e Giappone, simile a quella della Spagna ma peggiore rispetto a quella degli altri principali paesi industriali. I dati che riguardano le pubblicazioni su riviste internazionali, o sulle migliori riviste, evidenziano tendenze analoghe.
ALCUNE DOMANDE PER I RESPONSABILI DELLA RICERCA NEI DIVERSI ATENEI

  1. Come intendete utilizzare i risultati della valutazione all’interno dell’ateneo?
  1. Pensate di introdurre incentivi (monetari, fondi di ricerca, riduzione del carico didattico) all’interno del vostro ateneo per chi pubblica nelle riviste considerate di fascia A nell’ambito della valutazione?
  1. Come ritenete si possa intervenire per limitare il problema di docenti non attivi nella ricerca?
  1. Intenderete invitare i vostri docenti a rendere pubbliche le valutazioni dei loro lavori?
  1. È opportuno mantenere la frammentazione dei migliori ricercatori in tante sedi diverse, oppure occorre prevedere incentivi affinché possano spostarsi nelle sedi migliori?
  1. Sareste d’accordo nel concedere agli atenei che hanno assunto docenti con valutazione media superiore a una soglia prestabilita (poniamo, il doppio della media di area) la possibilità di assumere docenti senza dover attendere l’abilitazione nazionale?

 
Attendiamo interventi di risposta: desk@lavoce.info
 
Elaborazione dati Filippo Teoldi.

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Valutazione della ricerca

  1. andrea

    andrebbe ricordato che l’anvur chiedeva per ogni strutturato 3 lavori senza sovrapposizioni di coautori nello stesso ateneo. Per cui una pubblicazione con due firme (diciamo un giovane ricercatore e un anziano ordinario) doveva essere assgenata ad una sola delle due firme (pena l’annullamento di entrambe). Non è stato raro dunque che molti prof anziani abbiamo preferito agevolare i giovani assegnando loro i co-lavori più significativi. Forse le statistiche come quelle riportate al punto 2 e punto 3 potrebbero non essere corrette (ed è il motivo per cui anvur suggerisce di NON usare questi dati ai fini della valutazione dei singoli). Molto interessanti le domande finali

  2. Giovanni

    Partecipereste ad un a gara in cui le regole sono rese note dopo 2 anni?
    Credo di no.
    Quello che ha fatto l’ANVUR con la ricerca italiana invece è proprio questo, con l’aggravante che nemmeno sapevamo di partecipare ad una gara!
    Infatti l’ANVUR ha stilato le sue graduatorie in base alle pubblicazioni effettuate tra il 2004 e il 2010, stabilendo l’elenco delle riviste e la loro importanza nel mondo scientifico, solo nel 2012. Quindi il quadro è questo: tra il 2004 e il 2010 il mondo della ricerca accademica italiana lavora e pubblica i risultati in riviste nazionali e internazionali e nel 2013 l’ANVUR bacchetta i ricercatori italiani perchè non hanno pubblicato nelle riviste che l’ANVUR stesso ha stabilito come idonee nel 2012 o perchè hanno pubblicato in riviste non considerate di eccellenza dall’ANVUR stesso.
    Ovviamente tutto questo si riflette sull’immagine degli atenei e purtroppo anche sulla redistribuzione dei fondi. E non è poco.
    In un mondo dotato di onestà intellettuale, l’operazione fatta oggi dall’ANVUR sarebbe dovuta essere una simulazione finalizzata a dire ai ricercatori “date le regole che abbiamo stabilito l’anno scorso, se voi continuaste come avete fatto tra il 2004 e il 2010 sareste classificati in questo modo”. La simulazione avrebbe quindi avuto il senso di rendere esplicito l’effetto delle regole della valutazione che sarebbe entrata in vigore tra 4 o 5 anni (e non adesso, riguardo a un periodo in cui le regole non erano note).
    Quindi gli articoli che commentano i risultati ANVUR senza fare questa giusta premessa fanno solo del male e lasciano il temo che trovano. Come la valutazione dell’ANVUR.

  3. AM

    Per spiegare il punteggio inferiore assegnato all’Economia aziendale si deve anche considerare che molti docenti di queste discipline sono a tempo definito e svolgono attività professionale. Quindi ad es. una perizia o una consulenza pure ad alto livello scientifico non sono computate

    • giovanni

      Io sarei per impedire la doppia professione: o ti dedichi all’università o al tuo studio privato (e al tuo portafoglio). Giusto perché molti si dimenticano che ricevono pure uno stipendio dallo stato. Ovviamente vale per tutte le aree del sapere.

      • AM

        Il mio era solo un tentativo di spiegare l’anomalia del minor punteggio assegnato al gruppo disciplinare aziendale alla luce del fatto che gli studiosi di questo gruppo non sono di qualità inferiore rispetto agli altri. Non era una difesa della doppia attività. L’esistenza del tempo definito è stabilita dalla legge e il problema semmai si dovrebbe porre per il futuro, ma in Italia siamo ormai abituati alla retroattività delle norme..

        • GL

          Qualora in certi SSD ci fossero delle percentuali particolarmente elevate di docenti a “tempo definito”, e’ molto probabile che in quei settori si faccia anche poca ricerca proprio perche’ i docenti si dedicano ad altre attivita’ con dei ritorni prettamente privati e poco pubblici (le consulenze anche di “alto valore” vengono pagate ai diretti interessati). Per cui personalmente sarei per considerarla un’aggravante e non un’attenuante nel caso si debbano distribuire risorse dalla quota premiale alle universita’ (magari per finanziare la ricerca…).

          • AM

            Nessuno pensava ad un’attenuante, ma solo ad una causa. Sono d’accordo anche sulla riduzione di risorse, dato che vi sono altre fonti di reddito. Ma la distribuzione delle risorse per tipologia di ricerca è un tema ancora tutto da sviluppare. Ritengo ad esempio che in Italia ricerche con forte impatto sullo sviluppo economico, tecnologico, sociale e sulla salute meritino più interesse di quelle sulle antiche civiltà della Siria o di quelle sugli idiomi indigeni della Bolivia, pur con tutto il rispetto sulla dedizione e sul valore dei ricercatori.

  4. bob

    Il Paese familistico e nepotistico allergico al merito e alla sana concorrenza . Numeri su numeri su numeri lontani dalla realtà e dal mondo che viviamo

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