Gli squilibri macroeconomici dipendono anche da fattori culturali, difficilmente modificabili. Ciò non significa però che siano ineliminabili. Perché le politiche economiche possono svolgere un ruolo compensativo. E perché le differenze culturali all’interno della zona euro non sono poi così grandi.
CAPITALE CIVICO E PERFORMANCE ECONOMICA
Gli squilibri macroeconomici hanno ricevuto grande attenzione negli ultimi anni. Prima e durante la crisi finanziaria, l’interesse si è concentrato sugli squilibri globali, in particolare il disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti di alcuni paesi (come gli Stati Uniti) e l’avanzo di altri (come la Cina). Con l’avvento della crisi del debito sovrano nell’area euro, l’attenzione si è spostata sugli squilibri all’interno dell’Europa e si è spesso sottinteso che possono essere spiegati, in ultima analisi, con la diversità culturale tra i paesi del Nord presumibilmente virtuosi (come la Germania) e quelli del Sud presumibilmente dissoluti (come la Grecia). Cosa c’è di vero in questa percezione?
Esiste un’intera letteratura sul legame tra capitale civico, definito come rapporto di fiducia con il resto della società e capacità di condurre transazioni in presenza di asimmetrie informative, e performance economica. (1) Una misura comune di capitale civico è la fiducia interpersonale, un indicatore derivato da un’indagine mondiale, la World Values Survey.
Nello specifico, l’indagine chiede “In generale, direbbe che ci si può fidare della maggior parte delle persone o che c’è bisogno di essere molto attenti nel trattare con la gente?”, con possibili risposte (i) “Della maggior parte delle persone si può fidare” oppure (ii) “non si può mai essere troppo prudenti quando si tratta con gli altri”. La prima risposta denota un alto grado di fiducia interpersonale, che normalmente si associa a sua volta a un alto grado di capitale civico. Caratteristiche culturali come il grado di fiducia interpersonale sono fattori che cambiano lentamente e che sono determinati da fattori storici e religiosi che spesso risalgono a un lontano passato, anche se non sono neppure del tutto immutabili.
Il legame tra capitale civico e performance economica è abbastanza intuitivo e si può sperimentare nella vita quotidiana. Gran parte dell’attività economica non sarebbe semplicemente possibile senza un livello minimo di fiducia. Si pensi ad esempio al settore finanziario, per il quale una mancanza di fiducia può portare a vere e proprie crisi finanziarie che a loro volta hanno ripercussioni negative su tutta l’economia. La mancanza di fiducia può comportare sia costi elevati per condurre molte transazioni (che pesano sulla performance economica), sia impedirne del tutto l’esistenza. Ad esempio, un minore grado di fiducia può determinare un aumento dei costi legali, specialmente in un sistema giudiziario poco efficiente, e dunque rappresentare un freno alle attività produttive.
Uno studio recente di Guido Tabellini dimostra l’esistenza di un legame causale tra fattori culturali (tra cui la fiducia) e sviluppo economico in 69 regioni di otto paesi dell’Unione Europea. (2) Quello che finora non era noto è se il capitale civico sia anche un fattore importante per la determinazione degli squilibri macroeconomici. Vediamo l’evidenza.
CAPITALE CIVICO ED EQUILIBRIO MACROECONOMICO
In un recente lavoro, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda in modo quantitativo, con l’obiettivo di andare oltre, e possibilmente sfatare, i soliti stereotipi culturali. (3) Come variabile dipendente abbiamo considerato una misura degli squilibri macroeconomici, identificati tramite una combinazione di saldo di bilancio pubblico, tasso d’inflazione e saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Anche se esistono ovviamente altre possibili misure di squilibrio macroeconomico, abbiamo considerato quelle che sono più ricorrenti nel dibattito di politica economica in Europa.
Fattori culturali possono influenzare il modo in cui una società affronta problemi di azione collettiva intertemporale. Società con bassi livelli di fiducia hanno difficoltà a risolvere in modo ottimale i problemi di azione collettiva. In situazioni simili al celebre “dilemma del prigioniero”, le società a bassa fiducia hanno più probabilità di finire in un equilibrio di Nash inefficiente piuttosto che nel più efficiente equilibrio cooperativo. Nell’allocazione intertemporale delle risorse, una società con un basso grado di fiducia, per motivi storici e culturali, potrebbe quindi avere la tentazione di spostare troppe risorse dal futuro al presente, indebitandosi a livello sia pubblico che privato. Cosa dicono i dati?
Esiste effettivamente una correlazione positiva tra fiducia interpersonale e nostri indicatori di squilibri macroeconomici (si veda la figura 1), anche controllando per variabili come la qualità delle istituzioni, il livello di istruzione e il Pil reale pro-capite. Un aumento di una deviazione standard della fiducia interpersonale riduce la nostra misura degli squilibri macroeconomici di circa un terzo di una deviazione standard; un effetto quindi non trascurabile.

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Note: I valori rappresentano le medie tra 2000-2010. Conto corrente della bilancia dei pagamenti e saldo del bilancio pubblico sono espressi in rapporto al Pil. Lo squilibrio è misurato come la media standardizzata 2000-2010. Fonte: World Economic Outlook.
GLI SQUILIBRI E LE REGOLE NELLA ZONA EURO
Se gli squilibri macroeconomici dipendono da fattori culturali che non possono – e forse non dovrebbero – essere modificati, dobbiamo rassegnarci a conviverci, in particolare nella zona euro? Probabilmente no, per due motivi.
In primo luogo, la proporzione della variabilità degli squilibri macroeconomici nel tempo e, soprattutto, tra i paesi che possono essere spiegati da variabili culturali, come la fiducia, è limitata. Questo consente a una serie di altri fattori – in particolare le politiche economiche – di svolgere un ruolo compensativo.
In secondo luogo, e nonostante gli stereotipi, le differenze culturali all’interno della zona euro non sono di grandi dimensioni se considerate su scala internazionale. Il grado di fiducia interpersonale in Italia, ad esempio, non è particolarmente basso su scala sia europea che internazionale (sia pure con notevoli differenze regionali). Non sembra probabile, quindi, che la zona euro sia destinata a disgregarsi per motivi puramente culturali.
Qual è il ruolo del famoso “vincolo esterno” in questo contesto? Non molto importante, a giudicare dall’evidenza. Nel nostro lavoro troviamo che il nesso tra fiducia interpersonale e gli squilibri macroeconomici non è diverso nella zona euro rispetto ad altri paesi. In altre parole, i vincoli macroeconomici imposti ai paesi della zona euro, come ad esempio le regole fiscali, non hanno modificato il comportamento degli attori nazionali, che sembrano ancora dettati dalle preferenze nazionali.
Questo non vuol dire che le cose continueranno così per sempre. Molte nuove regole sono state introdotte dall’Unione come risposta alla crisi. Un test del loro successo sarà proprio la capacità di recidere il nesso tra preferenze nazionali – in parte dettate da fattori culturali – e squilibri macroeconomici. E non bisogna fermarsi alle regole, anche alcuni aspetti del sistema di valori culturali, tra cui appunto la fiducia, possono essere influenzati in positivo da politiche pubbliche, sia pure senza fare rivoluzioni. (4) La scuola, in particolare, può dare un impulso importante a creare un clima di maggiore fiducia e aumentare il capitale civico di un paese, rendendolo anche un migliore “cittadino” europeo. (5) Ad esempio, la scuola può servire a incoraggiare attività di gruppo, che aumentano il grado di fiducia interpersonale, e scoraggiare le attività puramente individuali e “verticali” (dall’insegnante allo studente individualmente).
(1) Guiso, L., P. Sapienza, and L. Zingales (2006): “Does Culture Affect Economic Outcomes?”, Journal of Economic Perspectives, 20, 2, pp. 23-48.
(2) Tabellini, G. (2010): “Culture and Institutions: Economic Development in the Regions of Europe”, Journal of the European Economic Association.
(3) Buetzer, S., Jordan, C. and L. Stracca (2013): “Macroeconomic imbalances: A question of trust?”, ECB Working Paper No. 1584.
(4) Per un approfondimento si veda Spolaore, E. and R. Wacziarg (2012): “How deep are the roots of economic development?”, Journal of Economic Literature, 51, 2, pp. 325-369.
(5) Algan, Y., Caluc, P. and A. Shleifer (2013): “Teaching practices and social capital”, American Economic Journal: Applied Economics, in stampa. Papaioannou, E. (2013): “Trust(ing) in Europe? How increased social capital can contribute to economic development”, CES paper.

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