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Lo squilibrio nelle pensioni di anzianità

L’iniquità del sistema pensionistico italiano ha le sue radici nei privilegi di alcuni settori, nelle pensioni (di anzianità) più alte, nel loro numero e nel sistema di calcolo retributivo. Abbiamo calcolato lo sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive dal 2008 al 2012.
Il confronto sulla legge di stabilità ha avuto il merito di portare alla luce la grande iniquità distributiva che caratterizza il nostro sistema pensionistico.
Ed ecco che i giornali con grande stupore scoprono che la distribuzione delle pensioni in Italia ha un che di “brasiliano”: al 5 per cento dei pensionati più ricchi (800 mila persone su 16 milioni) va più del 16 per cento del totale della spesa per pensioni (43 miliardi su 270).
IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
Ma possiamo anche sottolineare come nei cinque anni della crisi sono andati in pensione (previdenziale) circa 1,6 milioni di persone, con un costo complessivo pari a 31 miliardi a regime (cioè nel 2012), e che di questi 31 miliardi ben l’80 per cento della spesa (e cioè  24 miliardi) è andato a 717 mila persone che hanno avuto le pensioni più alte, con medie di 2600 euro o importi più elevati. Molti di questi hanno poi continuato a lavorare cumulando (legalmente) pensione e reddito.
Ma il welfare italiano non è solo il paese per ricchi che qui abbiamo descritto ed è popolato anche da quelli più sfortunati. Gli sfortunati sono coloro che dovranno  aspettare a volte senza poter lavorare non la pensione di anzianità appannaggio di chi lavora con carriere piene alle spalle, ma la pensione di vecchiaia, improvvisamente portata a 67 o 70 anni.
L’iniquità distributiva del sistema pensionistico italiano ha le sue radici principali nei privilegi di alcuni settori, nelle pensioni (di anzianità) più alte, nel loro numero preponderante negli anni 2000 e nel sistema di calcolo retributivo che ha consentito trattamenti  insostenibili.
I DATI DELL’INIQUITÀ
Ma quale è stato il meccanismo  che ha prodotto tutto ciò, e come si può quantificare questa “iniquità”?
In uno  studio in procinto di pubblicazione che abbiamo recentemente presentato all’Università La Sapienza di Roma abbiamo illustrato i risultati di  un modello che valuta lo sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive delle pensioni erogate dal 2008 al 2012 stimando in tal modo quanto è stato effettivamente sulle pensioni di anzianità liquidate negli ultimi cinque anni e valutandone anche il costo in termini di spesa complessiva effettiva.
Per fare ciò sono state utilizzate come benchmark le pensioni medie per ogni scaglione di reddito ricalcolate secondo le regole del contributivo. L’eccedenza della pensione percepita rispetto a questo benchmark costituisce la pensione “in squilibrio” rispetto ai contributi accreditati.
Per calcolare le pensioni contributive è stata ricostruita la serie delle retribuzioni con i relativi contributi in tutta la vita attiva, utilizzando come anzianità contributiva quella media effettiva, circa 38 anni, e ipotizzando un andamento della retribuzione pari a quello medio di fatto effettivo, più un profilo di carriera individuale, differenziato in relazione al livello di retribuzione dell’ultimo anno, che abbiamo stimato sulla base di analisi empiriche (longitudinali). Vediamo i principali risultati.
La platea sulla quale facciamo la valutazione è costituita dalle pensioni di anzianità maturate tra il 2008 e il 2012 da circa 486 mila lavoratori dipendenti privati pensionatisi in media a 58,5 anni, tra il 2008 e il 2012, per un importo medio di quasi 2000 euro lordi. La spesa per questa platea è stata di 12 miliardi di euro nel 2012. Il 37 per cento di questi pensionati è collocato sopra i 2000 euro e percepisce un totale di 7 miliardi pari quasi al 60 per cento della spesa.
I risultati dello squilibrio sono riportati nella tabella 1, sia in termini di  pensione mensile sia di spesa totale. La parte non “giustificata” dai contributi pagati è in media pari al 28 per cento circa e si concentra principalmente nella fascia delle pensioni più alte, dove il 37% dei pensionati, quelli con più di 2500 euro mensili, accumula il 63 per cento dello squilibrio complessivo.

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Tabella 1 – Squilibrio dei contributi nelle prestazioni pensionistiche

Schermata 2013-12-03 alle 08.12.01
DOVE SI ANNIDANO GLI SQUILIBRI
Per le pensioni dei lavoratori dipendenti privati maturate dopo il 2008, sui  circa 12 miliardi di spesa pensionistica circa 3,5 miliardi non sono “giustificati” dai contributi pagati (1). In particolare l’entità dello squilibrio diminuisce all’aumentare dell’età di pensionamento per effetto della minore speranza di vita nel calcolo contributivo. Infatti per le pensioni percepite all’età di vecchiaia (di cinque anni più alta in media di quella di anzianità) lo squilibrio è minore ed è in media pari al 15 per cento.
Questi valori crescerebbero includendo anche i dipendenti pubblici (2). Per le sole pensioni di anzianità, vi sarebbero quindi ulteriori 2,5 miliardi che porterebbero il totale dello squilibrio (solo per le pensioni di anzianità maturate dal 2008 al 2012) a circa 6 miliardi di euro annui nel 2012.
È opportuno sottolineare che per le pensioni superiori a 44 mila euro annui si è valutato anche l’effetto di riduzione dello squilibrio causato dall’operare del “tetto” sull’aliquota di rendimento che attenua il valore delle pensioni retributive più alte. Il grafico evidenzia come, al crescere della retribuzione oltre i 5 mila euro mensili, lo squilibrio percentuale cominci a ridursi.
Schermata 2013-12-03 alle 08.08.18
Questi dati evidenziano una situazione di grande iniquità distributiva nella quale lo stato trasferisce risorse ingenti per sostenere le pensioni più opulente e godute in età anteriori a 60 anni. Si è osservato da alcune parti che le pensioni di anzianità sarebbero state principalmente la “compensazione” al lavoro operaio e precoce. Non è così: nel milione di persone circa (tabella 2) che è andato in pensione di anzianità, tra il 2008 e il 2012 compresi i dipendenti pubblici e gli autonomi, le pensioni inferiori ai 1500 euro mensili,  che comprendono verosimilmente quelle degli operai, sono solo il 18 per cento, ed hanno complessivamente il 10 per cento della spesa pensionistica.

Tabella 2 – Pensioni di anzianità dipendenti e autonomi liquidate dal 2008 al 2012 per classi di reddito inferiori e superiori a 1500 euro mensili
Schermata 2013-12-03 alle 08.12.41 ns elaborazioni su dati Inps Inpdap

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Lo stupore per queste cifre può ancora lasciare spazio a chi pensa che si possa contribuire a rilanciare l’economia italiana attraverso una politica capace di connettere politiche del welfare e mercato del lavoro, ristrutturando e non tagliando la spesa pubblica. Si può partire aggredendo il nodo del sistema previdenziale, mettendo in campo un’operazione di verità sulle pensioni che scopra i margini per un intervento redistributivo al suo interno e che favorisca l’occupazione, tuteli i più deboli, eliminando iniquità e privilegi: un modo efficace per sostanziare la retorica del “circuito virtuoso tra equità e sviluppo”.

(1) Ci si riferisce ai risultati medi e casi particolari dovuti a profili di carriera che, ad esempio, non crescono negli ultimi anni abbiano squilibrio inferiore o nullo e viceversa.
(2) le cui pensioni medie di anzianità sono mediamente più alte del 20 per cento di quelle dei privati.
 
 

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28 commenti

  1. Niccolò

    Illuminante, come al solito.

  2. blokkkkko

    una domanda e una osservazione:
    1. gli importi delle retribuzioni tengono conto delle mensilità aggiuntive (13° e 14°)?
    2. se molto dell’effetto è dovuto allo spostamento in avanti dell’età pensionabile introdotta dall’ultima riforma, mi sembra che ci sia poco o che le valutazioni vadano fatte utilizzati dati più fini.

  3. Enrico

    Complimenti, ottimo articolo

  4. R52

    Ci sarebbe un provvedimento molto semplice da fare e a costi bassissimi . L’INPS comunichi a tutti i pensionati l’importo ‘contributivo’ della pensione e pubblichi , ovviamente in modo aggregato i dati per far capire chi dà e chi riceve . In prospettiva, poi, mi sembra ineludibile una revisione delle pensioni piu’ alte e quelle con pochi contributi (le baby pensioni) in ottica contributiva

  5. Adrew

    Una riflessione. Guardando il grafico pubblicato dagli autori, si vede che le maggiori iniquità starebbero nelle fasce medie e medio-alte (con eclusione però di quelle alte e altissime). In sostanza un intervento “riparatore” dell’attuale meccanismo del pensionamento d’anzianità andrebbe a colpire soprattutto le classi medie, già peraltro particolarmente colpite in questi anni nel loro tenore di vita e particolarmente sensibili a questi eventi. E’ vero che le classi medie stanno comunque meglio di quelle più basse e sembra perciò logico spremere dalle prime “contributi” previdenziali di equità. Però tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Proviamo a farlo e vediamo cosa succede. Ad esempio, proviamo ad andare da un signore che prende oltre 3.000 euro lordi e diciamogli che deve restituirne mediamente 1.000 (a tanto ammonterebbe il “di più” avuto secondo gli autori). Le classi medie sono sempre state particolarmente sensibili al fascino di movimenti populistici e autoritari: è da lì che sono nati i fascismi.
    Una proposta, quindi. invece di darsi tanto da fare per ripartire le scarse risorse, perché non studiamo le migliori ricette per rilanciare l’economia? Ho letto tanti studi su come ridurre le pensioni ma pochissimi per sapere come si fa ad aumentare il reddito nazionale in questa situazione difficile.

    • Garza Gian Battista

      Attenzione alla demagogia però perchè, tanto per fare un esempio, chi scrive fa parte di quella fascia/classe alta riferita all’ultima retribuzione mensile di cui al grafico, andrà in pensione anticipata a 57 anni con 42+6mesi e con una penalizzazione del 8% e con il prelievo di solidarietà del 5% (>90.000) e dopo che i contributi versati siano già stati sottoposti per comprensibili ragioni di solidarietà a rendimenti ridotti fino allo 0,90% invece che del normale 2%. Ecco, per un dipendente che, a differenza di gran parte di artigiani-commercianti e coltivatori, ha pagato una valanga di irpef e di contributi per tutta la vita, non mi sembra di rubare nulla a nessuno, anzi!
      GBG

    • Bruno Cipolla

      “le migliori ricette per rilanciare l’economia?”
      Un rilancio duraturo è impossibile.
      Il presidente cinese vent’anni fa disse: “possiamo produrre TUTTO quello che serve a TUTTO il mondo”
      Ed è quello che stanno facendo.

  6. Luigi Di Porto

    Il principio mi sembra sacrosanto: verificare quanto delle pensioni è stato pagato e quanto viene finanziato, ma suggerisco di stare attenti perché le vostre ipotesi di aumento dello stipendio potrebbero essere errate. Dopo il 2007 moltissimi lavoratori dipendenti hanno subito un forte calo dello stipendio (straordinari, premi di produzione e incentivi vari) che ha inciso sensibilmente sull’assegno pensionistico portando a situazioni, più frequenti di quanto si pensi, in cui un anno di permanenza sul lavoro porta ad un sensibile calo della pensione. Secondo me gli squilibri più grossi si sono verificati negli anni precedenti il 2008.
    Non sarebbe meglio farsi dare dall’INPS i dati veri? L’INPS ha tutto registrato al centesimo di euro, vi danno i dati, in forma anonima ovviamente, e fate i conti giusti.
    Ho poi una domanda: come calcolate i coefficienti di rivalutazione dei contributi, visto che i parametri dell’INPS partono dal 95?

    • Federico Salari

      Il Sig. Luigi di Porto ha perfettamente ragione: questi calcoli non valgono nulla e servono soltanto a generare ulteriore confusione nella materia. Se proprio dobbiamo accettare il principio che ognuno deve ricevere non più di quanto accantonato ( principio in base al quale la stragrande maggioranza dei lavoratori non riceverebbe una pensione decente – si noti bene) i calcoli vanno fatti, per avere un senso, sulle singole posizioni, calcolando la pensione con i due metodi e tenendo conto ad esempio del riscatti effettuati con denaro cash. C’è poi il problema dei coefficienti di trasformazione: chi lo dice che quelli oggi utilizzati siano corretti ? Che la famosa speranza di vita di noi sessantenni, calcolata con la durata della vita dei nostri padri e nonni sia giusta ? Trovo infine insopportabile che nello studio si continui ad avallare l’idea che il c.d. premio del retributivo andrebbe a carico dello Stato e che si persista ad indicare in 270 miliardi la spesa pensionistica statale, quando è indubbio che per erogare le sue prestazioni l’INPS utilizza i contributi incassati: questa parte non è spesa statale, ma grava sui lavoratori attivi e le aziende (che, oltre alle tasse, versano i contributi) e va detratta dalla spesa finanziata dallo Stato con la fiscalità generale. Nel 2010, quando il bilancio dell’INPS era in perfetto equilibrio ( anzi c’era una eccedenza di entrate sulle spese, in generale e in particolare per il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti ), a mia precisa domanda il Prof. Bordignon, collaboratore della Rivista ed esperto della materia, rispose che della spesa pensionistica totale, indicata in un suo articolo in 230 miliardi di euro annui, quella vera e propria “statale” ( finanziata, ripeto, con la fiscalità generale, ossia da tutti i cittadini in base alla capacità contributiva di ognuno e quindi anche dai pensionati), ammontava in effetti a 80 miliardi di euro ! E’ tempo di fare chiarezza su questo punto fondamentale perché la differenza di valori è enorme e il dato errato di partenza falsa tutta la discussione. C’è nel sistema una iniquità di trattamento tra retributivi e contributivi puri, ma è qui che bisogna intervenire, per rivedere tale metodo di calcolo al fine di elevare le prestazioni calcolate, non abbassando le altre, salvo quelle dove il premio è scandaloso ed eccessivo in rapporto a quanto versato. E questo, a parte i casi dei deputati e senatori etc., è un bel problema, poiché pare che per i redditi medio/alti ( mi sembra dai 75.000 euro annui in su) il sistema contributivo sia più favorevole del retributivo ! Se così fosse, con l’applicazione del principio ” ognuno deve ricevere non più di quanto versato” e addossando tutta la responsabilità della situazione alle pensioni della fascia media ( quelle che nella prima tabella vengono indicate da 3.000 euro mensili e oltre), calcolate con il retributivo oggi in vigore, si finirebbe per lasciare indenni le pensioni più alte e per penalizzare proprio chi la pensione se la è in massima parte pagata ! Come ha scritto Tito Boeri su La Repubblica, le pensioni sono un “negozio di porcellane” e quindi ci vuole estrema cautela prima di intervenire sulle stesse e, aggiungo, prima di indicare soluzioni apparentemente “eque”.

  7. salvatore carpentieri

    Concordando con Andrew che qualcuno dicesse come far ripartire l’economia, mi sa che siamo sempre in presenza dei soliti studi o analisi (ho apprezzato di più quello di Boeri) che mostrano la questione come mera e pura matematica utilizzando “foto” e non “film”. In fisica (che è una scienza a differenza dell’economia che NON lo è) si direbbe oltretutto che lo studio è solo di cinematica e non di dinamica: ovvero mostra le cose ma non “dimostra” (ripeto: dimostra) le cause, ma le presume. Allora occorre evidenziare i seguenti punti:
    1) l’INPS, e la tabella che viene riportata lo conferma, effettua statistiche “tarocche” con fasce molto “sensibili” fino ai 3.000 euro e “banalmente a fascia unica” sopra 3.000 euro lordi (dico: lordi, ovvero 39.000 euro/anno). Ma questa fascia comprende la classe di impiegati di maggior livello e quadri, e confonde appositamente con i top Manager, professori universitari, Magistrati etc.. Perciò la tabella non dimostra che ad esempio la fascia 3.000-5.000
    2) vengono banalmente confusi in un unico recipiente gli importi senza classificare “di fino” le categorie di pensionati ed il loro effetto, mentre è necessario distinguere tra lavoratori dipendenti privati, lavoratori dipendenti pubblici, ex-dirigenti privati e pubblici, autonomi etc.. Infatti pochi sanno che nel 2004 l’INPDAI (cassa dei Dirigenti d’Azienda) è stata assorbita in INPS e provoca da sola un buco di 3 MLD e più all’anno, compensato con i contributi dei lavoratori privati (i quali hanno versato il 33% della loro retribuzione annua), che l’INPS (lavoratori privati) ha sempre dichiarato attivi a differenza delle altre Casse, che l’INPS quest’anno ha dichiarato per la parte ex-INPDAP lavoratori pubblici un passivo ma ciò è dovuto al “furto” compiuto con la riforma Fornero che ha scaricato sui lavoratori privati le pensioni pubbliche concesse per il clientelismo politico (ricordate le baby pensioni? Erano statali e di Enti Pubblici ed esistono ancora) e i contributi che versavano i lavoratori pubblici erano molto inferiori a quelli versati dai lavoratori privati (33% retribuzione), inoltre si è scoperto che l’INPDAP vanta crediti con le pubbliche Amministrazioni per DECINE di MILIARDI di Euro!!! Perciò mischiare mele e pere, come insegnavano alle elementari, NON E’ CORRETTO!
    4) Le tabelle per il contributivo che usa l’INPS sono errate poiché si basano sulle vecchie norme pensionistiche. Infatti le tabelle sono state calcolate (dal Ministero) nel 2007 quando ancora non vi era la riforma Maroni né Fornero in vigore. Basta andare a vedere la tabella per il costo del riscatto di laurea e si capisce subito che sono obsolete ampiamente! E i calcoli non potete che averli fatti su quelle tabelle altrimenti il vostro studio sarebbe fortemente inficiato dall’inaffidabilità dei parametri di calcolo.
    3) I contributi versati dai lavoratori rappresentano “retribuzione differita” che si traduce in un premio assicurativo presso l’INPS (AGO). Tali contributi dovrebbero essere intoccabili, come i conti correnti!! Essi sono serviti per pagare le pensioni di quelli che sono andati in pensione prima, ciò a causa del “sistema a ripartizione” come avviene in tutte le Assicurazioni.
    Facciamo allora un piccolo calcolo grossolano di cosa spetterebbe ad una persona che matura 40 anni e va in pensione a 60 anni, considerando come è corretto sia la rivalutazione (è retribuzione) che gli interessi (poiché l’INPS gli attivi annuali avrebbe dovuti investirli!! Come qualsiasi Ente finanziario Assicurativo), e che abbia avuto (come in Italia è successo davvero) una retribuzione abbastanza omogenea nel tempo lavorativo (ossia non abbia fatto la carriera da autista a vicepresidente di banca oppure da operaio a Presidente del Milan). Facciamo che il valore al momento della retribuzione sia 10.000 euro/anno. La pensione sarebbe di circa 8.000/anno lordi. L’aspettativa di vita (ma attenzione questa voce è statisticamente in calo dal 2000 e non viene aggiornata) è 81 anni e quindi 21 anni di pensione, ovvero un totale sborsato dall’INPS di 210.000 euro. Se lo stipendio è abbastanza piatto e si applica rivalutazione (come da norma. Diciamo 1% annuo) ed interessi (diciamo il 2% annuo. Una inezia rispetto ad investimenti noti a tutti) il versato totale all’INPS, considerando che la contribuzione è il 33% della retribuzione, è grossolanamente di circa 252.000 euro. Tenuto conto che il capitale si esaurisce in molti anni e quindi anche ad esso va applicato interessi e rivalutazioni (che addirittura ora sono bloccati) si ottiene che il numero di anni coperti in maniera autonoma è di circa 24 anni!!! Forse è il caso di parlare della modalità di gestione dei contributi da parte dell’INPS e buttare via un po’ di persone (ovviamente lasciandole senza pensione milionaria!) fuori dalle Istituzioni. Le case dell’INPS a favore dei Politici e svendute (ma comprate con i soldi dei lavoratori) gridano vendetta, per tutte cito solo on. Cazzola e Ministro Patroni Griffi che hanno acquistato immobile INPS al Colosseo per 200.000 euro.
    A noi comuni mortali, egregi economisti, non capita! Sapete spiegarci perché???
    5) Il calcolo effettuato NON tiene conto (volutamente?) dell’effetto di abbattimento del reddito pensionistico dei continui e successivi blocchi delle rivalutazioni pensionistiche. Un simile metodo di “esproprio” sarebbe inaccettabile per pensioni totalmente sul calcolo contributivo poiché sarebbe letteralmente e giuridicamente un furto! Ne avete tenuto conto???? A meno che non vogliate mettere nell’algoritmo per valutare la correttezza delle vostre determinazioni un valore “sigma” definito come “quello che lo Stato riesce a rapinare annualmente”.
    6) la previdenza e l’assistenza non sono separate nella gestione delle pensioni! Il Sindacato su questo punto è stato assente o flebilmente udibile. Ciò consente di confondere i costi e le entrate, manipolando il loro significato. Consente di non tener conto degli utilizzi ulteriori delle entrate dei contributi e delle manchevolezze della fiscalità italiana per le parti di assistenza sociale.
    Mi fermo qui con le osservazioni, ma potrei continuare ulteriormente.
    Mi preme solo sottolineare che oramai è evidente che – non riuscendo e volendo combattere l’evasione fiscale (oltre 250 MLD/anno, fonte Governativa), la corruzione (60-70 MLD/anno, fonte Corte dei Conti), regalando oltre 80 MLD di multe (fonte Guardia di Finanza) alle aziende del gioco d’azzardo (non so se davvero, come sospetta Report, dietro ci siano cordate di politici .. ed ovviamente di tanti altri della classe dirigente italiana), che si nasconde che la riforma Fornero sulle pensioni matura non 23 MLD da oggi al 2021 (come dichiarato nell’allegato tecnico degli economisti della Ragioneria Generale dello Stato) ma ben 82 MLD (fonte INPS, e come affermato da subito da molte parti urlanti al vento!) – si cerca di prendere soldi dalla fonte più socialmente “debole” e oltretutto dove ve ne sono di più (provenienti dai lavoratori, sia chiaro!!).
    Vorrei sapere (ma lo so: perché non è una Scienza ma pretende di farsi passare per tale!) perché gli economisti sanno sempre spiegarti il passato e mai disegnare e prevedere il futuro.

  8. Mario

    Caro Fabrizio, caro Stefano,
    leggo con piacere una documentata dimostrazione di come si debba mettere fine al continuo ritocco delle pensioni per fare cassa. Dimostrate che la giungla persiste in barba a tutti i disegni di riforma, senza che questi abbiano avuto un disegno di equità distributiva. Di recente De Vico del Corriere della sera ha iniziato a porre in luce le contraddizioni dell’attuale situazione: sarà il caso di contattarlo e fornirgli i dati in pubblicazione. La beffa è maggiore per gli esodati. Il modo scriteriato con cui si è intervenuti ha creato fra lavoratori, con differenze di mesi per anzianità di lavoro ed età, regimi diversi, ma parlarne sembra sia da irresponsabili.

  9. F. PAPA

    Mi chiedo perchè, avendo a disposizione l’intero universo delle pensioni dell’INPS, su quella banca dati, sia stata utilizzato ” benchmark le pensioni medie per ogni scaglione di reddito ricalcolate secondo le regole del contributivo” .Forse che il dato reale non permetteva la dimostrazione di una tesa preconcetta? o era troppo difficile tentare di lavorare su un campione significativo?.
    Signori seguitando la vostra tesi, le pensioni più inique sarebbero le pensioni integrate al minimo, di vecchiaia, anzianità o invalidità o reversibili che siano.
    In quel campo, è intuitivo, ma anche facilmente calcolabile la differenza fra la pensione a calcolo retributivo e l’importo effettivamente percepito è enorme, in rapporto molto più alto rispetto alle pensioni d’oro. L’ordinaria pensione di reversibilità non integrata, nello scaglione più popolato, non sarebbe più alta di 50 euro ( vs 485)
    In ogni caso tuttavia, io credo che scagliarsi contro il regime di calcolo retributivo, è una tesi preconcetta, derivata solo da una ideologia.
    Il sistema retributivo , senza le falle prodotte da assurde politiche clientelari e sindacali, è un sistema perfettamente capace di stare in equilibrio, come ben si vede analizzando i bilanci dell’INPS dal 1994 ad oggi. Infatti, il fondo Pensioni lavoratori Dipendenti, comincia i suoi attivi fin dal 1997, e rimane in attivo, nonostante fosse regolarmente depredato dallo stato e dalle categorie forti sindacali; quelle si che si sono aggiudicati privilegi assurdi, e una incommensurabile distanza fra contributi versati e pensione percepita.
    (http://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=%3b00%3b6793%3b6794%3b&lastMenu=6794&iMenu=12&p4=2)
    Il sindacato è categoriale, come si sa, e quindi le categorie forti, hanno ottenuto, a spese della cassa comune, pensioni enormemente più alte rispetto al resto dell’universo lavoro dipendente. Ma nulla di questo gli autori trattano.Fornisco un breve elenco : pensione porto Genova, 15 anni medi di versamenti, 40 riconosciuti. Enel, Telecom, Dirigenti, tutte le casse sostitutive disciolte e confluite nell’INPS, e poi soprattutto i prepensionamenti, fra cui quello Fiat 1993/94, Eni, chimica, e il grande trionfo del prepensionamento mascherato,la legge dell’amianto, che ha concesso 10 anni di anticipo pensione a migliaia di lavoratori. Sarebbe importante, categoria per categoria, vedere la differenza e allora si vedrebbe da dove poteva derivare un eventuale squilibrio del sistema.
    Senza contare che il sistema paga ancora oggi circa 3 miliardi per pensioni di invalidità ante 1984,il metodo che regalava pensioni di invalidità.
    Ma sarebbe anche importante chiedersi perchè il sistema retributivo non provocasse falle nel bilancio dell’INPS e nel FPLD. E l’FPLD paga anche lo squilibrio delle casse autonomi (che,per inciso, hanno anche loro avuto il sistema retributivo,ma perchè ?)
    Quindi per stima verso gli autori, p er dar valore alla ricerca,credo sarebbe necessario calcolare, per tipo di beneficio ricevuto (prepensionamento, amianto, esodo riconosciuto, passaggio da Cig a pensione, invalidi, ecc) il beneficio della retributiva.
    Lo scaglione scelto come benchmark dagli autori contiene tutte quelle tipologie che ho cercato di elencare per sommi capi sopra, e quindi ,a mio giudizio, non consente di trarre conclusioni valide per tutte le pensioni. E negli anni scelti dagli autori, la percentuale più alta è proprio quella di coloro che hanno anticipato la pensione.
    Perchè invece di continuare a tuonare contro le presunte iniquità del sistema retributivo, non cominciamo a calcolare quanto è costato al sistema pensionistico italiano l’imperversare delle ristrutturazioni industriali, il peso delle categorie sindacali maggiori, e quante iniquità siano state compiute a favore delle categorie potenti e per mandare a carico del sistema previdenziale i lavoratori cacciati dalle ristrutturazioni?
    Cominciamo una riflessione diversa sul sistema retributivo: un sistema in equilibrio, efficiente, che consentiva al lavoratore la speranza in una vecchiaia serena,al sistema un governo della spesa attraverso le percentuali di rendimento, capace di reggersi sempre , purchè non crollasse l’indice di natalità, il numero di occupati, nonostante il (lento) avanzare del tempo di godimento.
    Cosa dovremmo dire del sistema contributivo? che le percentuali di godimento calano al ribasso anche se l’aspettativa di vita non sale? che è tagliato per ridurre il sistema delle protezioni sociali, non per provvedere alla vecchiaia ? che fa tornare i lavoratori all’inizio del novecento?
    Signori, la storia dimostra che i sistemi di welfare state possano esistere solo condividendo solidarietà collettiva, anche intergenerazionale, e se si spezza questo meccanismo, rimane l’ individuo solo, di fronte al cartellino del suo conto previdenziale, e quindi nella sua storia, alla fine vedrà solo povertà.
    In fondo perchè la battaglia per abbassare le pensioni d’oro o d’ottone? solo per aprire un varco per colpire tutte le altre.
    Francesco Papa

  10. Angelo

    Sono uno dei privilegiati. Dirigente di una società privata, nel 2008 ho “scelto” di pensionarmi, rispettando le regole dello Stato, le necessità dell’azienda e le mie. Se ci fossero state regole diverse probabilmente avrei fatto scelte diverse. Ora mi spaventa la possibilità che qualcuno pensi a un “intervento riparatore” (con le mie entrate decurtate del 30%, o giù di lì…). E mi rammarica anche il fatto che qualcuno mi additi come fossi un arraffone, quando invece non ho mai fatto nulla fuori dalle regole, né evaso un euro di tasse. Fra l’altro, si pensa di estendere il concetto dell’equilibrio (che comprendo) anche all’imposta sul reddito che ho versato negli anni? Se sì, credo di aver assicurato servizi di ogni genere a figli, nipoti, pronipoti miei e di molti altri.

  11. Renzo

    Lo studio propone risultati credibili mediamente sul totale del campione (28,3%) ma a mio avviso non realistici per le pensioni molto basse (diciamo sotto 750€). Tuttavia lo studio non evidenzia con sufficiente forza che un maggior fattore di squilibrio si ha per coloro che si sono pensionati con il minimo di contributi/età compatibile con le regole, cioè tipicamente per tutti quelli usufruiscono di pensioni con 35 anni di contribuzione / 57 anni di età rispetto a coloro che hanno invece versato contributi per 40 anni. Se si volesse quindi “aggredire il nodo del sistema previdenziale” con una operazione di verità e giustizia si dovrebbe ricalcolare per ogni singolo pensionato il delta e tenere inoltre conto che chi ha meno contribuito ha anche più preso in termini di pensioni date in passato. Non trascurerei inoltre il fatto che se un contributo è forse corretto chiederlo a chi più ha, deve comunque essere anche chiesto a tutta quella popolazione di baby pensionati che da anni per non dire decenni incamerano pensioni sicuramente minime (ma non coperte da contributi versati) che per gran parte di loro non è credibile sia la fonte principale del loro sostentamento.

  12. sandro.aa

    Dl punto di vista della matematica finanziaria la soluzione è piuttosto semplice: tagliare, eventualmente in modo graduale, le pensioni “elevate” non giustificate da adeguati versamenti contributivi. MA QUESTA SOLUZIONE toccherebbe per primi i numerosissimi privilegi di politici (ed ex), grandi cariche dello stato (ed ex), magistrati (ed ex), militari (ed ex), ecc. QUINDI non verrà presa in considerazione o nell’improbabile caso fosse attuata sarebbe sommersa da innumerevoli ricorsi a TAR, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale, …

  13. Franco Laoban

    Ottimo ed onesto articolo.
    L’unica obiezione che mi sento di fare e
    che nella generalizzazione della parola pensione nessuno ha tenuto conto
    dell’iniquità dei versamenti al sistema pensionistico dei lavoratori
    dipendenti.
    Questi, se non vado errato versano il 33% del loro costo lavorativo ogni mese lavorativo da anni.
    In quali casse vanno a finire questi soldi? Con gli artigiani, professionisti, coltivatori che versano altrettanto?
    La mutualità dei lavoratori dipendenti è condivisa con i direttori della Telecom?

  14. Renato Vianello

    Chissà perchè voi ricercatori avete sempre lo sguardo rivolto verso il passato!
    Provate a rifare i conti, tenendo conto del fatto che a seguito dell’entrata in vigore della legge Fornero, nessuno va più in pensione a 58,8 anni….
    Io, per esempio, andrò in pensione a 63,5 con 43 anni di contributi.
    Grazie
    renato.vianello@gmail.com

  15. Roberta Moroni

    Applicare questi principi di ricalcolo a pensioni medie già colpite da tutti i provvedimenti di sterilizzazione è indecente e iniquo. Si tratta nella vostra ipotesi di tagliare del 30-40% la pensione di persone che hanno lavorato una vita e che si sono fidate dello Stato facendo conto sulla certezza del diritto. I privilegi e gli sprechi sono altrove.

    • adele

      buongiorno,
      ci sono persone che hanno lavorato 41 anni ma con il contributivo avrebbero percepito una pensione
      piu’ alta. è giusto

  16. Federico Salari

    Si sta diffondendo l’idea che il retributivo sia iniquo per tutti e in ogni caso, mentre ciò non è assolutamente vero, come ha dimostrato Michele Carugi con l’esposizione del suo
    caso a Servizio Pubblico e ripreso proprio su La Voce Info: rivalutando i contributi versati con dei rendimenti assolutamente prudenziali e tali da avvicinare il calcolo al sistema contributivo, Michele è pervenuto a calcolare una pensione superiore a quella che effettivamente sta ricevendo. La tesi degli Autori non ha alcuna validità di carattere generale: il presunto premio del retributivo va dimostrato posizione per posizione, sulla base degli accantonamenti effettuati e rivalutati. Il sistema contributivo non funziona, né a livello di categorie né a livello individuale, lascia, come si dice in un commento, l’individuo solo con il suo conto previdenziale magro e insufficiente a garantire una vecchiaia serena. Certo, ciò non vuol dire che non debbano essere eliminati o attenuati gli eccessi – che ci sono e, come è noto, interessano intere categorie – ma ciò non può essere fatto continuando ad
    additare i pensionati “retributivi” o “misti “di oggi come dei ladri, sparando in modo indiscriminato nel mucchio, per motivazioni
    ideologiche. A mio avviso i calcoli esposti nell’articolo lasciano il tempo che trovano ma contribuiscono, anche contro le intenzioni di chi li propone, al disegno – che sta affermandosi – di mettere le generazioni una contro l’altra: le pensioni, magre, che attendono i giovani di oggi, non sono messe in pericolo dalle pensioni attuali, ma dall’adozione del sistema di calcolo contributivo e dalla mancanza di lavoro stabile e quindi di continuità contributiva, di cui i pensionati e pensionandi non hanno alcuna colpa. La riforma Fornero non è stata effettuata per rimediare a squilibri del sistema previdenziale (il bilancio INPS nel 2010 era in attivo e, quindi, come chiunque dovrebbe comprendere, non poteva pesare sul
    bilancio dello Stato; esso inoltre, si mostrava in equilibrio anche per il futuro), ma è stata attuata per (cercare di) diminuire il debito
    pubblico, per reperire risorse a carico del sistema previdenziale INPS, come da prassi seguita da decenni in Italia da una classe politica rapace e incapace.
    Oggi, visto che i risparmi, pur notevoli, attesi dalla manovra del 2011 sulla previdenza non basteranno a ridurre il famigerato ed enormedebito pubblico (che è di tutti, non solo dei pensionati e pensionandi), non avendo il coraggio di intervenire su altre voci di spesa pubblica, sprechi e ruberie varie (l’elenco è lungo e arcinoto), questi politici inetti, con l’aiuto degli esperti, stanno pian piano individuando nella presunta iniquità del premio del retributivo un’altra scusa per continuare a sottrarre risorse all’INPS, il cui bilancio è già stato gravato dalla unificazione con l’INPDAP. I conti dei due Autori portano acqua a questo disegno e sarà difficile, come nel 2011, fermarlo. Chi ne pagherà le conseguenze saranno, come dimostra la prima tabella pubblicata, i pensionati delle fasce (considerate) alte
    (la classe media), proprio coloro che, probabilmente, se i calcoli di Michele Carugi sono esatti, la pensione, anche retributiva, se la sono pagata, o ampiamente come nel caso di Michele o
    in massima parte. Se si vuole intervenire sulle pensioni bisogna farlo operando sul lato dell’imposizione sul reddito, aumentando le aliquote, punto e basta, senza cercare di penalizzare in modo
    generalizzato le pensioni, sulla scorta di conteggi generici come quello dei due autori.

  17. dolores

    I conti fatti in questa ricerca non mi convincono. Innanzitutto si punta ancora sulle pensioni, dimenticando il grave problema dell’evasione. Conosco molti liberi professionisti o artigiani che negli anni denunciavano redditi da fame ( ma poi il tenore di vita e i beni accumulati non si spiegavano con la dichiarazione dei redditi). Ovviamente con contributi di pare livello. Così per i lavoratori dipendenti Baby pensionati, spesso impegnati poi in libere professioni. Molti di loro oggi hanno pensioni “minime”, ma l’opinione pubblica e le forze politiche ritengono che le pensioni basse vanno tutelate, le altre no. Io proporrei di andare a considerare i parametri ISEE: quanti di questi “poveri pensionati” sono intestatari di immobili e cospicui conti in banca? Loro o i loro coniugi che mai hanno lavorato. D’altro canto molte pensioni alte – attenzione molti lavoratori dipendenti anche statali a fine carriera sono fra i medio-alti – sono tali perché dietro ci sono 35/40 anni di contributi, evasione fiscale zero e – generalmente – unica attività lavorativa. Per avere un quadro rispondente alla realtà effettiva si vadano a controllare i patrimoni nascosti dei lavoratori dipendenti alla soglia dei 40 anni di contributi e si confrontino con quelli di molti “pensionati minimi” intestatari- con i loro familiari – di patrimoni inspiegabili.

  18. peraghespe

    Quando si inseriranno nel sistema contributivo i vari corpi delle forze dell’Ordine eliminando ii vari privilegi negati a chi rientra nei così detti lavori usuranti?

  19. vittorio

    Le pensioni non devono essere calcolate lorde ma nette in quanto lo stato si riprende mediamente il 30% in tasse. Fate questo calcolo e tutto magicamente si ridimensionerà. I problemi sono altri: pensioni sociali finte, le pensioni lavoratori autonomi non proprorzionate ai versamenti e le pensioni d’oro molte di più di quanto si immagini.

  20. Piero Atzori

    Non saprei quanto validi siano i risultati di questa analisi. Però alcune osservazioni mi sento di farle ai due economisti.
    “L’iniquità del sistema pensionistico italiano ha le sue radici nei privilegi di alcuni settori … “. Così inizia il preambolo. Al primo posto i privilegi di alcuni settori, seppure
    l’espressione risulti generica.
    Il preambolo poi continua a enunciare le iniquità presenti, nell’ordine, “nelle pensioni (di anzianità) più alte” , “nel loro numero” e “nel sistema di calcolo retributivo”.
    I due autori nell’articolo si dedicano allo “ sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive dal 2008 al 2012”, ossia all’ultimo punto, quello però che consente di fare subito cassa, come il governo Monti ha insegnato.
    L’esperienza del governo Monti si potrebbe riassumere dicendo che ha iniziato a far cassa dalla coda, ossia dai più deboli. Persino i malati di SLA si sono visti costretti a contestare e a bivaccare sotto i palazzi del potere. I settori istituzionali del privilegio l’economista Monti non ha osato toccarli. Per questo la fortuna politica di Monti, quella relativa al consenso popolare, è finita prima di nascere.
    Vorrei sperare che gli economisti,anche Fabrizio e Stefano Patriarca, oltre a dare supporto a politiche di risparmio sulla povera gente, ci aiutino ad individuare meglio l’entità dei privilegi, chiamati “diritti acquisiti”, che si annidano in vari settori istituzionali e che presumibilmente sono andati aumentando dal dopoguerra ad oggi.
    Roberto Perotti, che Dio lo sostenga, queste analisi le sta conducendo, ma mi pare piuttosto soletto.

  21. Ezio

    Professori, accademici, pensionati, politici solo 299 parole. Io sono solo un normale cittadino, nato in ospedale e non in un’aula di matematica attuariale, ma vedo che ormai si è chiusa la partita. Il retributivo è un furto, il contributivo no. Si da comunque spazio all’Ing Carugi che dimostra il contrario. Si fa un grafico con rapporti ultimo stipendio-pensione che individua in 5000€ lordi un teorico punto di svolta. Soluzione: contributivo.
    Suggerisco per il grafico: Curva retributiva con denominatore la media degli ultimi 10 anni e evidenziare la zona off limits già esistente adesso (nessuno va oltre l’80% della media, la zona sotto il 20% del grafico non dovrebbe esistere). Se le tesi dell’Ing Carugi e del Prof Boeri sono esatte per pensioni lorde di circa 90.000 anno siamo a 55 per cento della media ultimi 10 anni quindi almeno a -45 per cento (non la vedo nel grafico). Inserire una seconda curva, quella del contributivo: sarà quindi chiaro come il contributivo rilascerà pensioni più basse sino a 60/80000 e superiori per il resto.
    Stiamo proponendo questo? Contiamo i contributi versati: non funziona perché le pensioni oggetto oggi del furore popolare erano in origine lavori dello stesso tipo. L’errore fu ed è a valle. Conclusione: non parliamo di rimedi con un contributivo a meno di non accettare a priori elementi di compensazione. A questo punto non è un più contributivo. Della stessa serie: la Meloni propone ricalcoli per le quote oltre 5000€ lordi, visto che equivalgono a ben 3800€ mese. Che bella partenza: una frase un errore (sono circa 3300 al mese), ci si può fidare ed elaborare calcoli più complessi? E allora aveva ragione Padoa Schioppa. Le tasse sono belle, o meglio, meno brutte dei pasticci. Peccato che l’Irpef prenda i soliti noti e che sia sotto il microscopio delle statistiche italiane ed europee. Propongo di rettificare le statistiche costo-lavoro con il correttivo del nero. Mi trema la mano!

  22. le baby pensioni solo degli insegnanti, i politici possono andare in pensione dopo una legislatura e prendono molto di più di me che l’azienda ha versati oltre 37 anni.
    Cicciolina dopo 5 anni prende 1700 euro netti

  23. vincenzo

    Premesso che l’inps non è in deficit a causa dei lavoratori privati, siano essi impiegati od operai che hanno lavorato 35/40 anni,ma a causa di altri istituti pensionistici che erano in grosso deficit e che Monti ha pensato bene di inglobare nell’inps che era in attivo. Il vero problema è la enorme disoccupazione (ed il lavoro nero), che sottrae versamenti all’inps. Infatti per il passato l’inps incassava versamenti dalle nuove generazioni che entravano al lavoro e, nonostante il vituperato vecchio metodo di calcolo, il sistema ha sempre funzionato. Oggi non funziona più a causa principalmente della immensa disoccupazione e dalla conseguente necessità di aiutare tutti quei lavoratori che restano senza lavoro e senza reddito, i cui soldi vengono prelevati dalle casse dell’inps. La stessa cosa succede per coloro che non hanno mai versato nulla nelle casse inps. Si sarebbe da tempo dovuto separare quello che erano i costi delle pensioni dai costi dello stato sociale. Ma non è mai stato fatto perchè evidentemente ai vari governi conviene questo sistema. Sistema che ovviamente non conviene ai lavoratori che saranno i futuri pensionati e nemmeno ai pensionati attuali che si vedono accusare dei guai economici della nazione mentre in realtà non è così.

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